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Autore: TaliaAckerman    31/07/2013    4 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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L’Arena, immensa, si stagliava davanti a loro.
In tutta la sua vita, Dubhne non aveva mai visto nulla di simile. Alta più di una quindicina di metri, era dotata di spessi muraglioni di pietra magnificamente levigata, tanto da sembrare ricoperta di metallo.
Nessuno sapeva con esattezza quando o chi avesse ordinato di costruirla, ma le leggende che gravavano su quel teatro di morte erano parecchie. C’era chi sosteneva che un tempo fosse stata destinata ad un possibile ordine di Guerriere dello Stato dei Re, alcuni che l’antico Re Johnson avesse ordinato di ergerla in onore di Will Cambrest.
A Dubhne Archie Farlow aveva raccontato che un tempo in quella maestosa costruzione non erano stati gli uomini a scontrarsi, ma i Draghi da competizione giunti dal Sud.
Malcom li aveva condotti lì in tarda mattinata, dopo aver concesso loro, in via del tutto eccezionale, qualche ora in più di riposo. Per gli allenamenti ci sarebbe stato tempo nel pomeriggio. Era uno degli ultimi giorni prima che i Giochi iniziassero, e Shist aveva pensato fosse un bene far conoscere anche ai nuovi arrivati il luogo ove avrebbero dovuto combattere. Dubhne era rimasta senza parole a quella vista.
E non era ancora finita. Gli organizzatori avevano preparato tutto nei minimi dettagli. Sulla parete accanto all’ingresso dell’Arena era stata recata una gigantesca incisione. La ragazza fu stupita ne leggere nomi familiari come quello di Claris, poi comprese: era il programma della prima eliminatoria dell’anno. Prima ancora che se ne rendesse conto, i suoi occhi corsero alla ricerca del proprio nome. Lo trovò al decimo posto da destra, accanto a quello di un puro sconosciuto.
Goresh (19)
Si trattava della sua età. Fu scossa da un brivido. Si sarebbe battuta con un ragazzo, più grande di lei per giunta. E da quale squadra proveniva? L’unica cosa che sapeva era che non si trattava della propria. Non aveva nulla a cui aggrapparsi, per cui strinse i pugni così forte da farsi male. Controlla la paura. Tutti i Combattenti intorno a lei guardavano le incisioni con altrettanto interesse, curiosando, leggendo, scommettendo. Nel leggere il nome del proprio avversario, Claris deglutì.
A malincuore , Dubhne volse gli occhi verso di lei e chiese:- Con chi ti scontrerai?
Anche se aveva paura, la ragazza cercò di non darlo a vedere. Guardò Dubhne e rispose:- Neor. E’ della squadra di Peterson da cinque anni.
– Ed è... bravo?
- Sì - Claris non perse tempo a mentire. – Ho combattuto contro di lui una volta, tanto tempo fa. Ero al mio primo anno, allora. Mi ha risparmiata, ma solo perché ero giovane. Quest’anno non sarà così clemente.
– Sempre che non sia tu a vincere.
– Sempre che non sia io a vincere - ripeté Claris, e i suoi occhi tornarono alla sicurezza di sempre. Dubhne si guardò i piedi. – Tu… sai niente su un certo Goresh?- domandò.
L’altra scosse la testa. – Non molto - disse. – Solo che è arrivato quest’anno, non l’ho mai visto prima.
Dubhne non riuscì a reprimere un sospiro di sollievo. Forse avrebbe avuto qualche speranza. Fece mentalmente un rapido calcolo, e guardò le proprie chance. Se avesse vinto, allora sì che le cose si sarebbero messe male. Avrebbe dovuto confrontarsi uno di due altri Combattenti, entrambi maturi ed esperti. Un certo Nekam, dalla squadra di Cambrel, oppure Carl. Sperò con tutto il cuore che a passare il turno fosse quest’ultimo; apparteneva alla sua stessa squadra, d’altronde.
Malcom Shist la richiamò bruscamente alla realtà. – Dubhne - chiamò irritato. – Vieni, dobbiamo tornare al palazzo. Gli allenamenti vi aspettano.
Conscia del fatto che ogni passo da lei mosso la conduceva sempre più vicino all’inizio del massacro, la ragazza si affrettò ad ubbidire. Non aveva impiegato molto a comprendere che tipo di uomo fosse il proprio nuovo padrone. Un uomo che era meglio non contraddire. Il gruppo percorse nuovamente le strade affollate di Città dei Re, cercando di richiamare il meno attenzione possibile. Indossavano tutti i mantelli scuri che avevano ricevuto dagli organizzatori, con lo scopo di non farsi riconoscere da troppa gente. Dubhne, che in tutte quelle settimane non si era mai stufata di ammirare la capitale in tutto il suo splendore, camminava distrattamente, volgendo lo sguardo di qua e di là. A tal punto da non accorgersi di star andando dritta dritta contro il petto di un passante.
