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Autore: Chanel483    16/05/2013    2 recensioni
"So che le probabilità che il mio nome venga estratto sono millesimali, ma non importa, io ho già deciso: che il mio nome sia estratto o no, questi saranno i miei Hunger Games."
Clove è il tributo femminile del Distretto 2 dei settantaquattresimi Hunger Games. Clove è un mago con i coltelli. Clove è un favorito, è stata cresciuta ed allenata al solo scopo di diventare una vincitrice. Clove si allea con Cato e gli altri favoriti quando è nell'arena. Clove ha un fisico minuto. Ma in realtà, cosa sappiamo di Clove, di com'è, di ciò che le piace o di cosa prova? Proprio niente.
Ed è così che inizia la mia storia.
So che non è originale, ci sono mille storie che parlano dello stesso argomento ma ci voglio provare lo stesso.
Vi parlerò dei settantaquattresimi Hunger Games, passo passo dal momento della Mietitura alla fine di tutto, dal punto di vista di Clove.
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cato, Clove
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Il Centro di Addestramento
All’interno del Centro di Addestramento c’è una grande torre, che ospita i nostri alloggi. Ad Distretto è destinato un piano, dove si stabiliscono i tributi ed il loro staff, durante tutto il periodo dell’addestramento.
Al Distretto 2, come ovvio, è riservato il secondo piano. Ed è proprio lì che io, Cato e il nostro staff ci stiamo recando, con ancora indosso i vestiti della parata.
Talia, un paio di passi avanti a noi, preme il tasto di chiamata dell’ascensore e nel frattempo blatera di programmi e modi per recuperare il – testuali parole – “piccolo inconveniente della sfilata”.
Io scollego completamente l’udito e allontano tutto ciò che ho intorno. Sono sempre stata brava in questo, ad estraniarmi dall’ambiente che mi circonda e rimanere concentrata solo su di me; sul mio respiro, il battere del mio cuore, il lavoro dei muscoli per mettere un piede davanti all’altro e compiere i passi che dall’ascensore mi portano a quella che Talia mi indica come la mia stanza.
Era utile, durante i sei mesi all’anno che passavo all’accademia, prendermi questa sorta di spazio personale. Era utile per estraniarsi dalle urla degli allenatori o dall’umiliazione per la perdita di uno scontro o anche solo dal bruciore delle mani, quando mi tagliavo con i miei stessi coltelli.
Mi lascio scivolare sul letto e mi guardo attorno con sguardo critico. La stanza che occupo è grande quattro o cinque volte quella che c’è in casa mia e non molto più di quella dell’accademia, che però dividevo con altre sei ragazze.
Ho anche una cabina armadio ed un enorme bagno personale, occupato per metà da una vasca idromassaggio, che funge anche da doccia, ed ha un pannello con almeno cinquanta, sessanta pulsanti per attivare mille funzioni diverse.
Ovunque, nella camera da letto, nel bagno ed addirittura nella cabina armadio, ci sono in tutto una decina di pannelli simili, in grado di controllare qualsiasi cosa possa voler utilizzare.
Litigo un po’ con l’allacciatura dell’armatura, ma alla fine riesco a far ricadere quella e la tunica sottostante sul tappeto infondo al letto, dove li abbandono insieme alle scarpe e ai mille gingilli che ho tra i capelli, convinta che qualcun altro li raccoglierà.
Mi avvio verso il bagno e, strada facendo, butto a terra anche la sottospecie di biancheria intima che Vlad mi ha fatto indossare – considerando quanto copre, avrei fatto prima ad andare senza.
Bisticcio un po’ con il pannello della vasca, ma alla fine riesco a riempirla con acqua calda, olii alla rosa e tanta schiuma.
Quando, un’oretta dopo, esco e poggio i piedi sul tappetino, vengo colpita da dei getti d’aria calda che mi asciugano in un attimo, prima ancora che possa cercare un asciugamano.
Tutta questa tecnologia mi mette un po’ in ansia, così decido che sarebbe troppo avventuroso anche solo il cercare una spazzola e mi lego i capelli in due trecce anche se poi, dopo essermi vista allo specchio, le disfo subito per fare una coda.
Devo proprio trovare un modo per smetterla di sembrare una scolaretta acqua e sapone.
Alquanto alterata, mi trascino nella stanza – dove non c’è più traccia dei miei vestiti – e poi fino alla porta della cabina armadio ed anche lì trovo l’ennesimo pannello. Ci metto un po’ per capire come funziona, ma alla fine mi risulta utile: può selezionare i vestiti al mio posto in base alle indicazioni che gli do.
