Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |       
Autore: Pirilla_Echelon    31/07/2013    7 recensioni
Continuazione della oneshoot "L'audizione"
--------------------------------------------------
"Nervosa Signorina Ditomedio?" disse con aria da strafottente.
Lo guardai in faccia senza far trasparire alcun tipo di emozione.
Si, effettivamente, Malcom era un gran bel ragazzo e i suoi occhi grigi da vicino avevano qualcosa di stramaledettamente ipnotico, ma... Il problema era tutto il resto.
--------------------------------------------------------------------------
Mi guardò e scoppiò a ridere. "Il gatto ti ha mangiato la lingua?"
Scrollai la testa e cercai di tornare lucida. Che figura di merda!
"no, scusami Brian. È solo che sono un po’ nervosa" risposi squillate.
"come mai?" si avvicinò a me, prendendomi entrambe le mani come per rassicurarmi.
Bisogna mantenere la calma, bisogna mantenere la calma.. ripetei tra me e me.
Che avrei dovuto rispondere?
"è che ho una voglia pazzesca di baciarti, ma non so come fare" optai per la sincerità.
La sua espressione si accese in una smorfia di sorpresa, poi, continuò ad avvicinarsi a me.
"permettimi di darti una mano"
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Scolastico
Capitoli:
   >>
- Questa storia fa parte della serie 'Personal trainer'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Varcai la porta dell’accademia per la seconda volta e, davanti a quello scenario, non potei fare a meno di rimanere incantata.
C’era un clima decisamente euforico: gente che cantava per i corridoi, ragazzi cimentati in strani personaggi, ballerini aggrappati ai muri a fare stretching, ecc..
Nonostante la mia stazza fosse imponente, davanti a tutto ciò, mi sentivo davvero piccina. Quella era la casa dell’arte. La MIA casa.
Mi infilai in quell’euforia diventando parte della mischia e mi misi alla ricerca della sala di recitazione. Finalmente, la trovai e con un po’ di emozione entrai lasciandomi alle spalle tutto il trambusto dei corridoi. 
Mi ritrovai in uno stanzone enorme, pieno di giovani ragazzi che avranno avuto più o meno la mia età. 
Ovviamente, non conoscevo nessuno, perciò mi sedetti in un angolino in attesa dell’insegnante.
<< avanti, su. Muovete il didietro, banda di marmocchi, non siamo qui per dormire. Avanti, datevi una mossa, mettetevi qui davanti a me! >> Nasone irruppe nella stanza a passi lunghi e con un atteggiamento da pazzo nevrotico. 
Era appena arrivato e riusciva già a starmi sulle balle, ottimo!
Seguii i suoi ordini, onde evitare di farmi richiamare già il primo giorno, così mi andai a mettere in riga con tutti gli altri; mi posizionai tra una ragazza con i capelli rossi ed un ragazzo magrolino.
<< come ho già detto, non siamo qui per dormire, ma per lavorare, perciò pretendo da voi la massima serietà ed il massimo rispetto! 
Niente ritardi, niente rumore e niente lamentele! Niente di niente! E, poiché non sto scherzando, tutti coloro che non rispetteranno le mie regole, saranno buttati fuori dal corso. Tutto chiaro?! >> 
“Però, che gran simpaticone!”
<< a proposito, io sono il Signor Gentile >> 
Non poteva esserci cognome meno azzeccato.
<< direi Signor Gentilissimo! >> sussurrai ironica.
La rossa ed il ragazzo accanto a me scoppiarono a ridere ed io con loro.
<< beh, trovate che il mio cognome sia divertente? >> Nasone scattò contro di noi in un modo talmente buffo che, se avessi potuto, mi sarei sdraiata per terra a spanciarmi dal ridere.
Tutti e tre ci ammutolimmo, scuotendo la testa in segno di resa; Nasone ci fulminò con lo sguardo e ci voltò le spalle, lasciandoci lì. “Salvi per miracolo”, pensai.
<< piacere, io sono Serena >> disse la rossa.
<< ed io sono Andrea >> rispose il ragazzo
<< piacere ragazzi, io sono Greta e.. >> fui costretta ad interrompermi a causa di una nuova occhiataccia da parte di Nasone. 
“Che ansia di uomo.”
