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Autore: Schiaccianoci    24/05/2013    1 recensioni
Melissa è una sedicenne molto bella ma imbranata, costretta ad abbandonare la sua casa in Italia per entrare sotto la protezione dei servizi segreti. Viene mandata in Scozia dove frequenterà uno dei collegi più prestigiosi della Gran Bretagna tra amori, amicizie e ragazzi misteriosi. Ben presto però la sua vita e quella degli altri studenti verranno sconvolte da una serie di brutali e inspiegabili omicidi. Melissa si troverà così ad indagare con l'aiuto delle sue migliori amiche, sempre presenti nel momento del bisogno...
Genere: Mistero, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!

 

Eccomi dopo tanto tempo con un nuovo capitolo. “Nuovo” si fa per dire perché l’avevo scritto alcuni mesi fa ma non mi ero mai decisa a pubblicarlo fino ad adesso (sindrome da parto della storia).

È un capitolo un po’ più oscuro diciamo, mi ricorda in alcuni punti il secondo…fatemi sapere che cosa ne pensate J

 

Buona lettura!

 


Capitolo 9

 

 

Il suono dei suoi passi affrettati risuonò cupo nel grande parcheggio all’aperto. Melissa si guardò intorno disorientata, strizzando gli occhi per vedere oltre l’oscurità indistinta in cui era immersa. La notte inghiottiva silenziosa l’immenso parcheggio lasciandola brancolare spaesata nel buio più totale. A occhio doveva trovarsi nella periferia di una grande città; riusciva a sentire in lontananza l’eco martellante di un’ambulanza e la musica sommessa di qualche locale. Un rimbombo potente scosse violentemente l’aria e di colpo una sottile pioggerellina incominciò a riversarsi sul parcheggio. Melissa deglutì, sentendo la saliva scivolare a fatica lungo la gola arida. Un lampo squarciò il cielo illuminando il suo volto tremante, mentre la pioggia si fece più insistente. Alzò la testa al cielo, socchiudendo leggermente la bocca per assaporarne il dolce sapore muschioso. Piccole gocce le scivolavano veloci dal labbro inferiore, indugiando appena sul mento per poi riprendere a scorrerle lungo il collo sottile. Il freddo pungente della notte la raggiunse penetrandole nelle ossa; tuttavia non si mosse fino a che le punte dei suoi lunghi ricci biondi non furono inzuppate de tutto. La testa le girava vorticosamente mentre poteva percepire l’incessante pulsare del sangue nelle sue tempie. Ancora non sapeva con esattezza dove si trovasse, ne perché ci fosse arrivata.

D’un tratto un altro lampo rischiarò il cielo, illuminando un’ombra familiare all’altro capo dell’edificio.

 

 -  Papà…Papà?!

 

La sua voce piena di orrore s’infranse sulle labbra per poi morirle in gola. La frase, rimasta a metà, suonava più come una domanda in attesa di conferma. I suoi occhi scattarono veloci sul padre che arrancava a fatica verso l’uscita premendosi una mano sul petto. A un certo punto, vinto dalla spossatezza, si appoggiò a una colonna per poi accasciarcisi sopra. A Melissa mancò il fiato; il cuore le batteva all’impazzata mentre un unico pensiero l’assillava: è ferito.

Rimase paralizzata per qualche secondo, incapace di muoversi anche di un solo passo; la bocca si apriva e chiudeva meccanicamente senza emettere alcun suono. Finalmente sembrò riacquistare l’uso della parola e dopo aver emesso un gemito sordo, con la faccia trasfigurata dall’orrore, incominciò a correre disperata nella sua direzione. 

Le sue gambe scattavano veloci sul manto bagnato dell’asfalto, una dopo l’altra, mentre i muscoli si contorcevano e rilassavano seguendo il ritmo precipitoso della corsa. I lunghi capelli agitati dal vento le sferzavano la faccia, arrossandole il viso ma a Melissa non importava. Tutto quello su cui riusciva a concentrarsi in quel momento era suo padre, accasciato a quella colonna nel gelo della notte. Si impedì mentalmente di pensare al peggio, troppo terrorizzata all’idea che lui potesse sparire dai suoi occhi, abbanonarla con la stessa facilità con cui le era apparso. Ormai li separavano solo una decina di metri; erano abbastanza vicini perchè Melissa riuscisse a sentire il suo petto alzarsi e abbassarsi sotto il soffio strozzato del suo respiro. Tese una mano nella sua direzione: lacrime salate scorrevano in piccoli rivoli sul suo viso melscolandosi alla pioggia, gli occhi indagavano disperati alla ricerca dei suoi.

