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Autore: TaliaAckerman    11/08/2013    5 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Era da mesi che a Dubhne non era concesso di lavarsi. Quella sera, invece, come ricompensa per il modo egregio in cui la ragazza si era comportata nell’Arena, gli organizzatori misero a disposizione per ogni Combattente vincente una tinozza piena d’acqua, profumata con la fragranza di delicati fiori nordici. Togliendosi finalmente di dosso la divisa da combattimento, la ragazza indugiò un istante ad osservare il taglio lungo e slabbrato che Goresh le aveva inflitto al braccio sinistro; durante il pomeriggio aveva assunto un brutto color violaceo. Non era la prima volta che Dubhne si feriva – e anche in modo non tanto superficiale – ma mai nella sua vita aveva provato un simile dolore.
Lentamente, la ragazza fece scivolare a terra il corpetto e i pantaloncini, e si immerse dolcemente nell’acqua profumata. Il picco di dolore al braccio fu lancinante. La ragazza strinse i denti e orripilata guardò il proprio sangue, scuro e copioso, fuoriuscire dalla ferita.
Devo trovare il modo di disinfettarlo, rifletté frettolosamente. Si guardò intorno, poi l’occhio le cadde sulla scimitarra. Fulminea, la ragazza allungò la mano destra verso l’arma, afferrò in pantaloncini in pelle e ne tagliò un pezzetto. Poi l’immerse nella tinozza. Dubhne cominciò a respirare affannosamente. Adesso veniva la parte più dura. Esitante e assolutamente terrorizzata, la ragazza si portò la stoffa bagnata sulla ferita e la strofinò. Le sfuggì un gemito di dolore. Tenendo duro ripeté l’operazione, finché ogni singola briciola di terra e sangue impuro le fu scivolato via dalle vene. L’acqua si era tinta di rosso, e un forte odore di ferro aleggiava nell’ambiente umido. Cercando di fare in fretta, strappò un'altra striscia di tessuto e se lo legò rigidamente attorno al braccio. Avrebbe avuto una gamba del pantalone più corta dell'altra ora, ma in quella stagione cosa poteva importarle. Il dolore diminuì leggermente e la giovane appoggiò la testa al duro metallo della tinozza. Il cuore le batteva ancora a mille dalla paura.
Per la prima volta da quando era uscita trionfante dall’Arena, Dubhne ripensò a ciò che aveva fatto. All’inizio aveva tentato di reprimere quel pensiero, circondata da fiumi di persone che gridavano il suo nome, che si complimentavano con lei per la freddezza mantenuta nello scontro. Ma adesso, che era completamente sola, nulla le impediva di rivedere lo sguardo spento di Goresh che si accasciava al suolo, trafitto dalla sua scimitarra. Quando aveva lasciato il campo tutti i Combattenti l’avevano accolta con ammirazione; persino Malcom si era lasciato sfuggire un niente male. Solo James l’aveva guardata in modo diverso. I suoi occhi chiari si erano soffermati su di lei con dolore. Anche tu ci sei cascata, allora, erano parsi dirle.
La ragazza chiuse gli occhi, tentando di non vedere. Tentando di non ricordare.
Quella sera, stesa nel suo letto, Dubhne non riuscì a dormire.
Passata l’istantanea euforia per la vittoria, ora la ragazza avvertiva dentro di sé solo una terribile sensazione di vuoto. Abituatici, si disse con rabbia. Abituatici. Questo è il tuo lavoro, tu devi uccidere. Non c’è niente di male.
Ma non ne era tanto sicura. Rivedeva di continuo gli occhi di Goresh che la fissavano sconvolti, il sangue che colava dalla bacca semiaperta del suo cadavere.
Mio dio. Che cosa ho fatto?
D’un tratto, la ragazza sentì dei passi avvicinarsi alla sua camera. Claris, non c’era dubbio. Dubhne non si voltò; non aveva voglia di parlare di ciò che era accaduto quel giorno nell’Arena.
– Sei stata brava - disse una voce, cogliendola completamente alla sprovvista. Non era Claris; era Malcom. Stupefatta, lei si voltò di scatto in direzione della porta, ma Shist era sparito.
Sei stata brava. Già, tutti lo pensavano ormai. Anche lei, nel profondo del cuore.
- È il mio destino. Non sono fatta per una vita felice, io - sussurrò a se stessa la ragazza. Ed era vero. Doveva smetterla di piangersi addosso, doveva scrollarsi quell’insopportabile senso di colpa. Malcom Shist aveva ragione. Era duro ammetterlo, ma aveva ragione.
Ormai Dubhne era un’assassina. E non avrebbe mai più potuto tornare indietro.


