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Autore: adropintheocean_    18/05/2013    11 recensioni
"Sono un paio di fossette e un sorriso allegro che catturano la mia attenzione.
C’è un ragazzo, in fondo al locale, tiene in mano un vassoio con due bicchieri vuoti e un piatto con qualche briciola. Indossa un grembiule verde scuro, legato sui fianchi, sopra un paio di jeans sgarrati. Sorride cordiale a due ragazze sedute al tavolo, poi si gira per tornare indietro.
Volta lo sguardo, per un secondo questo si intreccia al mio.
Mi viene voglia di alzarmi dal tavolo, andare lì da lui, prenderlo e baciarlo. Quindi lo faccio."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Ho sempre pensato che non sarei mai riuscita a trovare un posto nel mondo, che sarei rimasta ai margini da sola, dimenticata da tutto e tutti. Credevo che sarei rimasta invisibile agli occhi di ogni persona, che nessuno mi avrebbe mai notata e avrebbe mai scoperto veramente come sono fatta dentro. Non avrei mai immaginato di riuscire a guardarmi allo specchio e di vedermi finalmente bella, non più quella ragazzina sfiorita con la faccia spenta e annoiata che ero prima. Ero certa che nessuno avrebbe mai fatto caso a me, perché in fondo credevo di non avere niente di speciale, niente con cui valesse la pena perdere tempo. Ne ero sicurissima e, decisa a non cambiare idea, ho portato avanti queste credenze perseverando per anni e anni.
A scuola guardavo i miei compagni che durante le lezioni smanettavano coi cellulari e chiacchieravano tra loro e mi vedevo come uno stranissimo individuo che amava ascoltare le lezioni o che, comunque, era interessata a farsi uno straccio di cultura. Li vedevo fregarsene di tutto e tutti e venire a chiedermi un aiuto durante il compito in classe, uno straccio di suggerimento che riuscisse a salvarli dal 5 assicurato. E io li aiutavo. Scioccamente, li aiutavo anche più del dovuto, inghiottivo l’amaro insieme al nervoso e suggerivo la risposta esatta senza tante manfrine. Loro mi ringraziavano, sul viso un sorriso smagliante mentre dietro ridevano di me. Ridevano di me, del mio atteggiamento studioso, del mio amore per la letteratura, della mia timidezza e delle mie guance rosse. Ridevano alle mie spalle quando di fronte ai miei occhi mostravano un sorriso sommesso, come un “grazie” mormorato a fior d labbra. E io ci cascavo sempre, ingenuamente credevo ai loro sorrisi ipocriti pensando che, sì, finalmente qualcuno era riuscito a capire il mio valore. Qualcuno era riuscito ad apprezzarmi per quello che ero.
Ma no, era soltanto un’illusione, una grandissima illusione. E allora di nuovo giù, affogavo in quelle acque dense e fredde della delusione, sconfinavo nell’odio per me stessa, nel ribrezzo verso le stesse cose che fino a poco prima ero convinta di amare. Mi chiudevo in me stessa pur avendo voglia di scappare via dalla mia testa. E non ci riuscivo, mi sentivo intrappolata in una gabbia d’oro: tanto bella quanto terribile. Per quanto io cercassi di sfuggire al dolore, quello ritornava impetuoso ad avvinghiarsi alle mie ossa esili. Le stringeva, le stritolava, le sbriciolava riducendole a polvere, e di me non rimaneva che un gruzzoletto di cenere.
Il buio non è un colore, è uno stato d’animo. È un modo d’essere, un modo di fare. Chi ha paura fa le cose al buio. Chi si vergogna usa il buio per nascondersi. Chi non sopporta la luce vive nel buio e a forza di viverci si dimentica com’era avere il calore del Sole sulla pelle. Si dimentica com’era stringere gli occhi perché la luce era troppo forte e dava quel fastidio pur sempre piacevole. Io vivevo nel buio. Intorno a me c’era questa perenne coltre di buio, come dei nuvoloni neri, addensati sulla mia testa, il segno che un temporale stava per scoppiare ed io rimanevo sotto la pioggia senza ombrello, i vestiti zuppi e i capelli umidicci.
