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Autore: Reb and Jude    26/06/2013    5 recensioni
Siccome siamo rimaste molto deluse dalla serie delle "Yes! Pretty Cure 5 GoGo" riguardo al rapporto tra Nattsu e Komachi, iniziato a sbocciare nella serie precedente, abbiamo deciso di pubblicare questa storia, raccontando un episodio dei tanti che sarebbe potuto accadere molto probabilmente (secondo noi) tra quei due. Vi avvertiamo che sarà un po' OOC, perchè descriveremo un Nattsu molto geloso, aggettivo che nell'anime non si abbina molto al nome del personaggio, ma che (sempre secondo noi) sarebbe perfetto perchè in quella certa situazione, conoscendolo, avrebbe reagito sicuramente così. E ora vi lasciamo alla vostra lettura (se mai aveste intenzione di leggerla) e preavvisiamo che i capitoli saranno abbastanza corti. Un GRAZIE anticipato!
Reb&Jude
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Magica Gelosia

7° capitolo

Nuovi e vecchi sentimenti
 

 
-Ma è colpa mia… è mia la colpa di voler leggere in ogni tuo gesto qualcos’altro, qualcosa che non esiste e che mai ci sarà. Sono una povera stupida, ma non posso fare a meno di sentire quello che sento… non posso smettere di soffrire ogni volta che mi guardi, che mi sfiori, che mi chiedi se sto bene…-
 
Le parole di Komachi continuavano a rimbombargli nella testa, senza sosta. Non riusciva a non pensarci: rivedeva ogni minuto il volto della ragazza piangere davanti a lui.
 
-… beh, sappi che non sto affatto bene! Mi sento come lacerare dall’interno, mi accorgo che il mio cuore lentamente si sta corrodendo, mentre cerco di dimenticarti, ma inutilmente. Mi dispiace, ma mi sono… mi sono innamorata di te Nattsu e tu nemmeno te ne rendi conto!-
 
Era innamorata di lui! E Nattsu non se n’era mai accorto…
Possibile che fosse così ciecamente stupido? Lei per tutto questo tempo aveva sofferto a causa sua, facendo finta che tutto fosse normale.
Aveva persino provato a dimenticarlo, per togliersi dal cuore il peso di quei sentimenti…
Con il suo modo di agire, Nattsu le aveva inferto una pugnalata dopo l’altra e solo adesso che lei gli aveva confessato il suo tormento, lui ne aveva preso coscienza.
 
Si prese la testa fra le mani, in un estremo gesto di disperazione: non riusciva a trovare rimedio alla situazione.
 
 
-Comunque, dimentica tutto ciò che ti ho detto, Nattsu. È tutto passato. So già che non ricambi i miei sentimenti e ti evito di doverti prendere responsabilità che non sono tue. D’ora in poi comportati come se nulla di questo fosse avvenuto, le cose tra di noi non devono cambiare…-
 
 
Come avrebbe fatto a dimenticare tutto? Non poteva, non dopo aver visto l’effetto che aveva su Komachi.
Non riusciva nemmeno a capire i suoi, di sentimenti: come poteva decidere al posto suo se ricambiasse oppure no? Perché non avrebbe dovuto anche lui caricarsi della responsabilità del dolore della ragazza?
Forse, però, Komachi aveva fatto la scelta giusta per entrambi: fare finta che niente fosse mai successo e riprendere le vecchie abitudini di sempre.
L’avrebbe salutata come faceva di solito, chiedendole come era andata la giornata e come procedeva il suo nuovo romanzo. Avrebbe chiacchierato con lei come faceva tutti i giorni anche con Nozomi e le altre, avrebbe accettato volentieri il suo aiuto nel servire i clienti del negozio e avrebbe ringraziato il cielo del suo intervento ogni qual volta Kokoda avrebbe richiesto altri bignè alla crema per l’ennesima volta.
Ma non era forse un atteggiamento ipocrita questo?
 

***
 

-Ehi, Nattsu. Tutto bene?-
Il ragazzo si accorse di non essere più solo con i suoi pensieri, quando sentì Kokoda rivolgergli la parola: ammetteva che non fosse la persona che desiderava di più al mondo in quel momento –già, perché quella adesso non voleva più parlargli…-, però forse gli avrebbe fatto bene il consiglio di una voce amica. Detto questo, aspettò che l’altro principe gli chiedesse il motivo di tale stato di depressione e sconforto.
-È da quando sei tornato che te ne stai chiuso qui in camera, in silenzio e con quell’aria pensierosa… Non è che per caso centra Komachi?-
Possibile che fosse così semplice capirlo? E perché lui stesso non riusciva a capire la propria angoscia?
Kokoda si avvicinò all’amico, sedendosi accanto a lui sul letto, e con aria spensierata posò le braccia un po’ indietro mettendosi a guardare il soffitto, sapendo che Nattsu non avrebbe alzato lo sguardo per niente al mondo nello stato in cui si trovava.
-Ogni volta che hai quella faccia, vuol dire che sei preoccupato o per il Regno di Palmier o per Komachi: escludendo la prima opzione, capisci che rimane solamente la seconda…- proferì con un sorrisetto che la sapeva lunga e uno sguardo del tipo “Lo-sai-che-ho-ragione-come-sempre”.
 
