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Autore: _Ly_    07/12/2007    5 recensioni
Signore e signori, LE CRONACHE DI GODRIC'S HOLLOW, Ovvero Quanto è Duta la Vita Senza Magia!
Se volete divertirvi, leggetele! Ci sono tutti i nostri protagonisti, ma cosa succederà al nostro amato trio?
Dal X capitolo: Anche Harry rise “Perfetto, grazie per l’approvazione, Ron. Peccato che Ginny ormai non mi caghi più nemmeno di striscio… Oggi pur di evitarmi ha cambiato strada e si è allontanata correndo… Peggio di così!” “Le ragazze sono veramente esseri complicati e problematici… Guarda Mione!” constatò il rosso, scuotendo la testa.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Il trio protagonista
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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VIII – Nuove mete

VIII – Nuove mete

 

 

Ron aveva dormito pochissimo quella notte, si poteva dire tranquillamente che non aveva quasi chiuso occhio.

Erano tornati dal pronto soccorso con Ginny fratturata che era notte fonda, dopo la festa di compleanno e il disastro combinato da Harry e tra una cosa e l’altra era andato a letto che mancavano solo poche ore all’alba.

Peccato che la sveglia puntata la sera prima lo costrinse a svegliarsi di primo mattino. Aveva in mente di alzarsi ed allenarsi un po’ da solo, di fare una corsa per distendere i nervi che prima di ogni partita contro gli Slythers toccavano le stelle, ma si scoprì troppo stanco.

Tuttavia non riuscì a riprendere sonno, si rigirò ripetutamente nel letto e alla fine decise che l’unica cosa in grado di calmarlo in quel momento era Hermione.

Aveva bisogno di vederla, di chiacchierare con lei e distrarsi dai suoi cupi pensieri. Era una partita troppo importante e l’amara sconfitta che avevano portato a casa per un piccolo errore nella partita di campionato precedente caricava il tutto ancor più di attesa e aspettative.

Si alzò, si infilò velocemente jeans e maglione e, caricata in spalla la borsa già pronta per la partita, scese in garage e prese la bicicletta.

La Tana era avvolta nella nebbia scura, densa e gelata delle prime ore del mattino, Ron si strinse di più la sciarpa pesante attorno al collo e imprecò per essersi dimenticato in camera i guanti quando iniziando a pedalate il gelo gli massacrò le mani.

Pedalò a perdifiato per le vie deserte di Godric’s Hollow. Alle sette meno un quarto di domenica mattina stavano ancora dormendo tutti. Beati loro.

Arrivò davanti a casa di Hermione, mollò la bicicletta contro il muretto di cinta e scavalcò il cancelletto in ferro battuto. Aggirò le mura esterne fino a ritrovarsi sul retro e, dopo aver raccolto un sasso da terra, lo lanciò in direzione del terrazzino coperto su cui si affacciava la camera di Hermione.

Sentì il rumore dello schianto contro l’imposta di legno chiusa della finestra, attese un paio di secondi ma niente.

Provò e riprovò ancora e al terzo tentativo sentì il rumore leggero attraverso la nebbia pesante della finestra che veniva aperta.

Avvolta in una vestaglia da camera rossa, fece capolino Hermione, la sua testa arruffata si sporse oltre la balaustra, il viso preoccupato.

“Mione… sono io…” bisbigliò Ron, sbracciandosi da sotto per attirare la sua attenzione.

Lei rimase sbalordita di trovarselo lì ad un ora del mattino così infausta, soprattutto considerando la propensione di Ron a dormire fino a mezzo dì quando ne aveva la possibilità.

“E’ successo qualcosa?” domandò sottovoce, allarmata.

Lui scosse la testa “No… mi fai entrare però? Non sapevo in che altro modo chiamarti, il cellulare era spento…”

Lei gli fece segno di raggiungerla alla porta con un gesto del capo.

Di fronte all’ingresso, Ron sentì Hermione armeggiare con le chiavi e aprire la porta.

“Entra…” fece lei, stringendosi nella vestaglia per non farsi acchiappare dal freddo che stava entrando dall’uscio assieme al ragazzo.

Lui la salutò con una mano screpolata che appena dopo portò assieme all’altra alla bocca, cercando di riscaldare entrambe col proprio fiato.

