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Autore: whitedeer    26/05/2013    4 recensioni
C'era qualcosa in quella donna che mi accendeva tutti gli interruttori, volevo sentirla svestirla completamente, assaporare ogni centimetro della sua pelle, ma non era solo questione di portarla a letto, volevo anche conoscerla. Sedurla fino a sottometterla completamente.
Tratto dal capitolo 9: " Sai.. ho fatto sesso in posti che crederesti impossibile, ma mai, mi è capitato di farlo su un divano in piena seduta psicologica.." mi studiò lui col suo solito ghigno, avvicinandosi a me.
"Hai intenzione di portarmi a letto?" chiesi maliziosa stando al gioco e lasciando che si avvicinasse a me.
"Certo che ho intenzione!" sussurrò lui bloccandosi a un palmo da me.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Epilogo

Mi sono fatta attendere anche più del previsto per l’epilogo e per questo mi dispiace infinitamente.
Grazie a tutte le lettrici che sono passate a leggere questa mia seconda e lunga storia. Grazie a tutte le lettrici che hanno lasciato anche una piccola recensione e a quelle che hanno aggiunto e portato con sé la storia, nelle preferite, seguite e ricordate. Grazie alle lettrici che mi hanno sostenuto dall’inizio di questo mio cammino fino alla fine, grazie per aver sostenuto me e i miei personaggi e lascio anche un Grazie speciale alle mie amiche, per avermi sostenuto e appoggiato, vi voglio bene ragazze!!
Perché nonostante tutto sono felicissima del traguardo che ho raggiunto e per le ragazze che vorrebbero lasciare un’ultima recensione, come sempre io sarò qui, sempre se avete voglia ;) spero di  ritrovarmi nelle future storie che scriverò, qual’ora decidessi di pubblicarne delle altre.. per il momento se avete voglia di continua a leggere qualcos’altro ho appena pubblicato il primo capitolo della seconda mini storia You make me complete ;)
Vostra Betta :)
Grazie.

                                 Epilogo

Qualche settimana dopo che mi fui trasferita completamente a casa di Joe, mi avvicinai all’ultima stanza del corridoio e cogliendo l’occasione che Joe fosse assente in quel momento, aprì la porta per vedere cosa ci fosse dentro.
Quando accesi la luce, l’odore di chiuso mi travolse e tossì lievemente sventolandomi la mano vicino al volto per allontanare la polvere.
C’erano dei mobili sparsi un po’ per la stanza, le persiane erano chiuse perciò la stanza era buia, ma riuscì comunque a vedere quanto fosse grande. Alcuni scatoloni con dei giocattoli dentro, altri con libri di fiabe e infine, proprio al centro della stanza, c’era una culla semilavorata.
Era bellissima con il suo legno scuro.
Era ancora spoglia e semilavorata ma solo a vederla mi brillarono gli occhi. Ero più sensibile del solito con la gravidanza, ma vedendo la culla non riuscì a rimanere impassibile.  La toccai con la punta delle dita, anche se mi sporcai un po’ di polvere.
<< Kate. che ci fai qui? >>
Mi voltai di scatto leggermente spaventata e quando vidi Joe sul ciglio della porta, mi asciugai le lacrime e sorridendo aggiunsi: << Cos’è tutto questo? >> Indicai la culla e l’intera stanza, voltandomi gli diedi le spalle e continuai a osservare dettagliatamente aspettando che rispondesse alla mia domanda.
Joe sospirò, mi venne incontro mi prese una mano e mi trascinò a sedere su un piccolo divano.
<< Ho iniziato a sistemare questa stanza già da quando conoscevo Bella. Ormai ci frequentavamo da molti anni ed entrambi avevamo tutte le intenzioni di andare a vivere insieme, perciò nulla toglieva che avremmo potuto avere una famiglia tutta nostra un giorno. >> iniziò  a parlare nel sentire il nome della sua ex  lo osservai con sguardo accigliato.
Possibile che quella Bella doveva esserci in ogni discorso?
Lui sorrise divertito  così continuò: << .. però, si è dimostrato il contrario, perciò misi da parte tutto ciò che c’era in questa stanza e la chiusi a chiave.. fino a qualche settimana fa quando mi dissi che aspettavi un bambino. >> aggiunse con un dolce sorriso accarezzandomi il ventre di cui non si notava nulla di una possibile gravidanza poiché erano ancora poche settimane.