– Scusi…- si affrettò a dire, mentre le guance le si tingevano di uno sgradevole color prugna.
– Nessun problema, nessun problema…- rispose tranquillamente la voce di un uomo. Voce che la giovane riconobbe all’istante. Alzò lo sguardo intimidita, e davanti a lei vide Peterson Cambrel in persona. Aveva avuto modo di sentirne parlare, scorgerlo di sfuggita durante gli allenamenti, ma ora che lo fissava da vicino si sentì rabbrividire.
Era alto e magro – era evidente che non avesse un passato da Combattente – e un ciuffo di capelli castani leggermente brizzolati gli scendeva sulla fronte. Le rughe avevano solo cominciato a sfiorare i lineamenti di quel volto affascinante, dove spiccavano due calcolatori occhi di un tenue color grigio verde. Nella sua figura c’era qualcosa che metteva freddo.
– Oh, una delle Combattenti di Malcom vedo…- sussurrò in tono tutto meno che accattivante. Dubhne avvertì gli occhi dell’uomo su di lei, come a valutarla. Si sforzò di non apparire debole.
- Se non è spiacente…- balbettò. – Dovrei tornare con gli altri…
- Ma certo - Peterson Cambrel non sembrò essere urtato dall’affermazione. Sorrise leggermente, mentre continuava a guardare la ragazza. Lei tuttavia non riuscì a muoversi.
– Che succede qui?- irato, Malcom Shist si stava avvicinando. – Dubhne, mi sembrava di aver detto di sbrigarci… - ma si interruppe nel notare l’uomo che aveva accanto.
– Peterson…- bofonchiò come saluto. L’altro ridacchiò, e gli porse la mano. – Malcom, amico mio…- ridacchiò. – E così questa ragazzina è uno dei tuoi ultimi acquisti?
Anche gli altri ragazzi si erano fermati, ora. Alcune persone si avvicinarono per ascoltare. L’espressione che si stava dipingendo sul volto di Shist era contratta dalla rabbia. Dubhne comprese quanto dovesse detestare quell’uomo che per anni aveva tolto gloria alla sua squadra.
– Proprio così - rispose, la mascella serrata. Sempre con in viso quel sorriso poco lusinghiero, Peterson guardò un’ultima volta Dubhne. Alzò un sopracciglio. – Beh… buona fortuna.
Senza più nascondere lo scherno rivolse un breve inchino a Malcom Shist, e poi si allontanò fra la folla.
– Quel fottuto bastardo…- ringhiò lui sottovoce, riprendendo a camminare e tirandosi Dubhne dietro. – E tu vedi di stare un po’ più attenta, la prossima volta!- abbaiò poi rivolto alla ragazza. Ma a lei, per la prima volta, non importava. Il volto di quell’uomo così gelido e sprezzante era ancora vivido nella sua mente. Non c’era da stupirsi che Jackson Malker fosse uno dei suoi. Si intuiva dalla sua espressione.
Peterson Cambrel era uno abituato a vincere.


- Avanti Dubhne, tieni il ritmo - la esortò Agnes, mentre per la seconda volta consecutiva la ragazza si faceva disarmare.
Anche durante la prima sessione di allenamento in cui i Combattenti avevano condotto contando sulle proprie nuove armi personali si era scontrata con Agnes, dopo che con Claris. In quell'occasione aveva avuto modo di constatare che la scelta attuata quella mattina si era rivelata azzeccata: la sua scimitarra a lama larga era del peso giusto, e c'era qualcosa nella curvatura e nello spessore della lama che gliela faceva percepire perfettamente adatta a lei.
Inizialmente, nello scontro di allenamento con Agnes, la ragazza si era sentita stranamente fiduciosa delle proprie capacità, ma la baldanza era venuta meno con il sopraggiungere della stanchezza. La migliore amica di Claris era più avanti di lei di un paio d'anni ed era riuscita a difendersi da suoi attacchi senza spendere troppe energie.
La giovane dello Stato dei Re aveva tre anni in più di lei ed era appena più alta di Claris; il caschetto arruffato di capelli castano chiaro le conferiva un'aria dolce e un po' infantile, ma gli occhi scuri, specie in allenamento, erano determinati e maturi come quelli di Claris. Aveva scelto per sé una spada regolare, anche se decisamente meno maestosa di quella che Dubhne aveva ammirato il giorno prima.
La giovane donna raccolse la scimitarra e la porse a Dubhne.
- Ancora - proferì. - Sei migliorata, dobbiamo sfruttare al massimo le ultime giornate di allenamento.
