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Autore: LaGraziaViolenta    04/06/2013    8 recensioni
Stufi dei soliti cliché di Harry Potter? Annoiati marci dalle fantastiche avventure sentimental-sessuali di tre generazioni di Serpeverde? Vi sentite smarriti e frustrati di fronte a dei Grifondoro codardi e dei Corvonero dal QI in singola cifra?
Serena Latini è quello che fa per voi. Le avventure di una sfigata Tassorosso alle prese con incantesimi, fanfiction, pony, cucina inglese e delle sue relazioni coi figli dei personaggi che tanto abbiamo apprezzato.
Zuccherosità, storielle amorose e di amicizia, figure da quattro soldi e battute demenziali attendono una povera Tassorosso made in Italy.
Genere: Comico, Demenziale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Scorpius Malfoy, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
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Dove Serena Latini scopre che i maghi si considerano degli stalloni il cui unico scopo è procreare un certo tipo di prole.



La cultura dei maghi era qualcosa che non avrei mai compreso.
Chelsea aveva definito tradizionale la famiglia di Malfoy. Mi resi conto di sapere molto poco riguardo alla cultura dei maghi, ad eccezione di quello che avevo imparato a scuola. Decisi di documentarmi.
Scoprii che i maghi avevano una grande considerazione di sé stessi: si consideravano alla stregua di animali. Gli unici Purosangue di cui avessi mai sentito parlare, prima di quel giorno, erano i cavalli. Invece ora per me questa parola aveva assunto un altro significato. Lo appresi da un imponente librone sulle genealogie.
Giunsi all’infelice conclusione di essere una Mezzosangue e di non potermi permettere di pensare a un futuro insieme a Malfoy. Perché gli stalloni Purosangue dovevano sposarsi e procreare solo con allegre giovenche Purosangue. Era una rigida selezione artificiale per ottenere vispi e sani puledri, che a loro volta avrebbero cavalcato solo insieme a vispe e sane puledre.
Mi rintanai nel bagno delle ragazze del secondo piano, ad ascoltare gli ululati di un fantasma depresso. Chiusi la porta del gabinetto e rimasi a fissare la tazza del water.
«Perché?» mormorai a me stessa. Dal muro spuntò il mezzo busto di Mirtilla Malcontenta.
«Oh, siamo tristi? Siamo tristi? L’italianella è depressa!»
Guardai Mirtilla. «Tu sì che lo puoi capire… Lo sai come ci si sente! Non sentirsi adeguati, all’altezza!»
Mirtilla si esibì in un acuto ululato. «Sì, sì! Io sì che lo so! Tu no, invece, nessuno ti ha mai presa in giro per gli occhiali, perché non li hai! Né per i brufoli! Quindi non fare la vittima…»
«E invece lo so, so che il mio amore non ha futuro!»
«E io non sarei morta se non mi fossi rinchiusa in questo stupido bagno per colpa di Olive Hornby!»
«E io non sarei in questo stupido bagno se avessi qualche speranza!»
La tazza del water accolse la mia affermazione con un gorgoglio.
«Sei venuta qui per deprimermi, per caso? Sì, bene, veniamo in bagno a disturbare Mirtilla Malcontenta! Tanto lei è sempre lì! Chi se ne importa di ferire i suoi sentimenti?»
«Tu almeno puoi andare a spiare i ragazzi nel bagno dei prefetti!»
Il colorito di Mirtilla si fece argenteo. La ragazza incassò la testa tra le spalle e comparve un sorriso furbo. «E ho visto cose…»
«Risparmiamele.»
Il volto di Mirtilla si contrasse di nuovo. «Ma certo!» urlò. «Tanto chi è che viene a parlare con me? A chi interessa scambiare due parole con me? Vattene via, vai a deprimerti da un’altra parte!»
«E invece rimango qua, perché voglio deprimermi in un posto deprimente e godermi la mia depressione!»
«Vattene via!»
Presi un respiro profondo e intonai: «Ho dentro me che cosa non so, un vuoto che non capirò…»
Sentii la porta del bagno aprirsi e mi tappai la bocca con le mani. Mi avevano sentita fin da fuori?
«Serena? Sei tu?»
Riconobbi la voce. Girai la serratura e sbirciai fuori.
«Chelsea?»
«Per il cane di Merlino, che stai combinando? Cosa sono questi versi?»
«Si deprime!» squittì Mirtilla Malcontenta.
«Sembrava che stessero sgozzando un animale! Stavi cantando?»
Il mio collo e il mio visto si fecero bollenti, e non risposi.
Chelsea entrò in bagno. «La porto via, Mirtilla.» Mi prese per il polso e mi tirò fuori dal cubicolo.
Appena uscimmo in corridoio respirai tutta un’altra aria, senza umidità né gorgoglii inquietanti.
«Andiamo in un posto appartato» fece Chelsea. Non obiettai.
Entrammo in un’aula vuota. Chelsea mi lasciò accanto a un banco. Proseguì fino in fondo all’aula e si piazzò dietro alla cattedra. «Allora, l’udienza è aperta» proclamò. «Latini Serena, dichiari alla giuria le motivazioni del suo comportamento.»
Sospirai. Mi sedetti e appoggiai il mento sulla mano, il gomito sul banco. «Niente di che.»
