Ormai
l’avventura con il drago era passata in
prescrizione, e i Malandrini non avevano potuto mettersi di nuovo nei
guai a
causa degli esami.
Sotto la supervisione di Metis ed Hermione, anche Gideon e Harry
avevano
iniziato a ripassare con loro grande disappunto, quindi avevano poco
tempo da
dedicare alle loro malandrinate.
Con grande irritazione di Hermione, comunque, appena due giorni dopo
l’inizio
delle lezioni di ripasso per gli esami i due ragazzi e Metis erano
capaci di
citare quasi a memoria ogni nozione presente nei libri. Ron se la
cavava meno
bene e, visto che Hermione sapeva già tutto, anche se non in
una maniera così
metodica come gli altri amici, decise insieme a Metis di aiutarlo.
Così, mentre
loro due e Ron sgobbavano sui libri in biblioteca, Harry e Gideon
facevano di
tutto per mettersi nei guai.
Un pomeriggio, mentre tornavano dalla biblioteca, udirono una voce
lamentosa
provenire da una delle aule. Quando si avvicinarono, capirono che si
trattava
di Raptor.
«No, no, un'altra volta no, ti prego...»
A sentire quelle parole, sembrava che qualcuno lo stesse minacciando.
Dopo
essersi scambiati uno sguardo Harry e Gideon si avvicinarono ancora.
«E va bene... va bene.» sentirono Raptor
singhiozzare.
Passò appena un secondo, e dall'aula uscì in gran
fretta Raptor, tutto intento
a rimettersi il turbante per il verso giusto. Era pallido e sembrava
sul punto
di scoppiare in lacrime. Si allontanò fino a sparire alla
vista, e i due amici
ebbero l'impressione che non li avesse neanche notati. Attesero che
l'eco dei
suoi passi si spegnesse, poi fece capolino nell'aula per dare
un'occhiata: era
vuota, ma all'estremità opposta c'era una porta spalancata.
Probabilmente da
quell'aula era appena uscito Piton e, da quanto avevano appena sentito,
doveva
essere anche tutto ringalluzzito: sembrava che finalmente Raptor avesse
ceduto.
Decisero di informare subito gli altri e tornarono in biblioteca, dove
Hermione
stava interrogando Ron in astronomia, e Metis leggeva un libro.
«Dunque, Piton ce l'ha fatta!» esclamò
Ron. «Se Raptor gli ha insegnato a
spezzare il suo incantesimo anti-magia nera...»
«Però, c'è sempre Fuffi.»
obiettò Hermione.
«Forse Piton ha scoperto come eludere la sua sorveglianza
senza chiedere niente
a Hagrid.» disse Ron alzando gli occhi sulle migliaia di
volumi che li
circondavano «Scommetto che qua dentro, da qualche parte,
c'è un libro che
spiega come fare per mettere fuori combattimento un gigantesco cane a
tre
teste. E allora, che cosa facciamo ragazzi?»
Negli occhi di Ron era tornata a brillare la luce dell'avventura.
«Dobbiamo andare da Silente.» disse Hermione
«È quello che dovremmo aver fatto
già da un sacco di tempo. Se tentiamo qualcosa noi, ci
sbattono fuori di
sicuro.»
«Andiamo ‘Mione che fine ha fatto il tuo spirito
malandrino!?» esclamò Gideon.
«E poi non abbiamo prove!» le ricordò
Harry «Raptor ha troppa paura per darci
corda. Basta solo che Piton dica di non sapere come ha fatto a entrare
quel
mostro a Halloween, e che lui al terzo piano non ci è
neanche andato vicino...
Secondo voi, a chi crederanno, a lui o a noi? Che noi non possiamo
soffrire
Piton, non è precisamente un segreto. Silente
penserà che ci siamo inventati
tutto per farlo licenziare. Gazza non ci aiuterebbe per tutto l'oro del
mondo:
è troppo amico di Piton, e dal suo punto di vista,
più studenti vengono
rispediti a casa, meglio è. E poi, non dimenticate che noi
non ne dovremmo
proprio sapere nulla, né della pietra né di
Fuffi. Sarà dura spiegare come
l'abbiamo saputo.»