D’un tratto una jeep scura sbucò dalla sua sinistra, tagliandole la strada. Il ruggito del motore rimbombò nelle sue orecchie mentre la luce dei fanali la accecò costringendola a chiudere gli occhi. Quando riuscì a riaprirli, scorse due uomini vestiti di nero uscire dal veicolo. Si avvicinavano a passi spediti verso la colonna dove suo padre giaceva inerte: il suo volto una maschera di paura e rassegnazione. I tre si scambiarono qualche parola, che Melissa non riuscì a percepire oltre l’incessante scorrere della pioggia. Il momento delle capitolazioni giunse al termine e quando l’uomo alla sinistra del padre si portò la mano alla cintura, la ragazza sentì il cuore cederle nel petto. Il rumore degli spari fendette l’aria e le rimbombò in testa. Il tempo si era improvvisamente fermato. Melissa si accasciò a terra in preda al dolore, le mani a coprirle la faccia, annaspando per riuscire a prendere qualche boccata d’aria tra i singhiozzi.

 

-  Papà! Nooooo!!!!

 

Il grido disperato di Melissa infranse il rumore della pioggia, risuonando stridulo per tutto il parcheggio. I due uomini si voltarono accorgendosi solo allora della sua presenza per poi muoversi veloci nella sua direzione. La raggiunsero e tenendola ferma per le braccia, la trascinarono verso l’auto.

-  Lasciatemi! Lasciatemi!! No...Papà!!!

 

Non servì a niente divincolarsi, i due la caricarono di peso nel portabagagli, noncuranti delle sue grida. Nella foga a uno cadde il cappuccio sulle spalle. Un gemito morì in bocca alla ragazza nel riconoscere il volto in parte oscurato che troneggiava sopra di lei. I bei lineamenti contratti in una smorfia di trionfale malvagità, così perfetti e gelidi perfino nello scherno.

 

-  Will...

 

 

Driiiin Driiiiin.

 

 Tutto si fece confuso e offuscato. L’immagine del corpo esangue di suo padre si annebbiò e sbiadì. Melissa si svegliò di colpo alzandosi sul letto con un grido soffocato. Era al sicuro nella sua stanza, alla Glenalley. Si portò una mano al viso asciugandosi il sudore freddo che le imperlava la fronte. Il suo corpo era ancora scosso dai brividi e il sangue le si gelò nelle vene al ricordo di quello che aveva visto. Il parcheggio, suo padre, Will le erano sembrati così reali…potevano davvero essere stati solo un sogno?

 

Driiiin Driiiiin.

 

Il freddo rumore metallico che l’aveva svegliata continuò a risuonare incalzante nel dormitorio. Sembrava il rumore di un telefono. Melissa afferrò la sveglia sul comodino:  segnava le 04.10. Chi cavolo poteva chiamare a un’ora del genere?

 Lentamente, scivolò da sotto le coperte e infilata la vestaglia da notte, procedette cauta alla porta della sua stanza. I piedi nudi accarezzavano leggeri la morbida moquette. Uscì dalla sua stanza in punta di piedi e rabbrividì a una folata di vento gelido insinuatasi dalla finestra aperta del corridoio. Richiuse la porta dietro di sé accompagnandola con la mano per evitare di fare rumore.

 

Driiiin Driiiiin.

 

Ora riusciva a vedere con i suoi occhi da dove provenisse il rumore. La cornetta nella cabina telefonica di fronte a lei si agitava al rumore degli squilli. Melissa entrò nella piccola stanzetta e disse esitante:

 

-   Pronto?

-   Pronto? Tesoro?

 

La faccia di Melissa si rasserenò allargandosi in un sorriso: avrebbe riconosciuto quella voce tra mille.

-   Mamma!

Poi, ricordandosi del sogno avuto poco prima aggiunse:

 

-   Papà sta bene??

-   Stiamo tutti bene, cara. Scusaci se non siamo riusciti a chiamarti prima. É stata una settimana particolarmente stressante e non ci hanno lasciato telefonare prima di essere giunti alla nostra nuova casa.

 

La voce di sua madre suonava stanca e spossata. Sapeva che per lei era un brutto periodo: non doveva essere stato facile per la signora Marchesi, unica figlia del conte Ferrari adattarsi a una vita nascosta, constantemente sotto scorta, a vivere nella continua paura di essere scoperti.

Sapeva tuttavia che l’aveva fatto per seguire l’uomo che amava e cercava costantemente di non far trasparire la paura e il dubbio che, era sicura, la tormentassero giorno e notte.

Quello che ancora non capiva era perchè quel ragazzo conosciuto alcuni giorni addietro, continuasse a tormentare i suoi sogni e perchè questa volta le fosse apparso sotto una luce così diversa, quasi oscura.

  
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