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Autore: Daphne_Descends    03/07/2013    1 recensioni
[Dall'epoca di "Un salto nel futuro"]
Nuovo anno scolastico ad Hogwarts.
Per qualcuno è l'ultimo, per qualcuno è il peggiore. C'è chi vorrebbe dichiararsi e chi fugge dalla verità, c'è chi si arrende senza provare e chi continua a provare senza arrendersi. C'è chi soffre, chi sorride, chi spettegola e chi tradisce.
C'è l'amore che arriva quando meno lo si aspetta e quello che è sempre stato sepolto in fondo al cuore.
E c'è la vita che va avanti senza esitare, ma tende indietro la mano, sperando che venga afferrata.
Perché crescere è difficile e per questo si ha bisogno di qualcuno al proprio fianco.
[Dal capitolo 13]
«Com’è che nessuno ha fiducia nelle mie capacità?» si lamentò Sirius.
«Perché Piton ti odia e sei una schiappa come pozionista».
«Parla quello che si è bruciato le sopracciglia».
«Argh, perché devi ricordarmelo!»
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Turn around - Collection of Hogwarts' life'
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Elenco personaggi


So much





“Staring at the blank page before you,
open up the dirty window,
let the sun illuminate the words that you can not find,
reaching for something in the distance
so close you can almost taste it.”