Il ragazzo, sentendosi in trappola, decise di vuotare il sacco e dopo aver sospirato sonoramente cominciò a parlare.
-Sono andato a trovare Komachi, come mi avevi consigliato tu e le ho chiesto se stava bene e perché si fosse messa a piangere, uscendo dal negozio. Le ho detto che poteva confidarsi con me e che, avvolte, faceva bene sfogarsi e… e… beh, ecco… lei ha iniziato a dire che era tutta colpa mia se lei ora era in quello stato, perché non facevo altro che incoraggiarla, aiutarla e…darle false speranze. Poi ha cominciato a piangere un’altra volta e mi ha confessato di provare qualcosa per me ma io era troppo cieco per accorgermene; a quel punto io ho provato a dire qualcosa ma le parole non volevano uscire e lei, allora, ha preso la cosa come un rifiuto e mi ha chiesto di dimenticare l’accaduto e fare finta di niente… comportarmi come al solito, insomma ma io… come può chiedermi una cosa del genere?! Non capisco…-
 
Kokoda lasciava che Nattsu tirasse fuori tutto ciò che aveva dentro e che si era ostinato a tenere nascosto per tutto quel tempo, limitandosi a passargli semplicemente la mano sulla spalla con fare rassicurante, così che capisse che lui c’era e che avrebbe ascoltato qualsiasi suo sfogo, da buon amico.
Era consapevole che Nattsu avesse bisogno di quel momento, come chiunque ad un certo punto e capiva anche che ora il ragazzo stava affrontando dei sentimenti che gli erano estranei e del tutto nuovi, e che gli risultavano difficili da relazionare con quelli di Komachi, così dirompenti e laceranti, celati e contenuti da fin troppo tempo, tanto da risultare vecchi.
Era la prima volta che dialogava con il proprio cuore, così apertamente, scavando sempre più a fondo per trovare quelle sensazioni tanto importanti e fragili, che gli avevano lentamente riempito l’animo, coperte da quel velo di razionalità e orgoglio che permetteva loro di passare inosservate, caricandosi di ogni cosa che gli occhi di Nattsu percepissero: il sorriso rassicurante di Komachi, il suo dolce profumo di menta e vaniglia, il suo sguardo assorto mentre leggeva, il volto carico di aspettativa che aveva ogni qual volta lui correggeva il suo romanzo, le guance arrossate di quando era imbarazzata, la grazia con cui si muoveva e i suoi occhi determinati come il suo animo durante una battaglia.
Rimase un attimo in silenzio, posando leggera la mano sul suo petto, teso ad ascoltare il battito del proprio cuore che regolarmente accelerava al pensiero di quei ricordi, lanciandogli forti brividi e scosse per tutto il corpo, così che si ridestasse dal quel torpore in cui era caduto.
Kokoda attendeva che l’amico si decidesse a dire qualcosa, mentre ansioso lo guardava tenersi la mano e respirare a fondo.
Che si fosse reso conto dei propri sentimenti?
 

***

 
Komachi si sentiva completamente svuotata.
Come se le avessero prosciugato tutte le sue forze in un istante, un mare di sentimenti che scivolava via da lei come in preda ad un uragano.
Gli aveva detto tutto, tutto e adesso non le rimaneva più niente.
Solamente un’infinita voragine che le straziava il petto e richiedeva di essere sanata con una cascata di lacrime. Ma Komachi non voleva piangere.
Un’orgogliosa forza la tratteneva dal farlo e la incoraggiava ad alzarsi in piedi e rientrare a testa alta al negozio.
Si era tolta un enorme peso dal cuore. Se ne rendeva conto.
Solo ora. Proprio ora.
Era libera adesso, libera di fare qualsiasi cosa le venisse in mente. Si sentiva forte e sicura di sé e, forse, anche pronta ad andare a quell’incontro con Yusuke.
O, per meglio dire, appuntamento.
Sì: era proprio un appuntamento il suo! Perché si ostinava a negarlo?
Era forse sbagliato e troppo assurdo per lei avere questo genere di cose?
Appuntamento… appuntamento… APPUNTAMENTO!
Che bella parola da poter pronunciare.
A quel punto però tutto il suo entusiasmo sparì di colpo, si annullò completamente all’improvviso pensiero che l’appuntamento si ricollegava ai termini “relazione” e “amore”.
-Ma io sono ancora innamorata di Nattsu…-
Un sospiro le scivolò dalle labbra, l’espressione del viso sempre più crucciata e sconsolata.
Che poteva fare?
Subito il ricordo della confessione fatta al ragazzo poche ore prima le balenò nella mente. Un’ondata di imbarazzo le macchiò le guance mentre un grido, soffocato dalle mani corse a coprirle il volto, le sfuggiva.
-Come ho potuto fare una cosa del genere?!-
Passò dal retrobottega per salire direttamente al piano superiore ed evitare lo sguardo pieno di domande dei suoi e di sua sorella; non avrebbe saputo come affrontarli. Specialmente Madoka, che non avrebbe fatto altro che convincerla a spiattellare tutto l’accaduto.
Arrivata in camera sua si chiuse la porta alle spalle e vi si poggiò di peso con la schiena, quasi a cercare un sostegno per tenersi in piedi.
Non ce la faceva più.
Non riusciva a reggere tutta quella pressione, tutte quelle aspettative, tutti quegli sguardi…
Si lasciò scivolare lentamente a terra, esalando l’ennesimo sospiro.
-Una mano mi farebbe comodo in questo momento…-
L’occhio le cadde in automatico sul telefono posto sulla scrivania.
Si alzò, alzò la cornetta, compose il numero e attese.
-Tuu… Tuu… Tuu… Pronto?-
-Pronto, Karen. Sono Komachi. Ho bisogno del tuo aiuto.-

  
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