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Autore: Giulz95    09/06/2013    1 recensioni
-Sali in macchina!-
[...]
-Non voglio nulla in cambio. Voglio solo svegliarmi domani mattina e sapere che non sei morta proprio stanotte, perché non potrei convivere con questa cosa. Ora sali in macchina e non fare storie.-

Fanfic sui Pentatonix, un gruppo acapella, vincitori di Sing-off (terza stagione) in particolare incentrata su Avi e su un nuovo personaggio... Se non conoscete i Pentatonix cercateli sul Youtube, sono meravigliosi *-*.
Avriel e Penelope si incontrano, si scontrano, si raccontano e...
SENTITEVI LIBERI DI RECENSIRE :D
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Cugino?-
 
-Fratello.-
 
Avi rimase con il suo cheeseburger a mezz’aria mentre lei beveva rumorosamente dalla cannuccia. La fissò fino a quando lei alzò lo sguardo, incontrando il suo.
 
-Non guardarmi così o ti rompo tutti i denti.-
 
-Così come?-
 
-Così. Non ti ho chiesto di farti gli affari miei, non mi piace che mi guardi come un disastro sociale.-
 
-Ma i tuoi lo sanno?-
 
-E cosa ne so. Non li vedo da dieci anni.-
 
-Scusami ma sei un disastro sociale.-
 
-Come ti permetti?- Penelope era considerevolmente incazzata. –Chi sei tu per giudiarmi?-
 
-Non ti sto giudicando, sto solo dicendo quello che penso.-
 
-Beh, tienitelo per te.-
 
-Ok…-
 
Passarono qualche minuto in silenzio prima che Penelope parlasse di nuovo.
 
-Sei di fuori, vero? Sei un turista?-
 
-Sono qui per lavoro.-
 
-E che lavoro fai?- Sorrise. –Di notte supereroe e di giorno giacca e cravatta?-
 
Avi sorrise.
 
-No, io… Sono un musicista. Sono qui con degli amici per un concerto.-
 
Penelope si ricordò del cartello sulla via principale.
 
-PTX?-
 
-Pentatonix. Abbiamo vinto il Sing-off, l’anno scorso, è uno show abbastanza famoso.-
 
-Mai sentito. Cosa suoni?-
 
-Canto. E’ un gruppo acappella.-
 
-Wow… E quindi sei un cantante famoso in tour, che mangia da MacDonald alle tre del mattino, che non ha mai dato un cazzotto in vita sua, russo e con dei sani principi cavallereschi. Ci sono come profilo?-
 
Avi sorrise nuovamente e arrossì.
 
-Non sono così famoso e ho mangiato di peggio, ad ore peggiori.-
 
-Si vede…- Penny accennò all’addome poco tonico del ragazzo.
 
-Come scusa?-
 
-Nulla…-
 
Finirono di mangiare chiacchierando. Si alzarono dopo circa un’ora e uscirono dal fast food ridendo.
 
-Ti riaccompagno a casa.-
 
-No, non serve…-
 
-Scusami se te lo dico, ma se tuo fratello è riuscito a fare quello che ha fatto non mi fido a lasciarti andare in giro da sola.-
 
-So badare a me stessa.-
 
-No, non è vero. Ti accompagno a casa e sparisco, promesso.-
 
-Non è necessario, davvero…-
 
Ma Avi era già arrivato alla macchina e aveva aperto la portiera dal lato del passeggero.
Penny sbuffò e salì in macchina, allacciandosi la cintura. Avi mise in moto l’auto e uscì dal parcheggio.
 
-Dove vado?-
 
Penny sentì il panico salirle come un liquido rovente fino agli occhi.
 
-La ventunesima, sulla Terrace…-
 
-Ok.- Avi iniziò a guidare. –Quanti anni hai?-
 
-Diciannove. Tu?-
 
-Ventiquattro. Sei latino americana vero?-
 
-Non ti sfugge niente, eh…?-
 
-Era per fare due chiacchiere… Non serve scaldarsi.-
 
Rimasero in silenzio per un po’ fino a quando non furono sulla Terrace.
 
-Dimmi quando fermarmi.- Avi rallentò. Dopo due isolati Penelope gli fece segno di accostare.
 
-Abiti lì?- L’uomo guardò la villetta gialla dall’altra parte della strada. Il giardino ben curato davanti era recintato da una staccionata con cancelletto di legno. Le luci erano spente, ma avrebbe messo la mano sul fuoco: non era casa sua.
 
-Sì, puoi andare. Ciao e grazie per la cena.- Uscì sorridendo e si incamminò verso la staccionata. Spinse il cancelletto e sospirò. Era aperto. Si voltò notando che la macchina di Avi era ancora parcheggiata.
 