«L’unica cosa che ci resta da fare è
aspettare e tenere gli occhi aperti.»
disse Metis, prima di ributtarsi a capofitto nella lettura, e gli altri
conclusero che era la cosa migliore da fare per il momento.
Il mattino seguente, Harry, Gideon e Neville, sedendosi al tavolo della
colazione, trovarono dei messaggi a loro indirizzati. Erano tutti
identici, e
dicevano:
Per punizione, andrete in cella
d'isolamento a partire dalle undici di stasera. Presentatevi al signor
Gazza
nel salone d'ingresso.
Prof.ssa McGranitt
Con le lezioni di ripasso, il Quidditch e il resto, Gideon ed Harry si
erano
completamente dimenticato della punizione che li attendeva. Tutto
sommato però,
avrebbe potuto andargli peggio. Almeno non avevano perso
così tanti punti da
renderli impopolari a scuola!
Quella sera alle undici, salutarono gli altri nella sala di ritrovo e
scesero
nell'ingresso insieme a Neville. Gazza era già lì
ad attenderli, e con lui
c'era anche Malfoy.
«Seguitemi.» disse Gazza, accendendo un lume e
conducendoli fuori.
«Adesso credo proprio che ci penserete due volte, prima di
violare di nuovo il
regolamento della scuola, eh?» fece in tono di scherno
«Se volete sapere come
la penso io, i migliori insegnanti sono il lavoro duro e le
punizioni...
proprio un peccato che non ne diano più spesso come una
volta... Allora ti
appendevano al soffitto per i polsi e ti ci lasciavano per qualche
giorno! Ho
ancora le catene in ufficio: le tengo ben oliate, nel caso che
servano...
Allora, andiamo, e non sognatevi di filarvela proprio adesso: se ci
provate,
sarà peggio per voi.»
Si avviarono attraverso il parco immerso nell'oscurità.
Neville non la smetteva
di tirare su col naso, mentre Harry e Gideon si domandavano quale
sarebbe stato
il loro castigo. Doveva essere qualcosa di veramente orribile,
altrimenti Gazza
non avrebbe avuto quel tono gongolante, tuttavia, non volendo dare al
custode
una soddisfazione, mantennero la loro aria arrogante per tutto il
tragitto.
La luna splendeva in cielo, ma ogni tanto una nube le
passava davanti oscurandola, e sprofondava anche loro nel buio.
Poi udirono un grido in lontananza.
«Sei tu, Gazza? Sbrigati, che voglio incominciare.»
Harry e Gideon si scambiarono uno sguardo sollevato: non sarebbe stato
poi
tanto male, se toccava loro stare con Hagrid. Tuttavia Gazza lo
notò e disse: «Non
penserete mica che siete venuti a divertirvi insieme con quello
zoticone? Be',
levatevelo dalla testa, ragazzini: è nella foresta che vi
sto portando, e non
so neanche se tornerete tutti interi.»
A quelle parole, Neville diede un flebile lamento, e Malfoy si
fermò, incapace
di proseguire.
«Nella foresta?»
ripeté, con un insolito tono insicuro «Ma non si
può mica
andarci di notte... ci sono in giro un sacco di bestie strane... lupi
mannari,
dicono.»
Neville strinse la manica del mantello di Harry ed emise un suono
strozzato.
«È quello che ti fa paura, eh?» fece
Gazza, con la
voce che tradiva la sua gioia maligna «Ai lupi mannari dovevi
pensarci prima di
combinare tutti quei pasticci, non credi?»
Hagrid emerse dalle tenebre e si avvicinò a loro, seguito a
ruota da Thor.
Portava in mano la sua grossa balestra, e una faretra piena di frecce a
tracolla.
«Era ora.» disse «È
già mezz'ora che vi aspetto. Tutto bene? Harry,
Gideon?»