<< Kate?! Kate mi stai ascoltando? >> convenne Christabel scuotendomi leggermente le spalle.
<< Sì scusami ero sovrappensiero.. dicevamo? >>
Christabel aveva progettato quella passeggiata da settimane ormai e non appena i genitori di Joe arrivarono in città, mantenne la sua promessa e mi portò a fare acquisti.
<< Dicevo.. non è bella quella culla che è lì in vetrina? >> parlò sorridente e gioiosa indicandomi l’oggetto. Spostai lo sguardo sulla culla e corrugai le sopracciglia. Non che fosse brutta, anzi, era davvero bella forse troppo.. colorata. Era di un rosso acceso.
<< Cos’è quella faccia non ti senti bene? Dai su vieni entriamo in quel negozio così la vediamo da vicino. >> Non riuscì neanche a dare la mia opinione e quel pomeriggio solo in rare occasioni riuscì a parlare e a dire cosa ne pensavo. Tra mia madre e Christabel non avevo un attimo di tregua. E meno male che le donne incinta devono evitare lo stress! 
Christabel sarebbe rimasta per qualche settimana il che equivaleva a qualche settimana di shopping per i negozi, mentre dopo quelle settimane mi aspettava mia madre che aveva partorito da poco più di un mese.
Dopo un lunghissimo pomeriggio per i negozi, finalmente tornai a casa dove potevo finalmente riposarmi bevendo una tazza di tè caldo guardando la televisione.
Entrai in casa e dopo aver chiuso la porta dandoli in leggero calcio poiché avevo entrambe le mani occupate dalle buste, sentii qualcuno armeggiare in cucina.
<< Non pensavo di trovarti a casa.. >> convenni sul ciglio della porta della cucina, osservando Joe.
<< Abbiamo finito prima gli allenamenti, com’è andata la passeggiata? Non ti sarai stancata troppo.. >> sussurrò Joe venendomi in contro e lasciandomi  un dolce bacio  e una carezza sulla pancia leggermente rigonfia.
<< Sta tranquillo.. >> lo rassicurai sorridente posando il grosso carico di buste sul tavolo.
<< Ti preparo il thè? >> chiese lui e quindi annuii sorridente.
Mentre Joe preparava il thè presi qualche busta  e decisi di portala in camera del piccolo per sistemarla.
<< Dove vai Kate? >> domandò lui seguendomi con lo sguardo.
<< In camera del bambino, tua madre lo sta riempiendo di regali già da adesso.. >> ridacchiai iniziando a salire i primi gradini per dirigermi in quella che sarebbe stata la camera del piccolo.
<< Kate lascia che vada io al piano di sopra, perché non ti siedi e ti riposi un po’? >> Si avvicinò e mi tolse la busta contenente il regalo, prendendolo in mano pronto a portarlo lui in camera.
Mi aveva avvisato che mi sarebbe stato vicino con la gravidanza, ma così era davvero troppo.
<< Joe! Sono solo pochi gradini non mi peseranno più  di tanto! >> risposi accigliata. Non che fossi alle ultime settimane di gravidanza, anzi per quello c’era ancora molto tempo ma Joe continuava a trattarmi da invalida.
<< Quindici, Kate, sono quindici gradini! >> specificò lui.
<< E con questo non sono mica invalida! Tu va a preparare il thè e poi mi raggiungi in camera! >> Ero pronta a vincere quell’ennesima guerra, oh sì che l’avrei vinta. Presi nuovamente la busta e salì i gradini come se nulla fosse dirigendomi nella stanza del piccolo. Non trovando nulla con cui ribattere, sbuffò.
Aprii la porta e  notai le pareti, che qualche giorno prima erano di bianco, in quel momento erano chi di un celeste oceano chi di un blu scuro, con vari adesivi sulle pareti, nulla di troppo eccessivo.
Rimasi meravigliata vedendole. Quel contrasto con alcuni quadri dalle cornici arancioni era magnifico. Sistemai i giocattoli che Christabel aveva acquistato per il piccolo sui rispettivi ripiani e continuai a osservare le pareti.
<< Per questo non volevo che venissi.. era una sorpresa. >> parlò Joe raggiungendomi e fermandosi sul ciglio della porta, alle mie spalle.
<< E’ bellissima.. >> sussurrai avvicinandomi alle pareti e osservandole nei dettagli.
<< Lo so che avevi detto niente celeste perché sei circondata dal celeste del club ma se non ti piace possiamo scegliere un altro colore e posso dipingere tutto da capo.. >> spiegò Joe raggiungendomi a grandi passi. Mi porse la tazza contenente il thè e ne feci un piccolo sorso per poi posarlo su un piccolo tavolino al mio fianco.
Mi cinse la vita da dietro e mi lasciai avvolgere dal suo abbraccio e dissi: << Lo adoro, è bellissimo e credo che anche al piccolo piacerà.. >> risposi sorridente intrecciando la mia mano con la sua.
Ci accomodammo sul piccolo divanetto che era nella stanza, mi sedetti sulle gambe di Joe e mi lasciai cullare dal suo dolce abbraccio, << Hai già in mente il nome? >> chiese accarezzandomi i capelli lasciandomi un bacio sulle tempie.
<< Sì.. ma tua madre insiste nel chiamarlo Robert se fosse maschio, mentre Jasmine se fosse femmina. Mentre la mia Oliver o Lily >> parlai con una piccola smorfia. La mia voce era quasi un sussurro, il corpo di Joe emanava calore, il suo cullarmi e quelle tenere carezze mi fecero rilassare fino all’ultima fibra del corpo, tanto da chiudere leggermente gli occhi.
<< Già, le piacciono molto quei nomi a mia madre, ma la scelta sta a te, pantera. Quale sceglierai? >> chiese lasciandomi piccole carezze lungo la schiena.
<< Non te lo dirò mai.. >> canzonai con un leggero sorriso.
Il petto di Joe si alzò più volte in una leggera e dolce risata, quella lunga passeggiata con Christabel mi aveva stancato più del previsto e fu quello che sentii prima di chiudere gli occhi e assopirmi tra le braccia del mio futuro marito.