Aspettavo solo che qualcuno mi offrisse un ombrello con cui proteggermi e qualche vestito nuovo con cui cambiarmi. Ma la strada era vuota, i pochi passanti che incontravo mi davano uno sguardo compassionevole e sfilavano via e, veloci com’erano comparsi, sparivano.
Poi il verde. C’era verde dappertutto. Il cielo, l’asfalto, gli alberi e i tronchi, i rami e le foglie, le nuvole e le gocce d’acqua che diminuivano la loro intensità. Un sorriso e un paio di fossette, un abbraccio e un bacio sulla guancia.
La luce non è un colore, è uno stato d’animo. La luce si chiama Adam ed è  arrivata ad illuminare la mia strada quando meno me lo aspettavo. Il freddo non c’era più, la pioggia era evaporata insieme al buio che, timido e vergognoso, era retrocesso a testa bassa. Sfrontato ed improvviso, il suo viso aveva riempito il mio sguardo come un forte raggio di luce spuntato da una nuvola. Sapevo che dopo un temporale esce sempre il Sole, ma non credevo che valesse anche per me.
Invece, contro ogni aspettativa, è arrivato anche per me quel raggio di Sole. Ancora mi fa strano questa situazione: per una sempre abituata a fare l’emarginata provare questo turbinio di emozioni nuove tutte insieme è parecchio dura da smaltire.
Il bambino di mia madre - beh, mio fratello- è nato settimino, ha passato un bel po’ di tempo all’ospedale, incubato in un contenitore pieno di tubi e aghi. Si chiama Luke. Quando l’ho visto mi ha fatto molta impressione: le dita minuscole sembravano dei piccoli rigatoni, gli occhi erano serrati e la bocca piccola e rosa riusciva a malapena a superare il diametro di un anello. Ora che è a casa passo la maggior parte del tempo a gravitargli intorno. Ha aperto gli occhi, sono di un blu cobalto che mette in soggezione. Quando è sveglio e non piange, e devo aggiungere che accade molto raramente, si guarda intorno con questi lapislazzuli enormi e curiosi e allunga le bracca grassottelle cercando di afferrare chissà cosa. Mia madre dice che è difficile che gli rimangano così azzurri, anche se una piccola probabilità c’è, in quanto Jackson ha gli occhi chiari. L’ho tenuto in braccio per la prima volta, pochi giorni fa. È … estremamente piccolo e fragile, avevo paura perfino di respirare, timorosa che mi scivolasse dalle mani. Ma mia madre sembrava piuttosto tranquilla, quindi mi sono fidata, sia di me che di lei.
Anche Jamie è su di giri per il nuovo arrivato, passa le mattinate a fargli boccacce e sorrisini. Così come Alo che, con mia enorme sorpresa, ci ha mostrato un lato dolce e tenero che mai avrei immaginato di scoprire.
A proposito di Alo, lui è andato a vivere da Adam. La soluzione era così semplice e banale che continuava a sfuggirci dagli occhi. È stato Adam a proporlo, forse la morte della madre e il fatto di non aver fatto in tempo a dirle ciò che veramente sentiva dentro, gli ha fatto riscaldare il cuore. Ha deciso di recuperare i momenti perduti con suo fratello e casa sua è libera … meglio di così! Tra loro le cose vanno bene, si capiscono al volo e io inizio addirittura a vedere qualche somiglianza negli atteggiamenti di entrambi.
Di Eleanor non vi è più nessuna traccia, se non un incontro avuto con lei pochi giorni fa. Stavo passeggiando insieme ad Adam e la abbiamo vista attraversare di corsa la strada ad occhi bassi. Probabilmente stava desiderando ardentemente di poter essere invisibile, peccato non ci sia riuscita. Credo di non essermi mai sentita così onnipotente in tutta la mia vita. Vederla sgattaiolare via, con le guance in fiamme e gli occhi spaventati mi ha fatto battere il cuore di soddisfazione. Una sincera e dovuta soddisfazione.  