Natasha Bedingfield - Unwritten




Mancava una sola settimana alla Vigilia di Natale e Kimberly Weasley era ormai convinta che quegli ultimi giorni sarebbero passati senza troppo scalpore. Certo, nell’aria era sempre presente l’agitazione per il Ballo e la disperazione per la mole di compiti con cui i professori avevano deciso di seppellire i loro alunni, ma a parte quello tutto il resto scorreva con normalità. Almeno fino a quel lunedì.
Quella mattina si era svegliata alla solita ora, si era alzata e aveva iniziato a prepararsi per scendere a fare colazione, mentre fuori dalla finestra il cielo era del grigio uniforme di sempre. Non si aspettava molto dalla giornata: imparare un nuovo incantesimo, finire il tema di Erbologia, togliere qualche punto a qualcuno, arrabbiarsi con qualcun altro. Le solite cose, insomma.
Ma dovette ricredersi quando Rose Corner le si piantò davanti, con i pantaloni del pigiama sotto la camicia della divisa, i capelli castani scompigliati e le labbra strette in un’espressione tra il deciso e lo sconvolto, e disse «Ho deciso di chiedere ad Andrew di accompagnarmi al ballo».
Kimberly era sempre stata una ragazza sveglia, ma quel mattino era un lunedì e la persona che aveva pronunciato quella frase era la sempre imbarazzata – e imbarazzante – Rose Corner, quindi ci mise diversi secondi ad elaborare il tutto, per poi limitarsi ad esalare un «Cosa?» cadendo seduta sul letto sfatto.
Quella fiammella di coraggio nel cuore di Rose continuò imperterrita a bruciare, indifferente alle bocche spalancate delle amiche e alle risate dei compagni, quando si incontrarono per caso in sala comune. Continuò a bruciare, nonostante tutto, perché Rose era innamorata di Andrew dal primo anno e per una volta, invece di scappare, si era decisa ad affrontarlo. Almeno finché non lo intravide fuori dalla Sala Grande.
«No, non ce la posso fare!» esclamò, nascondendosi il volto tra le mani e spiando dalle fessure delle dita, mentre Sophia Morris cercava di tranquillizzarla.
Kimberly alzò gli occhi al cielo, perché sapeva che sarebbe andata a finire così – non perché non avesse fiducia in Rose, ma piuttosto perché se erano cinque anni che quella storia andava avanti, non c’erano grandi possibilità che si smuovesse presto qualcosa.
Caleb spalancò la bocca «Ma che-! Non puoi mollare adesso! Ho scommesso su di te, io!» esclamò, posando le mani sulle sue spalle e agitandola avanti e indietro.
«Oh, sembra che tu abbia perso. Di nuovo» commentò Sirius con aria innocente, pregustandosi il bottino.
Kimberly lo fissò con disapprovazione, ma, a quanto pareva, anche Sirius non credeva che Rose potesse farcela e quello non era affatto un buon segno, perché, per quanto le desse fastidio ammetterlo, Sirius era un ottimo osservatore e se lui non pensava che ci sarebbero stati sviluppi in tempi brevi, molto probabilmente avrebbero dovuto soffrire tutti ancora un po’.
«Che novità» disse ironico Aaron «Quand’è stata l’ultima volta che ha vinto una scommessa? Ah, sì, ora ricordo. Mai».
Caleb gli lanciò un’occhiataccia «Merlino, sei irritante come uno Schiopodo nel letto».
«Avete scommesso? Avete scommesso sulla mia vita privata?» esclamò Rose, abbassando le mani imbarazzata.
«Perché ti agiti tanto? Tu hai scommesso su quella di Kim!» ribatté Caleb, facendo mugugnare Aaron.
«Scusa?!» berciò Kimberly, posando le mani sui fianchi e gonfiandosi d’aria «Scommettete su di me, adesso?!»
Caleb agitò le mani davanti al volto «No, assolutamente no!» Non aveva abbastanza coraggio per ammetterlo davanti a lei, ma se avesse estratto la bacchetta, molto probabilmente le sarebbe caduto ai piedi rivelando ogni cosa, così gli amici si affrettarono a rimediare.
«E’ solo un business» cercò di spiegare Aaron, mascherando l’espressione terrorizzata «Sai, qualche scommessa per guadagnare qualcosa, ma roba innocua».
Kimberly lo scrutò in silenzio per qualche secondo e, quando stava per aprire bocca e ricoprirli di insulti, Sirius le passò un braccio intorno alle spalle e le sorrise con aria spensierata «Vuoi partecipare anche tu? Ne abbiamo parecchie che vanno avanti, su chiunque». Se fosse stato un qualunque altro studente, sarebbe già stato fulminato dall’occhiataccia che lei gli lanciò, ma Sirius non si era mai fatto problemi ad irritarla, quindi continuò a fare bellamente finta di niente. «Come “quanto ci metterà la Webster ad andare a letto con tutti gli studenti di Durmstrang”, oppure “riuscirà Summersby a conquistare Diana”, o “Piton mi darà mai una A”-»
Kimberly inarcò un sopracciglio «Ne dubito fortemente» lo interruppe con una smorfia.
Sirius le sorrise gioviale «Visto che piace anche a te?»
«Quanto punti, Kim? E’ molto quotato come risultato» disse Aaron, con voce da affari.
«Com’è che nessuno ha fiducia nelle mie capacità?» si lamentò Sirius.
«Perché Piton ti odia e sei una schiappa come pozionista».
«Parla quello che si è bruciato le sopracciglia».
«Argh, perché devi ricordarmelo!»
Kimberly sbuffò e si divincolò da sotto il braccio di Sirius, lasciando che si insultassero come meglio credevano. Era stanca di cercare di farli rigare dritto e per una volta decise di ignorarli, nonostante sapesse perfettamente che tutta quella sceneggiata era solo per evitare che li affatturasse.
«Per oggi vi ignoro. Non ho voglia di discutere con voi e tra una settimana è Natale» disse, incrociando le braccia «quindi fate quello che volete, ma non scocciatemi».
«Anche noi ti vogliamo bene» cinguettò Sirius, guadagnandosi immediatamente un’occhiataccia, prima che Kimberly si decidesse ad aiutare Sophia a convincere Rose che andava tutto bene e non era la fine del mondo se non era riuscita a parlare con Andrew, perché tanto aveva ancora tempo e forse era meglio andare a fare colazione prima che finisse tutto il pane tostato che le piaceva tanto.
In fondo alle scale rimasero solo i tre ragazzi – più gli altri gruppi di studenti che si trascinavano malvolentieri in Sala Grande – e Aaron incrociò le braccia, fissando Caleb con un sopracciglio inarcato.
«Scusate, non volevo dirlo!» si lamentò lui «Mi è scappato!»
«Non mi riferivo a quello, idiota» lo interruppe il biondo «Perché non hai chiesto niente a Sophia?»
Caleb spalancò gli occhi, mentre Sirius sogghignava sotto i baffi «Non posso farlo! Mi dirà di sicuro di no!»
«Come fai a saperlo se non ci provi?»
«Per te è facile parlare, non devi farlo tu!»
«Quanto ci vuole a chiedere a qualcuna di uscire?» disse Sirius con un sospiro esasperato, senza capire perché Caleb si facesse tanti problemi. Al massimo gli avrebbe detto di no, mica affatturato e riempito di insulti.
«Non capite! A me Sophia piace davvero e se mi dicesse di no sarebbe terribile!» esclamò Caleb, passandosi le mani tra i capelli ricci, con un’espressione disperata.
«Ma se non glielo chiedi non saprai mai cosa ti dirà» commentò Aaron, alzando gli occhi al cielo.
«Non sono pronto! Non posso andare lì e chiederle “Vuoi venire al ballo con me”!»
