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Autore: elyxyz    15/01/2008    15 recensioni
La vita a Resembool, prima della tragedia. Quando il dilemma più grande da affrontare era decidere quale gioco fare, tra un pallone e una corsa nei prati.
* I STORIA: Like a Paradise.
La gola secca e quella piacevole spossatezza che fa sprofondare nell’ozio.
Una leggera brezza gli accarezzò il torace nudo, donandogli un gradevole refrigerio.
L’alchimia era un ricordo lontano, in quel momento, così pure i compiti estivi assegnati a scuola, settimane addietro. Pensieri vaghi e sbiaditi, relegati al limitare del suo limbo mentale.

* II STORIA: What’s happiness? (In our shoes).
Tutti cercano la felicità... ma cos’è ‘felicità’? dove sta?
...dove meno te lo aspetti...
Quarta classificata al Contest su Fandom Libero di ‘Writers Arena’.
[NO PAIRING]
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alphonse Elric, Edward Elric, Winry Rockbell
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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What’s happiness

L’idea per questa storia è nata molti mesi fa, all’incirca con “Like a Paradise”, e questo doveva essere il secondo capitolo della raccolta. Ci ho messo davvero tantissimo a passare l’idea da carta a pc, e ne avrei ancora, per continuare questo ‘Periodo Resembooliano’ - prima di tutto, prima della tragedia. Lascerò comunque ‘completa: sì’, perché non so quando aggiornerò. Lo stile richiama il precedente capitolo,Like a Paradise’ per l’appunto, non per trama, ma per l’ambientazione.

Buona lettura!

 

 

Amo i bambini. Vivo in mezzo a loro. Sono la mia quotidianità.

Eppure non passa giorno, senza che riescano a stupirmi in qualche modo nuovo.

Non mi ci abituerò mai. Per fortuna.

Tratto da un mondo di vita vissuta e quotidianità vivente.

 

 

Dedicata a Nacchan,

perché, mentre scrivevo questa fic...

pensavo al suo meraviglioso modo di descrivere Ed e Al, e l’affetto che li lega.

 

 

 

Whats happiness? (In our shoes)

 

by elyxyz

 

 

 

 

 

“Muovetevi, lumaconi!”

Edward accelerò ancor di più il passo, marciando veloce nell’erba alta che quasi lo nascondeva, flettendosi poi, docile, al suo passaggio.

Winry, poco dietro a lui, cercava di raggiungerlo perché era stanca di sentirlo vantarsi della sua rapidità.

Per ultimo, Alphonse chiudeva la processione di quel trio scanzonato.

Avevano deciso di andare in esplorazione, quel giorno, spingendosi oltre la collina del Grande Albero; e si era fatto tardi, senza che se ne accorgessero.

“Finiremo in punizione, stavolta.” Sussurrò Al, preoccupato, lungo la via del ritorno.

Mh… forse no, se corriamo svelti!” propose Ed, stimando la via più breve per il rientro: scartare il sentiero ciottoloso che avevano percorso all’andata e tagliare per i campi del signor Wilsen, quell’orso scorbutico che non amava i bambini… che poi loro, l’anno addietro, avessero involontariamente distrutto la sua coltivazione di tulipani, giocando a pallone… beh, quella era un’altra faccenda.

“Attraversiamo la proprietà del vecchio Willy senza farci beccare!” suggerì con un’espressione furba, storpiando di proposito il nome.

Gli altri due lo scrutarono preoccupati. E se ci corre dietro col forcone, come l’ultima volta?, il loro pensiero comune.

Tuttavia non osarono contraddire il loro capobanda. E così fecero.

Sgattaiolarono lesti lesti, zitti zitti

Edward ghignò tra sé, pensava quasi di avercela fatta, in lontananza vedeva già la casa di zia Pinako, quando udì il grido di dolore del suo fratellino.

Lui e Win fecero dietro-front, spaventati.

Al, rannicchiato a terra, piangeva senza ritegno, tenendosi stretto un ginocchio sbucciato.

“Fa’ vedere!” gli intimò Ed, senza tante cerimonie, accovacciandosi al suo fianco.

Ma lui, tutto lacrimoni umidi e moccio gocciolante, lo fissò restio, proteggendo ancor di più l’abrasione.

“Su, Al! Fai vedere a Edo-chan la ferita.” Ripeté Winry, ma con più gentilezza, aggiungendoci un sorriso incoraggiante.

Era solo una piccola escoriazione fastidiosa, a conti fatti. Ed capì in fretta che il fratellino era solamente spaventato, in verità.

“Non è niente.” Dichiarò, serio. “Basta piangere, ora.” E addolcì il tono.

Alphonse annuì, tirando su col naso, rumorosamente.

“Sei un bimbo coraggioso, tu.” Lo rassicurò il fratello maggiore, prendendo dalla tasca dei pantaloncini un fazzoletto immacolato - che la mamma si raccomandava avesse sempre con sé -, e lo legò attorno alla ferita.

Il piccolo Al squittì di dolore, sussultando. Eppure lo lasciò fare, docile.

“Brucia?” s’interessò, per non sembrare scortese.