«Io non li tratterei con tanta confidenza, Hagrid.»
disse Gazza freddamente «In
fin dei conti sono qui per essere puniti.»
«Forse è per questo che siete in ritardo,
signore?» chiese Hagrid a Gazza aggrottando
le sopracciglia «Perché ha perso tempo a fargli la
lezione? Ma non è compito
suo, questo. Lei ha fatto la sua parte, da qui in avanti me ne occupo
io.»
«Allora io torno all'alba…» disse Gazza
«...a riprendere quello che ne resta.»
aggiunse poi malignamente. Dopodiché si voltò e
riprese la strada del castello,
con il lume che ballonzolava nel buio.
A quel punto, Malfoy si voltò verso Hagrid.
«Io in quella foresta non ci metto piede.» disse, e
Harry fu contento di sentire
che nella sua voce c'era una nota di panico.
«Ci andrai, eccome, se vuoi restare a Hogwarts!»
ribatté Hagrid in tono feroce «Avete
combinato un guaio, e adesso dovete pagare.»
«Ma questa è roba da servi, mica da studenti. Io
pensavo che ci avrebbero dato
degli esercizi o roba del genere... Se lo sapesse mio padre, quel che
mi state
facendo, lui...»
«...ti direbbe che a Hogwarts si è sempre fatto
così.» lo rimbeccò Hagrid
«Figuriamoci:
esercizi! E a che cosa servirebbero? No: farete qualcosa di utile,
oppure vi
sbatteranno fuori. Se credi che tuo padre preferisce vederti espulso,
tornatene
al castello e fà le valigie. Avanti, adesso!»
Ma Malfoy non si muoveva. Guardò Hagrid con aria infuriata,
ma poi abbassò gli
occhi.
«Allora.» disse Hagrid «Adesso statemi a
sentire bene, perché quel che faremo
stanotte è molto pericoloso e non voglio che correte rischi.
Venite un momento
con me.»
Li condusse fino al margine della foresta. Tenendo alto il lume,
additò uno
stretto sentiero serpeggiante, che scompariva fra il fitto degli
alberi,
immerso nell'oscurità.
«Guardate lì.» fece Hagrid
«Vedete quella roba che luccica per terra? Quella
roba argentata? È sangue di unicorno. Là dentro
c'è un unicorno ferito. È la
seconda volta che succede, questa settimana. Mercoledì
scorso ne ho trovato uno
morto. Noi cercheremo di andare a salvarlo, povera bestia. Ma forse
dovremo
abbatterlo, per non farlo più soffrire.»
«E se chi ha ferito l'unicorno ci trova prima lui?»
fece Malfoy, incapace di
non lasciar trasparire la paura dalla sua voce.
«Niente che vive nella foresta può farvi del male,
se siete con me o con Thor.»
rispose Hagrid.
Iniziarono ad avanzare lentamente, tendendo l'orecchio al minimo
rumore.
All'improvviso, in una radura poco più avanti, qualcosa
senza dubbio si mosse.
«Chi è là?» gridò
Hagrid «Fatti vedere... sono armato!»
Ciò che avanzò verso di loro, fino alla cintola
era un uomo, con barba e
capelli rossi, ma dalla vita in giù aveva un corpo di
cavallo di un bel marrone
castagna, con una lunga coda rossastra.
Harry e Gideon restarono a bocca aperta.
«Ah, sei tu, Conan.» disse Hagrid in tono sollevato
«Come va?» Fece un passo
avanti e strinse la mano al centauro.
«Buona sera a te, Hagrid.» disse Conan. Aveva una
voce profonda e malinconica «Non
è che volevi colpirmi?»
«Non si è mai troppo cauti, Conan.»
rispose Hagrid dando un colpetto alla sua
balestra «In giro per questa foresta c'è qualcosa
che non mi torna. Oh, a
proposito, ti presento Harry Potter e Gideon Black. Studiano su alla
scuola. E quegli
altri due sono Draco Malfoy e Neville Paciock. Questo è
Conan, ragazzi, un
centauro.»