Hermione se ne accorse, allungò le mani per stringere quelle di Ron ma le ritrasse subito “Ron, ma sei congelato! Sali in camera mia, si sta belli caldi… Io ti porto una tazza di tea…”

“Ehm, meglio una camomilla…” precisò, così riusciva magari a calmare un po’ i nervi che lo stavano torturando.

Salì le scale cercando di fare il più piano possibile, per non svegliare i Granger, e si spogliò del cappotto nella camera calda e semibuia di Hermione. Gli venne quasi voglia di infilarsi sotto il suo piumone profumato e accogliente e provare a dormire.

Dopo due minuti Hermione lo raggiunse, posò sulla scrivania un vassoio con due tazze e una teiera fumante e accese una lucina piccola e leggera.

Che cosa ci fai in piedi a quest’ora, Ron?”

“Non riuscivo a dormire, avevo bisogno di qualcuno che mi calmasse… Sono troppo nervoso…” confessò, prendendo tra le mani la teiera per scongelare le estremità ghiacciate.

Hermione inarcò un sopracciglio “E mettere un paio di guanti?”

“Mi sono ricordato di averli lasciati in camera troppo tardi…” spiegò con un’alzata di spalle.

Hermione lo fissò con lo sguardo assonnato “E siccome sei nervoso per la partita e non riesci a dormire hai pensato bene di venire a svegliare anche me. Facendomi prendere un colpo prendendo a sassate la mia finestra, tra l’altro”

“Detto così sembra davvero tremendo ed egoistico…” commentò lui, cercando di addolcirla. Ma capì subito che non ce n’era bisogno perché non c’era rimprovero nella voce di Hermione.

“Già, solo detto così…” commentò lei, divertita.

Ron rise sommessamente, sgranchendo le mani che stavano tornando ad una temperatura quasi normale.

“Ti preparo qualcosa da mangiare o hai già fatto colazione?” gli domandò lei.

Lui scosse la testa inorridito “Ho lo stomaco così chiuso che se provassi a ingoiare anche solo una briciola di pane potrei vomitare…” spiegò.

“Allora mi risparmierò lo spettacolo!”

Chiacchierarono per un po’, Hermione evitò accuratamente di menzionare la partita per non renderlo ancora più teso ora che stava iniziando a distendersi e distrarsi. Alla fine si rannicchiarono nel letto a guardare la tv, aspettando che arrivasse un’ora più appropriata per alzarsi.

Quando più tardi i signori Granger videro Hermione uscire di casa seguita da Ron si domandarono se non avessero bevuto un po’ troppo alla festa di compleanno di Molly Weasley dimenticandosi che il ragazzo si era fermato a dormire da loro.

 

Le gradinate che circondavano il campo della scuola che avrebbe ospitato la partita erano già affollatissime sebbene mancasse quasi un’ora all’inizio dell’incontro e proprio quel giorno facesse un freddo tremendo.

La famiglia Weasley aveva occupato un’intera gradinata  tenendo i posti migliori per amici e parenti che li avrebbero raggiunti. Quando Hermione arrivò prese posto accanto a Ginny.

“Gin, come stai?” le domandò preoccupata.

“Uno schifo… il piede mi fa un male incredibile e sono di pessimo umore perché domandi avrei dovuto andare in un paio di posti per organizzare un evento scolastico” spiegò, le braccia incrociate al petto e il mento appoggiato ad una stampella. Ginny era dall’inizio dell’anno la presidente del comitato organizzativo della scuola.

“Mi dispiace. Se hai bisogno di aiuto non hai che da chiederlo” si offrì l’amica.

“Cambiando argomento, non ho ancora visto arrivare Ron. E’ uscito di casa prestissimo stamattina, l’ho sentito scendere le scale perché non riuscivo a dormire per via della caviglia… Dove cavolo è andato all’alba di un giorno di gelo come oggi lo sa solo lui…” fece, pensierosa.

“Veramente lo so anche io. E’ venuto da me. Ha preso a sassate la mia finestra dicendomi che era troppo nervoso per dormire. Ora credo sia negli spogliatoi” spiegò brevemente Hermione.

“Dovevo immaginarlo” rispose divertita Ginny.

