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Autore: _Trixie_    30/03/2013    6 recensioni
Raccolta di sei storie partecipante al "Fluff Fest Challenge".
Momenti di vita di Callie e Arizona, per la maggior slice of life dai toni decisamente fluff.
1. Di costumi, guardie e castelli - «Un chirurgo ortopedico che non sa costruire un castello di sabbia!»
2. Di scii, montagna e oceano - «Preferisco vederti addosso un bikini invece che una tuta da sci»
3. Di viaggi, anniversari e occhi - «Ti rendi conto di aver appena rimproverato la tua vecchia madre, vero?»
4. Di acqua, tuffi e sorrisi - «Ed è inutile che fingi, so che sei rimasta senza fiato non appena mi hai vista»
5. Di scommesse, inviti e labbra - «Tango, donna. Se vinco, prendiamo lezioni di tango!»
6. Di imbarazzo, curve e attese - Perciò, sul serio, il mondo può aspettare in eterno.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From the summer to the spring. '
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Titolo: Di imbarazzo, curve e attese
Autore:_Trixie_
Fandom: Grey’s Anatomy.
Personaggi: Calliope Torres, Arizona Robbins.
Pairing: Callie/Arizona.
Genere: fluff, romantico, slice of life.
Rating: verde.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono e non ne detengo i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro. 
Tabella: Estate.
Prompt: 06. Imbarazzo
Note: Ok, l’ultima shot, che decisamente non si voleva scrivere. Spero che sia valsa l’attesa, buona lettura! ;D
 

A K. che ama tanto l'estate perché
può venire a trovarmi ogni volta che ne ha voglia.
 

Di imbarazzo, curve e attese

 
Imbarazzo è quella fastidiosa sensazione di disagio e turbamento che ti fa sentire completamente inadeguata alla situazione.
 
Ricordo i miei sette anni, quando ero una bambina con i capelli neri, l’apparecchio ai denti e l’unica della mia classe a non sapere andare in bicicletta senza le rotelle laterali.
Una domenica mattina, stanca di sopportare le prese in giro degli altri bambini, chiesi a papà Carlos di toglierle.
«Vuoi che ti insegni ad andare senza rotelle, Callie?» mi chiese preoccupato, allacciandomi il caschetto di protezione sotto il mento.
Avevo fatto no con la testa, poi avevo portato la mia bicicletta fuori dal garage, sotto gli occhi vigili di papà che ancora stringeva la chiave inglese in una mano e una rotella nell’altra.
Decisa, ero salita in sella e sistemato uno dei miei piccoli piedi su un pedale, l’altro ancora saldamente ancorato a terra. Respirai, incapace di ammettere con me stessa di essere terrorizzata di cadere.
Dopo pochi minuti, staccai anche il secondo piede da terra e provai a pedalare. Non doveva essere poi così diverso con o senza rotelle, no?
Non mi mossi nemmeno di un metro prima di cadere rovinosamente di lato, sbucciandomi un gomito e un ginocchio. Sentii degli oggetti cadere a terra e in pochi secondi mio padre mi fu accanto per consolarmi.
«Non è niente, tesoro, passerà, è solo un graffio» diceva, cercando di calmarmi.
Ma per ogni lacrima che mi asciugava altre due erano pronte a fare capolino dai miei occhi disperati.
Non piangevo per il dolore al braccio o alla gamba. Piangevo perché mi sentivo incapace e inadeguata, inferiore agli altri bambini della mia età. E mio padre non riusciva a capirlo.
 
Avevo tredici anni la prima volta in cui saltai di proposito una giornata scolastica.
Odiavo la mia nuova scuola. Tutte le ragazze della mia età avevano un fisico longilineo e la pelle liscia, senza imperfezioni. Io ero l’esatto opposto, con quelle curve che credevo non dovessero esserci e quei fastidiosi punti nero cui si univa occasionalmente qualche brufolo a peggiorare la situazione. E come se non bastasse si metteva di mezzo anche mia sorella Aria, con il suo fascino esotico: occhi grandi e verdi, pelle ambrata, lunghi capelli castani, lisci e lucenti.
«Callie, perché non provi questa crema?» mi diceva ogni tanto, presentandosi davanti a me con un tubetto in mano e la faccia completamente ricoperta della suddetta crema.
«Forse» rispondevo, prima di chiudermi in camera chiedendomi cosa ci fosse di sbagliato in me.
Perché non potevo essere come tutte le altre ragazze? Una bellezza convenzionale, ecco cosa volevo essere, nulla più, nulla meno.
Per questo, il giorno della mia foto scolastica, mi finsi malata. Né mio padre né mia madre sospettarono nulla. Avevo ottimi voti e non parlavo mai del mio disagio con loro, era decisamente una di quelle conversazioni scomode e imbarazzanti che avevo tutta l’intenzione di evitare, perciò non ebbero motivo di non credermi.
Mi sentivo come il brutto anatroccolo e mi chiedevo se per me sarebbe mai arrivato il momento di trasformarmi in cigno.
 