 

Mi mancava giocare a calcio, nove mesi era lunghi e ora capivo molti dei giocatori infortunati lamentarsi per il troppo tempo fermi. Il mio era un caso diverso, sarei stata ferma anche dopo il parto poiché il piccolo aveva bisogno di me e forse sarei tornata giocare dopo un anno. Joe aveva testualmente detto, anche al mister e ad altri tecnici, che sarei tornata in campo dopo essermi ripresa totalmente e dopo che il bimbo sarebbe cresciuto abbastanza da rimanere con i nonni.
<< Ciao Kate, oh com’è cresciuto il pancione! Come stai? Non ti vedevo da molto tempo!! >>
Quando entrai nel club Nelly, che passava di lì con le sue solite carte in mano, mi venne incontro e mi salutò con un abbraccio.
<< Ciao Nelly, io sto bene grazie, sono stata solo impegnata.. >> aggiunsi ricambiando l’abbraccio.
<< Che cosa ci fai al club? >> domandò curiosa.
<< Era da molto che non passavo, volevo vedere che aria tira da queste parti. >>
<< Beh forse avrai sentito dal notiziario, le settimane passate non sono state delle migliori ma i ragazzi si stanno riprendendo, come avrai notato, e il mister non smette mai di trovare una soluzione per far riprendere la squadra.. >>
Parlammo mentre ci dirigemmo entrambe in cucina dove Nelly mi offrì un po’ di succo d’arancia e ci accomodammo sul divano continuando a parlare del più e del meno.
<< Allora dimmi Kate è maschio o femmina? >> chiese sorridente e curiosa spostando i suoi occhi ambra dal mio volto alla mia pancia.
Sorrisi e toccandomi leggermente la pancia rigonfia risposi: << E’ un maschietto. >>
<< Hai deciso già come lo chiamerai? >> ammiccò lei.
Annuii e con uno sguardo lasciai intendere che non le avrei detto il nome del bambino, non adesso anche se erano le ultime settimane, gli ultimi giorni, ero riuscita a mantenere il segreto per nove mesi, qualche giorno in più non avrebbe danneggiato nessuno.
Lei capì anche se dopo un po’ e annuì sorridente evitando quindi di domandare come avrei chiamato mio figlio.
Continuammo a parlare anche un po’ di lei quando sentimmo delle voci di sottofondo venire verso la cucina.
Voltai lo sguardo verso la porta e vidi entrare i ragazzi in tuta e con loro, ultimo a entrare in cucina, ci fu anche Joe.
Tutti i ragazzi di squadra mi videro e mi salutarono calorosi.
<< Kate che cosa ci fai qui? >> sorrise lui venendomi in contro lasciandomi in lieve bacio sul capo.
<< Niente di particolare. >> sorrisi facendo un po’ di spazio a Joe che si accomodò al mio fianco posando la sua mano sulla pancia rigonfia.
Continuammo a parlare per buoni minuti, quando a un tratto portai una mano sulla pancia, scontrando quella di Joe che continuava ad accarezzarmi e sbarrai gli occhi.
Oh no. Ti prego dimmi che non è questo il momento!, pregai.
Non poteva succedere, non in quel momento che non ero ancora pronta e non avevo con me la borsa con tutte le cose che avrei dovuto portare, poiché era a casa che era molto lontana in quel momento.
<< Joe.. >> parlai scuotendolo un po’.
