VIII – Nuove mete
Ron
aveva dormito pochissimo quella notte, si poteva dire tranquillamente che non
aveva quasi chiuso occhio.
Erano
tornati dal pronto soccorso con Ginny fratturata che era notte fonda, dopo la
festa di compleanno e il disastro combinato da Harry e tra una cosa e l’altra
era andato a letto che mancavano solo poche ore all’alba.
Peccato che la sveglia puntata la sera
prima lo costrinse a svegliarsi di primo mattino. Aveva in mente di alzarsi ed allenarsi
un po’ da solo, di fare una corsa per distendere i nervi che prima di ogni partita contro gli Slythers toccavano le stelle, ma
si scoprì troppo stanco.
Tuttavia non riuscì a riprendere sonno, si rigirò
ripetutamente nel letto e alla fine decise che l’unica cosa in grado di
calmarlo in quel momento era Hermione.
Aveva
bisogno di vederla, di chiacchierare con lei e distrarsi dai suoi cupi
pensieri. Era una partita troppo importante e l’amara sconfitta che avevano portato a casa per un piccolo errore nella partita
di campionato precedente caricava il tutto ancor più di attesa e aspettative.
Si
alzò, si infilò velocemente jeans e maglione e,
caricata in spalla la borsa già pronta per la partita, scese in garage e prese
la bicicletta.
La
Tana era avvolta nella nebbia scura, densa e gelata delle
prime ore del mattino, Ron si strinse di più la sciarpa pesante attorno
al collo e imprecò per essersi dimenticato in camera i guanti quando iniziando
a pedalate il gelo gli massacrò le mani.
Pedalò
a perdifiato per le vie deserte di Godric’s Hollow. Alle sette meno un quarto
di domenica mattina stavano ancora dormendo tutti.
Beati loro.
Arrivò
davanti a casa di Hermione, mollò la bicicletta contro il muretto di cinta e
scavalcò il cancelletto in ferro battuto. Aggirò le
mura esterne fino a ritrovarsi sul retro e, dopo aver raccolto un sasso da
terra, lo lanciò in direzione del terrazzino coperto su cui si affacciava la
camera di Hermione.
Sentì
il rumore dello schianto contro l’imposta di legno chiusa della finestra,
attese un paio di secondi ma niente.
Provò
e riprovò ancora e al terzo tentativo sentì il rumore leggero attraverso la
nebbia pesante della finestra che veniva aperta.
Avvolta
in una vestaglia da camera rossa, fece capolino Hermione, la sua testa
arruffata si sporse oltre la balaustra, il viso preoccupato.
“Mione…
sono io…” bisbigliò Ron, sbracciandosi da sotto per attirare la sua attenzione.
Lei
rimase sbalordita di trovarselo lì ad un ora del
mattino così infausta, soprattutto considerando la propensione di Ron a dormire
fino a mezzo dì quando ne aveva la possibilità.
“E’
successo qualcosa?” domandò sottovoce, allarmata.
Lui
scosse la testa “No… mi fai entrare però? Non sapevo
in che altro modo chiamarti, il cellulare era spento…”
Lei
gli fece segno di raggiungerla alla porta con un gesto del capo.
Di
fronte all’ingresso, Ron sentì Hermione armeggiare con le chiavi e aprire la
porta.
“Entra…”
fece lei, stringendosi nella vestaglia per non farsi acchiappare dal freddo che
stava entrando dall’uscio assieme al ragazzo.
Lui
la salutò con una mano screpolata che appena dopo portò assieme all’altra alla
bocca, cercando di riscaldare entrambe col proprio fiato.
Hermione
se ne accorse, allungò le mani per stringere quelle di
Ron ma le ritrasse subito “Ron, ma sei congelato! Sali in camera mia, si sta belli caldi… Io ti porto una tazza di tea…”
“Ehm,
meglio una camomilla…” precisò, così riusciva magari a calmare un po’ i nervi
che lo stavano torturando.
Salì
le scale cercando di fare il più piano possibile, per non svegliare i Granger,
e si spogliò del cappotto nella camera calda e semibuia di Hermione. Gli venne
quasi voglia di infilarsi sotto il suo piumone profumato e accogliente e
provare a dormire.