Persino prendermi una cotta per Erica mi mise in imbarazzo. Crescere in una famiglia cattolica e praticante certo non mi aiutò ad accettare la mia sessualità.
Il problema era che non sapevo nulla di omosessualità, certo non l’omosessualità in quanto tale.
Perché è l'ignoto che temiamo quando guardiamo la morte e il buio, nient'altro.*
Il sentirmi ignorante, il non essere all’altezza, il trovarmi in una posizione di svantaggio, mi infastidiva e mi metteva a disagio in maniera così profonda da spingermi a chiedere aiuto a Mark Sloan.
Eravamo amici, ma ciò non significa che non mi sentissi terribilmente in imbarazzo quando gli dissi che là sotto non sapevo proprio come fare.
 
Ma poi arrivò lei.
E con lei toccai il fondo del baratro dell’imbarazzo.
Tutto iniziò quando mi baciò, nonostante di me conoscesse solo pettegolezzi e, al giorno d’oggi, non mi ha ancora voluto confessare che genere di informazioni su di me avesse a disposizione.
Ma fui io stessa l’artefice della situazione più imbarazzante della mia vita, quando, drink in mano e sorriso sexy stampato in faccia, blaterai un insensato discorso sull’esperienza, di cui ora non ricordo nemmeno il filo conduttore e il cui scopo era fare colpo su di lei. Certo, non avevo programmato che accanto ci fosse la fidanzata, anche se avrei dovuto prevedere una situazione del genere.
Credo, comunque, di aver pareggiato i conti quando mi invitò ad uscire con lei in ascensore, con quel suo tono da so-tutto-io di classe A che a volte usa ancora e che mi fa diventare matta perché, per quanto lei possa essere irritante in quei momenti, rimane pur sempre la mia Arizona.
 
Così ora capisco, mentre sistemo le nostre biciclette dopo una gita nelle campagne fuori Seattle, che forse sbucciarmi un ginocchio ed essere presa in giro a sette anni è servito a permettermi di trascorrere una bellissima giornata con la mia ragazza, che è già salita nel nostro appartamento per ordinare la pizza.
E, se il mio intuito non mi inganna, sono pronta a scommettere che la mangeremo a letto, probabilmente nude dopo una doccia fatta insieme. Perché, lo sanno tutti, l’acqua è un bene prezioso e non va affatto sprecata.
Non sarò imbarazzata di mostrare il mio corpo ad Arizona, che adora tracciare la linea delle mie curve con un dito, come se fossi il tesoro più bello del mondo. Né mi sentirò a disagio quando mi insegnerà un nuovo modo per muovermi là sotto.
Adesso mi rendo conto che il mio passato, ogni singolo avvenimento di gioia o di dolore, serviva a portarmi esattamente dove sono ora, dove non c’è imbarazzo né sensazioni striscianti di disagio, dove posso essere Calliope e non vergognarmi di nulla.
Perché sono felice, solo tra le braccia di Arizona, perciò, sul serio, il mondo può aspettare in eterno.
 
 
NdA
Ok, mi sono resa conto che in effetti il tono del discorso di Callie è molto più colloquiale di quello che adotto in genere quando uso la prima persona. E devo ancora decidere se è un bene o una male.
In ogni caso, siamo arrivati, nonostante qualche ritardo, alla fine di Summer, perciò ci rimane una sola stagione. Non so ancora quando pubblicherò il primo capitolo dell’ultima raccolta, ma spero presto ;D 
Prima che mi dimentichi, la citazione è tratta da Harry Potter, ma credo che alcuni l’abbiano riconosciuta!
Un’ultima cosa, anche se in effetti è la più importante, vorrei tanto ringraziarvi di nuovo per le bellissime recensioni!
A presto,
Trixie :D 
   
 
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