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Autore: Monster inside me    14/06/2013    1 recensioni
"Tutto iniziò una notte del 1908, quando un'esplosione di grandissimo impatto devastò la città di Tunguskiza. Quella notte, molti furono i feriti e i dispersi.
La normalità e la quotidianità erano state turbate da quella che gli scienziati avevano osato definire una pioggia di meteoriti.Una delle più grandi avvenute fin ora.
E proprio in quel territorio oramai spoglio, nessuno sembrava essersi accorto di quell'essere.
Tutti erano troppo impegnati a imprecare e a preoccuparsi di se stessi, tutti troppo distanti dalla realtà celatasi da quell'evento. Tutti tranne uno."
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1.


 

 

Il dottore entrò nella sala con estrema cautela; non voleva svegliare le sue creature.

Anni di puro lavoro tramutati in ottimi risultati.

Ora poteva dirsi soddisfatto. Almeno in parte.

La sua opera era lì che, tra alcuni respiri affannosi, riusciva a dimostrargli quanto gli fosse riuscita bene.

Tutte quelle creature erano simili tra di loro,ma solo un occhio attento come il suo avrebbe potuto notare le differenze quasi impercettibili.

Il dottor Times sapeva benissimo che un occhio così non esisteva. Lui aveva il dono. Lui era l'unico.

L'unico che poteva generare dal nulla quegli esseri, l'unico che poteva annientarli. L'unico.

Si diresse verso la grande colonna in ottone che sosteneva l'impalcatura e si appoggiò senza cedere troppo peso alla colonna portante. Ammirava entusiasta il suo elaborato e ogni tanto, quando riusciva a percepire il loro respiro, si elogiava. Ora aveva un obbiettivo e nessuno l'avrebbe fermato.

In passato egli aveva già sperimentato un modo per confermare le sue capacità e cercar di prendere ciò che si meritava. Aveva ideato apposta un piano. Uno dei più elaborati fin ora.

Egli adorava generare le sue creature e avrebbe certamente adorato l'idea di riuscire nel suo piano se non fosse risultato impossibile.Mancava un componente.Mancava un ragazzo.

Non un ragazzo qualunque; il ragazzo.

Il dottore aveva sviluppato il tutto qualche anno prima, quando si accorse di ciò che poteva fare, ciò che poteva generare o addirittura cancellare.

Non era certo un potere da poco e così, tra un invenzione e l'altra si dilettava a creare questi esseri

senza nome,anzi, quello era il loro nome. I Senza Nome, chiamati anche con il loro codice di creazione, lo 0009. Quel codice che per il dottore significava tanto, quel codice che fece iniziare tutto, la storia che segnò la sua vita.

-La storia che segnerà il destino di mille o più persone d'ora in poi - pensò

Dicendo ciò si rimise sui suoi passi e si diresse verso l'uscita del laboratorio.

Erano così grandi i suoi progetti e così poco il tempo rimasto a disposizione.

- Solo dodici notti - pensava

Dodici notti e sarebbe arrivata l'ora di attuare il tutto, quando i pianeti si sarebbero allineati e i meteoriti sarebbero stati così tanto vicini alla terra da rischiare di cambiare rotta e dirigersi in essa, allora si che avrebbe avuto l'occasione di dimostrare di che pasta è fatto. Allora, avrebbe attuato il tutto.

Times si soffermò sull'uscio per ammirare nuovamente quei viscidi individui dormire nella grande cupola nel centro della stanza, proprio lì si sarebbero sviluppati e avrebbero vissuto per un quarto della loro esistenza. Lì, tra quei quattro muri a prova di qualsiasi animale o cosa.

Il dottore spense la luce mentre scendeva le ripide scale, poi si girò giusto in tempo per vedere la porta automatica chiudersi e ricadere sopra ad essa una grata e qualche lucina rossa.