Prima che uno dei due potesse rispondere, un’altra voce si intromise.
«Certo che puoi, come vuoi fare se no?»
Si voltarono a fissare Paul Coleman che si grattava una tempia con aria confusa. Era appena sceso, diretto in Sala Grande, e non aveva fatto in tempo ad avviarsi verso la colazione che la discussione tra i compagni del quinto anno aveva catturato la sua attenzione.
«Non dirmi che non hai il coraggio di chiederglielo?» insinuò con un ghigno, appoggiandosi con un braccio alla sua spalla.
Caleb non rispose, ma la sua smorfia valeva più parole di quante sarebbe riuscito a dirne il professor Rüf in un’ora.
«Ah, siete ancora così piccoli!» sospirò Paul con aria esperta.
Sirius inarcò un sopracciglio, trattenendosi dal ricordargli che lui aveva solo un anno in più di loro. Aaron, invece, alzò gli occhi al cielo.
«Ti darò una dimostrazione, caro mio» continuò Paul, guidandolo verso il portone della Sala Grande e scansando abilmente i ragazzini del primo anno «Guardate e imparate».
Gli altri lo seguirono curiosi e tutti e quattro si fermarono sulla soglia, mentre Paul scrutava lungo i tavoli alla ricerca di qualcuno.
«Hai intenzione di invitare qualcuna al ballo?» chiese Aaron, provando a seguire il suo sguardo.
«Dovresti farti vedere da Rose, o da Andrew. Magari imparano davvero qualcosa» commentò Sirius, infilando le mani in tasca e sbadigliando.
«Tranquillo, mi vedranno anche loro» rispose Paul con un ghigno, fissando un punto ben preciso, prima di cominciare a camminare in quella direzione. Direzione che portava dritti al tavolo di Grifondoro e, più esattamente, davanti al gruppo del sesto anno.
Oliver si posò esasperato una mano sulla fronte, per poi scambiarsi un’occhiata con Logan Keats, che sorrise divertito, sapendo esattamente dove volesse andare a parare l’amico.
«Buongiorno!» salutò ad alta voce, richiamando l’attenzione di tutti quelli che avevano sentito.
Diana fece una smorfia e tornò a imburrare il suo pane tostato, mentre Lily e Alexandra ricambiarono allegramente il saluto.
Paul non perse un attimo e si sedette nel primo posto libero disponibile, sporgendosi poi sul tavolo e incrociando gli occhi scuri di Alexandra «Ehi, Alex, ci vieni al ballo con me?»
Lily sputò il suo succo di zucca nel bicchiere e Diana si voltò verso Paul con gli occhi spalancati, ma lui non ci prestò attenzione, troppo preso a sorridere sotto i baffi all’espressione sconvolta della compagna.
Alexandra rimase in silenzio, con la bocca che si apriva e chiudeva senza emettere alcun suono e le guance scarlatte. Era possibile che avesse sentito bene? Paul le aveva chiesto davvero di andare al ballo con lui? Forse era solo un sogno. Ma bastò la pedata che le diede Lily sotto il tavolo a riscuoterla e ridarle il contegno necessario per balbettare un «O-ok» e guadagnarsi un sorriso allegro, che, se possibile, la fece arrossire ancora di più.
«Grande» commentò Paul, prima di voltarsi verso i compagni del quinto anno, riservando loro un’occhiata compiaciuta, e cominciare poi a riempirsi il piatto.
E se Sirius si limitò a sorridere, avendo finalmente ben chiara la storia dell’insegnante, e Aaron a scuotere la testa divertito, Caleb rimase a fissare come un ebete i due, che non potevano avere due reazioni più opposte. Mentre Paul mangiava come se non fosse successo niente di eccezionale, Alex sembrava voler scavare una buca e sotterrarsi per sfuggire alle risatine delle amiche.
I tre si sedettero lì vicino e quando Sirius alzò lo sguardo quasi scoppiò a ridere nel vedere la bocca spalancata di Kimberly.
«Non ci credo! Hai visto com’è stato facile per lui? Perché io non ci riesco? Sono una fallita!» sussurrò Rose, con le lacrime agli occhi.
Sophia, accanto a lei, le accarezzò la schiena con un sorriso «Tranquilla, ognuno ha i suoi tempi».
Caleb la fissò come un imbecille, probabilmente rincuorato dal fatto che la sua bella giustificasse la timidezza nelle faccende sentimentali. Aaron gli diede un calcio nello stinco e lo incalzò a farsi avanti con un cenno della testa, a cui lui rispose scuotendo il capo da una parte all’altra con forza, facendo alzare gli occhi al cielo a Sirius, che decise di prendere in mano la situazione.
«Ehi, Sophia» chiamò ad alta voce, facendo voltare le compagne «ci andresti al ballo con Caleb?»
Il ragazzo chiamato in causa serrò le mani intorno al bordo del tavolo, spalancando gli occhi e immobilizzandosi come se qualcuno gli avesse lanciato un Petrificus, mentre Aaron cercava di mascherare le risate, chinato verso la panca su cui erano seduti. Dall’altra parte del tavolo Sophia aveva un’espressione a metà tra lo stupito e il confuso, ma non fu lei a parlare.
«Perché glielo stai chiedendo tu?» esclamò Kimberly con la fronte aggrottata e la forchetta stretta in mano, pronta a brandirla minacciosamente.
«Perché lui si vergogna» rispose candidamente Sirius, prima che la bocca gli venisse tappata con impeto da una mano di Caleb, che si era ripreso giusto in tempo per evitare che l’amico decidesse di spifferare qualcosa di più imbarazzante, tipo la sua immensa cotta.
«Scherzava!» esclamò con una risatina stridula e la voce più acuta del normale, sotto gli sguardi indecifrabili delle ragazze.
Kimberly si sporse verso di loro, sempre con la forchetta ben stretta «Davvero?» indagò stringendo gli occhi e facendo sudare freddo Caleb.
Sophia le appoggiò una mano su una spalla «Lascia stare, Kim, non è il caso che ti agiti» cercò di tranquillizzarla con un sorriso.
Kimberly si tirò indietro e riprese la colazione con un sbuffò «Non posso credere che l’unico Grifondoro che ha il coraggio di invitare qualcuna al ballo sia Paul» borbottò lanciando un’occhiata in direzione del ragazzo, che stava chiacchierando con i suoi compagni del sesto anno.
Al ché Sirius ghignò, in un modo che non lasciava presagire niente di buono «Oh, ma se volevi essere invitata al ballo da qualcuno potevi dirmelo!»
Kimberly alzò lo sguardo dal piatto e lo fulminò «Non osare proseguire la frase» sibilò minacciosa, con le guance appena tinte di rosso.
«Perché? Cosa pensi che voglia dire?» chiese lui con finta aria innocente.
«Non ci voglio nemmeno pensare!» rispose, infilzando con forza un pezzo di pancetta.
«Per Godric, siete sempre a flirtare come due piccioni» commento Aaron, che finalmente si era dato una calmata.
Kimberly saltò sulla panca, come se fosse stata morsa da un Doxy, ed esclamò «Non stiamo flirtando!» con così tanta forza che forse avrebbero anche potuto credere di averla offesa, se non fosse stato per la tonalità scarlatta che avevano assunto le sue guance.
«Così mi uccidi, Kimmy Timmy» commentò Sirius con aria melodrammatica.
«Non chiamarmi Kimmy Timmy!»
E mentre ricominciavano a litigare come ogni singolo giorno, Caleb ringraziò mentalmente Sirius per aver cambiato argomento e distolto l’attenzione da lui e Sophia, senza accorgersi che nel frattempo proprio lei lo stava fissando con attenzione.