Ma Joe non mi udì subito poiché stava parlando con alcuni ragazzi che ridevano per una battuta di gruppo.
Non ora dannazione mi servi!!
<< Joe!! >> parlai più forte per farmi udire dal diretto interessato.
Joe si voltò verso di me e quando mi vide il suo sorriso svanì e sul suo volto vidi preoccupazione.
<< Piccola cosa c’è? >>
<< Joe.. >> guardai i suoi occhi e continuai: << Si sono rotte le acque! >>
La mia preoccupazione non era nulla confronto a quella di Joe e a molti altri ragazzi che mi udirono nella stanza. Si guardarono scioccati, molti di loro erano solo dei ragazzi e probabilmente era la prima volta che partecipavano a una cosa come quella, per questo motivo erano scioccati e non sapevano cosa fare se non rimanere fermi e osservarmi con occhi scioccati.
Nelly al mio fianco, che fino a qualche momento prima stava bevendo un sorso di aranciata, tossì nell’udirmi.
<< Come? Adesso Kate!? >> parlò Joe preoccupato entrando quasi nel panico.
<< No Joe, aspetto che sei pronto e poi vado in travaglio! >> parlai accigliata, << Certo! Adesso e non ho con me il borsone con tutte le cose necessarie, perciò ti sarei grata se lo andassi a prendere a casa! >>
Dovevo rimanere lucida e dovevo al più presto arrivare in ospedale.
<< Hai tutto pronto in quel borsone Kate? >> domandò Nelly aiutandomi ad alzare dal divano per raggiungere la macchina nel parcheggio. Annuii avvertendo una piccola contrazione.
Era l’unica persona nel club che riusciva a mantenere la giusta lucidità senza entrare nel panico come molti ragazzi. Non sapevo se Nelly avesse bambini o fosse sposata ma sapeva come si doveva comportare in quel modo e mi aiutò.
<< Non vorrà partorire qui? >> sussurrò un ragazzo alle nostre spalle. Riuscì a udirlo comunque ma a risponderlo fu più veloce Nelly che disse: << No idiota è solo entrata in travaglio. Invece di rimanere lì a osservarci perché non avvisi il mister che mancherò per qualche ora? >>  Non appena Nelly parlò il ragazzo si mise sull’attenti ed eseguì gli ordini andando dal mister.
<< Nelly.. non vorrai venire con me? >>
<< Certo mia cara ti accompagnerò e non ti lascerò fin quando non ti vedrò in ospedale! >> annuì e parlò con voce decisa e sicura.
<< Ma non ce n’è bisogno.. c’è Joe.. >>
Nelly mi rimproverò con lo sguardo e si accigliò poi mi osservai intorno e aggiunsi: << A proposito dov’è Joe? >>
<< Quel ragazzo è andato nel pallone non appena hai detto che si sono rotte le acque, scommetto che ti ha lasciato qui pensando che fossi già in macchina! >> borbottò Nelly scuotendo il capo.
Ero riuscita raggiungere il parcheggio insieme alla donna ma non vidi Joe. Mi osservai attorno quando una macchina  si fermò vicino a noi e uscì proprio lui con sguardo preoccupato.
<< Kate ma dov’eri finita pensavo fossi già in macchina! >> parlò lui agitato.
Lo guardai accigliata e poi rivolsi lo sguardo verso Nelly che incrociò le braccia al petto e assunse un’espressione da “te l’avevo detto”, quindi entrai in macchina e ci dirigemmo verso l’ospedale.