Perciò la mia vita ora sembra procedere per il verso giusto. La scuola ricomincerà tra due giorni ed io non ho nessuna voglia di tornare sui libri, ma perlomeno il fatto che potrò vedere Adam quando voglio mi consola parecchio. È una sicurezza per me il poter contare su di lui ogni volta che ne sentirò il bisogno. La timidezza sembra essersi dileguata, anche se le guance rosse occasionalmente fanno capolino sul mio viso. La vecchia me è ancora presente, ovviamente. Fa qualche sporadica apparizione, un po’ di ansia prima di dormire, le mani che tremano quando Adam mi sfiora … Anche se sono cambiata non posso pretendere di diventare una persona nuova. Ma sono contenta di essere come sono, non voglio più cambiarmi ormai. Sono io, sono Marylou e mi sta bene così.
Louis e Christine sembrano decisamente essersi trovati, stanno insieme da parecchio ormai, e, sorvolando qualche banale litigio settimanale, sembrano una coppietta fatta e finita. Louis si è licenziato, non lavora più al pub. È andato a fare un corso per diventare maestro di tennis. Sembrava essersi svegliato tutto d’un colpo: ci ha mostrato la sua passione per il tennis, che c’era sempre stata, tutta insieme all’improvviso. Quattro volte alla settimana va in un circolo a prendere lezioni, si allena ripetutamente fino allo strenuo, mostrando una forza e una tenacia che mai avrei immaginato potesse avere.
Belle, invece, non sembra passarsela molto bene. È stata operata per appendicite e durante la convalescenza in ospedale il suo fidanzato – nuovo di zecca, tra l’altro – l’ha lasciata senza alcuna spiegazione e per di più via sms. È convinta che tutto ciò che le è successo sia frutto della sua immaginazione. “Sarà sicuramente un qualche effetto dell’anestesia. Eric non l’avrebbe mai fatto, figuriamoci”. A preoccuparmi è stata la tranquillità assoluta con cui lo ha detto. Ho paura di come potrà stare quando si riprenderà.
Ho iniziato a scrivere un diario, ho scoperto che mi aiuta a calmarmi. Qualunque problema io abbia, dal più banale al più personale e segreto, posso liberarmene scrivendolo su quel piccolo quaderno con una penna indelebile. È come se le parole si staccassero a forza dalla mia anima e venissero impresse su un pezzo di carta, destinate a rimanervi inalterate per sempre. Ogni lettera si lega ad un’altra andando a formare piccole parole che creano delle frasi, delle idee, delle sensazioni e delle ansie. E tutto quanto rimarrà invariato per sempre, scritto e fissato da una penna blu. Chi può mettere la mano sul fuoco per verificare la veridicità di un’idea? O magari il ricordo di un momento passato? Se questo non viene scritto da qualche parte, col passare del tempo sparisce, muta, vi vengono aggiunti particolari inesistenti e si affievoliscono, invece, i dettagli importanti. Si dissolve nel nulla e perfino la mente più brillante e allenata finirà per dimenticarselo. Sono poche le sensazioni che si ricordano per tutta la vita e la loro vivacità, per quanto forte, diminuirà.
Per questo ho iniziato a scrivere. Per non dimenticare, per permettermi di rivivere la mia storia mille e mille volte. Ogni volta che avrò voglia di piangere o di sorridere potrò rileggermi quelle pagine e provare un’altra volta quelle vecchie emozioni ormai dimenticate.
“Lou, ti sbrighi? È mezz’ora che ti aspetto!” Adam mi bussa alla porta insistentemente ma la apre senza comunque aspettare un mio cenno. “Datti una mossa” mi intima severo. Poi però mi sorride scuotendo la testa e le fossette fanno capolino sul suo viso.
“Sta calmo, tesoro, o ti salirà la pressione” lo sbeffeggio ridacchiando. Con la penna scribacchio l’ultima frase sul mio diario, coprendo le parole con il mio braccio.
