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Autore: Carmilla Lilith    02/08/2013    4 recensioni
Sirona si risveglia nella foresta e viene soccorsa da un misterioso cacciatore di taglie, Lovernios. La giovane non ricorda nulla del proprio passato, se non che è stata aggredita da Anya, una temibile assassina al servizio del Cavaliere dell'Incubo.
A Sirona non resta che partire, accompagnata da Lovernios, alla ricerca di Anya: solo così potrà ricostruire il proprio passato.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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fantasy 3
Sirona riuscì a parlare con Dana quella sera. Lovernios stava studiando alcune carte geografiche in possesso della sacerdotessa e così la ragazza ne approfittò per chiedere a Dana di poterle parlare in privato. La donna acconsentì.
“Tu sai chi sono, vero?” domandò, a bruciapelo, Sirona. Dana sorrise. “Sei un’assassina. Anzi, sei peggio, sei una dei criminali al servizio del Cavaliere dell’Incubo.” rispose poi.
La ragazza scosse istintivamente la testa. “Non può essere! Come lo sai?” domandò, poi.
“Una volta vi siete introdotti nel mio tempio. Ho ucciso uno di voi, poi siete scappati. Eravate soltanto in tre: tu e due ragazzi, uno biondo e uno moro.” rispose la sacerdotessa.
“Quanto tempo fa è successo?” domandò Sirona, dubbiosa. “Circa sei settimane fa.” rispose Dana.
I conti tornavano: Jackal era morto lì mentre Sirona e Wolfe erano riusciti a fuggire, cercando l’acqua pura al di fuori della Palude Nera. Nella foresta avevano incontrato Anya, che li aveva puniti per aver fallito la missione. Ma perché non aveva ucciso Sirona?
“Perché non l’hai detto a Lovernios?” domandò Sirona a Dana.
 “Dovrai farlo tu. A quanto dice Lovernios ti stai dimostrando degna di fiducia e sembri intenzionata ad affrontare il tuo lato oscuro.” rispose la sacerdotessa.
“Lovernios mi allontanerebbe, se venisse a saperlo.” rispose Sirona, amareggiata. Dana le poggiò la mano sulla spalla. “Mettilo alla prova, potrebbe stupirti!” la incoraggiò.
La giovane annuì, intuendo che Dana conosceva molto meglio di lei  passato di Lovernios.
 
Dopo aver riempito le borracce con l’acqua pura della fontana, i due decisero di trascorrere la notte nel tempio, che se non altro era un posto sicuro.
Lovernios tentava di non essere indiscreto, ma aveva notato l’improvviso silenzio della sua compagna di viaggio e la cosa lo inquietava un po’. Non osava chiederle di cosa avesse parlato con Dana, anche perché era evidente che Sirona non aveva voglia di parlarne, ma non riusciva ad accettare il muro di silenzio che la ragazza aveva eretto intorno a sè.
“Ti senti bene?” domandò alla giovane, mentre cenavano. “Abbastanza.” rispose atona.
“C’è niente che vorresti dirmi?” domandò Lovernios, anche se non sperava molto in una risposta della compagna di viaggio. Sirona parve riflettere. “In effetti c’è una cosa che vorrei domandarti.” rispose.
“Davvero? Dimmi pure.” la invitò il biondo mercenario, sorpreso.
Sirona fece un profondo sospiro. “Tu hai mai visto il Cavaliere dell’Incubo?” domandò, poi. Lovernios si sentì gelare.
“Sì, l’ho visto, perché?” rispose, tentando di mantenere la calma. “Volevo sapere com’è fatto, voglio sapere se l’ho mai visto.” rispose Sirona.
“Il Cavaliere è solamente una gigantesca armatura nera, il suo interno è vuoto e viene manovrato come un burattino dal suo spirito oscuro.” rispose Lovernios.
 
Dopo cena i due giovani si ritirarono in due stanze divise del tempio, su richiesta di Dana.
Sirona era distesa nel suo letto, ma non riusciva a dormire, dato che aveva paura di proseguire il suo sogno, se si fosse addormentata. Però era anche curiosa: voleva sapere se Lovernios le aveva detto la verità sul Cavaliere dell’Incubo. Lei non ne era così convinta: ricordava che il Cavaliere le era anche parso attraente e dubitava che un’armatura potesse piacerle.
La ragazza sospirò. Era ingiusta con Lovernios, negli ultimi tempi, era evidente come lui tentasse di farla parlare, mentre lei gli rispondeva a monosillabi. Non poteva fidarsi di lui, era certa che non sarebbe stato in grado di capirla.
Come se non bastasse, c’era un altro problema ed era uno dei motivi per cui tentava di allontanare il mercenario: si sentiva sempre più attratta da lui. Non era solo attrazione fisica ma una specie di alchimia che, bene o male, la faceva pensare al suo compagno di viaggio sempre più spesso.
La cosa era piuttosto imbarazzante, dato che il frutto delle sue attenzioni era un giovane tanto bello quanto misterioso, ma non riusciva a controllare i suoi sentimenti.
Sirona decise che non le importava nulla dei sogni: era stanca e aveva bisogno di dormire, così decise di rilassarsi e di provare a dormire.
 
