Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Honey Tiger    16/06/2013    6 recensioni
Notizia del giorno.
“Ci troviamo nel centro di Londra, dove la figlia del miliardario Steven Light, è stata coinvolta in un incidente. Al momento, sappiamo solo che Krystal Light, è stata miracolosamente salvata da un misterioso passante di cui non abbiamo tracce, e subito dopo i dottori l’hanno ricoverata d'urgenza. Alcuni testimoni hanno affermato che la ragazza abbia sbattuto violentemente la testa e che sia svenuta. Per il momento è tutto, vi terremo aggiornati appena avremmo delle notizie.”
La seguente notizia fece il giro di Londra mentre la piccola Krystal continuava a dormire nel bianco letto d’ospedale e quando, finalmente decise di riapre gli occhi, tutto cambiò.
Niente fu come prima. Non ci fu più niente che per lei aveva significato se non il viso di un ragazzo. Gli occhi verdi come il prato di prima mattina e un sorriso da togliere il fiato anche ad una regina.
Scoprirà Krystal di chi sono quei occhi che sogna ripetutamente durante la notte? Saprà accettare il futuro che l’aspetta? E se il passato non la volesse lasciar andare?
Cosa farà la piccola Krystal quando verrà a sapere della tragica verità? Andrà avanti o si fermerà per sempre?
Scoprite voi stessi!
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Licenza Creative Commons
"The Memory of the heart" by Krystal Darlend is licensed under alicenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 3.0 Italia

 



 

      Guardo fuori dalla finestra del mio ufficio: Piove.
Innumerevoli gocce imperlano il vetro, si uniscono alle loro sorelle e crescono, fino a che, troppo grandi e pesanti, scendono giù in piccoli rivoli per poi perdersi oltre la cornice bianca della finestra.
La pioggia è sempre più fitta, sempre più veloce e frastornante.
Il cielo nero continua a incutermi tristezza e malinconia, facendomi sentire sola, senza una spalla su cui piangere o aggrapparmi nei momenti di bisogno. A causa dell'incidente avuto due mesi fa, ho dimenticato tutto il mio passato, ma ora, dopo cinque lunghi giorni di sonno passati all'ospedale "Guy's Hospital", ricordo, finalmente, la maggior parte delle cose. I dottori affermano che pian, piano, sto accettando la mia vita, sto affrontando i problemi e queste nuove sensazioni, queste nuove scoperte portano il mio cervello a rievocare alcune parti dimenticate del mio passato.
Un fulmine silenzioso si scaglia contro il cielo, illuminandolo. Poi, ad un tratto, sento un brontolio cupo. Sembra una voce arrabbiata, quando urla. Odio i temporali e odio questa sensazione che continuo a provare. Sento che sta per succedere qualcosa, come se avessi un presagio, un sesto senso.
Ma che cosa?
Un leggero bussare mi distrae dai miei pensieri, mi volto e trovo il sorriso di Milena ad accogliermi. È una donna gentile con un sorriso sempre sulle labbra. Indossa un tailleur nero. I suoi occhi sono leggermente truccati con un colore scuro che mette in risalto l’azzurro delle iridi e le labbra sono dipinte di un rosso acceso. Quel modo di truccarsi mi sa po’ da vecchia, ma sul viso di Milena sta divinamente. È più alta di me di qualche centimetro, ma forse è solo l’illusione dei tacchi vertiginosi che indossa, è magra, ma ha le curve nei punti giusti, come dovrebbe avere una bella donna di trent’anni. E' stata proprio lei ad accogliermi, quando mi sono presentata come la nuova dirigente della Light, tre giorni fa. Nessuno credeva che una "ragazzina" stesse per prendere il controllo di una delle più importanti società di Londra. Come posso dar torto a chi ha, effettivamente, ragione? Perfino io ho paura in ciò in cui mi sono imbattuta. Si, ho paura. Paura di non essere accettata, di deludere la fiducia della mia cara nonna e di fallire miseramente, perché non sono all’altezza di questo ruolo, ma non sarà questa paura a fermarmi.