«Fico!» esclamarono Harry e Gideon.
«Buona sera.» fece Conan «Allora, dite un
po': in quella scuola si studia
molto?»
«Un po’.» dissero i ragazzi facendo
spallucce, memori delle lezioni
assolutamente inutili del professor Raptor.
«Un po'. Be', è già
qualcosa.» sospirò Conan. Poi rovesciò
il capo all'indietro
e guardò il cielo «Marte è molto
luminoso, stasera.»
«Già» fece Hagrid guardando anche lui in
alto «Senti un po', Conan, sono
proprio contento che ti abbiamo incontrato, perché
c'è in giro un unicorno
ferito. Tu hai visto niente?»
Conan non rispose subito. Continuò a fissare il cielo, e poi
tornò a sospirare.
«Le prime vittime sono sempre gli innocenti.» disse
«Così fu nei secoli dei
secoli, così è adesso.»
«Già.» fece Hagrid «Ma tu hai
visto niente, Conan? Niente di strano?»
«Marte è molto luminoso stanotte.»
ripeté Conan mentre Hagrid gli lanciava
un'occhiata impaziente «Non capita spesso.»
«Va bene, ma io intendevo niente di strano un po'
più terra terra.» riprese
Hagrid «Insomma, non hai notato niente?»
Ancora una volta, Conan ci mise un po' prima di rispondere. Alla fine
disse: «La
foresta nasconde molti segreti.» poi se ne andò.
«È davvero impossibile.» disse Hagrid in
tono
irritato, non appena Conan si fu allontanato abbastanza
«Avere una risposta
chiara da un centauro. Sono sempre lì che guardano le
stelle. Di quel che
succede quaggiù, non gliene importa un fico secco.»
«Ma qui nella foresta, ce ne sono molti di quelli?»
chiese Gideon.
«Oh, be', parecchi... Per lo più se ne stanno per
i fatti loro, ma per fortuna
si fanno vivi, quando ho voglia di scambiare una parola con qualcuno.
Badate
bene, i centauri sono dei gran cervelloni... sanno un sacco di cose.
Solo che
non sono tanto chiacchieroni.»
Camminarono per quasi mezz'ora, addentrandosi sempre di più,
fino a quando
seguire il sentiero divenne quasi impossibile, tanto erano fitti gli
alberi. Ad
un certo punto si divisero, ed Harry si ritrovò a camminare
nella foresta con
Thor e Malfoy. Gli sembrò di intravedere macchie di sangue
sempre più
frequenti: c'erano schizzi sulle radici di un albero, come se una
povera
creatura ferita si aggirasse là attorno. Davanti a lui,
attraverso i rami
intricati di un'antica quercia, Harry scorse di nuovo una radura.
«Guarda...» mormorò, tendendo il braccio
per fermare Malfoy.
Per terra c'era qualcosa di bianco che scintillava: era un unicorno, ed
era
morto.
Harry non aveva mai visto nulla di così bello e
così
triste, e aveva già fatto un passo verso l'unicorno quando
un fruscio lo fece
fermare di colpo. Ai margini della radura, un cespuglio fremette...
Poi,
dall'ombra, uscì una figura incappucciata che
avanzò strisciando come un
animale da preda. Harry, Malfoy e Thor rimasero impietriti. La figura
incappucciata si avvicinò all'unicorno, chinò il
capo sulla ferita che si
apriva nel fianco dell'animale e si mise a berne il sangue.
«AAAAAARGH!»
Malfoy si lasciò sfuggire un grido agghiacciante e
schizzò via, e con lui Thor.
L'incappucciato alzò il capo e puntò lo sguardo
su Harry, con il sangue
dell'unicorno che gli colava sul petto. Poi si alzò in piedi
e gli si avvicinò
a rapidi passi. Harry non riusciva a muoversi per il terrore.
