Mi
sono fatta attendere anche più del previsto per l’epilogo e per questo mi
dispiace infinitamente.
Grazie a tutte le lettrici che sono passate a leggere questa mia seconda e
lunga storia. Grazie a tutte le lettrici che hanno lasciato anche una piccola
recensione e a quelle che hanno aggiunto e portato con sé la storia, nelle
preferite, seguite e ricordate. Grazie alle lettrici che mi hanno sostenuto
dall’inizio di questo mio cammino fino alla fine, grazie per aver sostenuto me
e i miei personaggi e lascio anche un Grazie speciale alle mie amiche, per
avermi sostenuto e appoggiato, vi voglio bene ragazze!!
Perché nonostante tutto sono felicissima del traguardo che ho raggiunto e per
le ragazze che vorrebbero lasciare un’ultima recensione, come sempre io sarò
qui, sempre se avete voglia ;) spero di
ritrovarmi nelle future storie che scriverò, qual’ora decidessi di
pubblicarne delle altre.. per il momento se avete voglia di continua a leggere
qualcos’altro ho appena pubblicato il primo capitolo della seconda mini storia
You make me complete ;)
Vostra Betta :)
Grazie.
Epilogo
Qualche
settimana dopo che mi fui trasferita completamente a casa di Joe, mi avvicinai all’ultima
stanza del corridoio e cogliendo l’occasione che Joe fosse assente in quel
momento, aprì la porta per vedere cosa ci fosse dentro.
Quando accesi la luce, l’odore di chiuso mi travolse e tossì lievemente
sventolandomi la mano vicino al volto per allontanare la polvere.
C’erano dei mobili sparsi un po’ per la stanza, le persiane erano chiuse perciò
la stanza era buia, ma riuscì comunque a vedere quanto fosse grande. Alcuni
scatoloni con dei giocattoli dentro, altri con libri di fiabe e infine, proprio
al centro della stanza, c’era una culla semilavorata.
Era bellissima con il suo legno scuro.
Era ancora spoglia e semilavorata ma solo a vederla mi brillarono gli occhi.
Ero più sensibile del solito con la gravidanza, ma vedendo la culla non riuscì
a rimanere impassibile. La toccai con la
punta delle dita, anche se mi sporcai un po’ di polvere.
<< Kate. che ci fai qui? >>
Mi voltai di scatto leggermente spaventata e quando vidi Joe sul ciglio della
porta, mi asciugai le lacrime e sorridendo aggiunsi: << Cos’è tutto
questo? >> Indicai la culla e l’intera stanza, voltandomi gli diedi le
spalle e continuai a osservare dettagliatamente aspettando che rispondesse alla
mia domanda.
Joe sospirò, mi venne incontro mi prese una mano e mi trascinò a sedere su un
piccolo divano.
<< Ho iniziato a sistemare questa stanza già da quando conoscevo Bella.
Ormai ci frequentavamo da molti anni ed entrambi avevamo tutte le intenzioni di
andare a vivere insieme, perciò nulla toglieva che avremmo potuto avere una
famiglia tutta nostra un giorno. >> iniziò a parlare nel sentire il nome della sua ex lo osservai con sguardo accigliato.
Possibile che quella Bella doveva esserci in ogni discorso?
Lui sorrise divertito così continuò:
<< .. però, si è dimostrato il contrario, perciò misi da parte tutto ciò
che c’era in questa stanza e la chiusi a chiave.. fino a qualche settimana fa
quando mi dissi che aspettavi un bambino. >> aggiunse con un dolce
sorriso accarezzandomi il ventre di cui non si notava nulla di una possibile
gravidanza poiché erano ancora poche settimane.
<< Kate?! Kate mi stai ascoltando?
>> convenne Christabel scuotendomi leggermente le spalle.
<< Sì scusami ero sovrappensiero.. dicevamo? >>
Christabel aveva progettato quella passeggiata da settimane ormai e non appena
i genitori di Joe arrivarono in città, mantenne la sua promessa e mi portò a
fare acquisti.