Dopo
due minuti Hermione lo raggiunse, posò sulla scrivania un vassoio con due tazze
e una teiera fumante e accese una lucina piccola e leggera.
“Che cosa ci fai in piedi a quest’ora, Ron?”
“Non
riuscivo a dormire, avevo bisogno di qualcuno che mi calmasse… Sono troppo
nervoso…” confessò, prendendo tra le mani la teiera per scongelare le estremità
ghiacciate.
Hermione
inarcò un sopracciglio “E mettere un paio di guanti?”
“Mi
sono ricordato di averli lasciati in camera troppo tardi…”
spiegò con un’alzata di spalle.
Hermione
lo fissò con lo sguardo assonnato “E siccome sei nervoso per la partita e non
riesci a dormire hai pensato bene di venire a svegliare anche me. Facendomi
prendere un colpo prendendo a sassate la mia finestra, tra l’altro”
“Detto
così sembra davvero tremendo ed egoistico…” commentò lui, cercando di
addolcirla. Ma capì subito che non ce n’era bisogno
perché non c’era rimprovero nella voce di Hermione.
“Già,
solo detto così…” commentò lei, divertita.
Ron
rise sommessamente, sgranchendo le mani che stavano tornando ad una temperatura
quasi normale.
“Ti
preparo qualcosa da mangiare o hai già fatto colazione?” gli domandò lei.
Lui
scosse la testa inorridito “Ho lo stomaco così chiuso
che se provassi a ingoiare anche solo una briciola di pane potrei vomitare…”
spiegò.
“Allora
mi risparmierò lo spettacolo!”
Chiacchierarono
per un po’, Hermione evitò accuratamente di menzionare la partita per non
renderlo ancora più teso ora che stava iniziando a
distendersi e distrarsi. Alla fine si rannicchiarono nel letto a guardare la
tv, aspettando che arrivasse un’ora più appropriata per alzarsi.
Quando
più tardi i signori Granger videro Hermione uscire di casa seguita da Ron si domandarono se non avessero bevuto un po’ troppo alla
festa di compleanno di Molly Weasley dimenticandosi che il ragazzo si era
fermato a dormire da loro.
Le
gradinate che circondavano il campo della scuola che avrebbe ospitato la
partita erano già affollatissime sebbene mancasse quasi un’ora all’inizio dell’incontro
e proprio quel giorno facesse un freddo tremendo.
La
famiglia Weasley aveva occupato un’intera gradinata tenendo i posti migliori per amici e parenti
che li avrebbero raggiunti. Quando Hermione arrivò prese
posto accanto a Ginny.
“Gin, come stai?” le domandò preoccupata.
“Uno
schifo… il piede mi fa un male incredibile e sono di pessimo umore perché
domandi avrei dovuto andare in un paio di posti per
organizzare un evento scolastico” spiegò, le braccia incrociate al petto e il
mento appoggiato ad una stampella. Ginny era dall’inizio dell’anno la
presidente del comitato organizzativo della scuola.
“Mi
dispiace. Se hai bisogno di aiuto non hai che da
chiederlo” si offrì l’amica.
“Cambiando
argomento, non ho ancora visto arrivare Ron. E’ uscito di casa prestissimo
stamattina, l’ho sentito scendere le scale perché non riuscivo a dormire per
via della caviglia… Dove cavolo è andato all’alba di un giorno di gelo come
oggi lo sa solo lui…” fece, pensierosa.
“Veramente
lo so anche io. E’ venuto da me. Ha preso a sassate la mia finestra dicendomi
che era troppo nervoso per dormire. Ora credo sia
negli spogliatoi” spiegò brevemente Hermione.
“Dovevo
immaginarlo” rispose divertita Ginny.
“Buongiorno!”
trillò dietro di loro la voce allegra di Luna Lovegood.
Quando si girò, Hermione strabuzzò gli occhi. In
testa, sopra la chioma biondissima, Luna indossava un enorme cilindro di stoffa
gialla e azzurra con stampato davanti un ippogrifo. C’era una cordicella che
pendeva di lato, anche, e quando la ragazza la tirò, l’ippogrifo si illuminò come un albero di Natale, accecandole.