 

Un matrimonio vero e proprio.
Una vera favola. Come avevo sempre fantasticato nei miei monologhi con Paige, dove c’era una bella favola d’amore, un matrimonio e dopo i figli, certo una cosa era cambiata avevo già un figlio con Joe, un bellissimo bambino che entrambi amavamo, ma non per questo il nostro matrimonio cambiò dalle mie fantasticherie.
La prova dell’abito fu un momento che non avrei dimenticato mai. Fu una vera emozione trovare l’abito che avrei indossato e che mi avrebbe accompagnato all’altare insieme a mio padre dove avrei sposato Joe.
Ma fu anche un disastro. Scarti moltissimi abiti chi per un motivo chi per un altro, non fu una cosa facile scegliere, non con una madre che voleva essere al centro della scelta e voleva che sua figlia fosse una vera e propria principessa, nemmeno con tre amiche che scartavano molti vestiti perché brutti o con qualche difetto, ma soprattutto non fu facile con Christabel. Quella donna sapeva bene cosa voleva e tutto ciò che piaceva a lei non piaceva a me, tipico, e così si crearono molte discussioni e la prova dell’abito fu rimandata più volte.
E come tutti mi avevano predetto fin dall’inizio l’ansia iniziò a farsi sentire, il fatidico Sì era stato pronunciato e potevo definirmi la signora Hart. Joe era mio marito ed io lo amavo follemente e con noi in prima fila in braccio al nonno materno c’era anche Christopher con i suoi grossi occhioni celesti come l’acqua cristallina e i suoi pochi ciuffi biondi baciati dal sole come quelli di Joe.
Qualche mese dopo il matrimonio.
Era tarda notte, Christopher era ancora piccolo, qualche mese e come volevasi dimostrare non tardò a farsi sentire. Scostai le coperte per raggiungerlo e prenderlo in braccio ma Joe mi batté sul tempo.
<< Lascia vado io.. >> mi sussurrò alzandosi dal letto per raggiungere il bambino ai piedi della porta.
Lascia vado io.. lo ripeteva spesso nelle notti infernali, dopo il parto, quando il piccolo si svegliava, lasciando che tornassi a dormire. Una notte curiosa di sapere come riuscisse a farlo calmare così in fretta, mi alzai, indossai la vestaglia e raggiunsi la camera di Christopher subito dopo la nostra.
La luce che era sul comodino era bassa, illuminando solo per metà la stanza. Vidi Joe prendere in braccio il piccolo, posarlo sul suo petto forte e virile e iniziarlo a dondolare con movimenti lenti, con sottofondo dei profondi mugolii che intonavano una ninna nanna. Funzionava. Diamine se funzionava.
Nelle braccia forti e muscolose del padre Christopher sembrava un fagottino, e il piccolo sembrava sentirsi protetto e al sicuro tanto da cadere come ipnotizzato da quel movimento e da quella dolce melodia, in un sonno profondo.
<< Si è appena addormentato.. >> aggiunse Joe sorpreso di trovarmi al suo fianco dopo che ebbe messo il bambino nella culla, da lui costruita.
<< Ho visto.. >> sorrisi accarezzando il volto del piccolo, dormire beato nel suo lettino, con la sua copertina raffiguranti tanti pesci in oceano, regalatogli dalla nonna paterna.
<< E’ stupendo.. >> sussurrò lui cingendomi la vita da dietro entrambi con lo sguardo su Christopher.
<< Già.. mi devi spiegare come mai con te si addolcisce così subito.. basta che lo prendi in braccio e torna ad essere il figlio calmo e buono di sempre.. >> osservai girandomi su me stessa senza mai staccarmi dalle sue braccia. Beh, in effetti, stare tra le braccia di Joe era sempre stato per me, come stare al sicuro, erano sempre state protezione e in effetti capivo ciò che provava Christopher.
<< Dono di famiglia.. mia madre mi faceva sentire così quando avevo bisogno di lei.. >> ammiccò lui lasciandomi un lieve bacio sulla fronte. << Sembra che Christopher godi come la madre nell’essere abbracciato da me.. >> osservò lui divertito nel vedere la mia espressione beata disegnarsi sul volto. Non aveva tutti i torti!