“All of the things that I want to say
just aren't coming out right,
I'm tripping on words, you got my head spinning,
I don't know where to go from here.”


Lifehouse – You and me




Quando Kimberly Weasley aveva intuito che quella giornata non sarebbe stata come le altre, aveva avuto perfettamente ragione. E anche Lily Potter se ne sarebbe accorta presto, sempre che la scena di Paul a colazione non l’avesse già messa sulla buona strada.
Infondo, non era roba da tutti i giorni assistere dal vivo al sogno di una ragazza innamorata. Perché sì, Alexandra McKinley era innamorata di quel buono a nulla di Paul Coleman e, sì, aveva sognato più volte di essere invitata al ballo, ma non aveva mai creduto potesse succedere davvero.
Così Lily poteva giustificarla se per una volta non prestava attenzione alla lezione di Trasfigurazione. Certo, la McGranitt forse non sarebbe stata contenta di vedere la pergamena di Alex piena di cuoricini invece che di appunti, ma era un dettaglio irrilevante di fronte all’espressione trasognata della McKinley.
Lily si azzardò a lanciare un’occhiata verso il fondo della classe, dove Paul giocava a tris con Logan come se niente fosse, come se quella mattina non fosse successo niente di straordinario. Non poteva fare a meno di chiedersi che intenzioni avesse e perché avesse invitato proprio Alex, considerato che non si era mai azzardato a provarci con una di loro. Che avesse intenzioni serie?
Lily fece una smorfia, bocciando subito l’ipotesi. Non sarebbe stato da Paul.
Si voltò di nuovo in avanti, per fingere di seguire la spiegazione, e per un istante incrociò gli occhi grigi di Jasper. Fu solo un attimo, talmente veloce che non avrebbe saputo dire chi era stato a distogliere lo sguardo per primo, ma bastò perché il suo cuore iniziasse ad aumentare i battiti e le sue guance diventassero rosse. Perché non potevano essere anche i suoi sogni a venire esauditi?
Peccato che Jasper non fosse Paul. Jasper non l’avrebbe mai invitata al ballo davanti a tutti, e probabilmente non l’avrebbe mai invitata comunque. Lui non era il tipo da chiedere cose simili. Jasper era sempre stato piuttosto passivo e le volte in cui aveva preso l’iniziativa, in quei suoi sedici anni di vita, si potevano contare sulle dita di una mano. Forse avrebbe dovuto chiederglielo lei. Ma se le avesse detto di no?
Lily sospirò, guadagnandosi un’occhiata accigliata da Diana, che le diede una gomitata per riscuoterla.
«Beh? Non provi l’incantesimo?»
Solo in quel momento Lily si ricordò di essere ancora a lezione e che i compagni del sesto anno avevano cominciato tutti ad esercitarsi in chissà che magia. Non aveva seguito nemmeno la metà della spiegazione, quindi sapeva a malapena l’argomento del giorno, ma, a vedere Alex e buona parte della classe, non era l’unica a non aver capito nulla.
«Cosa stiamo facendo?» sussurrò a Diana, che agitava la bacchetta con attenzione.
«Trasfigurazione umana» borbottò lei in risposta.
«Questo lo so, è l’argomento dell’anno!»
«Allora perché me lo chiedi?»
«Intendevo adesso!»
«Se stessi attenta invece di pensare ad altro!»
«Ah! Una non può distrarsi un attimo?»
«Ma se dopo cinque minuti che abbiamo cominciato ti stavi già facendo i cazzi tuoi!»
«Abbassate la voce» sussurrò Alex, interrompendo la loro discussione. Per fortuna in aula c’era un brusio tale da coprire i loro bisbigli, altrimenti la McGranitt sarebbe calata su di loro come un falco sulla preda e Grifondoro si sarebbe trovato con qualche altro punto in meno, non che fosse una novità.
Diana sbuffò e si decise ad informare quelle due ingrate «Dobbiamo cambiare colore alle nostre sopracciglia. Pagina centosedici».
«Strano che sei stata attenta» commentò Lily, andando alla pagina giusta e leggendo velocemente l’incantesimo.
«Una di noi doveva pur esserlo» commentò acidamente Diana, per poi agitare la bacchetta con un elegante movimento del polso e pronunciare correttamente la formula. Le sue sopracciglia divennero bionde all’istante, cosa che non stupì particolarmente le amiche, che conoscevano bene la sua abilità con gli incantesimi.
Diana e Jasper furono gli unici a riuscire perfettamente nell’incantesimo, mentre il resto della classe si ritrovò chi con un sopracciglio blu, chi con una massa di lunghi ricci a coprire tutti gli occhi, chi senza più nemmeno un pelo. Ma, come disse la professoressa McGranitt mentre sistemava quegli orrori, la trasfigurazione umana era la branca più difficile della Trasfigurazione, quindi era normale che non riuscissero subito e l’unico modo per migliorare era esercitarsi. Fu per quello che diede loro un tema di trenta centimetri per la lezione successiva, provocando quelle che sarebbero state delle lamentele infinite, se ciò che successe pochi minuti dopo non le bloccò sul nascere.
Mentre quasi tutto il sesto anno usciva dall’aula di Trasfigurazione con l’aria di volersi Schiantare pur di trascorrere qualche giorno in Infermeria ed essere così esentato dai compiti, Lily si bloccò pochi metri fuori dalla porta, con gli occhi fissi su quello che non avrebbe mai e poi mai voluto vedere in vita sua.
Poco più avanti, vicino ad una statua lungo il corridoio, c’era Jasper Malfoy insieme ad una ragazza di Corvonero.
Lily non riusciva nemmeno a pensare, con i battiti del cuore che le rimbombavano impazziti dentro le orecchie, riusciva solo a vedere lei, troppo carina, che parlava con lui – perché la stava ascoltando? – e poi lo sguardo preoccupato di Alex, le labbra di Miriam Smith che formavano la terribile parola “ballo” e la mano di Diana che la spingeva in avanti con forza, mentre Jacob Grant inspirava a labbra strette e le faceva un cenno con la testa. E prima ancora che potesse accorgersene, si ritrovò a pochi passi da Jasper, mentre lui abbozzava un sorriso e si preparava a dare quella risposta che, ne era certa, l’avrebbe distrutta.
Ma Lily non l’avrebbe permesso. Anche a costo di Tacitarlo o ricevere un’occhiataccia o venire insultata, non gli avrebbe mai permesso di accettare. Non finché non fosse stata presente per evitarlo.
E fu così che in quella fredda giornata di metà dicembre, davanti a quasi tutto il sesto anno di Hogwarts, Lily Potter pronunciò le parole che finalmente avrebbero risolto quella faccenda.
«No!»
La sua esclamazione attirò l’attenzione di chi ancora non si era accorto della situazione e, soprattutto, fece richiudere la bocca a Jasper, che si voltò verso di lei insieme alla ragazza di Corvonero che Lily riconobbe come Abigail Steeval - troppo carina e gentile per poterla insultare senza sentirsi in colpa subito dopo.
Lei arrossì, rendendosi conto di essere al centro dell’attenzione, e iniziò a torturarsi le dita, abbassando lo sguardo sul pavimento.
La parte razionale di Lily capiva quanto coraggio le fosse servito per prendere in disparte uno come Jasper e si sarebbe affatturata da sola pur di non metterla ulteriormente in imbarazzo, ma la parte razionale di Lily era stata soffocata da quella impulsiva e l’unica cosa che le importava in quel momento era di non farsi portar via Jasper.
«Non andare al ballo con lei! Ti prego!» esclamò senza curarsi del resto dei compagni «Non farlo!»
Jasper spalancò gli occhi e fece per rispondere, ma Lily lo interruppe di nuovo «Per favore!» disse, questa volta rivolta ad Abigail Steeval, stringendo i pugni per farsi coraggio «Lo so che è imperdonabile da parte mia, ma chiedilo a qualcun altro! Per favore, farò tutto quello che vuoi!»
La Corvonero alzò lo sguardo imbarazzata e deglutì, timorosa «Ehm… ecco non-»
Ma Lily aveva troppa paura di sentire la verità per lasciarli parlare, quindi la interruppe ancora e si voltò verso Jasper, afferrandolo con forza per le braccia.
«Ti prego, non andare al ballo con lei» disse con voce velata, abbassando il tono, mentre gli occhi le si inumidivano e le palpebre cominciavano a sbattere senza controllo «Vieni con me» strinse la presa e se non avesse avuto paura di essere respinta si sarebbe attaccata a lui con tutte le sue forze. Non voleva essere lasciata. Non voleva che la lasciasse per un’altra. Non erano mai stati insieme, certo, ma il legame che avevano era sempre stato forte, anche se non erano abituati a dimostrarlo.
Jasper deglutì e fece un respiro tremante, poi alzò le braccia e con le dita le asciugò le poche lacrime scese lungo le guance. In quel momento non gli importava degli spettatori che avevano involontariamente raccolto, né di tutto il resto. L’unica cosa che gli importava era Lily, che stava piangendo per colpa sua.
Lanciò uno sguardo ad Abigail, che si stava mordendo un labbro in preda all’agitazione, poi abbassò di nuovo gli occhi su quelli blu e liquidi di Lily. Forse era giunto il momento della verità.
«Lily» cominciò a bassa voce, ignorando i compagni impegnati a tendere le orecchie per captare qualcosa «guarda che ti sei sbagliata» esitò, non sapendo come proseguire senza ferirla ulteriormente «Non mi ha invitato al Ballo».
Lily tirò su col naso, mentre altre lacrime le rigavano le guance «E-eh?»