Ho un obbiettivo: vincere.
«Milena. Dimmi tutto» le chiedo e poi mi dirigo verso il divano bianco. «Signorina Krystal, le ho portato i documenti che mi ha richiesto» si avvicina sicura di sé, con quel sorriso sbarazzino che le illumina gli occhi e la fa sembrare ancora più giovane e mi porge il fascicolo. Le sorrido.
Grazie alla poca memoria recuperata, adesso ricordo la password del mio computer che ho ritrovato insieme ai documenti che mi ha lasciato la nonna in eredità. All'interno del portatile, una volta passata la parte dell'autenticazione, ho scoperto un vero e proprio archivio dati. Ci sono, infatti, tutte le decisioni prese da mio padre inerenti la società fino a due mesi prima dell'incedente, le cause che ha affrontato, alcune sono anche per danneggiamento dell'immagine di qualche costruzione e molti documenti importanti che riguardano i nostri clienti più fidati. Inoltre, ci sono tutte le schede dei dipendenti e, infine, c'è una cartella, che mi sembra un po’ particolare, nominata "Da assumere assolutamente" che contiene diversi nomi, tra i quali spicca quello di Sarah Moore.
La cosa che mi sorprende di più di questa cartella è che contiene tantissime notizie sulla vita privata di queste persone e non solo quelle strettamente professionali. «Contatta tutti questi nomi e fissa un appuntamento con ognuno di loro, il prima possibile.» Milena annuisce e poi si avvia verso la porta.
«Un’ultima cosa, puoi chiamare Josh Hillart?» le chiedo gentilmente prima che esca. «Che cosa gli devo riferire?» Mi chiede lei non nascondendo un certo stupore. «Chiamalo e poi passamelo, non preoccuparti, mi arrangio» Rispondo semplicemente per poi dedicarmi allo studio dei file del computer.

Prima di incontrare Dylan, volevo frequentare Oxford e studiare economia per poter prendere il posto di mio padre e subentrargli nella direzione della società. Non tutto andò secondo i miei progetti.
Ricordo a malapena quel giorno.
Era una fredda sera d'inverno, io e Dylan stavamo cenando in un ristorante fuori città, per festeggiare i mesi che ci frequentavamo. Ci stavamo divertendo ed eravamo spensierati, quando un uomo cominciò a picchiare una ragazza davanti a tutti i clienti del ristorante.
Una scena orribile.
Dylan fu l'unico ad avere il coraggio di alzarsi e difenderla. Li separò e aiutò la ragazza ad andarsene dal locale. In seguito, dopo aver convinto la stessa a denunciare l’uomo, riuscì a farlo condannare. L’uomo finì in prigione per diverso tempo. 
Quell’episodio mi colpì l’animo profondamente, tanto che decisi di frequentare la University College London o meglio dire l’UCL.


«Sulla tre, c’è Mr. Josh» mi avvisa Milena, bussando leggermente e facendo capolino sulla porta.
«Josh… Quanto tempo!» un sorriso malefico mi si forma sulle labbra. E' ora di giocare un po’…
Silenzio.
Comincio a sospettare che non sappia cosa dire e, probabilmente, ci sta pensando, perché è stato preso in contropiede. Mi rendo sempre più conto di quanto sia un abile manipolatore e di quanto male abbia fatto a lasciargli tutta quella libertà con me. Il primo anno che siamo usciti insieme, ero davvero innamorata di lui, mi piacevano le sue attenzioni, le sue carezze e tutto quello che mi donava. Poi, però, venni a conoscenza che lui era il figlio di un cliente di mio padre, la sua società stava fallendo e, fatalità, con il nostro fidanzamento, la sua ditta riuscì a uscire inaspettatamente dalla crisi. Aiutato da qualcuno di mia conoscenza. Josh Hillart tiene lontano Krystal Light dai giornali e dalla società Light e la ditta di Hillart riprende vita miracolosamente. Coincidenza? No! Questo è l'accordo che ha stipulato mio padre con il padre di Josh, peccato che anche quest’ultimo faceva parte del complotto.