“Buongiorno!” trillò dietro di loro la voce allegra di Luna Lovegood.

Quando si girò, Hermione strabuzzò gli occhi. In testa, sopra la chioma biondissima, Luna indossava un enorme cilindro di stoffa gialla e azzurra con stampato davanti un ippogrifo. C’era una cordicella che pendeva di lato, anche, e quando la ragazza la tirò, l’ippogrifo si illuminò come un albero di Natale, accecandole.

“Vi piace? L’ho fatto io per questa partita, per fare il tifo per il nostro grande capitano!” spiegò, sedendosi vicino a loro.

“Bè, sicuramente Ron apprezzerà. Non potrà non vederlo…” commentò Hermione.

“Mi fa piacere…” rispose Luna, tirando la cordicella e facendo illuminare l’ippogrifo.

“Piuttosto – iniziò la rossa – c’è qualcuno che ha messo in giro la voce che Ron sia un capitano inadatto. Che dovrebbe esserlo piuttosto Harry e che perderanno questa partita perché il capitano non sa gestire la sua squadra, proprio come è successo nell’ultima. Non è arrivata alle orecchie di Ron, vero?”

Hermione scosse il capo “Non mi ha detto niente quindi fortunatamente credo che non l’abbia sentita. Non oso immaginare cosa gli prenderebbe…”

Era passata una mezz’oretta. Tutti i membri delle due squadre si stavano riscaldando nelle rispettive metà campo e Albus Silente, l’allenatore degli Hippogriffs, se ne andava su e giù a bordo campo sorridendo pacificamente e rispondendo positivo alle domande che talvolta i ragazzi gli rivolgevano.

In un angolo anche le cheerleader stavano provando, tutte esaltate. Solo Lavanda non sembrava esattamente di buon umore e strillava comandi saltando a destra e a manca come una gallina impazzita.

Mancavano pochi minuti all’inizio della partita quando Seamus e Harry corsero verso Hermione preoccupati “Abbiamo un problema…” iniziò il vice capitano.

“Ron sembra in preda ad una crisi isterica e non vuole uscire dagli spogliatoi…” spiegò Harry.

“Ok, vieni con me, Harry, lo trasciniamo fuori a forza se necessario! Ginny, posso prendere una di queste, vero?” e, afferrata una delle stampelle della ragazza, corse assieme a Harry in direzione degli spogliatoi della squadra.

“Seamus mi ha detto che a volte capita che la prenda un po’ male, è vero?”

“Bè, diciamo che Ron è tendenzialmente un tipo insicuro e certi commenti negativi lo distruggono” spiegò Hermione.

Quando entrò trovò Ron che prendeva a pugni il muro.

“Sei impazzito, forse? Ti stano aspettando tutti, là fuori!” strillò Hermione, avvicinandosi.

“Vorrai dire che mi stanno insultando tutti, là fuori. Non hanno fiducia in me, dopo la figuraccia che ho fatto durante l’ultimo incontro farei meglio a ritirarmi…” rispose lui, tetro.

Ma non è mica stata colpa tua, c’è solo stata un’incomprensione. Eddai, Ron, non fare l’autolesionista!” lo spronò Harry, facendosi avanti accanto ad Hermione.

“No, non giocherò. La gente non vuole nemmeno vedermi giocare… toh – e con un gesto di sconforto lanciò ai piedi di Harry la fascia di capitano – Meglio se diventi tu capitano… Sei più forte e più in gamba di me, hanno ragione”

“No che non hanno ragione. Ci siamo affrontati all’inizio, ricordi? E tu mi hai battuto. Tu sei il capitano. E in quanto capitano non dovresti comportarti in maniera così stupida” lo accusò Harry, infervorato.

“Alzati, Ron. E smettila! Non sei tu che stai parlando così, sono i tuoi maledetti nervi. Cerca di riprenderti, la tua squadra ti sta aspettando, lo sai benissimo” gli disse comprensiva Hermione.

“Avanti, non possiamo darla vinta così a Malfoy. E’ stato sicuramente lui a mettere in giro quelle voci infondate, dimostriamogli che ha torto marcio” continuò Harry, catturando l’attenzione di Ron.

E se invece avesse ragione?” fece il rosso, ancora sconfortato.