 
Grazie al cielo, la campanella suonò e, dopo aver recuperato la mia borsa, mi avviai verso l’uscita accompagnata da Serena ed Andrea; Quei due erano davvero simpatici e, a loro modo, molto belli.
Andrea era molto alto e molto magro. I suoi occhi erano color cioccolato proprio come i suoi capelli - fatta eccezione per un ciuffo biondo che gli ricopriva la fronte- ed il naso pronunciato.
Mi rivelò anche di essere omosessuale; non che ci volesse molta fantasia per intuirlo visto il suo modo di gesticolare ed il suo modo di vestire, eppure il suo tono profondo riusciva in qualche modo a mascherarlo.
Serena, invece, era una ragazza di media statura, magra e piuttosto prosperosa. I lunghi capelli rossi le ricadevano sul viso, ricoperto di lentiggini ed illuminato da due grandi occhi verdi smeraldo. 
Dio, era la perfezione in carne ed ossa.
Anche sua sorella Erica non era da meno, anzi.. Erano praticamente uguali, fatta eccezione per il fatto che lei avesse gli occhi di un colore più tendente al marroncino ed era carente di seno. Insomma, era una tavoletta.
Scoprimmo, inoltre, che avremmo frequentato tutti gli stessi corsi, perciò ci avviammo tutti insieme verso la sala di canto.
 
Le ore volavano e tutto mi sembrava così irreale.
Insomma, ero addirittura riuscita a farmi dei nuovi amici nel giro di una giornata, fatto che, per una persona timida, chiusa e asociale come me, suonava piuttosto strano.
Insomma, ero abituata a parlare quasi subito con le persone, ma non più di qualche stupidaggine. Con loro era diverso: li sentivo più come me, ovvero, sognatori incalliti e, forse, fu questo che mi permise di lasciarmi andare senza alcuna vergogna.
Già, provavo vergogna di solito, perché sapevo che le persone che puntavano in alto ed avevano grandi sogni venivano prese in giro e date per spacciate a priori.. ma perché vergognarsi di persone che erano esattamente come me e che probabilmente mi avrebbero capito più di chiunque altro? 
Eppure, sapevo che nell’aula di contemporaneo, tutto sarebbe stato diverso. Conoscevo bene il mondo della danza e sapevo anche che le ballerine più in carne erano la preda preferita per quelle iene di ballerine anoressiche; sarebbero andate a nozze con il fatto che pesassi dieci chili di troppo. Avrebbero trovato il loro passatempo per il resto dell’anno.
Entrai nel camerino, cercando di passare più inosservata possibile-cosa praticamente impossibile dal momento che ero enorme in ogni senso- e mi misi in un angolo per spogliarmi. Come avevo previsto, la mia autostima andò a finire sotto ai piedi, non tanto per i risolini e per gli sguardi complici di quel branco di arpie, ma perché guardando il loro fisico e confrontandolo col mio, mi sentivo una balena. Mi sentivo uno schifo e sapevo che se non fossi uscita di lì nel giro di pochi secondi, mi sarei messa a frignare come una poppante, peggiorando la mia situazione.
Mi fiondai fuori da quel camerino, lasciandomi dietro Serena, Erica e tutti i risolini di quelle iene anoressiche.
Entrai nella sala di contemporaneo sperando di potermi rilassare un momento e sperando di potermi riprendere prima di cominciare la lezione. Ma, ovviamente, non ero da sola.
In quella stanza, davanti agli specchi a rovistare tra i cd, c’era l’ultima persona al mondo che avrei voluto vedere. “No, non lui. Non ora!”
Sentendo i miei passi, si voltò nella mia direzione e quando mi riconobbe il suo sopracciglio si inarcò ed un ghigno sbucò sul suo viso.
<<  ma tu guarda chi si rivede, Miss Ditomedio! >> disse con il suo sarcasmo acido.
“Vi prego, ditemi che non è lui l’insegnante di contemporaneo. Pietà”
Rimasi impalata a guardarlo con un subbuglio di angoscia che mi torturava il fegato, mentre lui sembrava totalmente a suo agio. Anzi, era piuttosto divertito dal fatto che fossi rimasta a fissarlo con la faccia di una cernia.
<< Greta! Ma perché sei scappata in quel modo?! >> grazie a Dio, a interrompere la mia figura di merda fu Erica.