 

Christopher era cresciuto, aveva ormai tre anni ed era il giorno di Natale.
<< Ehi pantera! Allora tutto pronto per il pranzo?? >> parlò Laurel dall’altro capo del telefono, con  scherno. Laurel ormai viveva a Las Vegas a casa di Trevor e per quell’anno sarebbero venuti a Londra per le feste natalizie, saremmo stati io, Joe, il piccolo e i due piccioncini.
<< Sta tranquilla è tutto pronto, Joe mi ha detto che passerete a salutare prima i genitori di Trevor e poi verrete qui.. cambio di programma?? >> domandai curiosa.
<< Sì, Christabel ci teneva a vederci.. >> sospirò la ragazza.
Risi continuando a sistemare la camera di Christopher quando sentì Laurel borbottare contro Trevor.
<< Ice-man non rompere, sto parlando io con Kate, chiama Joe e chiedi a lui cosa sta facendo! >> convenne Laurel alzando un po’ i toni della voce contro Trevor, poi aggiunse: << Ah si.. ma lo sai che sei proprio una faccia tosta! >>
Non sentivo bene cosa stesse dicendo Trevor perciò non riuscì a capire perché si stesse tanto surriscaldando Laurel, quando d’un tratto non udì più nessuna voce ma solo qualche risatina in lontananza e qualche sciocco di lingua, scossi il capo in segno negativo alzando gli occhi al cielo e così convenni: << Ragazzi non vorrei fare da terzo incomodo ma sono ancora qui! >>
<< Sì scusami Kate, stavo solo spiegando a Trevor chi è che comanda.. >> rise la ragazza poi continuò: << comunque siamo appena arrivati dai genitori di Trevor, prevedo di arrivare a casa vostra per l’ora di pranzo, ok? >>
<< Si nessun problema.. >>
<< Un bacio Kate, a dopo. >>
E così chiusi la chiamata e continuai a sistemare anche le ultime cose prima dell’arrivo dei ragazzi. Christopher era di sotto con Joe probabilmente erano a guardare la televisione.
Qualche ora più tardi, quando scesi di sotto vidi Christopher correre verso la porta. << Mamma, papà sono arrivati gli zii!! >> Urlava felice di rivedere gli zii dopo tanto tempo. Fuori cadeva quel po’ di neve che si squagliava prima di toccare terra ma l’aria era comunque fredda e per fortuna Christopher era coperto.
<< Sono arrivati gli zii!! >> urlò il piccolo saltando in braccio a Trevor. Quando raggiunsi i ragazzi, con Joe,  sul ciglio della porta e dopo aver dato gli auguri a entrambi rivolsi lo sguardo a Trevor che aveva ancora in braccio Christopher e lì notai un po’ di somiglianza che aveva il ragazzo con il piccolo se non fosse che Chris aveva i capelli biondi come il padre.
<< Zio Trevor dopo mangiato andiamo a.. a fare un giro nella tua auto?? >> propose Christopher con gli occhioni dolci pregando lo zio affinché accettasse. Trevor aveva una bellissima auto molto più sportiva di quella di Joe e a Christopher piaceva molto.