In quel momento negli spogliatoi fece la sua comparsa Silente.

“Qualcosa non va, Ron?” domandò, lisciandosi la barba legata con un nastro azzurro e giallo per l’occasione, così come il bizzarro completo che indossava.

“Non credo di poter essere un buon capitano, signore. Preferirei non giocare oggi, sarei solo di peso ai miei compagni” spiegò, fissandosi le scarpe.

“Purtroppo per te, Ron, gli schemi sono stati decisi da giorni. Abbiamo bisogno che tu scenda in campo e che giochi al massimo delle tue possibilità. Se sarai o meno un buon capitano allora lo deciderò io, ma fino ad ora non ho mai avuto occasione di dubitarlo. Ora, avrei bisogno che tu raggiunga i tuoi compagni per gli ultimi minuti di riscaldamento, sta per iniziare l’incontro…”

Silente si mise accanto a lui indicandogli la porta con la mano tesa e fissandolo con un sorriso insistente finchè Ron non si fu alzato.

E va bene, ma se perderemo anche oggi sarà l’ultima volta che giocherò…” commentò.

“Ok, mi prenderò io la fascia di capitano allora…” commentò vago Harry, guadagnandosi un’occhiataccia di Ron.

“Sei un avvoltoio…” fece, poco convinto, superandolo.

Harry ed Hermione si scambiarono un sorriso e un cinque soddisfatto incamminandosi verso il campo, Ron si stava riprendendo e la folla esplose in un boato quando lo vide arrivare.

“Bè, che avete da confabulare voi due?” e guardò gelidamente Hermione, ancora leggermente geloso di certe confidenze che Harry si prendeva con lei.

Lei rise e lo raggiunse allungando il passo parandosi davanti a lui e bloccandolo. Si sporse in avanti e gli diede un piccolo bacio sulle labbra “Per augurarti buona fortuna” disse con un sorriso prima di correre via in direzione degli spalti.

Se avesse saputo prima che sarebbe bastato un bacio glielo avrebbe dato subito.

L’umore di Ron mutò sedutastante, divenne agguerrito e carico come non mai e prendendo posizione in campo incitò i suoi compagni sorridente e festoso.

L’incontro iniziò e Harry prese subito palla.

“Potter prende la palla e si lancia a tutta velocità” iniziò a commentare Lee Jordan, un amico dei gemelli Weasley che era diventato il cronista ufficiale di ogni evento sportivo scolastico mentre frequentava ed era rimasto tale anche dopo aver lasciato la scuola.

Tra un commento stravagante del cronista e un altro, l’incontro prese piede, catturando subito l’attenzione di tutti gli spettatori. Il ritmo era serratissimo, gli Slythers, che vantavano giocatori magari poco preparati dal punto di vista tecnico ma piuttosto corpulenti, stavano mettendo in difficoltà gli Hippogriffs con interventi spesso piuttosto sleali.

Tonks si agitava come una pazza a bordo campo ma Silente si limitava a sorridere tranquillo.

Ed ecco un perfetto passaggio di Potter indirizzato al capitano Weasley dietro di lui che evita tutti gli avversari e – oh! Malfoy cerca di placcarlo ma Weasley riesce a liberarsi, corre come se avesse le ali ai piedi… Ha raggiunto l’area di meta avversaria e.. . META!!! Weasley segna!”

Sugli spalti si formò un grido di gioia che riempì lo stadio.

“Due parole sul nostro capitano… Grandissimo capitano! Giocatore eccezionale che, dopo l’ingiustificata sconfitta della scorsa partita oggi gioca come se avesse il fuoco nelle vene, inarrestabile! Grande Weasley!”

Ron in campo si gongolò come un matto nell’udire le parole di Lee e l’esultanza del pubblico.

Nel frattempo il gioco continua, è Diggory in possesso di palla. Goyle lo placca, ed è troppo grosso e costringe Diggory a terra a mollare la palla. Goyle prende possesso di palla, passa a Tiger, Tiger a Nott e… Nott commette fallo in avanti per Malfoy!”

L’arbitro fischia il fallo, ed è mischia.