<< Dicevo.. non è bella quella culla che è lì in vetrina? >> parlò
sorridente e gioiosa indicandomi l’oggetto. Spostai lo sguardo sulla culla e
corrugai le sopracciglia. Non che fosse brutta, anzi, era davvero bella forse
troppo.. colorata. Era di un rosso acceso.
<< Cos’è quella faccia non ti senti bene? Dai su vieni entriamo in quel
negozio così la vediamo da vicino. >> Non riuscì neanche a dare la mia
opinione e quel pomeriggio solo in rare occasioni riuscì a parlare e a dire
cosa ne pensavo. Tra mia madre e Christabel non avevo un attimo di tregua. E meno male che le donne incinta devono
evitare lo stress!
Christabel sarebbe rimasta per qualche settimana il che equivaleva a qualche
settimana di shopping per i negozi, mentre dopo quelle settimane mi aspettava
mia madre che aveva partorito da poco più di un mese.
Dopo un lunghissimo pomeriggio per i negozi, finalmente tornai a casa dove
potevo finalmente riposarmi bevendo una tazza di tè caldo guardando la
televisione.
Entrai in casa e dopo aver chiuso la porta dandoli in leggero calcio poiché
avevo entrambe le mani occupate dalle buste, sentii qualcuno armeggiare in
cucina.
<< Non pensavo di trovarti a casa.. >> convenni sul ciglio della
porta della cucina, osservando Joe.
<< Abbiamo finito prima gli allenamenti, com’è andata la passeggiata? Non
ti sarai stancata troppo.. >> sussurrò Joe venendomi in contro e
lasciandomi un dolce bacio e una carezza sulla pancia leggermente rigonfia.
<< Sta tranquillo.. >> lo rassicurai sorridente posando il grosso
carico di buste sul tavolo.
<< Ti preparo il thè? >> chiese lui e quindi annuii sorridente.
Mentre Joe preparava il thè presi qualche busta
e decisi di portala in camera del piccolo per sistemarla.
<< Dove vai Kate? >> domandò lui seguendomi con lo sguardo.
<< In camera del bambino, tua madre lo sta riempiendo di regali già da
adesso.. >> ridacchiai iniziando a salire i primi gradini per dirigermi
in quella che sarebbe stata la camera del piccolo.
<< Kate lascia che vada io al piano di sopra, perché non ti siedi e ti
riposi un po’? >> Si avvicinò e mi tolse la busta contenente il regalo,
prendendolo in mano pronto a portarlo lui in camera.
Mi aveva avvisato che mi sarebbe stato vicino con la gravidanza, ma così era
davvero troppo.
<< Joe! Sono solo pochi gradini non mi peseranno più di tanto! >> risposi accigliata. Non
che fossi alle ultime settimane di gravidanza, anzi per quello c’era ancora
molto tempo ma Joe continuava a trattarmi da invalida.
<< Quindici, Kate, sono quindici gradini! >> specificò lui.
<< E con questo non sono mica invalida! Tu va a preparare il thè e poi mi
raggiungi in camera! >> Ero pronta a vincere quell’ennesima guerra, oh sì
che l’avrei vinta. Presi nuovamente la busta e salì i gradini come se nulla
fosse dirigendomi nella stanza del piccolo. Non trovando nulla con cui
ribattere, sbuffò.
Aprii la porta e notai le pareti, che qualche
giorno prima erano di bianco, in quel momento erano chi di un celeste oceano
chi di un blu scuro, con vari adesivi sulle pareti, nulla di troppo eccessivo.
Rimasi meravigliata vedendole. Quel contrasto con alcuni quadri dalle cornici
arancioni era magnifico. Sistemai i giocattoli che Christabel aveva acquistato
per il piccolo sui rispettivi ripiani e continuai a osservare le pareti.