Così, quando mezzora dopo Talia viene a chiamarmi per la cena, mi trova con indosso dei sandali scamosciati beige con il tacco alto ed un vestito leggero color blu cobalto, lungo fino a meta coscia, con sopra una giacchetta in tinta con le scarpe.
Talia, vedendomi aprire la porta, mi rivolge una lunga occhiata indagatoria, ma alla fine si stringe nelle spalle e mi precede verso la sala da pranzo.
Nella stanza ci sono già Brutus, Enobaria, Vlad e Mao – che chiacchierano seduti ad un divano vicino al tavolo da pranzo, sorseggiando del vino rosso – e due uomini in tunica bianca, uno regge un vassoio di calici di cristallo e l’altro una brocca colma di vino scuro.
I due si avvicinano porgendocene un bicchiere e Talia lo accetta subito, mentre io tentenno un attimo. In realtà non ho mai bevuto vino, se non si contano un paio di sorsi dal bicchiere di mio padre durante le feste e, un volta, durante una qualche cerimonia all’accademia, mezzo bicchiere di rosé con Marlene, rubato tra l’altro agli allenatori.
Mentre mi mordo indecisa il labbro inferiore, avverto la presenza di qualcuno alle mie spalle e, un istante dopo, sento la voce di Cato, a pochi centimetri dal mio orecchio:<< Che c’è ragazzina, hai paura di ubriacarti? >> mi chiede, mentre tende una mano per afferrare un calice.
Io mi volto appena per lanciargli un’occhiataccia – fingendo di non rendermi conto che adesso i nostri visi sono solo ad una manciata di centimetri di distanza – e allungo la mano a mia volta:<< Per niente. E non sono uno ragazzina >>.
Lui si porta il vino alle labbra e pare riflettere un po’ su ciò che ho appena detto:<< Possibile… >> mi concede:<< ma non sono sicuro di ricordare bene. Potresti… come dire, rinfrescarmi la memoria? >>.
La voglia di ucciderlo è tanta, ma mi trattengo bevendo a mia volta. Sono completamente consapevole che, quando saremo nell’Arena, avrò bisogno anche del suo aiuto per fare fuori i tributi del Distretto 12:<< Non credo proprio >> mi limito a rispondere, prima di raggiungere gli altri sui divanetti.
Vengo tirata dentro una conversazione che sembra non avere fine. Argomento? Ovviamente la sfilata!
Vlad e Mao continuano a ripetere che non siamo andati così male, dopo il Distretto 12 eravamo i migliori, a loro parere, ed anche Talia gli dà man forte. Né io né Cato partecipiamo granché, per lo più ci limitiamo ad annuire o rispondere a monosillabi, ma nessuno sembra farci troppo caso. Brutus ed Enobaria non sono positivi quanto gli altri tre, ma non ne fanno una strage.
Il discorso continua quando ci spostiamo al tavolo da pranzo e a causa sua quasi non riesco a godermi l’ottimo cibo che ho davanti.
Quando gli altri decidono di spostarsi davanti alla televisione per guardare la replica della sfilata, io non ho ancora finito di mangiare, così anche questa volta mi porto dietro il dolce: un budino alla fragola ricoperto di panna montata e polvere di mandorle.
Prendiamo tutti posto sui divani e Cato, che si è messo accanto a me, allunga un dito per immergerlo nella mia panna e poi infilarselo in bocca.
Io gli rivolgo un’occhiataccia, allontanandogli il mio dolce:<< Incivile >> lo apostrofo.
Lui si lecca le labbra, per rimuovere un inesistente rimasuglio di panna:<< Deliziosa >> commenta quasi tra sé, ignorandomi.
Quella semplice parola ha la capacita di mettermi un po’ in imbarazzo, ma comunque mi impegno per non arrossire e sposto lo sguardo verso lo schermo del televisore.
La cosa positiva di questa sceneggiata è che capisco che Cato non ha mantenuto il malumore troppo a lungo. Spero che la replica della sfilata non cambi la situazione, poiché sono sicura che non lo sopporterei ventiquattrore su ventiquattro in versione incazzata.
Parte il filmato. In generale il pubblico è entusiasta del nostro costume ed anche di quello di qualche altro Distretto, ma non è nulla in confronto alla reazione che ottengono i ragazzi del dodici, con i loro costumi fiammeggianti.
Talia li descrive come “pacchiani” e Vlad ripete la sua teoria sui fiammiferi umani. Brutus invece pensa sia una buona idea ed anche Enobaria si trova in accordo con lui. Mao è solo infastidita, con ogni probabilità avrebbe voluto pensare lei a qualcosa del genere per prima.