“Fantastico, gli Hippogriffs non sono mai usciti in svantaggio da una mischia, è un grande punto forte… i ragazzi si dispongono e l’arbitro da il comando. Finnigan lancia la palla, sembra che ci sia fermento e… Potter è in possesso della palla! Zabini cerca di placcarlo ma lui riesce a liberarsi, effettua un passaggio calciato verso Thomas che parte verso la meta avversaria. Passaggio veloce al capitano Weasley, dietro di lui, che parte e Malfoy di nuovo si lancia… FALLO! Placcaggio scorretto, Malfoy compisce volontariamente il naso di Weasley con un gomito. L’arbitro fischia il fallo e tira fuori il cartellino giallo e Malfoy viene espulso per dieci minuti mentre Weasley si allontana dal campo col naso sanguinante e viene rimpiazzato da Colin Canon, alla sua prima partita in campionato. Questi Slythers sono più sleali che mai, io Malfoy lo avrei espulso definitivamente”

Ron raggiunse il bordo campo dove Madama Chips, l’infermiera della scuola, gli prestò le cure necessarie.

“Ron, stai bene?” domandò Tonks, preoccupata.

“Non sembrano esserci fratture, tieni il ghiaccio per qualche minuto, ragazzo…” ordinò la Chips, passandogli una busta ghiacciata dopo averlo pulito e avergli infilato due enormi tamponi di cotone nel naso.

“Quel bastardo…” mormorò Ron, con la voce nasale, rivolto a Malfoy. Aveva cercato di metterlo fuori gioco ma non ci era riuscito. Dopo cinque minuti infatti Weasley era già pronto per tornare in campo.

E Weasley rientra, scambiando un cinque con Canon che si è comportato bene, anche se per pochi minuti”

La partita riprese, gli Hippogriffs sempre in leggero vantaggio, ma gli Slythers furono sleali e potenti, Potter finì a terra con un placcaggio falloso di Nott ma l’arbitro non vide il falli.

Mancavano pochissimi minuti al termine del secondo tempo e il vantaggio degli Hippogriffs era di soli due punti.

Dobbiamo tenere duro, possiamo ancora segnare e aumentare il vantaggio e chiudere in vittoria. Ecco Potter che scatta in avanti bloccato da Flitt, passaggio corto e veloce a Finnigan, libero alla sua sinistra. Mancano due minuti e Malfoy riesce a prendere palla. Il capitano degli Slythers scatta verso la meta avversaria, Diggory cerca di placcarlo ma Malfoy gli sfugge, passa a Nott, Nott corre e ripassa a Malfoy, ma Potter è più veloce e intercetta il passaggio. Corre come un fulmine, se segnano l’ultima meta la partita finisce e gli Hippogriffs si aggiudicano l’incontro. Tenete duro, ragazzi! Potter è quasi arrivato alla meta, forza Potter! Ma ecco Malfoy che lo placa, ginocchia a terra Potter lascia la palla e… Fantastico! Weasley prende possesso, scarta in avanti e… META! ABBIAMO VINTO!”

Il fischio prolungato dell’arbitro chiuse l’incontro decretando vincitori gli Hippogriffs.

Sugli spalti la folla esplose in un grido di vittoria.

Ron e Harry si abbracciarono felici e infangati come non mai, avevano vinto. Poco distante, Malfoy sputò per terra carico di risentimento.

In un attimo tutta la squadra si chiuse festosa attorno all’allenatore Silente e pochi istanti dopo furono circondati dai loro fan che abbandonarono le gradinate per lanciarsi in campo a festeggiare.

Hermione sommerse Ron con un abbraccio serratissimo, entusiasta.

Quando riuscì a liberarsi Harry vide Ginny sola sulle gradinate abbandonate, l’espressione malinconica di chi non poteva unirsi si festeggiamenti, e si sentì in colpa.

 

Poco più di un’ora dopo tutta la squadra era radunata assieme agli amici più fedeli nello storico pub di Godric’s, I Tre Ippogrifi, così chiamato in onore della squadra locale.

Il locale era tutto decorato a festa, striscioni, foto della squadra, tutte le coppe vinte fino a prima e un articolo ironico di giornale in cui si parlava della morte degli Slythers. Era una festa stupenda.

Ma chi ha organizzato tutto questo?” domandò Harry, curioso bevendosi una birra che Rosmerta, la gestrice del locale, gli aveva appena portato.

