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Autore: _Trixie_    02/04/2013    3 recensioni
[Callie/Arizona, April/Jackson, Alex/Izzie, Derek/Meredith]
Una lacrima solitaria cadde nell’acqua, mentre la portata degli avvenimenti la investiva.
Era la regina di un regno che non le apparteneva di diritto, un regno che stava per entrare in guerra per delle decisioni prese in modo affrettato. Non poteva nemmeno permettersi di piangere il marito che un tempo aveva amato, la cui morte era la causa della catastrofe che stava per abbattersi sul Regno di Picche.
Perché l’assassinio di un re poteva essere punita solo con la morte di un regno.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Arizona Robbins, Callie Torres, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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A K. per essere il mio perfetto Wonderland.

 

Prologo
There's a woman crying out tonight, her world has change.[1]

 
 
Le campane del castello rintoccarono lugubri, annunciando la morte del re.
Accanto al grande letto dove l’uomo giaceva, il corpo ancora caldo, sedeva una giovane dal volte cereo, che stringeva convulsamente tra le mani un fazzoletto di seta.
«George!» proruppe un lamento. La porta della camera, fino ad allora tranquilla, venne spalancata con tanta forza che il rumore ricordò un colpo di cannone e una donna si precipitò all’interno.
«George!» gridò di nuovo Louise, la madre del re defunto, accasciandosi sul corpo privo di vita. La giovane non si era mossa, non un solo muscolo si era contratto. Sembrava una statua, con quella pelle marmorea e i lineamenti decisi.
«George, George, mio piccolo George!» singhiozzava l’altra, senza sosta. Finalmente, la giovane, la moglie del re defunto, mise una mano sulla spalla della suocera.
Dalla porta rimasta spalancata accorse un vecchio corpulento, seguito a ruota da due ragazzi che, data la somiglianza, non potevano che essere i suoi figli.
Louise strinse la mano della nuora, che alzò il viso verso i nuovi arrivati. Nei loro sguardi Calliope Torres O’Malley lesse una muta domanda.
«È morto» rispose loro, tornando poi a fissare il viso del marito.
Harold O’Malley si inginocchiò accanto alla moglie, ma non pianse.
Ben presto la stanza si riempì di dame, cavalieri e nobili, che porgevano i loro omaggi alla famiglia reale. Gonne eleganti accarezzavano il pavimento di pietra e spade infoderate graffiavano i muri decorati, in un silenzio glaciale interrotto solo da qualche breve singhiozzo o un colpo di tosse.
Uno alla volta gli uomini e le donne nella stanza si inginocchiarono di fronte a Callie, sussurrando brevi frasi di circostanza.
«Vostra Maestà, dovete cambiarvi d’abito» sussurrò una delle dame di compagnia nell’orecchio della regina, terminate le condoglianze. «Dovrebbe recarsi nella Sala del Trono.  Ricordate gli accordi, Vostra Maestà?»
«Cristina!» sibilò un’altra dama. Era bassa e tarchiata e aveva l’aria minacciosa. La sua pelle scura risaltava violentemente, in contrasto con quella chiara di Cristina, che aveva assunto un’espressione innocente.
«Qualcuno doveva-» iniziò con lo stesso tono dell’altra, prima di essere interrotta dalla regina.
«Cristina ha ragione».
Callie si alzò e rimase immobile per qualche secondo di fronte al corpo, anzi, no, alcadavere di suo marito, re George.
Attese che il capogiro cessasse senza trovare il coraggio di muovere un solo passo.
Una regina senza re appare già debole di per sé, uno svenimento avrebbe solo consolidato questa impressione.
«Sapervi vicini è molto importante per noi. Grazie a tutti per essere venuti» scandì Callie, temendo che la voce la tradisse.
Come un sol uomo la folla colse la nota di commiato nelle parole della loro sovrana e uscì ordinatamente dalla porta, accompagnando i passi ai bisbigli, che andarono in crescendo mentre la stanza si svuotava.
La regina trasse un sospiro di sollievo quando i cognati, Jerry e Ronny, chiusero fuori quel brusio irritante.
Accanto a lei erano rimaste Cristina e Miranda, mentre i vecchi coniugi O’Malley sembravano appartenere a un altro mondo, lo stesso del figlio: imperturbabili a ogni avvenimento a loro estraneo. Callie fece un passo verso di loro, ma Ronny la intercettò e scosse il capo.
«Devi andare, Callie, il regno ti aspetta».