Jasper si schiarì la gola e lanciò un’occhiata alla Corvonero «Mi stava solo chiedendo un aiuto in Incantesimi».
«Esatto» confermò la ragazza, con un filo di voce e l’aria imbarazzata «E al ballo ci vado già con il mio ragazzo».
Lily spostò lo sguardo dall’uno all’altra, mentre le lacrime si fermavano, lasciando dietro di loro solo delle guance incredibilmente rosse «Eh?» esclamò imbarazzata, facendosi sentire dall’intero corridoio «Non gli stavi chiedendo del ballo?»
Quando Abigail scosse la testa, mordendosi un labbro, e dopo i pochi secondi in cui Lily elaborò la frase e si rese conto della situazione, la Grifondoro scoppiò di nuovo a piangere, quella volta per l’imbarazzo e la figuraccia fatta, e nascose il volto contro il petto di Jasper, stringendo tra le dita la stoffa del suo maglione.
Lui rimase immobile senza sapere cosa fare e senza sapere cosa fosse successo realmente. Il solo fatto che Lily stesse piangendo tra le sue braccia dopo averlo supplicato di andare al ballo con lei lo faceva sentire Confuso. Cos’era successo?
Si riscosse solo quando incrociò lo sguardo di Miriam che si agitava come un’ossessa e cercava di dirgli qualcosa, insieme a Jacob e Diana, mentre gli altri studenti non fingevano nemmeno di non stare guardando la scena con un’attenzione morbosa e Abigail cercava di allontanarsi il più possibile senza farsi notare.
E Jasper finalmente capì. Non aveva mai creduto al Destino o alla Fortuna, così come ci credeva Miriam, ma sapeva che per uno strano caso il Destino gli aveva mandato un’occasione e lui sarebbe stato uno stupido a non approfittarne. Persino quell’idiota di Jacob l’avrebbe capito in una situazione simile e Jasper si era sempre ritenuto più attento di lui.
Così, ignorando i battiti impazziti del suo cuore, il groppo alla gola e gli occhi della gente, abbracciò Lily, accarezzandole piano i capelli per cercare di calmarla, mentre trovava il coraggio di aprire bocca.
Lei smise di piangere, anche se le sue spalle venivano scosse ogni tanto dai singhiozzi, e tirò su col naso.
«Scusa» mormorò con la voce soffocata dal suo maglione.
Jasper deglutì e fece vagare lo sguardo in cerca di qualcosa che potesse dargli forza. Trovò gli occhi di Diana e dalla sua espressione era chiaro che l’avrebbe affatturato se non si fosse dato una mossa. Così si decise «Dicevi sul serio?» cominciò, Schiantandosi mentalmente per il poco tatto. Ma ormai aveva iniziato, tanto valeva continuare «Che vuoi venire al ballo con me?»
Lily strinse di più la presa sul maglione, tanto che Jasper credeva potesse strapparglielo da un momento all’altro, poi, dopo cinque interminabili secondi, annuì.
Jasper rilasciò un sospiro che non si era accorto di aver trattenuto e fece un lieve sorriso, mentre la tensione si scioglieva come neve al sole.
Lily voleva andare al ballo con lui. Era l’unica cosa che gli interessava ed era l’unica che contava.
«V-va bene» balbettò appena, con le guance pallide che iniziavano a tingersi appena di rosa «Mi piacerebbe se venissi al ballo con me».
Lily si allontanò e alzò la testa, asciugandosi velocemente le guance, prima di posare lo sguardo su di lui «Davvero?» chiese con un filo di voce.
Quando lui annuì, lei si morse un labbro e poi si accigliò, colpendolo con una manata sul petto «Lo dici solo per consolarmi!» esclamò alterata.
«Eh?» fu l’unica cosa che gli uscì di bocca, troppo stupito dalla piega che aveva preso la discussione.
«Solo perché mi sono comportata come una pazza! Non ho bisogno della tua pietà, se non vuoi venire con me non sei obbligato!» strillò, provocando dei bisbigli confusi e la chiara imprecazione di Diana, seguita da un “La Schianto, quella rincoglionita”.
Jasper continuava a fissarla ad occhi spalancati, cercando di capire cosa avesse detto di sbagliato e per quale motivo Lily se la stesse prendendo così tanto. Un attimo prima lo pregava di non andare al ballo con Abigail, poi scoppiava a piangere e adesso gli urlava contro. Non sembrava nemmeno più lei.
«Non-»
«Lo so che non mi sopporti! Sono solo un peso per te e non ti accorgi nemmeno quando non ci sono!»
«Lily-»
«E probabilmente non vuoi nemmeno andarci al Ballo!»
«Ascol-»
«Ma io voglio lo stesso andare con te! Voglio che mi aspetti all’Ingresso e che mi dici che sono bellissima! Voglio che mi inviti a ballare e poi a bere qualcosa e di nuovo a ballare! Voglio passare la serata con te! Voglio che mi accompagni fino al dormitorio e mi dai la buonanotte!» Stava dicendo tutto quello che le passava per la testa, tutte le cose che aveva trattenuto per paura che lui non provasse lo stesso, e per una volta non le importava. Non le importava se non fossero da soli, se sembrasse una pazza o se lui continuasse a fissarla in silenzio. Semplicemente non ce la faceva più. Non voleva più fingere di non provare niente. Faceva troppo male ed era troppo difficile. Gli avrebbe detto tutto e si sarebbe tolta quel maledetto peso che portava da anni, e alle conseguenze ci avrebbe pensato dopo.
Fece un respiro profondo, ma continuò non appena vide che lui aveva aperto la bocca. L’avrebbe lasciato parlare solo una volta detto tutto «Voglio passare il tempo con te! Voglio che mi parli, mi sorridi e mi abbracci! Voglio piacerti così tanto che non riesci a trattenerti, che ogni volta che mi vedi vorresti baciarmi! Voglio che diventi pazzo di me, così pazzo d’amore che non ti importa di comportarti come sto facendo io adesso! Ma tu non lo capisci! Non capisci mai niente! Pensi di essere tanto attento, ma sei solo un idiota! Perché non ti sei mai accorto di come ti guardo? Perché non ti sei mai accorto di quanto mi piaci? Perché non hai mai pensato, anche solo una volta, che potessi essere innamorata di te? No, certo che no, perché sei un-»
E quella volta fu lei a venire interrotta. Perché Jasper poteva anche non essersi accorto di niente, aver confuso i suoi sentimenti per amicizia, aver avuto paura, ma era da tempo che ogni volta che la vedeva aveva voglia di baciarla. E se la ragazza che gli piaceva da quando era bambino gli stava dicendo che lo amava, allora significava che aveva finalmente il permesso di farlo.
Così smise di preoccuparsi e la baciò.
Non fu lungo, né profondo, perché dopotutto non poteva proprio dimenticarsi di essere sotto i riflettori; premette le labbra contro le sue, un po’ per farla tacere, un po’ perché era l’unico modo per comunicarle tutto quello che aveva dentro.
Le sue labbra erano morbide proprio come le aveva sempre immaginate e solo in quel momento, sentendo le sue spalle sotto le mani, si rese conto di quanto in realtà Lily fosse esile. Era sempre così pronta a difendere le proprie idee con le unghie e la bacchetta che Jasper non si era mai reso veramente conto di quanto fosse fragile.
Forse l’aveva idealizzata un po’ troppo, ma dopotutto era innamorato di lei e non gli importava di averla messa su un piedistallo e adorata come se fosse perfetta. Per lui lo era e quello gli era sempre bastato.
Almeno fino a quel momento, fino a quando aveva capito che sentire il calore della sua pelle, il suo profumo nelle narici e averla così vicina da non riuscire quasi a respirare era la cosa migliore che ci fosse al mondo.
E veloce come era iniziato, così finì, proprio mentre lei si era decisa a staccare le dita dal suo maglione per portargli le braccia intorno al collo e premere le labbra contro le sue. Si allontanò di un passo, lasciando che le sue mani le scivolassero lungo le braccia, in un gesto distratto dal rossore sulle sue guance e dalla luce nei suoi occhi blu.
La fissò, ignorando le esclamazioni, i fischi e il baccano nel corridoio alle sue spalle – che quegli impiccioni facessero pure quello che volevano – e cercò di far tornare il suo cuore ai battiti regolari.
Aveva agito impulsivamente e non sapeva come comportarsi di conseguenza: lui non era mai riuscito a scoprirsi totalmente, a dire quello che davvero pensava e provava, a lasciarsi guidare dall’istinto. Quella era la prima volta e solo perché era Lily.
Ma, proprio perché era Lily, l’avrebbe capito.
«Anche tu sei un’idiota» mormorò imbarazzato. Non era la cosa più romantica che potesse uscirgli e avrebbe voluto Schiantarsi da solo per essersi dichiarato in quel modo patetico, dopo tutti quegli anni.
Ma Lily l’avrebbe capito lo stesso.
E infatti, dopo un istante, il suo viso si aprì in un sorriso e davanti a lui c’era la Lily di sempre, forse solo più brillante.
«Vuoi dire che mi accompagnerai al ballo e che sei pazzo di me?» domandò con quella espressione felice che – si rese conto con un tuffo al cuore – era e sarebbe stata solo per lui.
Non le rispose, ma non riuscì a mascherare il sorriso che lei aveva provocato.
E a Lily bastò quello. Perché l’aveva perfettamente capito.
E non importava che lui se ne fosse andato salutandola solo con un cenno del capo, che la folla si fosse dispersa sicuramente per andare ad informare il resto di Hogwarts, o che le sue amiche la stessero riempiendo di chiacchiere.
Non importava, perché sapeva che anche Jasper era innamorato di lei.
E quello le sarebbe sempre bastato.