“Come chi? Gin, no? E’ lei che organizza tutte queste cose…” spiegò Ron, addentando un’enorme fetta di torta alla crema.

Harry parve sorpreso “Non lo sapevo” rispose.

Ron alzò le spalle “E’ nel comitato di organizzazione e devo ammettere che ci sa fare. Ha preso da Fred e George…” spiegò, trangugiando mezzo bicchiere di ponch.

“Devo farle davvero i complimenti” disse Harry, cercando di parlare al di sopra di tutta la confusione.

“Mi sa che dovrai farglieli un’altra volta. Non è voluta venire, ha detto che la caviglia le faceva troppo male e che non si sarebbe divertita in quelle condizioni” spiegò Hermione.

Il senso di colpa di Harry crebbe smisuratamente. Ginny era una ragazza assolutamente pimpante e lui le aveva rotto un piede senza quasi nemmeno chiedere scusa. Persino peggio di strappare le ali ad una farfalla.

Ora non si poteva nemmeno godere quella festa grandiosa che aveva organizzato in onore di tutta la squadra e in una vittoria in cui aveva fortemente creduto.

“Senti, Ron. Io devo andare… ci vediamo domani!” disse salutando con un cenno lui ed Hermione.

Ron insistette “Ma dai, è la nostra grandissima vittoria, non puoi mica andare via, ci devono osannare, qui!”

Harry sorrise dispiaciuto ed Hermione gli strizzò un occhio. Con buone probabilità aveva capito perché se ne stava andando.

Si incamminò velocemente, chiuso nel suo giaccone pesante, in direzione della Tana.

Quando arrivò aveva l’affanno, più che camminare aveva quasi corso per tutta la strada. Suonò al campanello di casa e sentì una voce femminile rispondere “E’ aperto, chiunque tu sia entra perché non ho la minima intenzione di strisciare fino alla porta per aprire”

Harry trattenne una risata e aprì la porta “Ciao…” disse alla ragazza, sdraiata sul divano e intenta a fissare la tv, con un grosso pacco di pop corn in mano.

Ginny si voltò sorpresa di trovarsi in casa Harry Potter, ma non si scompose e continuò a mangiare i suoi pop corno invitandolo con un gesto a sedersi sul divano.

“Ciao… Complimenti per la vittoria” disse vaga, scrollandosi di dosso qualche briciola.

“Veramente sono io che volevo farti i complimenti, hai organizzato una festa favolosa giù al pub” disse lui, un po’ in imbarazzo prendendo un pop corn offerto dalla ragazza.

Ginny sorrise forzatamente “Se era tanto bella perché non sei rimasto là?” domandò asciutta.

Harry si sentì in imbarazzo, sapeva cosa doveva rispondere ma la mancanza assoluta di intimità e confidenza con Ginny gli rendevano difficile far uscire le parole. Alla fine si sforzò “Bè, quando ho saputo che eri tu l’organizzatrice mi sono sentito in colpa perché non eri lì a goderti il risultato. Per colpa mia. Mi dispiace da morire di averti rotto un piede, Ginny” concluse mesto.

Lei distolse lo sguardo, imbarazzata dalle sue parole dirette “Tutto qui? Non c’è problema, io ti assolvo…” rispose scherzosa.

Harry accennò un vago sorriso “Grazie…”

Lei alzò le spalle “Non c’è di che. Comunque tornando alla partita… Wow! Tu e Ron siete un’accoppiata formidabile! E’ stata una delle partite più emozionanti a cui abbia mai assistito” rivelò.

“Grazie… In effetti è una gran squadra. Meritavamo di vincere, gli Slythers sono solo sei grossi troll senza tecnica né correttezza” commentò.

Trascorsero diversi minuti chiacchierando delle partite e del rugby e Harry raccontò a Ginny dove avesse imparato a giocare, durante tutti i suoi viaggi.

“Sai che i tuoi genitori ci hanno sempre mandato un sacco di foto sui vostri viaggi? In diverse foto ci sei anche tu…” confessò.