<< Beh, non è certo su questo che punta la nostra strategia. >> ci ricorda la nostra mentore, senza scomporsi di un millimetro, mentre Talia spegne il televisore:<< Ciò che conta è quello che farete domani e durante tutto l’allenamento. Dovete trovare gli alleati migliori e, soprattutto, ottenere un buon punteggio. Non sarà certo uno sciocco costume a fare la differenza >>.
Penso che i nostri stilisti avrebbero qualcosa da ridire su quest’ultima affermazione, ma i denti di quella donna, color oro ed appuntiti in modo disumano, bastano a far zittire chiunque.
<< Su su, ragazzi! >> esclama Talia, dopo un istante di imbarazzante silenzio, mettendosi in piedi:<< Domani vi dovrete alzare presto e sarà una giornata impegnativa, quindi tutti a letto! >>.
Non me lo faccio ripetere due volte, non voglio altro che potermi chiudere nella mia stanza, fare una lunga dormita e svegliarmi domani, pronta a fare ciò che so fare meglio di ogni altra cosa: combattere.
Entro nella stanza e mi svesto, per poi indossare una specie di camicia da notte lunga fino a metà coscia, poiché non ho trovato nulla di più comodo e comunque non fa affatto freddo.
C’è anche un pannello accanto a letto che regola luci, musica, calore e quant’altro. Mi limito a trovare un modo per spegnere tutte le luci e chiudo gli occhi, sprofondando in quel letto soffice e morbido, niente a che vedere con quelli a cui ero abituata nel Distretto 2.
Riesco ad addormentarmi velocemente, ma purtroppo il mio è un sonno breve perché, dopo quelli che mi sembrano solo pochi minuti, il rumore della porta che si apre mi sveglia.
È strano, abituata come sono a condividere la stanza con altre sei persone, ho imparato a dormire in ogni circostanza e comunque non ho mai avuto il sonno leggero. Forse è perché questo è un posto nuovo o perché i miei nervi sono un po’ tesi a causa dell’imminente inizio degli Hunger Games, ma non è affatto normale che un rumore così leggero mi svegli.
In ogni caso, un po’ intontita, faccio leva sulle braccia e cerco di mettere a fuoco la figura che mi trovo davanti. Ci metto pochi secondi per rendermi contro che è Cato e, soprattutto, che non indossa niente di più che un paio di comodi pantaloni grigi.
<< Cosa vuoi? >> domando con l’intenzione di sembrare scontrosa e aggressiva, ma a causa della voce impastata dal sonno, fallisco miseramente.
Sogghigna, con il volto appena illuminato nella penombra, e fa un paio di passi avanti, chiudendosi la porta alle spalle:<< Volevo sapere come stai >> e la sua voce è così bassa, calda e sensuale, che mi fa correre un brivido su per la schiena, mentre la mente mi si riempie dei ricordi di una notte che ho sempre cercato di dimenticare ma non se ne è mai veramente andata dalla mia mente.
<< Sto bene. >> rispondo freddamente, mentre mi copro con il lenzuolo fino al mento, in un gesto forse un po’ infantile:<< Ora puoi andare >> aggiungo.
Lui non sembra farsi scoraggiare dal mio distacco, al contrario, si avvicina fino ad arrivare ai piedi del mio letto, per poi sedersi proprio lì:<< Agitata per l’inizio degli allenamenti? >> mi chiede, ignorando completamente la mia ultima frase.
<< Per niente. >> ho un “e tu?” dato dall’abitudine sulla punta della lingua, ma mi sforzo per rimangiarlo, tutto ciò che voglio è mettere fine a questa conversazione il prima possibile.
Si allunga un po’ sul letto, verso di me, ed io, istintivamente, aumento la presa sul lenzuolo:<< Fossi in te lo sarei. >> mi sussurra:<< Avrai bisogno di allenarti molto, se vuoi che ti accetti nel gruppo dei Favoriti >>.
A questo punto mi sento decisamente punta nel vivo, tanto che quasi mi dimentico di quanto sia imbarazzante questa situazione:<< Di cosa stai parlando? >> domando, sporgendomi maggiormente verso di lui:<< Io ho il tuo stesso identico diritto di stare tra i Favoriti! >> sottolineo con maggior fervore.
<< E chi te lo dice? >>.
A quel punto lascio cadere il lenzuolo e mi metto in ginocchio:<< Mi sono allenata per metà della mia vita solo per questo momento. Non permetterò che tu mi metta i bastoni tra le ruote! E ora vattene, non ti voglio mai più vedere nella mia stanza; ciò che è successo quella notte è stato un errore e non capiterà di nuovo >>.
Cato, testardo all’inverosimile,  mi viene ancora più vicino, finché il suo naso non è diviso dall’effimero spazio di un respiro:<< Non sembrava dispiacerti >> dice:<< al contrario, sembravi molto… appagata >> e, come prevedibile, il suo sguardo si abbassa ad osservare la mia camicia da notte e l’abbondante porzione di decolté che lascia scoperto.