«Krystal, a cosa devo questa chiamata? Senti la mia mancanza?» mi chiede un po’ spaventato. «Così… ho trovato il tuo numero tra le scartoffie e mi chiedevo se ti andava di vederci...»
«Mmm… allora alla fine ti sei pentita di avermi lasciato? Lo sapevo che prima o poi saresti tornata a piangere da me. Non sarebbe certo la prima volta...» Lo sapevo. Ero sicura che il discorso sarebbe finito così! 
Durante il periodo nero, ovvero i giorni che seguirono il funerale di Lucas, non volevo vedere e parlare con nessuno. Mi rifiutavo perfino di mangiare. Ero distrutta e l'unica cosa a cui pensavo era come avrei fatto senza il mio migliore amico, senza la mia aria, senza di lui che era la parte più importante della mia vita. Josh non riusciva a comprendere il mio stato d’animo e continuava ad assillarmi con domande e frasi stupide, ero talmente arrabbiata con lui e con il mondo intero che un giorno ero sbottata e gli avevo detto «Perché non sei morto tu invece di Lucas?» Ricordo bene di essermi sfogata in un modo brutale. Distrussi gran parte della casa, mi accanii soprattutto con la finestra della stanza da letto, la preferita di Lucas, quella da cui amava osservare il panorama della città e poi, infine, come se non fosse bastato mandai a quel paese Josh dicendogli chiaramente di non farsi vedere mai più. Quando il dolore si assopì e mi sentii meglio, chiesi scusa a tutti, lui compreso e tornammo insieme.
La stessa crisi isterica, con conseguenze simili, avvenne quando mia madre, durante una cerimonia affermò, davanti a migliaia di persone e giornalisti, di non avere nessuna figlia, quando le fu chiesto dove fosse sua figlia. Mi ero sentita morire. Essere rifiutata dalla propria madre è una delle cose più brutte che possa capitare a chiunque.
In quell’occasione diedi dimostrazione dell’aspetto più cattivo di me. Mi rivelai davanti agli occhi di tutti come una piccola delinquente. Con aiuto di J distrussi tutto il giardino della villa, graffiai la maggior parte delle macchine e bruciai le rose preferite di mia madre. Infine accecata dalla rabbia, scrissi con la vernice sulla parete principale che portava al piano superiore, la seguente frase: vorrei chiedere scusa a mia madre... No, un attimo. Io non ho nessuna madre!!  
«Falla finita con questa storia, non sono dell’umore adatto per ascoltarti Josh!» alzo leggermente il tono della voce, giusto per mostragli che non sto cercando il suo perdono. Anzi, in teoria è lui che si dovrebbe scusare! «So benissimo che eri in combutta con mio padre e sono anche a conoscenza della troietta che ti sbattevi alle mie spalle, da oltre un anno» sputo quelle parole, quasi fosse veleno.
All’epoca, uno dei motivi per cui continuavo a fingere di non vedere e sapere nulla era che Josh mi teneva fuori dal radar di mio padre. Con lui intorno avevo carta bianca e potevo agire come meglio credevo, non avevo nessun limite. Se invece l'avessi lasciato, Steven mi avrebbe, sicuramente, fatta pedinare da qualcuno che mi avrebbe controllato ventiquattro ore su ventiquattro.
«Tranquillo non mi sono dimenticata, la sistemerò più avanti! Ti ho chiamato solo perché ho bisogno di parlare con tuo padre e ti volevo chiedere se mi fissavi un appuntamento con lui». Non mi risponde. L'ha scioccato così tanto sapere che fossi a conoscenza di tutto? «Ti sei mangiato la lingua?» chiedo, nel frattempo mi alzo e mi avvicino alla finestra.
Il temporale è cessato, ma il cielo è ancora nero, come se da un momento all'altro stia per ricominciare a piovere.
«Capisco. Ti va bene questa sera? Mio padre domani parte e sarà fuori città per un po’» chiede, dandomi finalmente i primi segni di vita. «Alle otto, al ristorante Cipriani. Cerca di essere puntuale!» rispondo, dopodiché chiudo la telefonata senza nemmeno salutarlo e sorrido.