Harry parve imbarazzato “Scherzi? Spero che siano bruciate tutte! Con un padre fotografo intento a immortalarti in ogni momento a lungo andare impari ad odiare profondamente l’obiettivo…”

“Veramente sono tutte in quella scatola a fiori che vedi dentro la vetrina del mobile. Prendile se vuoi… lo farei io ma qualcuno mi ha rotto un piede…”

Harry assunse un’aria profondamente dispiaciuta e imbarazzata e con un risata Ginny si affretto ad aggiungere “Scherzavo, dai! Sul serio!”, perché le sembrò che poco mancasse perché scoppiasse in lacrime.

Harry prese le foto e si vergognò da morire di vedere foto che lo ritraevano nei momenti più bizzarri come ad esempio mentre si soffiava il naso che era ancora un bambino o mentre dondolava sull’amaca alle Hawai e sbadigliava come un ippopotamo.

“Senti Potter, hai già pranzato?” domandò all’improvviso Ginny.

Lui scosse la testa “Neanche io. Se sai preparare un piatto di spaghetti come si deve ti invito a pranzo… sono sola in casa e l’idea di alzarmi per cucinare mi opprime…” fece lei, con una smorfia di dolore, giocando sul suo punto debole per farsi preparare il pranzo.

“Bè, direi che posso riuscirci, sì… Ok allora, ci penso io, dimmi dove trovo le cose che mi servono e non muoverti da questo divano” fece lui, scattando sull’attenti mosso dai suoi sensi di colpa ma anche da un’improvvisa simpatia nei confronti di quella ragazza.

“Perfetto allora…” rispose Ginny sorridente.

Quando diverse ore dopo Harry lasciò al Tana era un uomo diverso. Bè, un ragazzo diverso. O per lo meno, era sempre uguale ma aveva una strana idea in mente partorita dal dispiacere per la condizione di Ginny di cui era causa e la voglia di ripassare con lei dei momenti piacevoli come quel pomeriggio.

 

Quando entrò in casa che era ormai quasi buio si precipitò di corsa dai genitori che si stavano intrattenendo in salotto in compagnia di Sirius e Remus.

Saltando i saluti di rito andò dritto al sodo di ciò che aveva in mente “Mamma, papà, vorrei un motorino. Preferibilmente entro domandi mattina…” fece serio.

Perché non entro stasera?” fece James, divertito.

“Non credi che sia un premio un po’ eccessivo per una vittoria a rugby?” commentò la madre, perplessa.

Harry si mise a sedere accanto a Sirius “Non è mica per la vittoria a rugby!” spiegò con un gesto spazientito della mano.

“E’ un capriccio per caso, Harry?” domandò ancora la madre, quasi preoccupata.

“Sì. Ed è l’unico che mi pare di aver mai avanzato in vita mia!” puntualizzò, cercando di impressionarli.

“Bè, effettivamente… E come mai tanta fretta?” James parve piuttosto curioso.

Harry decise di raccontare la verità, magari dicendo che era a fin di bene e non un capriccio per scorrazzare in giro per la città guidando come un matto, lo avrebbero accontentato “Bè, siccome ho rotto il piede a Ginny Weasley ho deciso che la accompagnerò avanti a in dietro dove deve andare finchè non toglierà il gesso. Mi sento in colpa…” ammise.

“Ho capito le tue nobili ragioni ma… dove diavolo lo troviamo un motorino entro domandi mattina? Ti rendi conto? E poi, non è mica una bicicletta, devi imparare ad usarlo, soprattutto se vuoi portarci un’altra persona” gli fece notare sua madre.

“Ci penso io!” fece Sirius tutto all’egro posandogli una mano sulle spalle.

“Oh, è vero!” esordì James.

“Ma è una buona idea?” domandò Lupin perplesso.

Lily guardò senza comprendere gli uomini davanti a lei e il figlio che come lei pareva dubbioso “Di cosa state parlando?” domandò alla fine.

Sirius esplose in un sorrisone “Gli darò la mia vecchia vespa rossa! E gli insegnerò come guidarla, stasera stessa!” spiegò.

James acconsentì immediatamente ma Lily fece qualche resistenza.

“Eddai, ma’! Non sarò spericolato…” la pregò Harry.

Alla fine Lily cedette e un paio di ore dopo Harry si trovava in sella al vecchio mezzo di Sirius cercando ci capire come farlo funzionare.