Dubhne avrebbe preferito potersi allenare anche con Claris, ma la ragazza, che - come Dubhne aveva avuto modo di scoprire tardivamente - era uno dei membri della squadra su cui Malcom più puntava dopo James, Liens e Nimes, dopo aver saputo il nome dell'avversario era stata praticamente costretta da Malcom a confrontarsi solo con i migliori di loro. In quel momento era impegnata in un duello proprio insieme a Liens.
Obbedendo alle parole della sua compagna, Dubhne si rimise in posizione di difesa. Le tremava il braccio dalla fatica nel tenere sollevata la scimitarra; doveva essere quasi un'ora che le due ragazze duellavano a ritmo quasi serrato. Ogni due ore Malcom concedeva loro una pausa per rinfrescarsi nell'ampio lavatoio che sorgeva ai margini della piazza e recuperare un po' di energie, ma Dubhne ancora faceva fatica a reggere così tanto sotto il sole cocente di Città dei Re.
Agnes si gettò su di lei con la spada alzata, colpo che Dubhne intercettò con abbastanza forza da allontanare la lama avversaria dalla sua. Anche se sapeva che il suo corpo avrebbe protestato dolorosamente, menò lei stessa un colpo di scimitarra che Agnes schivò senza difficoltà. Per evitare il suo successivo attacco, invece, Dubhne perse l'equilibrio e crollò a terra. Prima che l'avversaria potesse puntarle l'arma alla gola, però, rotolò si lato e si rialzò. Il sudore grondava dalla sua fronte in tante piccole goccioline che andavano ad addensarsi in un piccolo buco nella pavimentazione della piazza.
Agnes sembrò stupita che la ragazza avesse ancora abbastanza forze per schivare quell'attacco, ma superò lo stupore rapidamente e tornò ad attaccare. Come altre volte le era capitato, nell'incrociare la sua lama con quella dell'avversaria, Dubhne volò con il pensiero ai tempi, che sembravano ormai lontanissimi, in cui lei e i figli di Archie duellavano in giardino, quando ancora non c'erano arene, padroni, morti...
- Ahia!
Senza rendersene conto Dubhne si era fatta trascinare dall'entusiasmo e, nella foga, aveva inferto un lieve taglio all'avversaria al braccio. Agnes reagì d'istinto, allontanandola con un calcio in pancia che la mandò nuovamente a terra.
- Scusami! - si affrettò a dire porgendole una mano, dopo essersi guardata lo strappo nella manica della blusa. Dubhne si rialzò notando che la giovane aveva assunto uno sguardo più severo. - Ti sei distratta. Che è successo?
Dubhne si diede della stupida; ma certo, in allenamento era convenzione che, per evitare di farsi male inutilmente, i colpi venissero sempre assestati di piatto. - Scusami, mi sono lasciata trasportare - borbottò, sperando che Malcom non stesse guardando nella loro direzione. Si sentiva stanca e, per l'ennesima volta, terribilmente frustrata. Era riuscita a disarmare Agnes soltanto due volte, contro le sei dell'avversaria. E proprio quando era riuscita ad eludere la sua guardia colpendola al braccio, lo aveva fatto in modo irregolare.
- Fine del turno! - tuonò Malcom rivolto a tutti i presenti.
Dubhne sussultò: era passata un'ora dal momento in cui lei e Agnes avevano iniziato a duellare, questo significava che avrebbe dovuto cambiare avversario come tutti gli altri. Era una regola che Malcom aveva imposto loro a partire da quel giorno, e sarebbe valsa fino all'inizio dei Giochi.
- Non devi scoraggiarti - le si rivolse Agnes a sorpresa. - Ti sei battuta bene. Nell'Arena non sarai contro di me, ma contro un ragazzo alle prime armi, come te.
Dubhne le fu sinceramente grata per quelle parole, ma la sensazione di speranza durò solo qualche istante; non appena Agnes le ebbe voltato le spalle i nuvoloni che ingombravano la sua mente tornarono ad occuparla più densi di prima.
La ragazza si guardò intorno: se voleva evitare Mia e i combattenti nettamente più forti di lei, ma anche di impegnarsi in duelli completamente inutili con Camin o Drembow, non restavano molte scelte. Xenja era a pochi passi da lei.
Superando la soggezione che le incuteva quella ragazza alta e dallo sguardo freddo, si schiarì la voce, al che lei si voltò.
- Avete tutti un compagno? - chiese Malcom a voce alta. - Chi ancora non ce l'ha si sbrighi, non voglio perdere tempo.
- Combatteresti con me? - chiese Dubhne facendosi coraggio.
Contro le sue aspettative, Xenja la guardò come se fosse un membro della squadra come tutti gli altri e annuì.