Quando mi svegliai dal sonno, forse era meglio chiamarlo coma, mi sentivo fuori luogo, come se non appartenessi a quel mondo. Sentivo la testa altrove, non riuscivo a concentrarmi su niente, le gambe e le braccia non rispondevano ai comandi e avevo una tremenda paura, senza saperne il motivo e come se non bastasse, l'unica cosa che riusciva a calmarmi era la voce di Blake. Lui fu il primo a sapere del mio risveglio, si era intrufolato nella mia stanza, senza il permesso di nessuno e si era sistemato accanto il mio lettino. Lo trovai addormentato con la faccia appoggiata alla mia pancia e non riuscendo a resistere alla tentazione, gli toccai i capelli e assaporai con il tatto la loro morbidezza. Nel momento in cui mi stavo per rilassare, con quei fili delicati tra le mani, lui si svegliò.
Sembrò un po’ sorpreso, ma anche felice e, d’impeto, mi prese tra le braccia e mi abbracciò stretta a lui. Avvertii quasi il mio cuore uscire dal petto, tanto l’emozione fu forte. Gli parlai delle mie paure, nonostante inizialmente, fossi restia ad accettare il suo aiuto. Non volevo che lui sapesse della mia vita.
Dylan, invece, si presentò il giorno dopo con un mazzo di rose rosse in mano. La nuova me, quella che non ricordava il passato, sarebbe stata contenta di vederlo, di poterlo abbracciare, ma adesso, purtroppo per lui, ricordavo tutto ed ero ritornata ad essere la stessa ragazza di prima dell’incidente. Provai odio per lui e non riuscii a mantenere la calma. Gli confessai che ricordavo tutto. Gli dissi che mi rendevo conto che lui, come pochi altri, era sempre stato onesto con me, purtroppo però, non riuscivo ad accettare ancora il suo tradimento.
Non avrei mai creduto fosse possibile detestare qualcuno in quella maniera, non dopo tutti i momenti bellissimi che avevano trascorso insieme.
La lettera d'addio, le chiavi di casa e un vuoto terribile. Ecco che cosa mi aveva lasciato Dylan James Harbert. Una delle persone che avevo amato veramente. Gli chiesi soltanto un po’ di tempo per riflettere, dovevo mettere in ordine i pensieri. Dylan non protestò, disse soltanto che se l'aspettava. Sapeva che una volta che avessi riacquistato la memoria, lo avrei cacciato. Sapeva che avrei continuato a soffrire se lui avesse provato a riavvicinarsi a me.


«Finalmente! La signorina si fa viva!» Maxwell mi viene incontro e mi abbraccia non appena faccio la mia apparizione sul set fotografico. Non vedevo l’ora di ritornare a fare la fotomodella. Mi piace quando mi scattano le foto, ma soprattutto, mi piace la sensazione che provo, poi, ogni volta che le riguardo. Mi soddisfa scrutare le espressioni, spesso buffe, che sono state immortalate con quegli scatti.
«Stavo pensando di annunciare alla Victoria's Secret che la mia modella è stata rapita dagli alieni! Davvero, che fine avevi fatto?» Mi chiede Maxwell con un’espressione preoccupata dipinta sul volto.
«Ricordi che ti ho parlato dell'incedente in cui ho perso la memoria? Ecco, pian, piano la sto recuperando, ma purtroppo l’effetto collaterale di quando ricordo è che perdo i sensi e l'ultima volta, sono stata in coma per cinque giorni...» gli spiego brevemente quello che mi è successo e quello che mi frulla nella testa e mi sfogo con lui su tutto.
Lo faccio davvero. Mi rendo conto che mentre sto parlando con lui, Maxwell sta facendo degli scatti, tranquillamente, come se fosse una cosa normale e la cosa mi fa infuriare. «Smettila di fotografarmi! » sbraito non riuscendo più a sopportare il fardello che mi porto dentro. Non riesco più a gestire le mie emozioni, me ne rendo perfettamente conto «Così… mi… mi…» balbetto.