“Cause no one's taking me out
and nothing's pulling me down,
I turn my head to the crowd:
this love is big and it's loud.
This is a car in the crash,
this is the light in the flash,
this is the answers you know
but you're just too scared to ask.”


My favourite highway – Bigger than love




«Hai finito?»
«Sto ancora cercando di assimilare la notizia».
«Chi l’avrebbe mai detto».
«Merlino, pensate ai fatti vostri, una volta ogni tanto».
Jasper Malfoy incrociò le braccia e si appoggiò con le spalle al muro dell’Ingresso, cercando di ignorare il modo in cui James Potter lo stava fissando da almeno dieci minuti, ovvero tutto il tempo che aveva passato lì.
A volte, Jasper mal sopportava la scuola di Hogwarts: centinai di adolescenti rinchiusi in un solo posto per nove mesi all’anno risultavano essere soltanto frustrati e la loro frustrazione si sfogava o litigando nei corridoi o scambiandosi pettegolezzi. Per cui si era stupito poco che all’ora di pranzo del lunedì precedente tutto il castello sapesse quello che era successo tra lui e Lily. Le reazioni erano state le più disparate, ma lui non ci aveva fatto caso – a differenza di Lily, che ormai andava in giro con le guance perennemente rosse -, l’unica cosa che gli dava fastidio era il non poter avere una vita privata. Per una settimana ogni loro mossa era stata controllata da occhi curiosi, nonostante quello che facevano insieme si limitasse a studiare in Biblioteca o passeggiare per il castello. Poi, per fortuna, il pensiero del Ballo che si avvicinava aveva catturato di nuovo l’attenzione di tutti e loro due erano improvvisamente diventati acqua passata. Non che Jasper si lamentasse, anzi, sarebbe stato meglio che fossero stati acqua passata per tutti quanti. Invece i suoi cugini continuavano a prendevano in giro; James lo studiava ancora con attenzione, come se fosse una specie rara in via d’estinzione; Sirius gli ripeteva continuamente che era ancora in tempo per scappare, almeno finché non veniva schiaffeggiato da Diana. Le donne della sua famiglia erano state molto più comprensive: le sue cugine si erano congratulate che finalmente, come espresso delicatamente da Diana, avesse “tirato fuori le palle”; sua sorella gli aveva sorriso e quello era bastato.
I suoi amici, d’altro canto… Miriam non faceva altro che sventolare il suo giornale dell’oroscopo sotto il naso di Jacob, strillando “te l’avevo detto, l’oroscopo del Settimanale delle Streghe ha sempre ragione”, mentre lui si sforzava di ignorarla. Così, tra una litigata e l’altra, Jasper era contento di non doverli stare a sentire perché troppo occupato a passare il tempo con Lily.
E proprio lei era quella che stava aspettando lì nell’Ingresso, elegante come nessun altro, lì dentro, poteva essere. Perché chi era vestito di tutto punto sembrava un pinguino e chi invece sarebbe stato bene anche in mutande non si era degnato di vestirsi in modo decente. Spostò lo sguardo su James e Steve, che ancora discutevano di lui e Lily, e inarcò un sopracciglio, chiedendosi cosa avrebbe fatto la McGranitt quando li avesse visti così, dopo aver raccomandato a tutto Grifondoro di non gettare vergogna su Hogwarts con un discorso che doveva essere stato piuttosto noioso se nessuno ci aveva prestato attenzione. Non che Jasper l’avesse ascoltato – a lui era toccato sentire Piton che insultava mezza scuola -, ma Sirius gli aveva ripetuto le parti salienti con un’espressione sofferente, perché lui non aveva “alcuna intenzione di indossare qualcosa di più elegante di una maglietta”. E a quanto pareva non era certo l’unico, considerato che James aveva i primi due bottoni della camicia slacciati e la cravatta allentata, mentre Steve non aveva nemmeno la cravatta. Jeremy, che era passato prima facendogli un occhiolino, si era fiondato in Sala Grande per cominciare le sue conquiste della serata, vestito con colori sgargianti, in modo da poter essere notato anche a miglia di distanza in caso di nebbia fitta; Mike, molto più sobrio, l’aveva seguito con le mani nelle tasche dei pantaloni e un’espressione poco felice sul volto, mentre si guardava attorno come in cerca di qualcuno. Ma l’Ingresso era talmente pieno di gente che persino la giacca di Jeremy faceva fatica ad essere notata e Jasper non poté fare a meno di chiedersi perché nessuno l’avesse fermato prima che uscisse dal dormitorio in quel modo osceno. Ma se Jeremy aveva scelto dei colori che nemmeno un clown avrebbe avuto il coraggio di indossare, qualcuno avrebbe dovuto direttamente affatturare Julius Dreyfus e bruciare la sua orrida giacca verde pistacchio. Perché così tanta gente non aveva il benché minimo senso estetico? Persino Elvendork Orson sembrava disgustata da alcuni abbinamenti e lei indossava un vestito che la faceva assomigliare ad un palloncino color vinaccia.
«Non che sia sorpreso, chiaro» la voce di James gli fece distogliere l’attenzione dagli orrori che affollavano l’atrio, per riportarla su di lui, che si stava massaggiando la mandibola «me lo aspettavo da quando ho trovato il diario segreto di quando era piccola. Era pieno di “Jasper ti amo”, “Lily Malfoy” e robaccia simile».
Jasper sentì le guance andare a fuoco e Steve ghignò divertito «Sei segnato, ormai. Ti tocca sposarla sul serio».
Lui gli lanciò un’occhiataccia e cercò di ignorare l’imbarazzo «Non dovresti leggere il diario di tua sorella» disse a James, giusto per spostare l’attenzione su qualcun altro.
Il Grifondoro si strinse nelle spalle con aria innocente «E’ un mio dovere come fratello. Non dirmi che non hai mai letto il diario segreto di tua sorella» insinuò, inarcando un sopracciglio.
Ma prima che Jasper potesse rispondere, ci pensò proprio la diretta interessata «Ovviamente no. Non ho mai avuto un diario segreto».
Samantha, appena arrivata con Karen, gli sorrise con un cenno di apprezzamento che Jasper ricambiò in silenzio. Era il loro modo per dire “Stai bene e andrà tutto bene” e nonostante la loro relazione non fosse mai esplicita come quella di molti altri fratelli, erano sempre stati in grado di capirsi alla perfezione, anche senza pronunciare una parola. Non aveva bisogno di dirle che era bellissima e che avrebbe passato una serata perfetta, perché lei l’aveva già capito con quello scambio di sguardi e perché, in realtà, non era più suo compito farlo.
«Dai? Non hai mai avuto un diario segreto? Che infanzia infelice» disse James, mascherando un sorriso, ma non preoccupandosi affatto di mascherare anche l’occhiata intensa che le lanciò.
«Era Karen il mio diario segreto» ribatté lei, scambiandosi un’occhiata complice con l’amica.
James si chinò verso la mora e sussurrò in un tono facilmente udibile a tutti «Scommetto che parlava solo di me».
Karen sorrise con aria imperturbabile e lo superò, arrivando di fianco a Steve e prendendolo sottobraccio «Chissà» disse sibillina, prima di alzare lo sguardo verso il suo accompagnatore «Sono contenta che hai deciso di venire».
Steve distolse lo sguardo, mentre le orecchie raggiungevano la stessa tonalità di rosso dei suoi capelli e borbottò «Solo perché hai insistito».
Karen si limitò a stringersi di più al suo braccio e a stampargli un bacio sulla guancia, facendolo voltare di scatto con le guance in fiamme e gli occhi spalancati.
«Andiamo!» disse lei ignorando la sua sorpresa, prima di trascinarlo via verso la Sala Grande.
E se James scoppiò a ridere, Jasper non se la sentì di prenderlo in giro perché sapeva perfettamente come ci si sentiva ad essere nei suoi panni. Evidentemente James non aveva mai provato imbarazzo in vita sua, così come suo fratello, e si chiese come lavorassero i geni della famiglia Potter.
«Smettila di ridere» lo rimproverò Samantha, roteando gli occhi con aria esasperata.
«Hai visto la sua faccia?» continuò lui cercando di placare le risate «Merlino, quanto avrei voluto fargli una foto!»
«Non saresti stato così divertito se fosse successo a te» osservò lei, incrociando le braccia e alzando un sopracciglio.
Il riso di James si trasformò in un ghigno e i suoi occhi brillarono maliziosi «Perché, tu avresti mai fatto come Karen?»
Lei non rispose e gli si avvicinò, portando le mani verso il colletto della sua camicia e tirandolo appena verso di sé, per poi cominciare ad allacciargli i bottoni e stringere la cravatta «La McGranitt non vi ha detto di vestirvi in modo decente?» chiese con una smorfia ironica, sistemandogli la giacca.
«No, stavo aspettando che ci pensassi tu» disse lui, portandole dietro l’orecchio una ciocca arricciata per l’occasione. Poi le fece un sorriso indecifrabile, osservandola con una luce particolare negli occhi «Sei incantevole, come sempre» le sussurrò senza vergogna, indifferente a chiunque potesse sentire.
Samantha alzò lo sguardo dal suo colletto e ricambiò il sorriso e, in quel momento, Jasper dovette distogliere lo sguardo perché, anche se si stavano guardando e basta, quella sembrava una scena così intima che si sentiva quasi un intruso.
«Noi andiamo avanti. Ci vediamo dopo?»
La voce di sua sorella gli fece posare di nuovo lo sguardo su di loro e annuì, salutandoli con un cenno del capo. James gli diede una pacca sulla spalla e porse il braccio a Samantha, alzando in modo eloquente le sopracciglia; lei sorrise al fratello e afferrò il braccio di James con un’espressione esasperata, per poi dargli una lieve gomitata e tirarlo leggermente verso le porte della Sala Grande.
Jasper rimase a guardarli scomparire tra la folla, chiedendosi il perché non si decidessero ad ammettere i loro sentimenti, dato che ormai erano chiari a tutti e, ci avrebbe scommesso, persino a loro due.
L’Ingresso sembrava si stesse svuotando un po’, nonostante gruppi di studenti e coppie varie continuassero a sbucare da ogni angolo; il portone era aperto e un continuo soffio di aria gelida accompagnava l’entrata degli stranieri. Le ragazze di Beauxbatons si stringevano nelle loro stole, ridacchiando e affrettandosi verso la zona più calda della Sala Grande, gli studenti di Durmstrang, invece, non sembrava avessero problemi con il freddo, avvolti nei loro mantelli di pelliccia fino al collo. Quelli di Hogwarts si agitavano come Snasi impazziti e c’era da chiedersi perché la McGranitt non fosse ancora comparsa a rimproverare tutti quanti per quella evidente mancanza di decoro.
Dal suo posto vicino al muro dello scalone, Jasper aveva una buona visuale su tutta la stanza, anche se non riusciva a vedere chi scendeva. Ma non era un problema perché era sicuro che quando Lily fosse arrivata se ne sarebbe accorto, non tanto per qualche stupido collegamento mentale di quelli che piacevano tanto a Miriam, quanto piuttosto per la confusione che il suo seguito avrebbe di certo fatto.
E infatti non ci volle molto perché la voce di Diana si facesse sentire al di sopra del chiacchiericcio, facendolo sorridere divertito e avvicinare ai piedi della scalinata.
«Chi ti ha detto che avevamo bisogno di un accompagnatore? La tua presenza è totalmente inutile!»
«E’ bello sentirsi apprezzati» commentò Dustin Summersby con voce pacifica. Come facesse a sopportare i continui insulti di Diana Jasper non lo sapeva, però doveva ammettere che era dotato di una pazienza infinita.
Ma non prestò loro molta attenzione, perché i suoi occhi si posarono automaticamente sulla figura di Lily che scendeva le scale accanto a loro, lasciandosi scappare un sospiro, prima di alzare la sguardo e scrutare l’Ingresso. Quando i loro occhi si incrociarono lei gli sorrise e aumentò il passo, lasciando indietro i due amici.
Lo raggiunse velocemente e lo fissò con le guance rosse e gli occhi brillanti «Ciao» disse in un sussurro.
Jasper le sorrise e ricambiò il saluto «Ciao» la fissò divertito, mentre giocherellava con le dita con aria imbarazzata. Sapeva perfettamente come voleva che andasse la serata, così come lo sapeva il resto del sesto anno dopo che lo aveva praticamente urlato nel corridoio, così la accontentò, anche se gliel’avrebbe detto in ogni caso «Sei bellissima».
E lei gli sorrise felice e gli passò le braccia intorno al collo, baciandolo con slancio. Jasper la abbracciò per la vita e ricambiò il bacio, ignorando il resto del mondo, giusto perché finalmente lo poteva fare davvero.
Ma quel momento idilliaco fu presto interrotto dalla voce insopportabile di Diana.
«Sono contenta di non avervi dovuto rinchiudere in uno sgabuzzino, ma adesso siete proprio disgustosi».
Si staccarono e Jasper roteò gli occhi, mentre Lily la fissava con la fronte aggrottata.
«Perché non vai a goderti la serata, Diana? Non c’è bisogno che mi accompagni».
Lei fece una smorfia «Come se avessi intenzione di guardarvi amoreggiare come due piccioni» lanciò loro un’occhiataccia, come se l’avessero offesa in qualche modo «Per vostra informazione, stasera ho intenzione di divertirmi per fatti miei e fare sesso con qualcuno a fine serata!» chiarì ad alta voce, prima di girarsi di scatto e marciare verso la Sala, con la gonna corta che ad ogni passo le lasciava scoperte le gambe snelle.
Dustin spalancò gli occhi, quasi disperato «Cos’ha detto?» chiese con un filo di voce e prima che qualcuno potesse rispondergli era già schizzato via, chiamando la sua bella a gran voce e attirando l’attenzione di Elvendork Orson, molto probabilmente lì appostata fuori dalle porte per non farselo scappare. Per chissà quale miracolo – probabilmente perché a Natale sono tutti più buoni, o perché se c’era una persona che odiava con tutto il cuore quella era proprio la Orson – Diana decise per una volta di aiutarlo e lo afferrò per un braccio, ringhiando in direzione del palloncino color vinaccia, e trascinandoselo dietro con forza.
Lily ridacchiò, guardandoli sparire oltre le porte «Hai notato che quando c’è Dustin Diana dice meno parolacce?» gli chiese, guardandolo dal basso con un’espressione compiaciuta.
Jasper alzò un sopracciglio divertito «Non dirmi che vuoi fare da cupido».
Lily scosse la testa, ancora abbracciata a lui «Non stasera» rispose «Stasera ci siamo solo noi due» gli stampò un altro bacio sulle labbra e lo lasciò andare, prendendolo però per mano.
«Andiamo?»
Jasper ricambiò la stretta «Andiamo» disse, per poi voltarsi e guidarla in Sala Grande.
Sì, anche tra centinaia di altre persone, quella sera ci sarebbero stati solo loro due.