Mi ripresi dal mio stato catatonico, mentre Malcom tornò allo smistamento dei suoi cd.
<< scusa, io.. >> non potevo dirle che ero scappata perché mi vergognavo della mia ciccia. << io volevo fare un po’ di stretching prima di iniziare la lezione >>
L’espressione di Erica era poco convinta, ma lasciò perdere poiché tutti gli altri ragazzi stavano arrivando.
<< mettetevi in riga >> disse una ragazza dai capelli castani con una ciocca rosa e con un anellino al naso. Probabilmente era l’aiutante di Malcom.
Mi misi in fila e notai che tutte le ragazze intorno a me, più Andrea, stavano guardando Malcom con un certo ammiccamento, regalandogli qualche sorrisino malizioso.
<< Dio, è uno schianto! >>
<< Serena, ricordati che hai un fidanzato! >> rispose Erica impertinente << non che io non ce lo abbia, ma bisogna ammettere che il nostro insegnante è proprio un bel ragazzo >> 
<< se lui non fosse etero e se io non fossi fidanzato, giuro che a quest’ora gli avrei già fatto la festa! >> si intromise Andrea.
Ma che problemi avevano le persone da quelle parti? Quello era un pazzo squilibrato con problemi di doppia personalità e questi gli morivano dietro! Mah.
<< sarà! A me, sembra solo uno stronzo! >> risposi acida e spazientita.
Serena fece un risolino << oh, fidati che lo è! Eppure ha un fascino irresistibile, vedi. Anche la sua nuova assistente non è stata in grado di resistergli.
Povera Miky, scommetto che si è scopato anche lei! >> esclamò
“anche lei” chissà quante altre se ne era scopate. Tra assistenti, allieve e insegnanti, secondo me, se ne era già scopate un esercito; un esercito col quale sarebbe potuto tranquillamente andato a combattere in Iraq.
“Bene, è un troione!”  
Voltai lo sguardo verso la ragazza dalla ciocca rosa e osservai il modo in cui gli stava intorno: sembrava uno di quei cagnolini ammaestrati, mancava poco e si sarebbe anche messa a scodinzolare.
Che pena.
<< bene, bene. Vediamo cosa abbiamo qua >> disse Malcom iniziando a camminare davanti a noi ed esaminandoci uno ad uno come se fossimo delle cavie. La cosa più irritante, però, erano i commenti sarcastici che riservava ad ognuno di noi, tipo “ma  tu guarda, abbiamo il sosia di Justin Bieber” oppure “ non dirmi che tu e i tuoi insulsi piedi volete rovinare i miei capolavori!”. 
Non potevo reggerlo. Tra l’altro, attendevo il momento in cui sarebbe arrivato davanti a me con una certa angoscia; sapevo che avrebbe avuto qualcosa da ridire, specie sul mio peso. Certo che ce lo aveva.
E, infatti..
<< nervosa Signorina Ditomedio? >> disse con aria da strafottente.
Lo guardai in faccia senza far trasparire alcun tipo di emozione.
Si, effettivamente, era un gran bel ragazzo e i suoi occhi grigi da vicino avevano qualcosa di stramaledettamente ipnotico, ma... Il problema era tutto il resto.
<< mi chiedo come farete te ed il tuo lardo a reggere le mie lezioni >> “che figlio di puttana”, come osava umiliarmi a quel modo davanti a tutti.
Gli rivolsi uno sguardo indignato, carico di rabbia.
Fece un sorrisetto, poi si avvicinò al mio orecchio e sussurrò. << è un vero peccato che tu non abbia accettato la mia proposta per perdere peso. Ci saremmo divertiti molto io e te >> sentivo il suo fiato fischiarmi nelorecchia. Ancora quel tono da maniaco che aveva usato durante la mia audizione.
Poi il suo sguardo si spostò dal mio profilo al mio seno, si allontanò leggermente e tornò a parlare ad alta voce. << tuttavia, devo ammettere che alcuni tuoi aspetti sono davvero interessanti >> non sapevo se fosse più psicopatico o più patetico. Forse era uno psicopatetico.
Il mio labbro si sollevò in un’espressione disgustata a cui rispose volgendomi un occhiolino. Poi si allontanò completamente.