<< Per questo non volevo che venissi.. era una sorpresa. >> parlò Joe
raggiungendomi e fermandosi sul ciglio della porta, alle mie spalle.
<< E’ bellissima.. >> sussurrai avvicinandomi alle pareti e
osservandole nei dettagli.
<< Lo so che avevi detto niente celeste perché sei circondata dal celeste
del club ma se non ti piace possiamo scegliere un altro colore e posso
dipingere tutto da capo.. >> spiegò Joe raggiungendomi a grandi passi. Mi
porse la tazza contenente il thè e ne feci un piccolo sorso per poi posarlo su
un piccolo tavolino al mio fianco.
Mi cinse la vita da dietro e mi lasciai avvolgere dal suo abbraccio e dissi:
<< Lo adoro, è bellissimo e credo che anche al piccolo piacerà.. >>
risposi sorridente intrecciando la mia mano con la sua.
Ci accomodammo sul piccolo divanetto che era nella stanza, mi sedetti sulle
gambe di Joe e mi lasciai cullare dal suo dolce abbraccio, << Hai già in
mente il nome? >> chiese accarezzandomi i capelli lasciandomi un bacio
sulle tempie.
<< Sì.. ma tua madre insiste nel chiamarlo Robert se fosse maschio,
mentre Jasmine se fosse femmina. Mentre la mia Oliver o Lily >> parlai
con una piccola smorfia. La mia voce era quasi un sussurro, il corpo di Joe
emanava calore, il suo cullarmi e quelle tenere carezze mi fecero rilassare
fino all’ultima fibra del corpo, tanto da chiudere leggermente gli occhi.
<< Già, le piacciono molto quei nomi a mia madre, ma la scelta sta a te, pantera. Quale sceglierai? >>
chiese lasciandomi piccole carezze lungo la schiena.
<< Non te lo dirò mai.. >> canzonai con un leggero sorriso.
Il petto di Joe si alzò più volte in una leggera e dolce risata, quella lunga
passeggiata con Christabel mi aveva stancato più del previsto e fu quello che
sentii prima di chiudere gli occhi e assopirmi tra le braccia del mio futuro
marito.
Mi mancava giocare a calcio, nove mesi era
lunghi e ora capivo molti dei giocatori infortunati lamentarsi per il troppo
tempo fermi. Il mio era un caso diverso, sarei stata ferma anche dopo il parto
poiché il piccolo aveva bisogno di me e forse sarei tornata giocare dopo un
anno. Joe aveva testualmente detto, anche al mister e ad altri tecnici, che
sarei tornata in campo dopo essermi ripresa totalmente e dopo che il bimbo
sarebbe cresciuto abbastanza da rimanere con i nonni.
<< Ciao Kate, oh com’è cresciuto il pancione! Come stai? Non ti vedevo da
molto tempo!! >>
Quando entrai nel club Nelly, che passava di lì con le sue solite carte in
mano, mi venne incontro e mi salutò con un abbraccio.
<< Ciao Nelly, io sto bene grazie, sono stata solo impegnata.. >>
aggiunsi ricambiando l’abbraccio.
<< Che cosa ci fai al club? >> domandò curiosa.
<< Era da molto che non passavo, volevo vedere che aria tira da queste
parti. >>
<< Beh forse avrai sentito dal notiziario, le settimane passate non sono
state delle migliori ma i ragazzi si stanno riprendendo, come avrai notato, e
il mister non smette mai di trovare una soluzione per far riprendere la
squadra.. >>
Parlammo mentre ci dirigemmo entrambe in cucina dove Nelly mi offrì un po’ di
succo d’arancia e ci accomodammo sul divano continuando a parlare del più e del
meno.
<< Allora dimmi Kate è maschio o femmina? >> chiese sorridente e curiosa
spostando i suoi occhi ambra dal mio volto alla mia pancia.
Sorrisi e toccandomi leggermente la pancia rigonfia risposi: << E’ un
maschietto. >>
<< Hai deciso già come lo chiamerai? >> ammiccò lei.