Lovernios era perplesso. Perché Sirona gli aveva chiesto del Cavaliere dell’Incubo? Che domanda idiota, era ovvio: doveva aver recuperato dei ricordi riguardanti l’armatura.
Già, ma aveva capito che Cavaliere dell’Incubo e Lovernios erano stati la stessa cosa, in passato? Questo avrebbe spiegato il suo silenzio, forse aveva paura del suo compagno di viaggio. Ma se Sirona conosceva il Cavaliere che rapporti aveva con lui?
Anche Lovernios cominciava ad avvertire la sensazione di aver già visto Sirona prima di quel giorno nel bosco, ma tutto ciò era semplicemente pazzesco, nonché impossibile.
Come se non bastasse Sirona era un chiodo sempre più fisso per il giovane mercenario, le si era affezionato, nonostante lei fosse una ragazza piuttosto ambigua.
Perché quella situazione era così maledettamente intricata? si domandò Lovernios, sconsolato, prima di chiudere gli occhi, nel vano tentativo di allontanare i suoi dubbi.
 
Il giorno dopo Sirona si diresse a passo sicuro verso la stanza del suo amico e rimase stupita nel trovare la porta socchiusa.
La giovane mise mano all’elsa di Foxy ed entrò con circospezione: c’era qualcosa di losco! Proseguì trattenendo il fiato e si avvicinò al letto di Lovernios: i biondi capelli del suo compagno di viaggio sbucavano dalle coperte.
Sirona scostò le coperte e urlò di terrore: non era Lovernios, quello! O meglio sì, ma aveva l’espressione malvagia e gli occhi neri e vacui. La giovane arretrò sconvolta, mentre l’altro le andava incontro, supplicando aiuto.
La ragazza si risvegliò con il fiatone e tremante da capo a piedi. Grazie al cielo era solo un sogno!
Il Cavaliere dell’Incubo e Lovernios potevano essere la stessa persona, era assolutamente impossibile. A quanto ne sapeva nessuno era mai sfuggito al Cavaliere e Lovernios non poteva affatto essere un corpo posseduto dal Cavaliere.
“Non può essere. Dei, vi supplico, ditemi che non è così!” pregò Sirona. Non sarebbe riuscita ad accettare una cosa del genere.
 
Il giorno dopo Lovernios e Sirona ripartirono alla volta del maniero del Cavaliere dell’Incubo, certi che Anya fosse ritornata dal suo padrone.
Quando si congedarono da Dana, Sirona non poté fare a meno di notare una luce particolare negli occhi della donna, che la invitava a parlare con il suo compagno. La giovane, però, non si sentiva affatto pronta a farlo: l’incubo della notte precendente l’aveva inquietata terribilmente e aveva smorzato ancora di più il suo desiderio di confidarsi con Lovernios.
Il viaggio proseguì, certo, ma tra i due compagni d’avventura regnava il più assoluto silenzio, che rese il giorno di marcia ancora più lungo.
Come se non bastasse, i ricordi avevano preso ad emergere sempre più velocemente nella mente di Sirona: ella, infatti, aveva riacquistato molti ricordi legati alla sua infanzia. Era una bambina piuttosto alta e magra, con il viso spruzzato di lentiggini.
La donna che l’aveva adottata, invece, era una donna piuttosto anziana con lunghi capelli biondo cenere striati di grigio, che conosceva i segreti delle piante e delle erbe, cosa che non piaceva affatto ai suoi compaesani più anziani.
Anche Sirona non era molto amata, infatti pensavano che fosse una poco di buono, dato che, essendo adottata, non si sapeva da che famiglia provenisse ed era stata cresciuta da quella strana donna. Le comari del paese si segnavano ogni volta che passava e le mormoravano parole acide e commenti alle spalle e anche i frequentatori della locanda la temevano.
Sirona ricordava la sua terribile soffrenza, dato che lei non provava astio nei confronti di nessuno, voleva solo vivere la sua vita in santa pace e essere accettata per ciò che era. Era venuta a sapere da una ragazza con la quale andava d’accordo che un uomo raccontava spesso storie sul suo conto alla locanda. Anzi, era sempre stato lui a cominciare, gli altri si limitavano a raccontarle. E a crederci.
Chi era quell’uomo? Cosa voleva da lei?
 