“Talk to me softly,
there's something in your eyes;
don't hang your head in sorrow
and please don't cry.
I know how you feel inside I've
I've been there before,
somethin's changin' inside you
and don't you know”.


Guns ’n’ roses – Don’t cry




Agatha Kay non era per niente impressionata da come era stata preparata la Sala Grande. Essendo un evento di così grande importanza aveva creduto che si sarebbero impegnati maggiormente, ma a quanto pareva il livello dei comuni mortali era solo quello. Le feste che organizzavano i suoi genitori erano molto più eleganti.
I lunghi tavoli delle quattro Case erano scomparsi e al loro posto numerosi tavoli rotondi di varie dimensioni occupavano la Sala, circondando la pista da ballo posizionata sotto il palco dei professori, occupato quella sera dalla banda ingaggiata per fare da accompagnamento. Decine di grandi abeti si alternavano lungo le pareti, decorati da cristalli e fatine luminose. Tutta la Sala era illuminata quasi a giorno da candele e se si alzava lo sguardo sul soffitto si potevano vedere le numerose stelle che brillavano in cielo quella notte. Le tovaglie erano candide e il cristallo dei bicchieri risplendeva nella luce delle candele che galleggiavano al centro dei tavoli, occupati da vari studenti, professori e altri invitati, tutti impegnati a leggere i menù e gustare le leccornie preparate dagli elfi domestici.
Agatha aveva visto come sembravano tutti piacevolmente stupiti da quello splendore, ma lei non era affatto colpita. Avrebbe dovuto lamentarsi con gli organizzatori.
In quello squallore il suo lungo abito da sera era terribilmente inadatto.
«Non ti starai ancora lamentando, vero?» chiese Lyra, seduta al tavolo vicino a lei «Hanno fatto un lavoro eccezionale!»
Agatha fece una smorfia, bevendo un sorso di succo di zucca.
«Lasciala stare» borbottò Robert, seduto dall’altro lato della rossa per cortesia degli amici – che avrebbero potuto farsi gli affari loro. «E’ lei che è una schifosa snob».
Agatha lo fulminò con un’occhiataccia «Sei un villano. Scordati di venire a letto con me dopo questa penosa serata».
Robert digrignò i denti «Senti tesoro, il solo fatto che mi hai costretto a venire qui mi da diritto ad una settimana di sesso sfrenato».
Nicholas sorrise divertito, mentre Clive e Julius ridacchiarono.
Agatha inspirò con forza e pestò un piede al suo fidanzato «Cafone. Non si parla di queste cose a tavola».
Robert trattenne a stento un’imprecazione e per fortuna Lyra ebbe la prontezza di spirito di cambiare argomento, prima che iniziasse l’ennesima discussione «Avete provato l’arrosto? E’ diverso rispetto al solito, vero Ness?»
Vanessa puntò lo sguardo su di loro e annuì con forza «Sì, proprio squisito» disse, dandole corda, nonostante nei loro piatti non ci fosse nemmeno l’ombra dell’arrosto.
«Beh, comunque stasera ho intenzione di divertirmi» continuò Lyra, affrettandosi a cambiare di nuovo discorso, prima che Agatha si accorgesse della questione arrosto «Ho comprato questo rossetto lilla. Miriam mi ha detto che sarebbe stato il mio colore fortunato per la serata».
«Per Salazar, vuoi dire che tutti questi colori osceni sono per colpa sua?» chiese Agatha con una smorfia, puntando lo sguardo sulla giacca di Julius.
«Ehi, a me piace il verde» si difese lui, continuando a mangiare imperterrito.
«Anch’io ho intenzione di godermi la serata» si intromise Clive «E, cazzo, stanotte non ho intenzione di dormire nel mio letto!»
«Siete degli schifosi» commentò Vanessa con aria disgustata «Non c’è bisogno di andare per forza a letto con qualcuno per divertirsi». Per quanto la riguardava, non aveva intenzione di godersi la serata perché quelle feste le riportavano alla mente soltanto brutti ricordi, ricordi che ci teneva a dimenticare una volta per tutte.
I Serpeverde continuarono a mangiare, guardando gli altri tavoli e scambiandosi qualche chiacchiera e pettegolezzo.
Lyra passò metà cena a salutare amici e conoscenti, agitando le mani, alzandosi di persona e volteggiando qua e là con il suo corto vestitino nero, tanto che sembrava quasi che la festa l’avesse organizzata lei.
Ma Robert notò facilmente il modo in cui stava ben attenta a non passare di fianco al tavolo occupato dal settimo anno di Tassorosso e, guardando Agatha e Vanessa, non era l’unico ad averlo visto. Nessuno fece commenti, perché non era da loro e perché Lyra era ben consapevole di ciò che era più giusto fare, ma quando Travis Rowland si chinò a baciare una divertita Sheila Vince, Robert avrebbe voluto Schiantarlo per non accorgersi di come Lyra lo guardava. Oggettivamente non aveva nulla contro Travis Rowland e nemmeno contro la Vince, che nonostante fosse una Tassorosso era almeno sopportabile, ma non gli piaceva vedere quell’espressione sofferente nascosta negli occhi di Lyra. E sembrava che dopotutto non piacesse neppure ad Agatha, visto che, una volta terminata la cena e aperte le danze, lo obbligò a chiedere a Lyra di concedergli il primo ballo. Giusto per farle dimenticare che Rowland aveva trascinato la sua ragazza sulla pista alle prime note della canzone.
Agatha non l’avrebbe mai ammesso, ma le avrebbe fatto piacere aprire le danze con Robert, perché, benché non lo sopportasse la maggior parte delle volte, non le dispiaceva del tutto averlo come fidanzato. Almeno non doveva preoccuparsi di rimanere zitella.
Eppure aveva ceduto quel privilegio a Lyra. Sì, era una Serpeverde e i Serpeverde non amavano mostrare i loro sentimenti, però anche loro sapevano essere dei buoni amici. E Agatha odiava vedere Lyra con quell’espressione triste che non le si addiceva per niente. Così aveva spinto Robert a farla ballare per tirarla un po’ su di morale e farle dimenticare quel mentecatto di Rowland. Ed entro fine serata ci sarebbe riuscita di sicuro, dato il numero di ragazzi già in fila per ballare con lei.
I suoi pensieri però vennero interrotti da una voce famigliare.
«Hai visto Robert?»
Si voltò, trovandosi davanti Sebastian Arkell, vestito con un completo elegante che non stonava per niente col suo aspetto da ragazzino. Dopotutto condivideva metà dei suoi geni con Robert.
«Sta ballando con Lyra» gli rispose, accavallando le gambe «Perché?»
Sebastian le si sedette accanto con espressione infastidita «Non c’è mai quando serve» borbottò, guardandosi corrucciato i piedi. Poi alzò gli occhi verdi come quelli del fratello e li puntò su di lei «Vorrà dire che chiederò a te».
Agatha inarcò un sopracciglio e si lasciò scappare un sorriso compiaciuto «Tesoro, lo sai che quell’idiota di tuo fratello è del tutto inutile. Quante volte ti ho ripetuto che se hai bisogno di consigli devi venire da me? Ignora quell’incapace».
Il ragazzino alzò gli occhi al cielo, lasciando perdere gli insulti che sapeva le piaceva lanciare a suo fratello e disse «Ho bisogno di un consiglio».
«Sentiamo».
Lui esitò, spostando lo sguardo verso un punto preciso della Sala Grande e facendo una smorfia, per poi voltarsi verso di lei «C’è una stupida Grifondoro che non fa che darmi fastidio. Come faccio per farla smettere di impicciarsi?»
Agatha ghiacciò e lo squadrò con attenzione. Cos’era quella storia dei Grifondoro? Erano diventati una piaga, si attaccavano e rosicavano fino a non lasciare più nemmeno le ossa. Mezza casa di Serpeverde doveva i suoi problemi ad un Grifondoro, se fossero scomparsi dalla faccia della terra sarebbero stati tutti meglio. E ora spuntava fuori anche Sebastian: dopo solo quattro mesi di scuola era già stato segnato.
«Ti piace?» chiese senza tatto, sperando che almeno lui fosse stato risparmiato.
«No!» rispose oltraggiato, con una smorfia talmente disgustata che le fece tirare un sospiro di sollievo. Grazie Salazar, per proteggere ancora i nuovi Serpeverde dai Morbodoro.
Decisamente più rassicurata, fece un respiro sollevato «Chi è?»
Sebastian le indicò con un cenno della testa la direzione in cui si trovava la fantomatica scocciatrice «Quella là in fondo, vicino alla pista da ballo dall’altra parte della Sala. Quella brutta, con i capelli color topo e il vestito da meringa».
Agatha fece vagare lo sguardo lungo il bordo della pista, cercando la ragazzina che assomigliava alla descrizione di Sebastian. La trovò soltanto perché era l’unica più piccola vestita con un abito chiaro, e non perché la sua descrizione fosse accurata.
Si voltò verso di lui con un’espressione di disappunto, scuotendo la testa, per poi tornare a guardare la scocciatrice.
Nonostante fosse una Grifondoro e lei odiasse i Grifondoro, Agatha faceva pur sempre parte del mondo femminile e come ragazza Agatha si sentiva offesa da quella descrizione offensiva. Perché Sebastian aveva proprio bisogno di un paio di occhiali e di un paio di schiaffi.
Quella ragazzina era vicino alla pista da ballo, sì, ma l’attendibilità della descrizione si fermava lì. Perché il suo vestito era di un bellissimo color avorio, con la gonna appena gonfia e una decorazione di pizzo sul corpetto, i suoi capelli erano di un castano brillante e non color topo e lei non era affatto brutta. Anzi, entro qualche anno avrebbe di sicuro fatto perdere la testa alla maggior parte dei ragazzi di Hogwarts.
Spostò di nuovo lo sguardo su Sebastian e mascherò un ghigno. Oh, gliel’avrebbe fatta pagare, così forse avrebbe imparato a comportarsi da gentiluomo e la prossima volta ci avrebbe pensato due volte prima di insultare una ragazza.
«Facile» disse, guadagnandosi tutta la sua attenzione «Invitala a ballare».
Sebastian strabuzzò gli occhi e quasi si strozzò con la sua stessa saliva «Sei pazza?!» esclamò con aria disgustata.
La ragazza roteò gli occhi, esasperata da tanta stupidità «Lei cosa pensa di te?»
Lui fece un verso stizzito «Non mi sopporta, tanto quanto io non sopporto lei. Quell’odiosa oca impicciona-»
Agatha lo fermò prima che andasse avanti ad insultare quella povera bambina «Proprio perché non ti sopporta, se la inviti a ballare e mostri interesse per lei, cercherà di evitarti il più possibile».
Sebastian la fissò con una smorfia, riflettendo in silenzio per qualche istante. Nonostante quell’idea non gli andasse per niente a genio, si fidava ciecamente dei consigli di Agatha, che più di una volta l’avevano tirato fuori dai guai in cui l’avevano cacciato quelli del fratello. Così alla fine si convinse a seguirli.
«Va bene, ma spero vivamente che funzioni» borbottò, alzandosi con aria scettica.
Agatha ghignò e si sporse per sistemargli i vestiti «Funzionerà, fidati» poi agitò una mano per cacciarlo via e lui se ne andò con un sospiro.
Lo seguì con lo sguardo, mentre attraversava la Sala e si avvicinava alla ragazzina, che non appena lo vide arrivare fece una smorfia infastidita e incrociò le braccia, mostrando chiaramente il suo disappunto nei suoi confronti. Si godette la scena, mentre lui le diceva qualcosa, probabilmente la stava invitando a ballare, e anche da lontano riuscì perfettamente a distinguere l’espressione sbalordita e poi subito irritata della Grifondoro, che afferrò una bambina bionda per un braccio, gli urlò qualcosa – sicuramente un insulto – e scappò via, trascinandosi dietro l’amichetta.
Sebastian sembrò stupito che il piano avesse davvero funzionato e incrociò il suo sguardo da lontano, alzando le spalle con espressione soddisfatta, prima di sparire tra la folla.
Quello che però nessuno poteva prevedere era che quello stesso piano in futuro gli si sarebbe rivoltato contro.
Ma Agatha non poteva certo immaginarlo e per quella volta era pienamente soddisfatta.
«Che voleva Sebastian?» le chiese Robert, piombando seduto con poca grazia sulla sedia da cui il fratello si era alzato pochi minuti prima.
«Niente, abbiamo solo fatto quattro chiacchiere» rispose lei, osservandosi distrattamente le unghie.
Robert non sembrava convinto, ma preferì non dire niente e lasciar cadere la questione.
«Lyra?»
«Sta ballando con Nick».
«Bene. Allora adesso tocca a me».
Agatha si alzò e si portò indietro la coda arricciata che le ricadeva delicatamente su una spalla, prima di girarsi verso di lui e fissarlo eloquentemente.
«Sto aspettando».
Robert le lanciò un’occhiataccia e si alzò, esprimendo tutto il suo disappunto con l’espressione che aveva dipinta in viso «Merlino, spero per te che ci sia una ricompensa per tutto quello che mi stai facendo passare».
Lei non rispose e si lasciò guidare verso la pista, mascherando un sorriso. Forse quella sera la ricompensa avrebbe potuto concedergliela.