«Si, si! Così ti ecciti…» mi interrompe finendo lui la frase al mio posto. Le mie guance si tingono di rosso, le sento bruciare e lui ne approfitta per rubarmi qualche altro scatto.
«Smettila con queste foto! » sbotto «E poi si può sapere, perché m'hai fatto vestire in questo modo?» chiedo cercando di calmarmi e osservando per la prima volta il mio abbigliamento allo specchio.
Stivaletti con tacco vertiginoso, un paio di pantaloni militari, lunghi fino alle ginocchia e, infine, un top bianco. I capelli sono legati in una coda alta e il trucco è leggero, solo un filo di matita sotto gli occhi. «Vestita così sei molto più sexy del solito. E sono sicuro che in questo modo le vendite della nuova collezione andranno a gonfie vele, così riuscirò anche a rimediare i danni economici che mi ha causato la tua assenza dal set!» mi risponde allegro, prima che possa continuare a lamentarmi. Lo guardo imbambolata, non tanto per quello che mi ha detto, ma per ciò che ho fatto io. Non ci credo, mi sono sfogata con uno sconosciuto, parlando dei mie segreti, dei miei problemi e delle mie cose più intime, senza preoccuparmi delle conseguenze o di risultare banale o, più semplicemente, una ragazzina viziata.
Maxwell però non sembra far caso alle mie preoccupazioni e mi trova anche una brillante soluzione, brillante secondo lui e stupida secondo me. Se ne esce con il suo consiglio come se niente fosse «Secondo me, dovresti sfogare tutta la tua frustrazione, la tua rabbia e le tue emozioni con qualcuno… Magari con Blake…». Lo guardo sconcertata e faccio finta di niente, anche se la sua ultima frase mi ha lasciato un qualcosa dentro.
A parte le sue frasi senza senso di Maxwell e il duro lavoro, la giornata si è conclusa nel migliore dei modi. Ho infatti ottenuto l'aiuto di Maxwell per pubblicizzare la mia azienda e il tutto a costo zero. Maxwell ha un cuore d’oro e ha messo a disposizione il suo tempo libero per me, gratuitamente.


La musica a volume alto, il vapore dell'acqua calda sparso per tutto il bagno e io che giro mezzo nuda per tutta la casa. Completamente rilassata, ballo in mezzo la cucina, cercando di prepararmi qualcosa di commestibile. E' strano, ma ho voglia di svagarmi, di divertirmi e credo che questa sera, dopo la noiosa cena, andrò in qualche pub ad ubriacarmi un po’.
Il suono del cellulare mi distrae e senza guardare, rispondo tutta euforica: «Si? Con chi parlo?»
«Con Sarah stupida mocciosa! Farti sentire di tanto in tanto non costerebbe molto, sai?» prendo una mela e la mordo «Ti stavo per chiamare! Volevo chiederti se ti va di andare a prendere qualcosa da bere dopocena.» le dico con la bocca piena.
Il suono del campanello prende a suonare insistentemente. «Aspetta un attimo, un coglione si diverte a sfondarmi il mio campanello di casa!» urlo. 
«Grazie per il comp - com..p....li...ii..mento..» mi riprende Blake guardandomi in primo momento con gli occhi fuori dalle orbite «Mi stavi forse aspettando?» aggiunge poi scrutandomi con un sorriso malizioso. Solo allora mi rendo conto che sono praticamente nuda e indosso solo un asciugamano striminzito che a malapena mi copre i glutei. L'espressione dipinta sul volto di Blake non m'aiuta a restare concentrarmi. «Aspetta un minuto..» dico con le guance che mi vanno a fuoco, poi corro in camera da letto e mi chiudo a chiave.
Impiego una decina di minuti per vestirmi.
Sono distratta, non riesco a non pensare al sorriso di Blake e hai suoi occhi, quando ho aperto la porta.
Verdi.
Quel colore mi fa riflettere e mi fermo un secondo in più per pensare dove li ho già visto. Sono sicura di conoscere quelle due pozze, come sono sicura di essere già rimasta ammaliata dalla loro bellezza. Ma dove e quando?