“Vi
piace? L’ho fatto io per questa partita, per fare il tifo per il nostro grande capitano!” spiegò, sedendosi vicino a loro.
“Bè,
sicuramente Ron apprezzerà. Non potrà non vederlo…” commentò
Hermione.
“Mi
fa piacere…” rispose Luna, tirando la cordicella e facendo illuminare
l’ippogrifo.
“Piuttosto
– iniziò la rossa – c’è qualcuno che ha messo in giro
la voce che Ron sia un capitano inadatto. Che dovrebbe esserlo piuttosto Harry
e che perderanno questa partita perché il capitano non sa gestire la sua
squadra, proprio come è successo nell’ultima. Non è
arrivata alle orecchie di Ron, vero?”
Hermione
scosse il capo “Non mi ha detto niente quindi fortunatamente credo che non
l’abbia sentita. Non oso immaginare cosa gli prenderebbe…”
Era
passata una mezz’oretta. Tutti i membri delle due squadre si stavano
riscaldando nelle rispettive metà campo e Albus Silente, l’allenatore degli
Hippogriffs, se ne andava su e giù a bordo campo
sorridendo pacificamente e rispondendo positivo alle domande che talvolta i
ragazzi gli rivolgevano.
In
un angolo anche le cheerleader stavano provando, tutte esaltate. Solo Lavanda non sembrava esattamente di buon umore e
strillava comandi saltando a destra e a manca come una gallina impazzita.
Mancavano
pochi minuti all’inizio della partita quando Seamus e Harry corsero verso
Hermione preoccupati “Abbiamo un problema…” iniziò il vice capitano.
“Ron
sembra in preda ad una crisi isterica e non vuole uscire dagli spogliatoi…” spiegò
Harry.
“Ok,
vieni con me, Harry, lo trasciniamo fuori a forza se
necessario! Ginny, posso prendere una di queste, vero?” e,
afferrata una delle stampelle della ragazza, corse assieme a Harry in
direzione degli spogliatoi della squadra.
“Seamus
mi ha detto che a volte capita che la prenda un po’
male, è vero?”
“Bè,
diciamo che Ron è tendenzialmente un tipo insicuro e certi commenti negativi lo
distruggono” spiegò Hermione.
Quando entrò trovò Ron che prendeva a pugni il
muro.
“Sei
impazzito, forse? Ti stano aspettando tutti, là fuori!”
strillò Hermione, avvicinandosi.
“Vorrai
dire che mi stanno insultando tutti, là fuori. Non hanno fiducia in me, dopo la
figuraccia che ho fatto durante l’ultimo incontro
farei meglio a ritirarmi…” rispose lui, tetro.
“Ma non è mica stata colpa tua, c’è solo stata
un’incomprensione. Eddai, Ron, non fare l’autolesionista!” lo spronò Harry,
facendosi avanti accanto ad Hermione.
“No,
non giocherò. La gente non vuole nemmeno vedermi giocare… toh – e con un gesto
di sconforto lanciò ai piedi di Harry la fascia di
capitano – Meglio se diventi tu capitano… Sei più forte e più in gamba di me,
hanno ragione”
“No
che non hanno ragione. Ci siamo affrontati all’inizio, ricordi? E tu mi hai battuto. Tu sei il capitano. E in quanto capitano non dovresti comportarti in maniera così
stupida” lo accusò Harry, infervorato.
“Alzati,
Ron. E smettila! Non sei tu che stai parlando così,
sono i tuoi maledetti nervi. Cerca di riprenderti, la tua
squadra ti sta aspettando, lo sai benissimo” gli disse comprensiva
Hermione.
“Avanti,
non possiamo darla vinta così a Malfoy. E’ stato sicuramente lui a mettere in
giro quelle voci infondate, dimostriamogli che ha torto marcio” continuò Harry, catturando l’attenzione di Ron.
“E se invece avesse ragione?” fece il rosso, ancora
sconfortato.
In
quel momento negli spogliatoi fece la sua comparsa Silente.
“Qualcosa
non va, Ron?” domandò, lisciandosi la barba legata con un nastro azzurro e
giallo per l’occasione, così come il bizzarro completo che indossava.