Improvvisamente gli trapassò la testa una fitta di dolore
come non ne aveva mai
provate: era come se la sua cicatrice avesse preso fuoco. Mezzo
accecato,
arretrò barcollando. Dietro di sé udì
un rumore di zoccoli al galoppo e qualche
cosa lo superò d'un balzo, piombando addosso
all'incappucciato.
Il dolore alla testa era talmente forte che Harry cadde in ginocchio, e
ci
vollero un paio di minuti prima che passasse. Quando il ragazzo
levò lo
sguardo, la figura era scomparsa. Davanti a lui c'era un centauro, ma
non era
Conan: dall'aspetto era più giovane, e aveva chiome biondo
chiarissimo e un
corpo da sauro.
«Tutto bene?» disse il centauro aiutando Harry a
rimettersi in piedi.
«S-sì, grazie... ma che cos'era quello?»
Il centauro non rispose. Aveva occhi di un blu stupefacente, come
pallidi
zaffiri. Guardò Harry con attenzione, soffermandosi a
osservare la cicatrice
che gli spiccava livida sulla fronte.
«Ma tu sei il giovane Potter!» esclamò
«Faresti bene a tornare da Hagrid. A
quest'ora la foresta è un posto pericoloso, specie per te.
Sai andare a
cavallo? In questo modo farai più in fretta. Mi chiamo
Fiorenzo.» aggiunse poi,
mentre piegava le zampe anteriori perché Harry potesse
salirgli in groppa.
Avanzarono in silenzio attraverso gli alberi, e Harry pensò
che il centauro non
volesse più parlargli, ma mentre attraversavano un punto
dove il bosco era
particolarmente fitto il centauro si fermò di colpo.
«Harry Potter, ma tu lo sai che cosa ci si fa con il sangue
di unicorno?»
«No.» rispose Harry, stupito da quella strana
domanda «Noi abbiamo usato soltanto
il corno e i peli della coda, a lezione di Pozioni.»
«Questo perché uccidere un unicorno è
una cosa mostruosa.» ribatté Fiorenzo
«Soltanto
uno che non ha niente da perdere e tutto da guadagnare commetterebbe un
delitto
del genere. Il sangue dell'unicorno ti mantiene in vita anche se sei a
un passo
dalla morte; ma il costo da pagare è tremendo.
Poiché hai ucciso una cosa pura
e indifesa per salvarti, dall'istante che il sangue tocca le tue labbra
non
vivrai che una mezza vita, una vita dannata.»
«Ma chi potrebbe essere così disperato?»
si domandò ad alta voce «Se uno
finisce dannato per sempre, meglio morire, no?»
«Vero.» concordò Fiorenzo «A
meno che non ti basti restare vivo per il tempo
necessario a bere qualcos'altro... qualcosa che ti restituisca tutta la
tua
forza e il tuo potere, qualcosa che fa sì che tu non possa
morire mai. Signor
Potter, tu lo sai che cosa è nascosto dentro la scuola, in
questo preciso
momento?»
«La Pietra Filosofale! Ma certo... L'Elisir di Lunga Vita!
Però non capisco
chi...»
«Non ti viene in mente nessuno che abbia atteso molti anni
per tornare al
potere, che si sia aggrappato alla vita aspettando la sua grande
occasione?»
Era come se un pugno di ferro si fosse improvvisamente serrato attorno
al cuore
di Harry.
«Vuoi dire.» fece Harry con voce strozzata
«Che era Vol...»
«Harry! Harry, tutto a posto?»
Gideon correva verso di loro lungo il sentiero, seguito da un Hagrid
tutto
ansimante.
«Ma io sto benissimo.» rispose Harry quasi senza
sapere quel che diceva «L'unicorno
è morto, Hagrid, sta nella radura lì
dietro.»
«A questo punto, io ti lascio, signor Potter.»
mormorò Fiorenzo, mentre Hagrid
si affrettava nella direzione indicata per vedere l'unicorno
«Adesso sei al
sicuro.»
Harry scivolò giù dalla sua groppa.