N/A: Questa volta non vi ho fatto aspettare quasi due anni, anche se i tempi sono stati piuttosto lunghi. Ma è stato un periodo intenso e questo capitolo non era per niente semplice da scrivere, come avrete notato. Sinceramente sono un po’ timorosa per la vostra reazione perché non ho idea se la parte di Jasper e Lily (che sono una delle coppie principali) sia all’altezza di quello che ci aspettavamo. E sì, includo anche me.
In realtà non l’avevo programmata in quel punto, ma un paio di mesi dopo. Jasper e Lily sarebbero dovuti andare al ballo insieme, ma come amici e basta, invece mentre scrivevo si è stravolto tutto e Jasper e Lily sono finiti insieme prima del previsto, per la gioia degli amici. Non so se sia venuta bene come scena, o sia tutto troppo veloce, non lo so, quando l’ho scritta mi sembrava carina. Spero mi possiate dare una vostra opinione.
In quanto al resto, beh, ci sono molte coppie in questo capitolo: Paul/Alexandra e Steve/Karen stanno praticamente quasi insieme, James/Samantha praticamente sembrano una coppia sposata, Robert/Agatha pure. Compaiono molti personaggi e molte coppie diverse, vi consiglio di aprirvi sempre l’elenco per essere più sicuri (cerco sempre di aggiornarlo con quelli nuovi). Quelli del primo anno (Sebastian e le due Grifondoro) sono quelli nominati nel capitolo con lo Smistamento, pensate che quando ho scritto il loro nomi mi sono già preparata diversi filmini in testa! E Arkell Sebastian e Zander Callie sono i protagonisti della maggior parte di questi.
Il prossimo capitolo sarà incentrato tutto sul ballo (almeno credo) e ho intenzione di dare spazio a molti personaggi, quindi se c’è qualcuno in particolare che volete vedere comparire ditemelo e vedrò di accontentarvi! Comunque succederanno diversi disastri a livello romantico, di questo ne sono sicura.
Spero che vogliate lasciarmi una recensione per farmi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, ne sarei molto felice.
Alla prossima!
   
 
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