- Luci a infrarossi- sussurrò ridendo tra i baffi

Poteva solo immaginare quanto, per qualsiasi individuo, sarebbe stato impossibile evadere i sistemi di sicurezza. Le sue creature erano al sicuro.

Lui non lo era però. Lo sarebbero venuto a cercare. L'avrebbero preso. E non le avrebbe più viste.

Ciò lo rammaricava, ma era felice. Loro facevano parte del piano, lui no. Il tutto si sarebbe compiuto comunque. Lui ne era certo. Questo perchè credeva nel destino.

Mentre percorreva il corridoio a passi stranamente veloci, si accorse che c'era qualcosa che non andava. C'era un qualcosa di negativo che trapassava da quei muri dipinti di un grigio scuro come un cielo plumbeo .

Qualcosa sarebbe presto accaduto e non era niente di buono o che non aspettasse Times.

Lo riguardava, lo sapeva. Ma percepiva anche che sarebbe andato tutto bene.

La cosa a cui teneva di più era già al sicuro. Non c'era motivo di preoccuparsi.

Quando giunse alla fine del varco si voltò per osservare la poca luce che traspariva da quelle lampadine ormai fuori uso; erano vecchie e nessuno si decideva a cambiarle perciò erano lì da un immensità di tempo. Di certo Times era troppo impegnato a realizzare il suo fine che non avrebbe potuto certo occuparsi di questioni talmente banali.

Lui era uno scienziato e come tale doveva pensare in grande. Forse aveva pensato troppo in grande.

No, lui affermava il contrario. “Un uomo piccolo può fare grandi cose” ripeteva spesso quasi per convincere gli altri delle sue potenzialità. Nessuno, fin da quando era bambino, aveva creduto che lui potesse divenire un medico di tal livello. Nessuno tranne lui. Lui credeva in se'. E ora lo continuava a ripetere a ogni persona che incontrasse sulla sua strada “Non sarai nessuno, Dicevano. Non farai mai strada, Dicevano. Ora sono qua e loro? Sono loro che non faranno mai strada.” E dicendo questo scoppiava sempre in una risata isterica, che poteva risultare a occhi estranei malefica quasi quanto l'idea che lui fosse uno scienziato pazzo.

“Pazzo”, così lo definivano.

- Pazzo,si. Ma un pazzo ponderatore – affermava abbandonandosi ai ricordi seppur dolorosi.

Oltrepassato l'andito si sfilò il guanto nero che dava un tocco di eleganza al grande camice bianco coperto di schizzi verdi appartenenti a qualche sostanza sicuramente pericolosa. Aprì bene il palmo e lo posizionò sullo schermo in miniatura che era incollato al muro. Sotto ad esso vi erano anche dei tasti,come se si potesse inserire un codice al posto di mostrare la mano. Il sensore lesse lo spanno e fece scattare la serratura. Dopo averla attraversata fece lo stesso procedimento anche dall'esterno per poter chiudere il tutto.

Al di fuori di questo sistema di sicurezza progettato accuratamente dal dottore in persona si celava un negozietto che per molti sarebbe stato un qualunque esercizio d'immobili, ma era di più. Era un lasciapassare per il magico mondo di Times, uno dei luminari definiti più creativi.

Questa bottega, all'occhio altrui era un minimale spaccio che distava qualche metro dal centro della piazza,in città e che offriva agli abitanti immobili antichi di ottima scelta riposti accuratamente ai lati del locale, vicino ai muri consumati giallastri.

Immobili ricercati,colorati d'argento o d'oro che celavano storie più antiche dei loro proprietari.

Immobili che venivano definiti da Times “particolarmente preziosi”, non per il valore,ma per tutt'altro.

E mentre Times rifletteva sul fatto che nessun cliente avrebbe scoperto la sua tana, qualcuno lo stava osservando. Qualcuno non umano. Qualcuno stava per venirlo a prendere; era solo questione di tempo.


 







- mi scuso per qualsiasi errore presente nel testo -

 

  
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