Ok, è davvero ora di mettere fine a tutta questa storia, sta diventando decisamente patetica. Così mi alzo, mi avvicino al guardaroba e, dopo aver trafficato un po’ con il pannello, recupero un golfino che subito indosso, allacciandolo fino all’ultimo bottone.
<< Ascoltami, >> esordisco, piazzandomi in piedi davanti a lui:<< ciò che è successo quella notte non conta nulla. Ero… confusa e tu sai essere molto… persuasivo. Non puoi continuare a ricordarmelo – anzi, rinfacciarmelo – a vita >>.
A sua volta, Cato si mette in piedi e fa un passo nella mia direzione. Non indietreggio per non dargli soddisfazione, anche se vorrei tanto farlo:<< Smettila di fuggire da te stessa ed accetta quello che abbiamo fatto, accetta i tuoi sentimenti >> e prima che io me ne accorga, le sue labbra sono sulle mie e le sue mani sui miei fianchi.
Non è un bacio dolce né romantico, ma non è neanche passionale. È un bacio rabbioso e possessivo, sento la sua lingua entrare a forza nella mia bocca e sfregarsi rudemente sulla mia. C’è un istante, insignificante e brevissimo, in cui mi scopro a ricambiare il bacio ma, un attimo dopo, sento le mani di Cato spostarsi sulle mie cosce, al di sotto della camicia da notte, e mi stacco bruscamente.
<< No! >> quasi urlo, mettendo più di un metro di distanza tra me e lui.
Le guardo rimanere immobile per qualche istante, gli occhi ancora chiusi e le mani a coppa, tese in avanti alla ricerca della mia pelle. Poi si riscuote e mi guarda, un lampo di rabbia negli occhi.
Giro la testa e gli indico la porta:<< Voglio rimanere da sola >> dico. E lui, stranamente, lascia veramente la stanza, senza protestare né pronunciare una sola parola.
È successo pochi mesi fa, ricordo che era inizio inverno ed io ero da poco tornata all’accademia per il mio sesto anno di allenamenti. Avevo sempre visto Cato in quel posto, ma non ci avevo mai veramente parlato né ci eravamo mai allenati insieme.
Avevo già deciso da mesi che quell’anno mi sarei offerta volontaria e nessuno lo sapeva tranne mio padre e Marlene.
Lei non era particolarmente d’accordo con la mia idea ed un giorno, elencandomi tutti gli aspetti negativi che poteva comportare la mia scelta aveva detto:“… e poi non vorrai certo morire vergine, vero?”. Certo che non volevo morire vergine, chi l’avrebbe mai voluto? A quindici anni non avevo mai preso in considerazione quell’opzione ma, ora che Marlene mi aveva detto così, mi sembrava un ostacolo insormontabile.
E da lì al letto di Cato, il passo era stato breve, forse troppo. Era bello, esperto e, a quanto diceva chi lo conosceva, disponibile nei miei confronti.
Era stato solo il cedimento di una notte e, in seguito, non ci eravamo praticamente rivolti più la parola.
Possibile che quello che è successo abbia cambiato a tal punto la mia vita? Possibile che ci siamo ritrovati qui entrambi, volontari per gli stessi Hunger Games, per pura coincidenza?
Scuoto la testa e, dopo aver gettato a terra il maglioncino, torno a rifugiarsi sotto le coperte, con nessun altro desiderio se non quello di dormire.


Buongiorno a tutti :D

Allora, questo è decisamente un capitolo di passaggio, inizialmente avrei voluto passare direttamente all'allenamento dopo la sfilata, ma non volevo correre troppo così ho scritto 'sta roba.
L'unica cosa un po' wooo(?) è la rivelazione su ciò che è successo in passato tra Cato e Clove. Ora, so che alcuni di voi saranno molto contente e altri invece vorranno uccidermi, ma non ci posso fare nulla, è colpa loro, io non c'entro!
Altra cosa abbastanza degna di nota è quel mezzo bacio che Cato riesce a strappare a Clove, che ne pensate? Fatemi sapere con un recensione <3

Vorrei ringraziare tantissimo quelle personcine tanto carine che hanno recensito gli scorsi capitolo o aggiunto la storia tra le seguite/ricordate/preferite. Avete dimostrato tantissimo entusiasmo per questa fanfiction e la cosa mi riempie di gioia e mi fa anche scrivere e aggiornare molto più in fretta del solito! :D

Grazie ancora, ci vediamo al prossimo capitolo, un bacio
Chanel


 
  
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