Lei rimase immobile, respirare divenne improvvisamente faticoso e il  posto vuoto accanto a George incredibilmente invitante.
«Io non…» balbettò, gli occhi fissi sul volto sempre più pallido del marito.
«Sei una donna forte, Calliope Torres O’Malley, puoi farcela» intervenne Harold.
«George ti stimava» furono le parole di Louise e tanto bastò a Callie per riprendersi.
Un secondo dopo camminava spedita e a passo rigido verso i suoi appartamenti, mentre le sue dame di compagnia la seguivano a due passi di distanza. Ad attenderle, nella camera della regina, c’era Teddy Altman.
«Vi ho fatto preparare il bagno, Vostra Maestà» disse con un lieve inchino, mentre un paio di cameriere alle sue spalle la imitavano.
«Grazie» fu il secco commento di Callie, mentre Teddy accennava alle due sottoposte di uscire. Queste obbedirono e la regina si lasciò cadere su una vecchia poltrona accanto al camino.
«Vostra Maestà, vi sentite bene?» domandò Lady Miranda preoccupata.
«Bailey, sai benissimo che non c’è bisogno di osservare l’etichetta quando siamo sole» la rimproverò stancamente Callie.
«D’accordo, allora, come ti senti?»
«Uno schifo» grugnì Callie, alzandosi con un lamento. «Aiutatemi a togliere questo maledetto vestito. Pesa quanto un armatura».
«Abituati, il peso che dovrai sopportare nei prossimi mesi, o forse anni, sarà il doppio» commentò Cristina. «Metaforicamente parlando, ovvio».
«Sei sempre d’aiuto!» la rimbeccò Teddy.
«Sono solo realista» precisò Cristina, mentre Callie annuiva distrattamente, espandendo nuovamente i polmoni compressi dal corpetto troppo stretto.
«Sii più sensibile, ha appena perso il marito» le ricordò Miranda in un sussurro, tentando inutilmente di non farsi sentire dalla regina.
«Eravamo sposati solo di nome, Bailey, non ho il cuore spezzato. Eravamo uniti da un sincero affetto e da una stima reciproca, ma nulla più» sospirò Callie, sciogliendosi i capelli stretti in una rigida acconciatura. Un paio di mollette d’argento caddero a terra.
«Ma per favore!» esclamò Cristina.
La regina le lanciò un’occhiata interrogativa, mentre si dirigeva verso la vasca che Teddy le aveva preparato.
«Sei la persona più…» iniziò a spiegare Cristina, alla ricerca della parola adatta.
«Sensibile?» suggerì Lady Altman.
«Può andare. Sensibile, Callie, sei la persona più sensibile che abbia mai incontrato in vita mia. Non fingere di non avere il cuore spezzato, non con noi. Era un matrimonio programmato, ma vi siete amati» continuò Cristina imperterrita, senza degnare di uno sguardo Miranda Bailey che tentava in tutti i modi di farla tacere, mimando gole tagliate e cuori pugnalati.
«Forse ora c’è ben poco di quell’amore, ma stai soffrendo. Soffri come una moglie che ha perso il marito e come una regina che sta per condannare il proprio regno alla rovina e ne è consapevole».
«Cristina!» esclamarono in coro Teddy e Miranda.
«Andatevene. E tornate tra dieci minuti per aiutarmi a vestirmi. Convocate Owen Hunt, Catherine Avery e Ben Warren nella Sala del Trono tra venti minuti. Ah, preferirei che fosse presente anche un altro rappresentate della famiglia O’Malley. Mandate un messaggero a mio padre perché ci raggiunga il più presto possibile. Tra mezz’ora parlerò con il mio popolo» ordinò Callie, con un tono perentorio che raramente usava con le sue dame di compagnia.
Quando sentì i loro passi allontanarsi e la porta della sua stanza chiudersi, la regina trasse un sospiro di sollievo, scivolando nella vasca piena di acqua calda e schiuma.
I muscoli, doloranti per la tensione che avevano sopportato nelle ultime settimane di agonia di re George, si rilassarono, strappando un gemito di sollievo a Callie, che chiuse gli occhi, escludendo il mondo fuori da quella stanza.
Una lacrima solitaria cadde nell’acqua, mentre la portata degli avvenimenti la investiva.
Era la regina di un regno che non le apparteneva di diritto, un regno che stava per entrare in guerra per delle decisioni prese in modo affrettato. Non poteva nemmeno permettersi di piangere il marito che un tempo aveva amato, la cui morte era la causa della catastrofe che stava per abbattersi sul Regno di Picche.
Ricordava come fosse ieri il messaggero accorso al castello, accaldato e tremante, chiedendo udienza alla regina, cui venne consegnata una pergamena con il sigillo del re impresso sulla ceralacca.
 