“Non
credo di poter essere un buon capitano, signore. Preferirei
non giocare oggi, sarei solo di peso ai miei compagni” spiegò,
fissandosi le scarpe.
“Purtroppo
per te, Ron, gli schemi sono stati decisi da giorni. Abbiamo bisogno che tu scenda in campo e che giochi al massimo delle tue
possibilità. Se sarai o meno un buon capitano allora
lo deciderò io, ma fino ad ora non ho mai avuto occasione di dubitarlo. Ora,
avrei bisogno che tu raggiunga i tuoi compagni per gli
ultimi minuti di riscaldamento, sta per iniziare l’incontro…”
Silente
si mise accanto a lui indicandogli la porta con la mano tesa e fissandolo con
un sorriso insistente finchè Ron non si fu alzato.
“E va bene, ma se perderemo anche oggi sarà l’ultima volta
che giocherò…” commentò.
“Ok,
mi prenderò io la fascia di capitano allora…” commentò vago Harry,
guadagnandosi un’occhiataccia di Ron.
“Sei
un avvoltoio…” fece, poco convinto, superandolo.
Harry
ed Hermione si scambiarono un sorriso e un cinque soddisfatto incamminandosi
verso il campo, Ron si stava riprendendo e la folla esplose in un boato quando
lo vide arrivare.
“Bè,
che avete da confabulare voi due?” e guardò gelidamente Hermione, ancora
leggermente geloso di certe confidenze che Harry si prendeva con lei.
Lei
rise e lo raggiunse allungando il passo parandosi davanti a lui e bloccandolo.
Si sporse in avanti e gli diede un piccolo bacio sulle labbra “Per augurarti
buona fortuna” disse con un sorriso prima di correre
via in direzione degli spalti.
Se avesse saputo prima che sarebbe bastato un bacio glielo
avrebbe dato subito.
L’umore
di Ron mutò sedutastante, divenne agguerrito e carico come non mai e prendendo
posizione in campo incitò i suoi compagni sorridente e
festoso.
L’incontro
iniziò e Harry prese subito palla.
“Potter
prende la palla e si lancia a tutta velocità” iniziò a commentare Lee Jordan,
un amico dei gemelli Weasley che era diventato il cronista ufficiale di ogni evento sportivo scolastico mentre frequentava ed era
rimasto tale anche dopo aver lasciato la scuola.
Tra un commento stravagante del cronista e
un altro, l’incontro prese piede, catturando subito l’attenzione di tutti gli
spettatori. Il ritmo
era serratissimo, gli Slythers, che vantavano giocatori
magari poco preparati dal punto di vista tecnico ma piuttosto
corpulenti, stavano mettendo in difficoltà gli Hippogriffs con interventi
spesso piuttosto sleali.
Tonks
si agitava come una pazza a bordo campo ma Silente si
limitava a sorridere tranquillo.
“Ed ecco un perfetto passaggio di Potter indirizzato al
capitano Weasley dietro di lui che evita tutti gli avversari e – oh! Malfoy
cerca di placcarlo ma Weasley riesce a liberarsi, corre come se avesse le ali
ai piedi… Ha raggiunto l’area di meta avversaria e.. .
META!!! Weasley segna!”
Sugli
spalti si formò un grido di gioia che riempì lo stadio.
“Due
parole sul nostro capitano… Grandissimo capitano! Giocatore eccezionale che,
dopo l’ingiustificata sconfitta della scorsa partita oggi gioca come se avesse
il fuoco nelle vene, inarrestabile! Grande Weasley!”
Ron
in campo si gongolò come un matto nell’udire le parole di Lee e l’esultanza del
pubblico.
“Nel frattempo il gioco continua, è Diggory in possesso di
palla. Goyle lo placca, ed è troppo grosso e costringe Diggory a terra a
mollare la palla. Goyle prende possesso di palla, passa a Tiger, Tiger a
L’arbitro
fischia il fallo, ed è mischia.