-Ho detto che puoi andare.-
 
-Aspetto che entri, mi sentirò più sicuro.-
 
Penny gli diede le spalle e camminò lungo il sentiero fino al porticato. Poi si fermò e rimase immobile. Tremava e non sapeva assolutamente come tirarsi fuori da quella situazione.
 
Avi la guardò dalla macchina. Lo sapeva. Ma che cosa succedeva con questa ragazzina? Diciannove anni, niente casa, un fratello socialmente instabile e i genitori chissà dove: non poteva lasciarla lì.
 
-Non è casa tua vero?-
 
-Nessuno ha chiesto il tuo aiuto.- Esclamò lei con voce rotta. –Che cosa vuoi da me? Non ti ho chiesto di aiutarmi!-
 
-No, non l’hai fatto.- Sentì le lacrime pungergli gli occhi, ma le inghiottì con quel poco di buonsenso. –Sali in macchina.-
 
-No.-
 
-Non ti lascio per strada tutta notte.- E dove l’avrebbe portata? Nella sua stanza d’albergo c’era sua sorella Esther, e non sarebbe stato facile spiegarle la situazione l’indomani mattina. Non poteva piombare nel cuore della notte nella stanza di uno dei ragazzi e mollare lì una perfetta sconosciuta e la hall dell’albergo era chiusa, non poteva prenotarle una stanza.
 
-Ma sai quante volte l’ho fatto?! Ti ringrazio davvero di tutto ma ora ognuno per la sua strada.- Stava piangendo. –Per favore.-
 
-Per favore lo dico io! Sali in macchina. Stanotte stai da me e domani mattina puoi andartene.-
Ok, era impazzito.
 
-Non posso darti nulla in cambio.-
 
-Non voglio nulla in cambio. Voglio solo svegliarmi domani mattina e sapere che non sei morta proprio stanotte, perché non potrei convivere con questa cosa. Ora sali in macchina e non fare storie.-
 
Penelope lo guardò per un po’, poi abbassò il viso e si asciugò le lacrime con la manica della felpa. Fece il giro dell’auto, aprì la portiera e si sedette accanto ad Avi, chiudendola sonoramente. Non lo guardò. Rimase imbronciata a braccia conserte, guardando in avanti.
Lui sospirò.
 
-Grazie.- Disse infine Penny, senza incontrare il suo sguardo.
 
Avi annuì e mise in moto l’auto verso l’albergo. Guidò in silenzio. L’avrebbe spiegato ad Esther, lei avrebbe capito. E con un po’ di fortuna Mitch, Scott, Kevin e Kirstie non l’avrebbero nemmeno vista. Avrebbe passato una notte sulla moquette puzzolente dell’albergo, ma almeno lei l’avrebbe passata in un letto. Cominciava ad essere esausto. Quando uscirono dall’auto il suo orologio segnava le cinque meno venti. Era in piedi da ventidue ore, e aveva tenuto un show di un’ora e mezza. Fortunatamente avevano due giorni di pausa proprio a Miami, e l’indomani poteva rimanere in camera con la scusa di un malanno a dormire tutto il giorno, con eventuali pause per il cibo.
 
-Ok, puoi stare in camera da me, ma mia sorella dorme nella stessa stanza, quindi non fare rumore.-
 
Penny annuì. Non riusciva a parlare per via delle lacrime, pronte ad uscire. Le porte dell’ascensore si aprirono e percorse il corridoio dietro ad Avi, fino a quando lui si fermò, estrasse una scheda dalla tasca dei jeans e aprì la porta sulla sinistra. Il buio le impediva di vedere con chiarezza, ma poteva vedere due letti singoli, uno in fondo alla stanza e uno dal lato opposto, dove qualcuno, probabilmente la sorella di Avi, pensò, stava già dormendo. Il ragazzo le fece segno di aspettare, poi arrivò fino al bagno, socchiuse la porta e accese la luce. Nella penombra riuscì a vedere il ragazzo armeggiare con le valige aperte a terra. Tirò fuori una maglietta polo nera e gliela passò.
 
-Metti questa… E puoi stare nel mio letto.- Sussurrò quasi impercettibilmente.
 
-E tu?- Chiese lei.
 
-La moquette è morbida, dormirò a terra, non preoccuparti.- Le sorrise, poi andò in bagno. Penny decise di non dirgli nulla. Si sfilò la felpa grigia, i jeans e gli anfibi e si infilò la polo nera. Le arrivava a più di metà coscia, poco sopra il ginocchio. Appallottolò la sua felpa e lasciò il cuscino a terra, per il ragazzo. Si infilò sotto le coperte e si addormentò prima che lui uscisse dal bagno.
  
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