«Ti preferivo prima…» mi sussurra Blake non appena entro in cucina.
«Si? Io, invece, non ricordo di averti detto di accomodarti e fare come se fosse casa tua!» rispondo acida.
«Svegliata male?» mi chiede cogliendo la provocazione. Non rispondo.
Sta cercando, per caso, di fare conversazione? Proprio lui che il giorno prima mi ha detto di non parlargli perché sono solo una ragazzina viziata che non conosce il mondo? «So anche a che cosa stai pensando. Scusa per ieri, so di aver sbagliato. Ho detto delle cose imperdonabili e me la sono presa con te, ho riversato su di te i miei problemi personali. Ci sono alcune cose in famiglia non stanno andando bene.»
«Che tipo di problemi?» chiedo senza riflettere.
«Problemi di salute...» Rimango senza parole a quella sua spontanea confessione. Qualcuno nella sua famiglia è malato e Blake si sta confidando con me. Mi fa un po’ pensare. Sta parlando con me, ovvero la stessa persona che qualche giorno prima ha definito una ragazzina.
La stessa che odia per i modi di fare o pensare.
La stesa che ora che non riesce a smettere di non fissare i suoi occhi.
Dove li ho già visti?
«Vuoi qualcosa da bere?» domando spezzando il silenzio imbarazzante che si è creato. Annuisce sorridendo «Un bicchiere d’acqua, grazie».

«Perché sei cosi imbranata? » sbuffa tamponandomi il labbro superiore con un fazzolettino di carta e avvicinandosi pericolosamente sempre di più. «E poi, perché avevi un bicchiere mezzo rotto? Dì la verità… Volevi ferirti appositamente…». Già, perchè avevo un bicchiere rotto? Perché sono cosi distratta e imbranata da non rendermi conto di niente?
Avverto il rossore prorompente colorare le mie guance e cerco di aumentare le distanza da Blake, ma lui mi trattiene e mi impedisce di allontanarmi.
Di nuovo.
«Perchè scappi? Hai paura di me?» sussurra.
Ho la gola secca e le gambe che mi tremano fastidiosamente. Mi sento sciogliere sotto la presa delle sue dita. «No.. » Rispondo. Blake piega la testa e sorride maliziosamente. Quel suo sorriso tipico di quando ha in mente qualcosa. Con una lentezza disarmante si avvicina a me tanto da sfiorare il mio naso con il suo. «Hai un profumo delizioso...» mormora vicinissimo alle mie labbra.
«Gr… Grazie» Balbetto, sento la mia pelle andare letteralmente a fuoco. Cosa mi sta succedendo?
«Posso?» domanda con un po’ di esitazione. 
«No..» sussurro pianissimo. 
Ogni parola che pronuncio, mi costa un’enorme fatica, la mia gola è sempre più secca. Ho bisogno di bere, urgentemente. Blake mi sorride e si protende sempre più in avanti ed arriva ad un millimetro dalle mie labbra. «Meglio, il gioco è più interessante così...»
Porta la mano libera sulla mia guancia, sfiorandola leggermente.
Un bacio. Dolce, delicato e stramaledettamente morbido. Le sue labbra sono perfette e sembrano nate per stare entrare a contatto con le mie. 
Odo un leggerissimo schiocco e capisco che si è ritratto. Troppo presto. È stato un bacio timido e innocente. Sento il suo sapore e ripenso a quel piccolo contatto. Mi ha fatto sciogliere completamente e avrei voluto non finisse più. Mi sono sentita persa, non appena è terminato. Ho ancora bisogno di quel contatto, di sentire il suo sapore, di avere le sue mani che mi toccano.
Ne voglio ancora.
«E questo per cos'era?» chiedo timorosa della risposta che mi può dare. «Cosi..» Sto per ribattere quando lui mi attira a sé, posando la mano sul collo e spingendomi il viso vicino al suo.
Secondo bacio.