Annuii e con uno sguardo lasciai intendere che non le avrei detto il nome del
bambino, non adesso anche se erano le ultime settimane, gli ultimi giorni, ero
riuscita a mantenere il segreto per nove mesi, qualche giorno in più non
avrebbe danneggiato nessuno.
Lei capì anche se dopo un po’ e annuì sorridente evitando quindi di domandare
come avrei chiamato mio figlio.
Continuammo a parlare anche un po’ di lei quando sentimmo delle voci di
sottofondo venire verso la cucina.
Voltai lo sguardo verso la porta e vidi entrare i ragazzi in tuta e con loro,
ultimo a entrare in cucina, ci fu anche Joe.
Tutti i ragazzi di squadra mi videro e mi salutarono calorosi.
<< Kate che cosa ci fai qui? >> sorrise lui venendomi in contro
lasciandomi in lieve bacio sul capo.
<< Niente di particolare. >> sorrisi facendo un po’ di spazio a Joe
che si accomodò al mio fianco posando la sua mano sulla pancia rigonfia.
Continuammo a parlare per buoni minuti, quando a un tratto portai una mano
sulla pancia, scontrando quella di Joe che continuava ad accarezzarmi e sbarrai
gli occhi.
Oh no. Ti prego dimmi che non è questo il
momento!, pregai.
Non poteva succedere, non in quel momento che non ero ancora pronta e non
avevo con me la borsa con tutte le cose che avrei dovuto portare, poiché era a
casa che era molto lontana in quel momento.
<< Joe.. >> parlai scuotendolo un po’.
Ma Joe non mi udì subito poiché stava parlando con alcuni ragazzi che ridevano
per una battuta di gruppo.
Non ora dannazione mi servi!!
<< Joe!! >> parlai più forte per farmi udire dal diretto
interessato.
Joe si voltò verso di me e quando mi vide il suo sorriso svanì e sul suo volto
vidi preoccupazione.
<< Piccola cosa c’è? >>
<< Joe.. >> guardai i suoi occhi e continuai: << Si sono
rotte le acque! >>
La mia preoccupazione non era nulla confronto a quella di Joe e a molti altri
ragazzi che mi udirono nella stanza. Si guardarono scioccati, molti di loro
erano solo dei ragazzi e probabilmente era la prima volta che partecipavano a
una cosa come quella, per questo motivo erano scioccati e non sapevano cosa
fare se non rimanere fermi e osservarmi con occhi scioccati.
Nelly al mio fianco, che fino a qualche momento prima stava bevendo un sorso di
aranciata, tossì nell’udirmi.
<< Come? Adesso Kate!? >> parlò Joe preoccupato entrando quasi nel
panico.
<< No Joe, aspetto che sei pronto e poi vado in travaglio! >> parlai
accigliata, << Certo! Adesso e non ho con me il borsone con tutte le cose
necessarie, perciò ti sarei grata se lo andassi a prendere a casa! >>
Dovevo rimanere lucida e dovevo al più presto arrivare in ospedale.
<< Hai tutto pronto in quel borsone Kate? >> domandò Nelly
aiutandomi ad alzare dal divano per raggiungere la macchina nel parcheggio. Annuii
avvertendo una piccola contrazione.
Era l’unica persona nel club che riusciva a mantenere la giusta lucidità senza
entrare nel panico come molti ragazzi. Non sapevo se Nelly avesse bambini o
fosse sposata ma sapeva come si doveva comportare in quel modo e mi aiutò.
<< Non vorrà partorire qui? >> sussurrò un ragazzo alle nostre
spalle. Riuscì a udirlo comunque ma a risponderlo fu più veloce Nelly che
disse: << No idiota è solo entrata in travaglio. Invece di rimanere lì a
osservarci perché non avvisi il mister che mancherò per qualche ora?
>> Non appena Nelly parlò il
ragazzo si mise sull’attenti ed eseguì gli ordini andando dal mister.