<< bene, prendete posizione. Pivelli! >>  
 
La fine dell’ora sembrava non arrivare mai. 
Mi sembrava di stare in Inferno. Ogni cosa che facevo, comportava ad una serie di insulti e offese gratuite da parte di quel pazzo.
Che problemi aveva?! Doveva farmela pagare perché non ero andata a letto con lui?
Beh, in tal caso, complimenti per la professionalità!
<< avanti, Palla di Lardo. Fammi vedere ancora quei salti e, se possibile, cerca di non sfondarmi il pavimento! >> gridava dall’altra parte della stanza. Mi faceva imbestialire il fatto che mi prendesse per il culo a quel modo, tra l’altro, sostenuto da quel branco di arpie anoressiche che accoglievano ogni insulto nei miei confronti come una mano dal cielo.
Ottimo, se fino ad un’ora fa avevo pensato che quella scuola fosse una figata, ora rimpiangevo il fatto di non aver dato retta a mia madre e di non essermi iscritta alla facoltà di legge. O di non aver dato retta alla nonna e di non essere andata a piantare le patate.
Mi posizionai al centro, a capo del mio gruppo, e iniziai a fare i salti che “lo psicopatetico” mi stava chiedendo di fare.
<< woo, piano! Non abbiamo i fondi per riparare il parquet! >>
Mi fermai stremata, me li aveva già fatti fare diecimila volte e per tutte le diecimila volte, aveva trovato insulti diversi da affibbiarmi.
<< ancora. Culona! >> questo era troppo.
<< no, non lo faccio più. È da mezzora che vado avanti così, sono stanca! Li sto facendo alla perfezione, non c’è alcun motivo per farmi ripetere questo esercizio >> risposi agitata ed in preda al fiatone.
Malcom incrociò le mani davanti al petto e si accostò sulla sedia guardandomi da testa a piedi. Odiavo essere guardata a quel modo, non faceva altro che far aumentare le mie angosce sul peso.
<< si, effettivamente li stai facendo benino >> arricciò le labbra e si sfiorò il piercing sul sopracciglio con la mano destra << è che mi piace guardare il tuo davanzale fare su e giù a quel modo mentre salti, è eccitante! >> 
Rimasi a bocca aperta per quella affermazione e lui in attesa di una mia risposta.
<< tu sei un fottutissimo maniaco! >> risposi senza pensarci un attimo.
<< può essere. Per te è un problema? >> si alzò e camminò verso di me << cosa farai adesso, mi prenderai a pugni o cosa? >> ora era di nuovo al mio orecchio.
<< non mi tentare >>
Rise nel mio orecchio, un suono gutturale che mi fece rabbrividire.
<< non credo che lo faresti.. Tu hai paura, culona >>
Mi voltai con l’intento di tirargli una manata, ma lui afferrò la mia mano prima che potessi toccarlo. Poi tornò a ghignare divertito.
A quel punto, non sapevo più che fare. Mi sentivo umiliata, terribilmente umiliata.
Mi allontanai da lui e corsi fuori dalla classe per andare a chiudermi in bagno.
Cavolo, nessuno mi aveva mai trattato così male, mai nessuno si era permesso di dirmi “culona”, “palla di lardo” e quant’altro.
E lui non aveva alcun diritto di farlo.





Ciao gente, sono tornata ed ho deciso di pubblicare proprio il giorno del mio compleanno..giusto per fare un regalo a me stessa e magari anche a voi!!
Vorrei dire poche cose..
intanto ringrazio Erica e Serena per avermi aiutato in questa storia..la trama l'abbiamo sviluppata insieme e mi hanno dato una mano con i personaggi (non stupitevi se ci saranno scritte delle battute squallide, sono quelle cavolate che venivano spontanee mentre cercavamo di creare qualcosa e che hanno reso tutto più divertente!)
e poi vorrei scusarmi con tutti i ballerini della Scala e nell'accademia ho anche introdotto il canto e la recitazione..so precisamente che alla Scala c'è solo la danza, ma l'ho fatto per rendere le cose un po' più piacevoli e divertenti e l'ho anche fatto sotto richiesta delle mie due consigliere! 
detto questo.. Buon Divertimento!! :D 
Baciii <3
  
Leggi le 7 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Pirilla_Echelon