- Ricominciate! - ordinò Malcom.
Ancora un'ora, poi potrai riposarti un po', si disse Dubhne cercando di concentrare tutte le proprie forze. Doveva procedere per piccoli obiettivi o sarebbe crollata seduta stante, sotto i colpi del caldo, della stanchezza e, soprattutto, della paura per il futuro.
Xenja si parò davanti a lei brandendo la sua spada.
- Quando vuoi, Dubhne.


Il pomeriggio trascorse accompagnato dal rumore del ferro incrociato, degli ansiti, i gemiti, gli urlacci di Malcom che si aggirava tra le coppie di Combattenti.
Dubhne riuscì a tenere testa a Xenja per un po', benché questa la superasse fisicamente di gran lunga. Per buona parte degli scontri la situazione si era mantenuta circa in parità, con parecchi colpi andati a segno da ambo le parti e un numero simile di volte in cui le due si erano disarmate a vicenda. Avevano perso molte energie entrambe, ma verso la fine dell'ora prestabilita Dubhne avrebbe giurato di stare per crollare, mentre Xenja pareva solo provata. Nonostante tutto, terminata la serie di scontri, la ragazza potè dirsi, per la prima volta da quando era arrivata a Città dei Re, vagamente fiera di se stessa. Alla fine dell'allenamento Xenja le aveva stretto la mano.
- Bel lavoro - le aveva detto con un sorriso.
Dopo i dieci minuti concessi loro per riprendersi un po' – in cui Dubhne aveva letteralmente tuffato la testa nell'acqua del lavatoio – aveva duellato ancora con Socka e, infine, aveva trovato il coraggio di chiedere a Phil di combattere con lei. Il bilancio dei due scontri era stato in equilibrio. Socka, sebbene fosse migliorato notevolmente rispetto al primo incontro, si era dimostrato nettamente inferiore a lei, soprattutto nell'agilità, mentre Phil, combattente esperto e dalla buona tecnica, aveva dominato pressoché ogni scontro.
Dubhne, come molti altri, era arrivata a fine pomeriggio praticamente a pezzi. Quando finalmente Malcom aveva decretato che anche per quel giorno poteva bastare, era così esausta da non avere voglia nemmeno di mangiare.
Per un paio d'ore la stanchezza le aveva quasi fatto dimenticare l'angoscia che le serrava costantemente le viscere, ma con il sopraggiungere della notte un pensiero si era insinuato nella sua mente, crescendo cupo e insistente fino a trasformarsi in un progetto.


Dubhne si alzò che non era ancora l’alba, il mattino seguente. Veloce, e cercando di essere più silenziosa possibile, sgattaiolò davanti alle camere degli altri Combattenti e percorse i corridoi del Palazzo Cerman. Aveva pensato più volte di fuggire. Ma alla fine, la ragione aveva avuto la meglio. Città dei Re non era Célia, lei non sarebbe mai riuscita a lasciarsela alle spalle prima che Malcom se ne accorgesse. Lui conosceva molto meglio di lei la capitale e, una volta trovatala, non sarebbe stato molto indulgente. Dubhne non voleva neanche immaginare la punizione che le avrebbe inflitto.
A quell’ora non c’era quasi nessuno per le vie della città. La giovane percorse la prima strada con il cuore in gola, cercando di non farsi notare. Faceva insolitamente freddo per quella stagione, e Dubhne si strinse nel proprio mantello per far passare la tremarella.
Dopo alcuni minuti, giunse all’ingresso dell’Arena. Voleva ammirarla ancora una volta; vederla così grande e imponente, stagliata contro il cielo notturno le diede un tremito che non aveva nulla a che fare col freddo. Esitò un istante, poi entrò.
Il campo centrale le parve ancora più ampio della prima volta e gli spalti minacciosi, quasi incombenti. Prima che la ragazza potesse fermarla, l’ansia la assalì alla gola, e prese a respirare affannosamente. Non c’è speranza, pensò. Morirò. Fra pochi giorni morirò.
Fu scossa da un conato di vomito: non ce la faceva più a restare lì. Voltò le spalle all’Arena e corse via.


Cinque giorni dopo la trentaquattresima edizione dei Giochi Bellici di Città dei Re ebbe inizio.




Note dell'autrice: salve a tutti ^^ Scusate per l'immenso ritardo, ma sono appena tornata da qualche giorno di vacanza in Germania, e là non mi funzionava il wi-fi. Spero di essermi fatta perdonare con questo capitolo :)
Vorrei ringraziare Marty_598, che ha recensito tutti capitoli della mia storia, e anche tutti coloro che si limitano a leggerla :D Aggiornerò presto,
TaliaFederer.
  
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