“Adesso dove ci stiamo dirigendo, di preciso?” domandò Sirona, quella sera, mentre lei e Lovernios osservavano una mappa illuminata dal fuoco da loro acceso.  Lovernios, infatti, aveva spiegato che non c’era più alcuna necessità di prestare attenzione ai nemici che avrebbero potuto scoprirli, dato che in quel punto della Palude la nebbia era così fitta che il fuoco non si sarebbe potuto vedere se non a pochissimi metri di distanza.
“Verso sud, in un giorno di marcia dovremmo raggiungere il maniero.” rispose Lovernios.
“Mi dispiace se oggi non sono riuscita a parlarti, Lovernios, il mio comportamento è imperdonabile.” si scusò poi Sirona, sinceramente dispiaciuta per la improvvisa ritrosia.
 “Sono contento che ti sia tornato il dono della parola, ma non devi scusarti. Capisco il dolore che provi.” rispose, quasi senza pensarci.
Sirona rimase stupita. “Non puoi capire, Lovernios, tu non puoi immaginare ciò che ho fatto.” replicò la giovane.
“Nemmeno tu puoi.” fu il commento di Lovernios.
“Non tentare di farmi sentire normale, Lovernios. Sono un mostro, lo capisci? Un mostro!” tuonò Sirona, all’improvviso, voltandosi di scatto verso il suo compagno di viaggio.
“Se tu lo sei, anch’io lo sono.” sentenziò Lovernios.
“Ascoltami bene Lovernios, adesso posso dirtelo. Io sono stata un’assassina ai servigi del Cavaliere dell’Incubo stesso, cosa può esserci peggio di questo?!” disse Sirona, piangendo mentre osservava il mercenario.
Lovernios la guardò negli occhi e finalmente ricordò dove l’aveva già vista, ricordò tutto. Il mercenario emise un profondo sospiro, ormai nella confusione più completa. “Io ero il Cavaliere dell’Incubo.” disse.
Sirona emise un gemito. “Allora ricordavo bene.” mormorò, mentre le lacrime continuavano a scorrere. “Ti chiesi di curarmi, quel giorno, ma tu eri appena arrivata e non volevi essere una dei miei assassini.” mormorò Lovernios.
Sirona annuì, senza smettere di piangere. “Ma ubbidii comunque. Oh, Lovernios, quello non eri tu!” prendendo le mani di Lovernios tra le sue.
“Nemmeno tu sei più quell’assassina.” rispose Lovernios, chinandosi verso la giovane. Sirona non sapeva più che pensare, rimase perfettamente immobile, ma il mercenario cambiò all’ultimo istante le sue intenzioni e si limitò a poggiare le sue labbra sulla fronte della ragazza.
“Forse dovremmo riposare, che ne dici? Siamo abbastanza sconvolti, per oggi.” disse poi, con la voce titubante.
“Hai ragione, io ne ho abbastanza, per oggi.” sorrise amaramente Sirona, prima di coricarsi.
 
L’ultimo giorno di cammino fu il più estenuante. La nebbia nera era fittissima e ogni singolo passo andava attentamente misurato per non finire nelle sabbie mobili o nei gelidi acquitrini. Le sagome alberi morti, appena intuibili nella coltre di nebbia, donavano a quel luogo un’atmosfera ancora più teatra, resa insopportabile dal tanfo che veniva emanato dalle acque stagnanti.
A volte, all’improvviso, il gracidare di alcuni corvi risuonava nell’aria, facendo rabbrividrie Lovernios e Sirona.
C’è da dire che durante la marcia Sirona ebbe il tempo di riflettere: la ragazza si ritrovò a pensare a che cosa sarebbe accaduto dopo che fosse riuscita a compiere la propria vendetta, ammesso che vi riuscisse. Sirona non ne aveva la più pallida idea: non aveva una casa, non aveva denaro ma soprattutto non aveva una famiglia. Ora ricordava che  Karen, la donna che l’aveva allevata, era morta molti anni prima ed era stato per quel motivo che Sirona aveva lasciato il suo villaggio d’origine.
Aveva portato con sé solo qualche vestito, i suoi pochi averi e Foxy, la spada di Karen. Si era poi data al vagabondaggio e proprio durante il suo girovagare aveva conosciuto Wolfe, che l’aveva poi convinta a diventare un’assassina.
Questi ricordi, che aveva recuperato durante la notte, l’avevano distrutta: comunque fosse andata la sua missione, nessuno se ne sarebbe curato. Eppure il desiderio di vendetta e la voglia di scoprire quei pochi segreti rimasti tali spingevano Sirona a concludere quella folle vicenda, non importava in che modo.  

L'angolo dell'autrice

Eccomi di ritorno con il penultimo capitolo di questo racconto (forse ci sarà anche un breve epilogo, ma non ne sono sicura).
Ringrazio di cuore tutti voi che avete letto e recensito finora, a presto!

Carmilla Lilith.
   
 
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