“Fantastico,
gli Hippogriffs non sono mai usciti in svantaggio da una mischia, è un grande punto forte… i ragazzi si dispongono e l’arbitro da
il comando. Finnigan lancia la palla, sembra che ci sia fermento e… Potter è in possesso della palla! Zabini cerca di placcarlo ma lui
riesce a liberarsi, effettua un passaggio calciato
verso Thomas che parte verso la meta avversaria. Passaggio veloce al capitano
Weasley, dietro di lui, che parte e Malfoy di nuovo si lancia… FALLO!
Placcaggio scorretto, Malfoy compisce volontariamente il naso di Weasley con un
gomito. L’arbitro fischia il fallo e tira fuori il cartellino giallo e Malfoy viene espulso per dieci minuti mentre Weasley si allontana
dal campo col naso sanguinante e viene rimpiazzato da Colin Canon, alla sua
prima partita in campionato. Questi Slythers sono più sleali che mai, io Malfoy
lo avrei espulso definitivamente”
Ron
raggiunse il bordo campo dove Madama Chips, l’infermiera della scuola, gli
prestò le cure necessarie.
“Ron,
stai bene?” domandò Tonks, preoccupata.
“Non
sembrano esserci fratture, tieni il ghiaccio per qualche minuto, ragazzo…”
ordinò la Chips, passandogli una busta ghiacciata dopo averlo pulito e avergli
infilato due enormi tamponi di cotone nel naso.
“Quel
bastardo…” mormorò Ron, con la voce nasale, rivolto a Malfoy. Aveva cercato di
metterlo fuori gioco ma non ci era riuscito. Dopo
cinque minuti infatti Weasley era già pronto per tornare
in campo.
“E Weasley rientra, scambiando un cinque con Canon che si è
comportato bene, anche se per pochi minuti”
La
partita riprese, gli Hippogriffs sempre in leggero vantaggio, ma gli Slythers furono
sleali e potenti, Potter finì a terra con un placcaggio falloso di
Mancavano
pochissimi minuti al termine del secondo tempo e il vantaggio degli Hippogriffs
era di soli due punti.
“Dobbiamo tenere duro, possiamo ancora segnare e aumentare il
vantaggio e chiudere in vittoria. Ecco Potter che scatta in
avanti bloccato da Flitt, passaggio corto e veloce a Finnigan, libero alla sua
sinistra. Mancano due minuti e Malfoy riesce a prendere palla. Il
capitano degli Slythers scatta verso la meta avversaria, Diggory cerca di placcarlo
ma Malfoy gli sfugge, passa a
Il
fischio prolungato dell’arbitro chiuse l’incontro decretando vincitori gli
Hippogriffs.
Sugli
spalti la folla esplose in un grido di vittoria.
Ron
e Harry si abbracciarono felici e infangati come non mai, avevano vinto. Poco
distante, Malfoy sputò per terra carico di
risentimento.
In
un attimo tutta la squadra si chiuse festosa attorno
all’allenatore Silente e pochi istanti dopo furono circondati dai loro fan che
abbandonarono le gradinate per lanciarsi in campo a festeggiare.
Hermione
sommerse Ron con un abbraccio serratissimo, entusiasta.
Quando
riuscì a liberarsi Harry vide Ginny sola sulle gradinate abbandonate,
l’espressione malinconica di chi non poteva unirsi si
festeggiamenti, e si sentì in colpa.
Poco
più di un’ora dopo tutta la squadra era radunata assieme agli amici più fedeli
nello storico pub di Godric’s, I Tre Ippogrifi, così
chiamato in onore della squadra locale.
Il
locale era tutto decorato a festa, striscioni, foto della squadra, tutte le
coppe vinte fino a prima e un articolo ironico di giornale in cui si parlava
della morte degli Slythers. Era una festa stupenda.
“Ma chi ha organizzato tutto questo?” domandò Harry, curioso
bevendosi una birra che Rosmerta, la gestrice del locale, gli aveva appena
portato.
“Come
chi? Gin, no? E’ lei che organizza tutte queste cose…” spiegò Ron, addentando
un’enorme fetta di torta alla crema.
Harry
parve sorpreso “Non lo sapevo” rispose.
Ron
alzò le spalle “E’ nel comitato di organizzazione e
devo ammettere che ci sa fare. Ha preso da Fred e George…” spiegò,
trangugiando mezzo bicchiere di ponch.