Re George è stato ferito da un soldato di cuori che cercava di stuprare e rapire una giovane contadina del regno. Il re si è lanciato in sua difesa prima che potessimo intervenire. I  graffio riportato sul braccio non è letale, il medico che è con noi ci assicura che si ristabilirà in poco tempo, anche se l’aspetto della ferita lo preoccupa.
Stiamo tornando al castello il più in fretta possibile.
Harold O’Malley
 
Solo qualche ora dopo avevano scoperto che la ferita era stata inferta con una lama avvelenata e che per il re non c’era nulla da fare, se non sperare che le sue ultime settimane di agonia non fossero troppo dolorose.
La corte bianca aveva ascoltato il volere del popolo: il Regno di Cuori doveva pagare.
Venne inviato un ultimatum, che Callie firmò riluttante. La sua mano tremava al punto che dovettero stilare una nuova coppia del documento, dopo che la regina macchiò il primo rovesciando l’inchiostro del calamaio. L’ultimatum invitava il Regno di Cuori a una resa totale o a prepararsi ad essere militarmente annientato dopo l’ultimo respiro di George.
L’assassinio di un re poteva essere punita solo con la morte di un regno.
«Vostra maestà?»
La voce di Miranda strappò Callie alle sue riflessioni.
«Siete pronta?» chiese la dama titubante.
«Sì» la voce della regina risuonò violentemente tra le pareti marmoree del bagno. «Sì, arrivo, un attimo».
Callie uscì velocemente dalla vasca e si asciugò, tremante per il freddo. Indossò velocemente una sottoveste bianca e guardò per un ultima volta l’acqua diventata fredda.
Lì, ormai irriconoscibile, era caduta l’unica lacrima che aveva pianto. Per George, bisbigliò, prima di uscire.
In silenzio, Cristina, Teddy e Miranda la aiutarono a vestirsi, un rituale che lei detestava, soprattutto per via del corpetto che le stringeva il busto, mozzandole il respiro.
Sono vedova,pensò, mentre Teddy raccoglieva i suoi capelli in una sobria ma elegante acconciatura.
Callie osservò il proprio riflesso nello specchio che aveva di fronte. La pelle opaca, le occhiaie profonde, il vestito nero, con un unico, grande picche di seta bianca sul petto e quel volto che stentava a riconoscere come il proprio.
«È tutto pronto?» domandò poi, quando Teddy si allontanò.
«Sì, Callie. Vuoi aspettare ancora qualche minuto?»
«No, Miranda, andiamo»
Facendo appello a tutta la forza di volontà che le era rimasta, la regina uscì dai suoi appartamenti per recarsi nella Sala del Trono.
Ad attenderla trovò Owen Hunt, il Fante di Picche, Lady Avery, la donna più ricca che il Regno avesse mai visto, Ben Warren, il miglior fabbro che la terra avesse mai visto e i fratelli O’Malley, con i volti tirati e scavati dal dolore.
Callie non si sedette sul trono, non voleva far pesare su di loro la propria autorità. Si mise al centro della sala e attese che i presenti si avvicinassero, porgendole omaggi e condoglianze. Sir Hunt, Lady Avery e Warren si inchinarono, ma Callie non lasciò che anche Jerry e Ronny O’Malley li imitassero Senza considerare quella che era l’etichetta, di cui sua madre aveva cercato in tutti i modi di farle comprendere l’importanza, Callie abbracciò i cognati e notò con la coda dell’occhio Lady Cristina e Sir Owen scambiarsi un’occhiata furtiva.
«Bene» disse, schiarendosi la voce e facendo cenno alle sue dame di restare. Rimasero tutti in piedi, in cerchio, anche se ai lati della regina era stata mantenuta una rispettosa distanza. «Ci sono alcune questioni che vorrei discutere con voi. Per prima cosa» disse, voltandosi verso gli O’Malley, «vorrei chiarire la questione della successione. Io ero la regina consorte, al fianco di George, ma ora immagino che la corona passerà a-»
«A te!» esclamarono all’unisono Jerry e Ronny, sorprendendo Callie.
«Ora sei la…» incalzò Jerry, al ricerca del titolo esatto.
«La regina regnante!» incalzò il fratello.
«Non conosco a fondo il diritto del regno, almeno non riguardo a questo. Non credevo ne avrei mai avuto bisogno» disse Callie in tono lugubre. «Ma io e George non abbiamo avuto figli. A chi passerà il regno alla mia morte? Credo sia più opportuno se uno di voi due venga incoronato re».