Dormivano tutti. Le ante del palazzo Cerman erano tutte sprangate, tutte tranne la sua.
Immobile, Dubhne sedeva sui gradini di pietra in fronte alla piazza, reggendo in mano un bicchiere di vetro colmo d’acqua. Il sole non aveva ancora finito di tramontare, all’orizzonte, e ancora irradiava nel cielo un’opaca luce aranciata.
La ferita al braccio, che ancora le doleva, era nascosta alla vista da una fasciatura pulita, che era riuscita ad ottenere da Agnes.
La giovane bevve un sorso d’acqua, rimuginando sugli avvenimenti dei giorni precedenti. Ne erano passati otto dall’inizio dei Giochi, e gran parte dei Combattenti era già stata eliminata o, peggio, uccisa.
Quel pomeriggio era terminata la fase eliminatoria della competizione, e l’ultimo duello era stato un trionfo per la squadra di Malcom: il giovane Liens, che aveva appena due anni più di lei, aveva battuto dopo un lungo confronto Shat, un esperto Combattente della squadra di Ellison Pets. In generale, le cose per la squadra avevano preso una buona piega. Dei dodici eliminati (la metà dei componenti originali) solo in due erano andati incontro alla morte. Kanes, che aveva quarantacinque anni, era stato ucciso da Voxel a combattimento ultimato, poiché non essendosi arreso. Tutt’altra storia era stata invece per Darvis, che dopo un agguerrito scontro con l’audace Nimal era stato finito da lei per salvarsi la vita. Dubhne non aveva pianto per quelle notizie, né si era dispiaciuta come avevano fatto Drembow (passato per miracolo al turno successivo) o Alliar, che era sempre stata una grande amica dei due. Come poteva la ragazza piangere per due persone che mai le avevano rivolto la parola?
Durante la settimana Dubhne aveva assistito anche ad altri combattimenti dalle tribune, ovviamente quelli in cui non erano coinvolti partecipanti della squadra di Malcom. Aveva individuato parecchi avversari decisamente temibili, specialmente dalla squadra di Peterson Cambrel.
Aveva visto il duello di Jackson, ed era stato semplicemente agghiacciante; il suo avversario non aveva resistito ai suoi attacchi che per pochi secondi. L’uomo l’aveva letteralmente spazzato via. Con un solo colpo gli aveva mozzato un braccio, e lui aveva dovuto invocare la morte parecchie volte prima che Malker lo accontentasse, tagliandogli la testa e lanciandola dall’altra parte del campo.
Persino Xenja e Claris erano parse turbate, e Agnes aveva addirittura seppellito il viso fra le mani.
Dubhne no. Anche se dentro di sé aveva avvertito un odio e una paura incontrollabili, si era sforzata di rimanere impassibile. Le lacrime le avevano pizzicato gli occhi, ma la Combattente era riuscita a frenarle. La vecchia se stessa doveva essere lasciata alle spalle. E Dubhne era sicura di stare riuscendo a farlo.
Ma Jackson non era l’unica minaccia. Anche la giovane Clia, di soli vent’anni, si era dimostrata non solo all’altezza di annientare un avversario molto più grande di lei, ma l’aveva anche ucciso senza pensarci due volte. Nell’Arena aveva dimostrato un’agilità e una freddezza che Dubhne non aveva mai visto prima. Gli eleganti coltelli che la Combattente utilizzava rispecchiavano perfettamente la sua personalità spietata. E poi c’erano Mitch e Fargot, due fratelli esperti e forti, e ancora Pete, dalla tecnica fine, e una miriade di altri.
Anche tra le fila di Ellison c’erano persone potenzialmente pericolose, come Nimal e Resh, ma nulla di impossibile... Forse.
– Anche tu qui eh?- una voce rilassata la fece sobbalzare, e il bicchiere quasi le scivolò dalle mani. La giovane alzò il viso, e si trovò davanti una ragazza dai capelli rossi. Non sapeva come si chiamasse, ma l’aveva già scorta nel gruppo di Cambrel.
Meccanicamente, annuì.
L’altra sorrise e allungò una mano. – Io sono Jise - si presentò.
– Dubhne - la ragazza la strinse. Poi tornò al proprio bicchiere.
Jise continuò:- Ti ho vista nell’Arena, l’altro giorno. La Ragazza del Sangue…
- Già - le labbra di Dubhne si incurvarono leggermente nel sentire quel nome.
– Voglio che tu sappia che per me sei stata fantastica. Un po’ diversa da me nel primo combattimento…- fece la giovane amaramente.
- Perché, che è successo?
Jise fece una smorfia. – È stato tanto tempo fa. Avevo quattordici anni allora e… sono stata imbarazzante diciamo...
Dubhne rise. – E quest’anno com’è andata?
Le pareva piuttosto strano essere lì, a discutere tranquillamente con una ragazza appartenente alla stessa squadra di Jackson Malker.
Jise assunse un’aria soddisfatta. – Ho vinto. Ho battuto un mio compagno di squadra, e per fortuna non ho dovuto ucciderlo. Neisy mi ha detto che ho combattuto benissimo.
Ma l’altra non stava già più ascoltando; l’indomani sarebbe cominciato il turno, e lei aveva bisogno di dormire.
Rimase ancora per qualche minuto ad ascoltare il racconto entusiasta di Jise, poi la salutò cordialmente e si ritirò nella propria stanza per riposare.
Si sfilò la divisa in cuoio e la sistemò sullo sgabello, poi si stese sul sottile materasso.
D’un tratto, avvertì il desiderio di combattere di nuovo.




Note: salve gente :) Ecco nuovo capitolo, l'avevo detto che il presente avrebbe preso importanza col tempo xD Spero che vi sia piaciuto come a me scriverlo, fatemi sapere le vostre opinioni con una recensione! E grazie davvero a Miwako Honoka, che ha appena aggiunto la mia ff tra le seguite. Alla prossima :D
  
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