“Devo
farle davvero i complimenti” disse Harry, cercando di parlare al di sopra di tutta la confusione.
“Mi
sa che dovrai farglieli un’altra volta. Non è voluta venire, ha detto che la
caviglia le faceva troppo male e che non si sarebbe divertita in quelle condizioni”
spiegò Hermione.
Il
senso di colpa di Harry crebbe smisuratamente. Ginny era una ragazza
assolutamente pimpante e lui le aveva rotto un piede
senza quasi nemmeno chiedere scusa. Persino peggio di strappare le ali ad una
farfalla.
Ora
non si poteva nemmeno godere quella festa grandiosa che aveva organizzato in
onore di tutta la squadra e in una vittoria in cui aveva fortemente creduto.
“Senti,
Ron. Io devo andare… ci vediamo domani!” disse
salutando con un cenno lui ed Hermione.
Ron
insistette “Ma dai, è la nostra grandissima vittoria,
non puoi mica andare via, ci devono osannare, qui!”
Harry sorrise dispiaciuto ed Hermione gli strizzò un occhio. Con
buone probabilità aveva capito perché se ne stava andando.
Si incamminò velocemente, chiuso nel suo giaccone pesante, in
direzione della Tana.
Quando arrivò aveva l’affanno, più che camminare
aveva quasi corso per tutta la strada. Suonò al campanello di casa e sentì una
voce femminile rispondere “E’ aperto, chiunque tu sia entra perché non ho la
minima intenzione di strisciare fino alla porta per aprire”
Harry
trattenne una risata e aprì la porta “Ciao…” disse alla ragazza, sdraiata sul
divano e intenta a fissare la tv, con un grosso pacco
di pop corn in mano.
Ginny
si voltò sorpresa di trovarsi in casa Harry Potter, ma non si scompose e
continuò a mangiare i suoi pop corno invitandolo con
un gesto a sedersi sul divano.
“Ciao…
Complimenti per la vittoria” disse vaga, scrollandosi di dosso qualche
briciola.
“Veramente
sono io che volevo farti i complimenti, hai organizzato una festa favolosa giù
al pub” disse lui, un po’ in imbarazzo prendendo un pop corn offerto dalla
ragazza.
Ginny
sorrise forzatamente “Se era tanto bella perché non sei rimasto là?” domandò
asciutta.
Harry
si sentì in imbarazzo, sapeva cosa doveva rispondere ma la mancanza assoluta di intimità e confidenza con Ginny gli rendevano difficile
far uscire le parole. Alla fine si sforzò “Bè, quando ho
saputo che eri tu l’organizzatrice mi sono sentito in colpa perché non
eri lì a goderti il risultato. Per colpa mia. Mi dispiace da
morire di averti rotto un piede, Ginny” concluse mesto.
Lei
distolse lo sguardo, imbarazzata dalle sue parole dirette “Tutto qui? Non c’è problema, io ti assolvo…” rispose scherzosa.
Harry
accennò un vago sorriso “Grazie…”
Lei
alzò le spalle “Non c’è di che. Comunque
tornando alla partita… Wow! Tu e Ron siete
un’accoppiata formidabile! E’ stata una delle partite più emozionanti a cui
abbia mai assistito” rivelò.
“Grazie…
In effetti è una gran squadra. Meritavamo di vincere,
gli Slythers sono solo sei grossi troll senza tecnica
né correttezza” commentò.
Trascorsero
diversi minuti chiacchierando delle partite e del rugby e Harry raccontò a
Ginny dove avesse imparato a giocare, durante tutti i
suoi viaggi.
“Sai
che i tuoi genitori ci hanno sempre mandato un sacco di foto sui vostri viaggi?
In diverse foto ci sei anche tu…” confessò.
Harry
parve imbarazzato “Scherzi? Spero che siano bruciate tutte! Con un padre
fotografo intento a immortalarti in ogni momento a
lungo andare impari ad odiare profondamente l’obiettivo…”
“Veramente
sono tutte in quella scatola a fiori che vedi dentro
la vetrina del mobile. Prendile se vuoi… lo farei io
ma qualcuno mi ha rotto un piede…”
Harry
assunse un’aria profondamente dispiaciuta e imbarazzata e con un risata Ginny si affretto ad aggiungere “Scherzavo, dai!