 

La mattina dopo si svegliò che era prestissimo. Si preparò velocemente, prese la borsa e scese in cortile. Spinse il vespino fino in strada e, dopo essersi infilato il casco e averne preso un altro di riserva da dare a Ginny, partì alla volta della Tana.

Per strada incrociò Ron, stava guidando le vecchia vespa che prima usava Ginny e stentò a riconoscerlo, poi lo salutò incerto.

Arrivò esattamente nel momento in cui la ragazza stava uscendo di casa, sempre aggrappata alle sue stampelle, assieme al padre che la attendeva tenendole la portiera della macchina aperta.

“Ehm… buongiorno!” fece Harry, un po’ insicuro.

“Potter?” domandò Ginny.

“Ciao Harry, se sei qui per Ron purtroppo è già andato…” spiegò Arthur Weasley.

Harry scosse il capo, imbarazzato. E ora come glielo spiegava a Ginny che era intenzionato a farle da accompagnatore ogni giorno ovunque avesse bisogno di andare?

“Tutto bene, Potter?” domandò la rossa, squadrandolo curiosa.

“Sì . Ecco, Ginny, volevo dirti che visto che mi hanno regalato una vespa, per placare i miei enormi sensi di colpa, se hai bisogno posso accompagnarti io a scuola nei prossimi giorni… e riportarti a casa, si intende…” concluse, grattandosi il naso.

Ginny rimase compiaciuta e sorpresa, e piuttosto imbarazzata. Rimase a fissarlo con occhi e bocca spalancati senza parole.

“Oh, Harry! Che pensiero gentile hai avuto! In effetti a me risolveresti un grande problema… Sai, per l’ora che porto Ginny a scuola dovrei già essere in ufficio… Per te va bene andare con Harry?” domandò Arthur alla figlia.

Ginny annuì, sempre un po’ confusa “Ok…”

Quando raggiunse Harry, il ragazzo le prese la borsa e l’aiutò a sedersi dietro di lui, poi si caricò le stampelle incastrandole davanti a sé e partì piano.

Quando sentì le mani di Ginny aggrapparsi ai suoi fianchi si sentì in imbarazzo e ringraziò che la ragazza si trovasse dietro di lui invece che di fronte.

Dal canto suo Ginny si sentì piuttosto impacciata seduta dietro Harry, quando si aggrappò a lui cercò di non essere invadente ma dovette aumentare la presa di fronte alla guida piuttosto precaria del ragazzo.

“Ehi, cerca di non sbandare troppo. Mi hai già rotto un piede, ora vuoi farmi fuori definitivamente?” scherzò, per sciogliere l’imbarazzo che era calato.

“Scusa! E’ che è la prima volta… cercherò andare piano!” rispose lui, insicuro.

Se non muoio oggi, vivrò fino a cento anni!” commentò la rossa più distesa, dietro di lui.

Anche Harry rise della battuta e prese velocità sfrecciando sulla strada verso la scuola.

Quando lui prese una curva un po’ troppo larga finendo contro il bordo del marciapiede e sbandando pericolosamente, Ginny si domandò se fosse stato veramente saggio accettare quei passaggi…

 

 

Continua…

 

 

Ecco qui! Finalmente come avete visto le cose iniziano a cambiare! Evviva!!! Avremo un bel po’ di H&G nei prossimi capitoli…

E poi c’è stato il fatidico match… mamma mia, ho sudato per descrivere la partita, mai scritta una parte così difficile! Se considerate che la mia conoscenza del rugby è ancor meno che maccheronica

E’ importante per me saperlo, come è venuta? Credibile? Entusiasmante? Noiosa e piatta? Sbagliata? Aiutooooo!

 

Un’altra cosa che volevo dirvi è che non sarà una fan fiction molto lunga. Terminerò per Natale, facendo qualche previsione, anche se non so dirvi il numero di capitoli esatti. Forse ce ne saranno ancora cinque o sei… Spero continuerete a seguirmi!

 

Nel frattempo ringrazio le solite persone meravigliose che mi lasciano commentini tanto belli. Un bacio grandissimo a EDVIGE86, Ginny Lily Potter, OneTakeWatson, HermioncinaWeasley. GRAZIE! GRAZIE! GRAZIE!!!

 

A presto,

 

Ly

 

  
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