<< Nelly.. non vorrai venire con me? >>
<< Certo mia cara ti accompagnerò e non ti lascerò fin quando non ti
vedrò in ospedale! >> annuì e parlò con voce decisa e sicura.
<< Ma non ce n’è bisogno.. c’è Joe.. >>
Nelly mi rimproverò con lo sguardo e si accigliò poi mi osservai intorno e aggiunsi:
<< A proposito dov’è Joe? >>
<< Quel ragazzo è andato nel pallone non appena hai detto che si sono
rotte le acque, scommetto che ti ha lasciato qui pensando che fossi già in
macchina! >> borbottò Nelly scuotendo il capo.
Ero riuscita raggiungere il parcheggio insieme alla donna ma non vidi Joe. Mi
osservai attorno quando una macchina si
fermò vicino a noi e uscì proprio lui con sguardo preoccupato.
<< Kate ma dov’eri finita pensavo fossi già in macchina! >> parlò
lui agitato.
Lo guardai accigliata e poi rivolsi lo sguardo verso Nelly che incrociò le
braccia al petto e assunse un’espressione da “te l’avevo detto”, quindi entrai
in macchina e ci dirigemmo verso l’ospedale.
Un matrimonio vero e proprio.
Una vera favola. Come avevo sempre fantasticato nei miei monologhi con Paige,
dove c’era una bella favola d’amore, un matrimonio e dopo i figli, certo una
cosa era cambiata avevo già un figlio con Joe, un bellissimo bambino che
entrambi amavamo, ma non per questo il nostro matrimonio cambiò dalle mie
fantasticherie.
La prova dell’abito fu un momento che non avrei dimenticato mai. Fu una vera
emozione trovare l’abito che avrei indossato e che mi avrebbe accompagnato
all’altare insieme a mio padre dove avrei sposato Joe.
Ma fu anche un disastro. Scarti moltissimi abiti chi per un motivo chi per un
altro, non fu una cosa facile scegliere, non con una madre che voleva essere al
centro della scelta e voleva che sua figlia fosse una vera e propria
principessa, nemmeno con tre amiche che scartavano molti vestiti perché brutti o
con qualche difetto, ma soprattutto non fu facile con Christabel. Quella donna
sapeva bene cosa voleva e tutto ciò che piaceva a lei non piaceva a me, tipico,
e così si crearono molte discussioni e la prova dell’abito fu rimandata più
volte.
E come tutti mi avevano predetto fin dall’inizio l’ansia iniziò a farsi sentire,
il fatidico Sì era stato pronunciato e potevo definirmi la signora Hart. Joe
era mio marito ed io lo amavo follemente e con noi in prima fila in braccio al
nonno materno c’era anche Christopher con i suoi grossi occhioni celesti come
l’acqua cristallina e i suoi pochi ciuffi biondi baciati dal sole come quelli
di Joe.
Qualche mese dopo il matrimonio.
Era tarda notte, Christopher era ancora piccolo, qualche mese e come volevasi
dimostrare non tardò a farsi sentire. Scostai le coperte per raggiungerlo e
prenderlo in braccio ma Joe mi batté sul tempo.
<< Lascia vado io.. >> mi sussurrò alzandosi dal letto per
raggiungere il bambino ai piedi della porta.
Lascia vado io.. lo ripeteva spesso nelle notti infernali, dopo il parto,
quando il piccolo si svegliava, lasciando che tornassi a dormire. Una notte
curiosa di sapere come riuscisse a farlo calmare così in fretta, mi alzai, indossai
la vestaglia e raggiunsi la camera di Christopher subito dopo la nostra.
La luce che era sul comodino era bassa, illuminando solo per metà la stanza.
Vidi Joe prendere in braccio il piccolo, posarlo sul suo petto forte e virile e
iniziarlo a dondolare con movimenti lenti, con sottofondo dei profondi mugolii
che intonavano una ninna nanna. Funzionava. Diamine se funzionava.