Sul serio!”, perché le sembrò che poco mancasse perché scoppiasse in lacrime.
Harry
prese le foto e si vergognò da morire di vedere foto che lo ritraevano
nei momenti più bizzarri come ad esempio mentre si soffiava il naso che era
ancora un bambino o mentre dondolava sull’amaca alle Hawai
e sbadigliava come un ippopotamo.
“Senti
Potter, hai già pranzato?” domandò all’improvviso Ginny.
Lui
scosse la testa “Neanche io. Se sai preparare un piatto di spaghetti come si
deve ti invito a pranzo… sono sola in casa e l’idea di
alzarmi per cucinare mi opprime…” fece lei, con una smorfia di dolore, giocando
sul suo punto debole per farsi preparare il pranzo.
“Bè,
direi che posso riuscirci, sì… Ok allora, ci penso io, dimmi dove trovo le cose
che mi servono e non muoverti da questo divano” fece lui, scattando
sull’attenti mosso dai suoi sensi di colpa ma anche da un’improvvisa simpatia
nei confronti di quella ragazza.
“Perfetto
allora…” rispose Ginny sorridente.
Quando
diverse ore dopo Harry lasciò al Tana era un uomo
diverso. Bè, un ragazzo diverso. O per lo meno, era
sempre uguale ma aveva una strana idea in mente partorita dal dispiacere per la
condizione di Ginny di cui era causa e la voglia di ripassare con lei dei
momenti piacevoli come quel pomeriggio.
Quando entrò in casa che era ormai quasi buio si
precipitò di corsa dai genitori che si stavano intrattenendo in salotto in
compagnia di Sirius e Remus.
Saltando
i saluti di rito andò dritto al sodo di ciò che aveva in mente “Mamma, papà, vorrei un motorino. Preferibilmente entro domandi mattina…” fece serio.
“Perché non entro stasera?” fece James, divertito.
“Non
credi che sia un premio un po’ eccessivo per una vittoria a rugby?” commentò la
madre, perplessa.
Harry
si mise a sedere accanto a Sirius “Non è mica per la vittoria
a rugby!” spiegò con un gesto spazientito della mano.
“E’
un capriccio per caso, Harry?” domandò ancora la madre, quasi preoccupata.
“Sì.
Ed è l’unico che mi pare di aver mai avanzato in vita
mia!” puntualizzò, cercando di impressionarli.
“Bè,
effettivamente… E come mai tanta fretta?” James parve piuttosto curioso.
Harry
decise di raccontare la verità, magari dicendo che era a fin di bene e non un
capriccio per scorrazzare in giro per la città guidando come un matto, lo avrebbero accontentato “Bè, siccome ho rotto il piede a
Ginny Weasley ho deciso che la accompagnerò avanti a in dietro dove deve andare
finchè non toglierà il gesso. Mi sento in colpa…” ammise.
“Ho
capito le tue nobili ragioni ma… dove diavolo lo troviamo un motorino entro
domandi mattina? Ti rendi conto? E poi, non è mica una
bicicletta, devi imparare ad usarlo, soprattutto se vuoi portarci un’altra
persona” gli fece notare sua madre.
“Ci
penso io!” fece Sirius tutto all’egro posandogli una mano sulle spalle.
“Oh,
è vero!” esordì James.
“Ma
è una buona idea?” domandò Lupin perplesso.
Lily
guardò senza comprendere gli uomini davanti a lei e il figlio che come lei pareva dubbioso “Di cosa state parlando?” domandò alla fine.
Sirius
esplose in un sorrisone “Gli darò la mia vecchia vespa
rossa! E gli insegnerò come guidarla, stasera stessa!”
spiegò.
James
acconsentì immediatamente ma Lily fece qualche resistenza.
“Eddai,
ma’! Non sarò spericolato…” la pregò Harry.
Alla
fine Lily cedette e un paio di ore dopo Harry si
trovava in sella al vecchio mezzo di Sirius cercando ci capire come farlo
funzionare.