“Lui mi fa … sentire viva … ?” Adam si poggia pesantemente sulla mia schiena e si affaccia oltre il mio braccio per sbirciare sul quaderno. “Chi è che ti fa sentire viva?” mi domanda incuriosito, la voce divertita.
Chiudo di scatto il diario e me lo infilo nella maglietta nascondendolo. “Smettila, non leggere!” mi alzo stizzita dalla sedia e scappo in direzione della porta. Ogni tentativo di fuga è inutile e Adam riesce ad afferrarmi per i fianchi.
“Guarda che sono geloso! Che combini con quel quaderno?”
“Ma niente, che vuoi che combino?”
Mi stampa un bacio a fior di labbra, poi mi accarezza la guancia col dorso della mano. “Un giorno mi farai leggere. Promesso?”
Alzo gli occhi al cielo e sospiro mentre mormoro un giuramento appena sussurrato: “Promesso”.
 
**
Okay, okay, okay. Questo capitolo è stato un vero è proprio parto. Non sono completamente soddisfatta, ma è più di una settimana che ci sto sopra e non riesco a fare di meglio. Io con i finali non vado affatto d’accordo e, come potrete giustamente notare, tendo sempre ad essere molto banale.
Bene, nonostante le solite critiche che mi rivolgo che altro c’è da dire … Mi sono iscritta su EFP il lontano 3 marzo 2013 e ho iniziato a scriverci la sera stessa. Mi sembra sia passato pochissimo tempo e invece due mesi e mezzo sono tanti. Non si direbbe, ma per me è così. Mi sento … vuota, terribilmente vuota. Però sono felice di esser riuscita a finire “Per sempre tu”. È un po’ una liberazione perché adesso potrò andare a dormire tutte le sere alle 21 yeeee (si scherza!) però è come se una parte di me morisse. Voglio dire … non ero mai riuscita a scrivere una cosa così lunga e ora che ce l’ho fatta mi fa stranissimo.
Inutile dire che se sono riuscita a fare tutto questo è solo merito vostro. E, a proposito, vorrei fare dei ringraziamenti. Il primo va senza dubbio alla mia amichetta genia sweethearthutcher. Tu, donna, sei un genio. Senza di te che mi hai rotto le palle (in senso buono) fino alla fine per farmi continuare, che mi hai sempre consigliato e rimesso in moto il cervello nei momenti di panico … che dire, grazie di esserci.
Poi, poi, poi … direi che l’ennesimo ringraziamento va a Floribanda (ancora grazie per avermi segnalato tra le storie scelte… piango!) e poi grazie a Change_Your_Life_ e LovingHimWasRed. Voi tre, ragazze, siete quanto di più adorabile e smielato che io abbia mai visto in tutta la mia vita. Mi avete seguito costantemente e siete sempre riuscite a farmi commuovere con la vostra estrema dolcezza. Grazie.
Poi un altro grazie a Rosaria_8. Yo sorella, tu sei spuntata all’improvviso e poi mi sei rimasta accanto fiiiino alla fine e per questo non posso che ringraziarti. Sono stra-felice di aver “approfondito”, per quanto ci è stato possibile, la nostra amicizia. Ancora grazie, grazie, grazie.
Grazie anche a Alice Serva ME Servabo TE e Mary Write Me. Siete dolcissime e mi avete sempre fatto mille complimenti. Dei veri e propri splendori di ragazze *-*.
Senza ombra di dubbio mi sarò dimenticata un bel po’ di persone, quindi in ogni caso dico grazie anche a voi, ci siete nella mia testolina, ma è tardi e mi fuma il cervello!
Infine … un enorme grazie a tutte quelle che mi hanno seguito fino alla fine, dai capitoli più brutti a quelli più belli e che non mi hanno mai abbandonato per uno sbaglio o un qualcosa di troppo deprimente (credetemi, mi è successo). Veramente, non riesco ad esprimere quanto vi voglio bene.
Ok, concludo perché i ringraziamenti si stanno dilungando più di tutta l’intera storia. Grazie ancora e alla prossima, ora vado alla ricerca di una chilata di fazzoletti per asciugarmi le lacrime. Buonanotte! <3 
  
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