Nelle braccia forti e muscolose del padre Christopher sembrava un fagottino, e
il piccolo sembrava sentirsi protetto e al sicuro tanto da cadere come
ipnotizzato da quel movimento e da quella dolce melodia, in un sonno profondo.
<< Si è appena addormentato.. >> aggiunse Joe sorpreso di trovarmi
al suo fianco dopo che ebbe messo il bambino nella culla, da lui costruita.
<< Ho visto.. >> sorrisi accarezzando il volto del piccolo, dormire
beato nel suo lettino, con la sua copertina raffiguranti tanti pesci in oceano,
regalatogli dalla nonna paterna.
<< E’ stupendo.. >> sussurrò lui cingendomi la vita da dietro
entrambi con lo sguardo su Christopher.
<< Già.. mi devi spiegare come mai con te si addolcisce così subito..
basta che lo prendi in braccio e torna ad essere il figlio calmo e buono di
sempre.. >> osservai girandomi su me stessa senza mai staccarmi dalle sue
braccia. Beh, in effetti, stare tra le braccia di Joe era sempre stato per me,
come stare al sicuro, erano sempre state protezione e in effetti capivo ciò che
provava Christopher.
<< Dono di famiglia.. mia madre mi faceva sentire così quando avevo
bisogno di lei.. >> ammiccò lui lasciandomi un lieve bacio sulla fronte.
<< Sembra che Christopher godi come la madre nell’essere abbracciato da
me.. >> osservò lui divertito nel vedere la mia espressione beata
disegnarsi sul volto. Non aveva tutti i torti!
Christopher era cresciuto, aveva ormai tre anni
ed era il giorno di Natale.
<< Ehi pantera! Allora tutto
pronto per il pranzo?? >> parlò Laurel dall’altro capo del telefono,
con scherno. Laurel ormai viveva a Las
Vegas a casa di Trevor e per quell’anno sarebbero venuti a Londra per le feste
natalizie, saremmo stati io, Joe, il piccolo e i due piccioncini.
<< Sta tranquilla è tutto pronto, Joe mi ha detto che passerete a
salutare prima i genitori di Trevor e poi verrete qui.. cambio di programma??
>> domandai curiosa.
<< Sì, Christabel ci teneva a vederci.. >> sospirò la ragazza.
Risi continuando a sistemare la camera di Christopher quando sentì Laurel
borbottare contro Trevor.
<< Ice-man non rompere, sto parlando io con Kate, chiama Joe e chiedi a
lui cosa sta facendo! >> convenne Laurel alzando un po’ i toni della voce
contro Trevor, poi aggiunse: << Ah si.. ma lo sai che sei proprio una
faccia tosta! >>
Non sentivo bene cosa stesse dicendo Trevor perciò non riuscì a capire perché
si stesse tanto surriscaldando Laurel, quando d’un tratto non udì più nessuna
voce ma solo qualche risatina in lontananza e qualche sciocco di lingua, scossi
il capo in segno negativo alzando gli occhi al cielo e così convenni: <<
Ragazzi non vorrei fare da terzo incomodo ma sono ancora qui! >>
<< Sì scusami Kate, stavo solo spiegando a Trevor chi è che comanda..
>> rise la ragazza poi continuò: << comunque siamo appena arrivati
dai genitori di Trevor, prevedo di arrivare a casa vostra per l’ora di pranzo,
ok? >>
<< Si nessun problema.. >>
<< Un bacio Kate, a dopo. >>
E così chiusi la chiamata e continuai a sistemare anche le ultime cose prima
dell’arrivo dei ragazzi. Christopher era di sotto con Joe probabilmente erano a
guardare la televisione.
Qualche ora più tardi, quando scesi di sotto vidi Christopher correre verso la
porta. << Mamma, papà sono arrivati gli zii!! >> Urlava felice di
rivedere gli zii dopo tanto tempo. Fuori cadeva quel po’ di neve che si
squagliava prima di toccare terra ma l’aria era comunque fredda e per fortuna
Christopher era coperto.