La
mattina dopo si svegliò che era prestissimo. Si preparò velocemente, prese la
borsa e scese in cortile. Spinse il vespino fino in strada e, dopo essersi
infilato il casco e averne preso un altro di riserva da dare a Ginny, partì
alla volta della Tana.
Per
strada incrociò Ron, stava guidando le vecchia vespa
che prima usava Ginny e stentò a riconoscerlo, poi lo salutò incerto.
Arrivò
esattamente nel momento in cui la ragazza stava uscendo di casa, sempre
aggrappata alle sue stampelle, assieme al padre che la attendeva tenendole la
portiera della macchina aperta.
“Ehm…
buongiorno!” fece Harry, un po’ insicuro.
“Potter?”
domandò Ginny.
“Ciao
Harry, se sei qui per Ron purtroppo è già andato…” spiegò Arthur Weasley.
Harry
scosse il capo, imbarazzato. E ora come glielo
spiegava a Ginny che era intenzionato a farle da accompagnatore ogni giorno
ovunque avesse bisogno di andare?
“Tutto
bene, Potter?” domandò la rossa, squadrandolo curiosa.
“Sì
sì. Ecco, Ginny, volevo dirti che visto
che mi hanno regalato una vespa, per placare i miei enormi sensi di
colpa, se hai bisogno posso accompagnarti io a scuola nei prossimi giorni… e
riportarti a casa, si intende…” concluse, grattandosi il naso.
Ginny
rimase compiaciuta e sorpresa, e piuttosto imbarazzata. Rimase a fissarlo con
occhi e bocca spalancati senza parole.
“Oh,
Harry! Che pensiero gentile hai avuto! In effetti a me risolveresti un grande problema… Sai, per
l’ora che porto Ginny a scuola dovrei già essere in ufficio… Per te va bene
andare con Harry?” domandò Arthur alla figlia.
Ginny
annuì, sempre un po’ confusa “Ok…”
Quando raggiunse Harry, il ragazzo le prese la
borsa e l’aiutò a sedersi dietro di lui, poi si caricò le stampelle
incastrandole davanti a sé e partì piano.
Quando
sentì le mani di Ginny aggrapparsi ai suoi fianchi si
sentì in imbarazzo e ringraziò che la ragazza si trovasse dietro di lui invece
che di fronte.
Dal
canto suo Ginny si sentì piuttosto impacciata seduta dietro Harry, quando si
aggrappò a lui cercò di non essere invadente ma dovette aumentare la presa di
fronte alla guida piuttosto precaria del ragazzo.
“Ehi,
cerca di non sbandare troppo. Mi hai già rotto un piede, ora vuoi farmi fuori
definitivamente?” scherzò, per sciogliere l’imbarazzo
che era calato.
“Scusa!
E’ che è la prima volta… cercherò andare piano!” rispose
lui, insicuro.
“Se non muoio oggi, vivrò fino a cento anni!” commentò la
rossa più distesa, dietro di lui.
Anche Harry rise della battuta e prese velocità sfrecciando sulla
strada verso la scuola.
Quando lui prese una curva un po’ troppo larga
finendo contro il bordo del marciapiede e sbandando pericolosamente, Ginny si
domandò se fosse stato veramente saggio accettare quei passaggi…
Continua…
Ecco
qui! Finalmente come avete visto le cose iniziano a cambiare! Evviva!!! Avremo un bel po’ di H&G
nei prossimi capitoli…
E poi c’è stato il fatidico match… mamma mia, ho sudato per
descrivere la partita, mai scritta una parte così difficile! Se
considerate che la mia conoscenza del rugby è ancor meno che maccheronica…
E’
importante per me saperlo, come è venuta? Credibile? Entusiasmante? Noiosa e piatta? Sbagliata? Aiutooooo!
Un’altra
cosa che volevo dirvi è che non sarà una fan fiction molto lunga. Terminerò per
Natale, facendo qualche previsione, anche se non so dirvi il numero di capitoli
esatti. Forse ce ne saranno ancora cinque o sei… Spero
continuerete a seguirmi!
Nel
frattempo ringrazio le solite persone meravigliose che mi lasciano commentini
tanto belli. Un bacio grandissimo a
A
presto,
Ly