«Buona fortuna, Harry Potter.» disse Fiorenzo
«È già successo che i pianeti
venissero letti in modo errato, anche dai centauri. Spero che questa
sia una di
quelle volte.»
Così dicendo, si voltò e si addentrò
nel folto della foresta, lasciandosi alle
spalle Harry scosso dai brividi.
Mentre
aspettava il loro ritorno, Ron si era addormentato nella sala di
ritrovo
immersa nell'oscurità, mentre Hermione e Metis leggevano un
libro, anche se
chiaramente a fatica reprimevano il sonno. Tuttavia, quando Harry e
Gideon
entrarono dal ritratto, nel giro di pochi secondi erano tutti e tre
perfettamente svegli, e ascoltavano Harry spiegare che cosa era
successo nella
foresta.
Harry non riusciva a sedersi. Andava su e giù a gran passi
davanti al fuoco.
Tremava ancora.
«Piton vuol rubare la Pietra per conto di Voldemort...
Voldemort aspetta nella
foresta... e pensare che per tutto questo tempo abbiamo creduto che
Piton volesse
soltanto arricchirsi...»
«Piantala di pronunciare quel nome!»
sussurrò Ron terrorizzato, come se
credesse che Voldemort potesse udirli.
Ma Harry non lo ascoltava.
«Fiorenzo mi ha salvato, ma non avrebbe dovuto farlo... ha
iniziato a parlare
quello che predicono i pianeti... Probabilmente, secondo i pianeti,
Voldemort
sta per tornare...»
«Ma la pianti di pronunciare quel nome?»
sibilò Ron, beccandosi uno scappellotto
da Metis seguito da un «Piantala tu di
interromperlo!»
Ascoltare di come il fratello era stato a un passo
dall’essere ucciso l’aveva
terrorizzata a morte. Gideon parve capirlo e si sedette accanto a lei
stringendola forte. Anche lui si era spaventato molto.
«Quindi, adesso non mi resta che aspettare che Piton rubi la
Pietra.» proseguì
Harry febbrilmente. «E a quel punto Voldemort
potrà venire a farmi fuori...»
Hermione aveva un'aria molto spaventata, ma gli offrì una
parola di conforto.
«Harry, tutti dicono che Silente è l'unica persona
di cui Tu-Sai-Chi abbia mai
avuto paura. Se c'è in giro Silente, Tu-Sai-Chi non ti
torcerà un capello. Ma
comunque, chi ha detto che i centauri hanno ragione? A me sembra roba
da
chiromanti, e anche la professoressa McGranitt ha detto che quella
è una branca
della magia molto imprecisa.»
«E poi, Harry, non hai tenuto conto di una cosa.»
disse Metis, alzandosi a
fronteggiare il fratello «Anch’io ho una cicatrice
inferta da Voldemort, è
anche me che vuole. E non gli sarà così facile
farci fuori entrambi.»
«Voldemort dovrà passare sul mio cadavere prima di
farvi del male. Combatteremo
se necessario.» disse Gideon con ferocia, affiancando i due
gemelli.
A quel punto Hermione e Ron si guardarono per un istante.
«E noi saremo con voi.» disse Hermione risoluta
mentre Ron annuiva «Ma ci
piacerebbe che non ci teneste all’oscuro di alcune cose. Ad
esempio, cos’è
questa storia della cicatrice di Metis? Dai libri che ho letto non
risulta
niente.»
«Questo perché sono in pochi a saperlo.»
disse Metis con un sospiro «Io ho la
stessa cicatrice di Harry, ma sulla spalla sinistra.» e la
mostrò.
Nel frattempo, il cielo si era rischiarato e decisero di ritirarsi nei
rispettivi
dormitori. Andarono a letto esausti, con la gola che doleva, ma le
sorprese di
quella nottata non erano finite.
Quando Harry scostò le lenzuola, vi trovò sotto,
piegato con cura, il mantello
che rende invisibili. A esso era attaccato un biglietto che diceva:
«In caso ti
serva.»