<< Certo campione che andiamo a fare un giro nella mia auto, ti ci porto io! >> convenne Laurel prendendolo in braccio e togliendolo dalle braccia di Trevor che osservò la ragazza con un sopracciglio alzato.
<< Tua? >>  aggiunse Trevor sbattendo più volte le palpebre.
Erano pronti per iniziare un’altra battaglia su cosa fosse dell’uno e cosa dell’altro lo sentivo, perciò roteai gli occhi e guardai Joe al mio fianco divertita e vidi anche lui sorridere divertito.
<< La mia auto, certo! >> parlò Laurel senza esitare e senza avere nessun timore quindi aggiunse: << Hai capito bene, ciò che è tuo è mio ciò che è mio è mio. >> ammiccò la ragazza osservando Christopher tra le sue braccia che rideva divertito.
<< Ah sì? >> parlò Trevor alzando un sopracciglio.
<< Assolutamente sì. Tu sei mio e di nessun’altra! >> Nel dire quella frase Laurel ammiccò lievemente e Trevor si addolcì rilassando il volto con un’espressione più dolce e divertita.
<< Anch’io ti amo.. >> parlò il ragazzo avvicinandosi a Laurel per rubarle un leggero bacio a fior di labbra.
<< Che chifo gli zii si baciano! >> parlò Christopher facendo segno di tornare nelle mie braccia.
Dopo esserci scambiati i regali e dopo che Christopher ebbe aperto i suoi finalmente ci riunimmo a tavola per pranzare.
Dopo pranzo quando Christopher raggiunse il salotto per tornare dai suoi nuovi giocattoli, io, Joe, Trevor e Laurel rimanemmo qualche altro minuto in cucina a bere qualche altro goccio di vino continuando a parlare.
Laurel ci raccontò che era stata via quasi un mese per un set fotografico e  Trevor aggiunse che era stato difficile non averla più in giro per casa.
<< Sapete una cosa, quando si ama la distanza fa crescere il desiderio. >> aggiunse Trevor sovrappensiero interrompendo la ragazza.
Joe che teneva intrecciata la mia mano con la sua  la strinse e aggiunse: << Sentito amore, la distanza fa crescere il desiderio! >> fece eco lui sorridente.
Eh, lo sapevo bene che la distanza faceva crescere il desiderio, noi ne eravamo un esempio. Joe era quasi sempre in trasferta e quando non  era in trasferta passava gran parte del tempo al club per gli allenamenti.
<< Anche l’astinenza, vuoi provare? >> lo stuzzicai divertita, Joe mi osservò e tacque non trovando più alcuna risposta.
Osservai quella scena come un’immagine a rallenty, avrei voluto fermare il tempo e urlare stop per vivere e rivivere quel momento magico per poi avere una successione d’immagini che mi riportavano al primo incontro con Joe a quando non avrei mai pensato che potesse accadere una cosa come quella, bastò un solo incontro per sconvolgere il futuro e adesso eravamo una famiglia, io, Joe e Christopher.

                                              

                                                                 FINE.

   
 
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