<< Sono arrivati gli zii!! >> urlò il piccolo saltando in braccio a
Trevor. Quando raggiunsi i ragazzi, con Joe,
sul ciglio della porta e dopo aver dato gli auguri a entrambi rivolsi lo
sguardo a Trevor che aveva ancora in braccio Christopher e lì notai un po’ di
somiglianza che aveva il ragazzo con il piccolo se non fosse che Chris aveva i
capelli biondi come il padre.
<< Zio Trevor dopo mangiato andiamo a.. a fare un giro nella tua auto??
>> propose Christopher con gli occhioni dolci pregando lo zio affinché
accettasse. Trevor aveva una bellissima auto molto più sportiva di quella di
Joe e a Christopher piaceva molto.
<< Certo campione che andiamo a fare un giro nella mia auto, ti ci porto io! >> convenne Laurel prendendolo in
braccio e togliendolo dalle braccia di Trevor che osservò la ragazza con un
sopracciglio alzato.
<< Tua? >> aggiunse Trevor
sbattendo più volte le palpebre.
Erano pronti per iniziare un’altra battaglia su cosa fosse dell’uno e cosa
dell’altro lo sentivo, perciò roteai gli occhi e guardai Joe al mio fianco
divertita e vidi anche lui sorridere divertito.
<< La mia auto, certo! >> parlò Laurel senza esitare e senza avere
nessun timore quindi aggiunse: << Hai capito bene, ciò che è tuo è mio
ciò che è mio è mio. >> ammiccò la ragazza osservando Christopher tra le
sue braccia che rideva divertito.
<< Ah sì? >> parlò Trevor alzando un sopracciglio.
<< Assolutamente sì. Tu sei mio e di nessun’altra! >> Nel dire
quella frase Laurel ammiccò lievemente e Trevor si addolcì rilassando il volto
con un’espressione più dolce e divertita.
<< Anch’io ti amo.. >> parlò il ragazzo avvicinandosi a Laurel per
rubarle un leggero bacio a fior di labbra.
<< Che chifo gli zii si
baciano! >> parlò Christopher facendo segno di tornare nelle mie braccia.
Dopo esserci scambiati i regali e dopo che Christopher ebbe aperto i suoi
finalmente ci riunimmo a tavola per pranzare.
Dopo pranzo quando Christopher raggiunse il salotto per tornare dai suoi nuovi
giocattoli, io, Joe, Trevor e Laurel rimanemmo qualche altro minuto in cucina a
bere qualche altro goccio di vino continuando a parlare.
Laurel ci raccontò che era stata via quasi un mese per un set fotografico e Trevor aggiunse che era stato difficile non
averla più in giro per casa.
<< Sapete una cosa, quando si ama la distanza fa crescere il desiderio.
>> aggiunse Trevor sovrappensiero interrompendo la ragazza.
Joe che teneva intrecciata la mia mano con la sua la strinse e aggiunse: << Sentito amore,
la distanza fa crescere il desiderio! >> fece eco lui sorridente.
Eh, lo sapevo bene che la distanza faceva crescere il desiderio, noi ne eravamo
un esempio. Joe era quasi sempre in trasferta e quando non era in trasferta passava gran parte del tempo
al club per gli allenamenti.
<< Anche l’astinenza, vuoi provare? >> lo stuzzicai divertita, Joe
mi osservò e tacque non trovando più alcuna risposta.
Osservai quella scena come un’immagine a rallenty, avrei voluto fermare il
tempo e urlare stop per vivere e
rivivere quel momento magico per poi avere una successione d’immagini che mi
riportavano al primo incontro con Joe a quando non avrei mai pensato che
potesse accadere una cosa come quella, bastò un solo incontro per sconvolgere
il futuro e adesso eravamo una famiglia, io, Joe e Christopher.