«Dai, Serena, ho cercato di buttarla sul ridere.» Chelsea si sporse dalla cattedra. «Non è da tutti mettersi a cantare in bagno con Mirtilla Malcontenta. Deve essere successo qualcosa di veramente grave.»
«Niente di che» ripetei. «Ho solo scoperto che i maghi sono come gli stalloni.»
Le guance piene di Chelsea divennero rosse, tutto il contrario di quelle scavate e trasparenti di Mirtilla. «Come?»
Immediatamente la sua bocca si aprì in un sorriso a trentadue denti. Aggirò la cattedra e mi si avvicinò. Si inginocchiò e mi prese le mani, fissandomi con aria adorante. «Cos’è successo? Cosa? Racconta tutto alla zia Chelsea, avanti…»
Mi scappò un sorriso. «Da quando saresti mia zia?»
«Da quando voglio sapere chi! Dimmi, dimmi, chi è lo stallone in questione?»
Alzai gli occhi al cielo, ancora col sorriso sulle labbra. «Nessuno, Chelsea, nessuno. Davvero. È che…»
Esitai. Forse non era il caso. Volevo rimanere amica di Chelsea e magari così, invece, avrei scoperto che la nostra era un’amicizia destinata a finire. Magari Chelsea era una Purosangue. Magari anche la sua famiglia era tradizionale e non vedeva bene la sua amicizia con me.
«Dimmi tutto.» Chelsea mi strinse più forte le mani.
Avrei voluto farlo. Ma potevo?
«Non voglio che la nostra amicizia finisca.»
«E perché dovrebbe?»
«Perché sono una Mezzosangue.»
Chelsea mi fissò. Il suo viso perse espressione. Sbatté le palpebre e sentii la presa delle sue mani allentarsi. Di rimando io strinsi le sue dita.
All’improvviso ebbi paura. «Chelsea, ti prego, dimmi qualcosa.»
Chelsea aprì la bocca, poi la richiuse. Si schiarì la voce. «Chi ti ha chiamata così?»
«Nessuno.»
«Serena.» Il sorriso era scomparso. «È una cosa seria. Dimmi chi ti ha chiamata così, e non mentire.»
Strinsi ancora più forte le sue dita. «Nessuno… Credimi. Un libro in biblioteca spiegava che ci sono Purosangue e Mezzosangue, e che i Purosangue si sposano tra di loro e non possono sposare i Mezzosangue.»
Chelsea si tirò in piedi. La sua figura alta e robusta torreggiava su di me. Mosse un passo indietro e prese una sedia. «Ascoltami bene.» Si sedette e il legno scricchiolò. «Queste cose sono teorie razziste e superate. Mezzosangue tra i maghi è un insulto pesantissimo. È come dire che non hai diritto ad avere la magia. Che sarebbe come dire che non hai diritto ad avere un braccio o una gamba. È merda. Non gliene frega un cazzo a nessuno se i tuoi genitori sono babbani o maghi, come non gliene frega niente a nessuno se sei mora o bionda.»
«Quel libro…»
«Probabilmente è stato scritto prima della seconda guerra magica. Annegalo nel cesso di Mirtilla Malcontenta, è la fine che merita.»
Con pollice e indice mi pizzicai le labbra. Ci pensai. Non avevo capito che Mezzosangue era un insulto. D’altro canto, era anche la prima volta che sentivo parlare di Purosangue. Non avevo motivo per non credere a Chelsea.
«E quando è stata, questa seconda guerra magica?»
«Uhm.» La fronte di Chelsea si aggrottò. «Presente Longbottom? Ecco, mi pare che lui fosse ancora a scuola quando si è conclusa.»
«Quindi sono teorie recenti?»
«Serena, francamente: sbattitene i coglioni. Nessuno ci crede più. Giuro.»
«Perciò neanche Malfoy ci dà peso?»
Chelsea esitò. «Mettiamola così: non so se ci dà peso, ma se lo fa una persona del genere è meglio perderla che trovarla. A te cambia qualcosa se lui è un Purosangue?»
«Magari cambia qualcosa per lui…»
«Se a lui cambia qualcosa allora che vada al diavolo. Scusa la schiettezza.»
Capivo che quello che voleva fare Chelsea era rassicurarmi. Probabilmente parlava con più buonsenso di me visto che conosceva meglio il mondo dei maghi, eppure mi sentivo inquieta. Il pensiero che Malfoy potesse tenere conto di una cosa del genere mi innervosiva.
«Penso…» Mi morsi il labbro. «Penso… Che dovrei chiedere scusa a Mirtilla Malcontenta.»
Chelsea sbuffò. «Lasciala perdere, quella lì. Neppure la morte è riuscita a calmarla. Se potesse trascinarti con sé nelle tubature del bagno lo farebbe.»
«Però non sono stata… Come dire… Sensibile, nei suoi confronti. Mi accompagni?»
«Se ti fa sentire meglio…»
La risposta che ricevetti da Mirtilla fu eloquente: un ululato seguito da un pianto isterico. Nessuno la capiva, nessuno la rispettava e le scuse non servivano a niente, perché tanto chiunque si comportava così con lei. Ma almeno io ero in pace con la mia coscienza.
  
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