“Un po’.” Si asciugò gli occhietti con i pugni chiusi, poi fissò la medicazione provvisoria. “Grazie.”

Edward gli fece una carezza sulla testa, scompigliandogli i capelli.

“Devi stare attento a dove metti i piedi!” lo redarguì bonariamente.

“Ma, Nii-san, avevo la scarpa slacciata!” ribatté, motivando così la sua caduta.

“E perché non l’hai allacciata?” s’intromise Winry, alquanto stupita.

“Perché… non lo so fare… lo fa sempre la mamma…” bisbigliò, vergognoso.

Dall’alto dei suoi sei anni, Ed lo guardò con sfacciata superiorità.

“Fra un po’ andrai a scuola, e non riesci ad annodarti una scarpa?!

Quindi si voltò verso la loro compagna di marachelle: “Win!” si limitò a dire, invitandola ad occuparsene al posto suo. Però lei non si mosse di un millimetro. “Procedi con la spiegazione.” La incitò, sbrigativo.

“Io vorrei, ma è tardi…” cercò di temporeggiare lei.

“Non importa! Questa storia val bene una sgridata!” decretò, anche se il suo era un pensiero un po’ meschino. Poiché sapeva che, loro due, se la sarebbero cavata con poco, ma forse la sua amica non altrettanto a buon prezzo.

Win-chan, sono cose da femmine, fallo tu!” insistette, certo che lei gli avrebbe dato manforte.

“Ehm… i-io… anch’io non lo so fare…” ammise infine, arroventandosi di vergogna.

A quella risposta Ed sgranò gli occhi, palesemente stupito, e un pochino tradito, nella sua logica di seienne.

“Ma sei vecchia come me!” sbottò, scandalizzato. “Dovresti… dovresti…”

La bimba s’imbronciò, lì per scoppiare anche lei in un pianto a dirotto, o in una sequela di fastidiose recriminazioni.

“Io non ne ho bisogno! Non li porto mai!” si difese, concitata.

Il maggiore degli Elric fissò i suoi sandaletti con gancetto e il vestitino preferito di cotone leggero, come se li vedesse per la prima volta.

“E poi quando avresti imparato, tu?!” il suo tono sembrava quasi un’accusa, anziché una domanda.

Lui fece spallucce, perché la sua motivazione era un po’ sciocca, in realtà.
“Un giorno di pioggia… mi annoiavo… e così ho capito da solo, a furia di tentativi…” confessò, ricordando la noia, Alphonse che dormiva, e la cocciutaggine che ci aveva messo per un intero pomeriggio.

Si aspettava una replica da parte della sua amichetta, una qualsiasi; di ammirazione o di meraviglia, quantomeno. E invece non ottenne nulla, tranne uno sguardo corrucciato, per cui lasciò cadere il discorso, ma a modo suo.

Mph! Sempre a me i lavori più ingrati!” Recitò, polemico. Risolvendosi a concludere la questione. Quando Win-chan s’arrabbiava, non la finiva più! E poi a lui toccava sorbirsela, lagne comprese.

Si chinò quindi dietro al fratellino, che ancora stava seduto tra l’erba, e afferrò i due lacci della calzatura.

“Devi cominciare così.” E incrociò i due pezzi di stoffa, facendo un nodo resistente.

“Poi devi fare un cappio con la mano destra, aiutandoti con l’indice sinistro e poi il contrario. Ed eseguì, mostrandoglielo.

“Dopo… li incroci, fai passare sotto una delle due asole, così, e inoltre tiri forte.” Concluse, presentando un fiocco perfetto.

Al fissò con riconoscenza il lavoro ultimato.

Nii-san, gra-

“Fermo!, Alt!” lo interruppe questi, sciogliendo il nodo. “Ora, prova tu.”

Lo sconcerto si dipinse sul faccino del piccolo Alphonse, sostituito poi dalla delusione trattenuta a stento, mentre osservava la sua scarpa nuovamente sfatta.

“Ma… la mamma…” pigolò, la boccuccia che gli tremava appena.

“Ci vuol poco, su!” lo animò, paziente ma risoluto.

E lo esaminò, bimba al fianco, mentre tentava quella difficile operazione.

Lo guidò con la voce, incoraggiandolo, e ben presto i due nastri sottili vennero legati.

Nii-san! Ce l’ho fatta, Nii-san!” esclamò con orgoglio, mentre un sorriso contagioso fioriva sui loro visetti paffuti e negli occhietti brillanti.

“Bravo ometto!” lo premiò, grattandogli la testolina bionda, e contemporaneamente Winry lo lodava, altrettanto festosa. “Ma adesso andiamo, ok?” li avvisò, scrutando il sole che stava facendo capolino dietro le montagne. Questo poteva significare solo una cosa: guai. Grossi guai.

Eppure… la contentezza del suo fratellino, quella sua soddisfazione, valevano di sicuro una predica e anche un castigo. Scambio Equivalente, no?

 

 

 

Fine

 

 

Disclaimers: I personaggi citati in questo racconto non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

 

 

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Grazie (_ _)

elyxyz

 

   
 
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