Decisamente diverso. Un vero bacio. Sento le sue labbra premere con foga sulle mie e la sua lingua spingere per poi intrecciarsi perfettamente alla mia. La sua mano percorre, con movimenti lenti, il mio corpo. Mi accarezza la nuca, le spalle, i capelli. Mi intrappola, quasi con la forza, in un abbraccio possessivo che mi avvicina ancora di più al suo corpo e poi approfondisce, ancora di più, quel bacio. Cerco avidamente le sue labbra non appena le sento allontanarsi, non voglio separarmi da lui per nulla al mondo.
Voglio di più!
Con una sensualità disarmante continua a succhiarmi il labbro inferiore e io ricambio, assaporo le sue labbra, mi godo il loro buon sapore. Profumano di ciliegia e menta. Mi rendo conto che, secondo dopo secondo, sono succube del loro gusto e non ne sono mai sazia. Mi sbatte contro la parete fredda, facendomi aderire completamente sul muro. D'istinto, porto le braccia dietro il suo collo e info le dita tra i suoi capelli, stringendoli forte.
Mi manca l'aria nei polmoni per l’emozione, tuttavia respiro sulle lue labbra. Quel gesto lo manda fuori di testa. Fa scorrere le mani lungo la mia schiena e quando raggiunge i glutei ,con un gesto secco, mi solleva senza alcuna difficoltà. I suoi denti mi torturano, dandomi piccoli morsi, poi sopra i segni che mi lascia, ci passa la punta della lingua. Avverto le mie labbra pulsare, ma non ho nessuna intenzione di fermarmi.Ho il cervello letteralmente in tilt, mentre mi bacia avido, mi morde le labbra e mi succhia la palle. Urlo e lo prego di non smettere per nessuna ragione al mondo. 
Non so con quale forza, ma finalmente trovo il coraggio di separarmi dalle sue labbra. Blake mi afferra repentino, trascinandomi sul tavolo dove mi depone seduta e mette il suo corpo in mezzo alle mie gambe che allaccio dietro la sua schiena. Mi accarezza piano, con le dita, le cosce, i suoi movimenti sono lenti, ma terribilmente sexy. Lo sento sospirare e stringere le mani intorno il mio fianco, poi la lascia la presa sulla vita e sale, lasciandomi scie di fuoco sulla pelle e mi accarezza gentilmente le guance.
È tutto perfetto e migliore di quanto avrei mai potuto immaginare.
Un suono.
Quel dannato campanello di casa ci riporta alla realtà. 
«Dovrei.. aprire...» Dico con il fiato corto e le guance bollenti. «Non farlo…» Sussurra sulle mie labbra, regalandomi un altro bacio, più dolce. 
Il campanello riprende a farsi sentire insistentemente. La mascella di Blake si indurisce per la rabbia. «Chiunque tu sia incomincia a pregare!» mormoro sotto voce avvicinandomi alla porta di casa.
«Chi è?» chiedo, ma sto già aprendo, ma subito dopo, mi sgrido mentalmente da sola “La prossima volta chiedi prima di aprire. Appuntatelo!” Incrocio gli occhi di Dylan che corrono veloci da me a Blake, intuendo la situazione.
«Kry..s.. Ho interrotto qualcosa?» mi chiede duramente Dylan, riportandomi alla realtà.

 Spazio per la piccola autrice:
Scusate il ritardo..*.*
tutta colpa degli esami di maturità.. eh si..
toccano anche a me.
che dire?? Ringrazio infinitamente per l'aiuto di
MandyCry che m'ha aiutato a correggere alcuni errori.. *.*
In grammatica sono proprio un casino..U.u
Infine.. ringrazio tutti quelli che hanno letto e mi hanno lasciato
un loro pensiero.. ringrazio coloro che mi hanno inserita fra le
storie seguite/preferite/ricordate..
e infini rigrazio anche i lettori silenziosi..
Spero che questi esami finiscono in fretta,
cosi avrò tutto il tempo per la storia..
Un bacione a tutti
Spero di avere qualche vostra recensione in modo da
migliorare ma anche per sapere che cosa ne pensate.. *.*
Krystal

   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Honey Tiger