«Non credo sia la scelta migliore» si intromise Catherine Avery. «Se mi è concesso, maestà, ritengo che la mancanza di figli non sia un problema. La corona verrà ereditata da uno dei figli di Lord Jerry o Lord Ronny. Colui o colei, che voi riterrete adatto. Da secoli gli O’Malley si sono succeduti sul Trono di Picche con questa modalità e fin’ora a funzionato»
«È vero!»
«Già!»
Concordarono i due fratelli con aria risoluta, seguiti a ruota da cenni d’assenso da parte delle dame della regina e, dopo qualche istante di ponderata riflessione, anche da un breve ma inequivocabile cenno di Sir Owen Hunt.
Callie si aspettava una reazione del genere, ma non accompagnata da un così vivace assenso. Respirò a pieni polmoni e poi proseguì con la seconda questione su cui aveva rimuginato nelle lunghe ore seduta accanto al marito incosciente.
«Grazie per la fiducia» disse, chiedendosi quanto ci avrebbero messo a capire che non era una donna adatta al comando. «Vorrei ora sottoporre al vostro giudizio un pregetto sul quale ho a lungo ponderato. Conoscete tutti i termini dell’ultimatum inviato alla corte rossa. Il popolo ha invocato a gran voce la vendetta e noi abbiamo fatto una promessa. Ora non ci rimane che scendere in guerra contro il Regno di Cuori» annunciò Callie, mentre un’atmosfera tetra scendeva sulla stanza.
«Sei contraria».
«Non vuoi vendicare tuo marito?»
«George per te l’avrebbe fatto».
«Già!»
Dissero in rapida successione i fratelli O’Malley. A quella loro abitudine Callie non si era ancora abituata e il rapido alternarsi delle loro voci la lasciava spesso intontita.
«No, sono contraria alla guerra, è vero, ma su quel ultimatum c’è la mia firma. Mio padre mi ha insegnato a compiere il mio dovere fino in fondo e a mantenere le promesse fatte. Tra poco annuncerò al popolo che siamo ufficialmente in guerra. Quello che volevo discutere con voi tutti» disse Callie, fermandosi per riprendere fiato data la foga con cui aveva risposto ai cognati, «è l’istituzione di un Consiglio Straordinario di Guerra, che mi affiancherà nel governo del Regno di Picche fino al termine dei conflitti» annunciò, lasciando tutti, con l’esclusione di Lady Avery, a bocca aperta.
«Posso chiedere, Vostra Maestà, chi saranno i membri di questo consiglio?» disse Catherine.
«Ma certamente, non crediate che la vostra presenza qui sia casuale. Lady Avery voi sarete uno dei membri, se accetterete. E anche voi, Sir Hunt. Ronny, Jerry, credete che vostro padre accetterebbe di farne parte? Altrimenti, uno di voi due potrebbe sostituirlo» domandò la regina.
«O no!»
«No, affatto!»
«Papà ne sarà felicissimo!»
«Entusiasta!»
«Il Regno Rosso deve essere annientato!»
«E con lui tutti i suoi abitanti!»
«D’accordo, va bene» tagliò corto Callie. «Ben Warren, gradirei anche la vostra presenza. Infine, Lady Miranda, sarei onorata se deciderete di farne parte anche voi. Avrò il diritto di veto sulle vostre proposte, ma alcun diritto di voto. Qualcuno desidera rifiutare l’incarico?»
Nessuno parlò, né si mosse.
«Bene, grazie per la collaborazione. Ora, se vogliate scusarmi, devo annunciare al popolo che siamo ufficialmente in guerra contro il Regno di Cuori».
 
 

 
 
NdA
Sì, lo so che dovrei concentrarmi su Autumn, ma credo di essere in grado di gestire due progetti contemporaneamente, non preoccupatevi. O forse dovreste…
Comunque, grazie per aver letto il prologo, che è incentrato interamente su Calliope, ma non preoccupatevi che arriverà anche Arizona!
Ci sono diverse analogie con Alice nel Paese delle Meraviglie, che in effetti gioca un ruolo centrale, ma come avrete intuito da questo ho tratto l’ambientazione e i tratti distintivi di qualche personaggio. Troverete riferimenti lungo tutta la storia, ma la vicenda non segue passo a passo quella di Alice, affatto!
Un’ultima cosa, la citazione iniziale  è tratta dalla canzone  [1] We believe (Good Charlotte).
Spero che il capitolo vi sia piaciuto, a presto,
Trixie. 

   
 
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