Storie originali > Horror
Segui la storia  |       
Autore: Meow_    19/08/2013    5 recensioni
Alzai lo sguardo verso lo specchio. Avevo la faccia ricoperta di sangue, ma non riuscivo a capire da dove venisse.
-
Pensai di essere impazzita, di avere le allucinazioni.
-
«Queste occhiaie! E la faccia, guardami, sono color morte!»
«Stai impazzendo»
«Seriamente non vedi niente di strano?»
«No»
Genere: Horror, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 6
L'Accordo







Sentii la creatura sghignazzare dentro la mia testa. Non riuscivo più a vederla da nessuna parte.
«Tu sei mia madre?» chiesi, praticamente sottovoce.
Rise ancora. Stavolta il suono veniva dalla mia destra; mi girai, ma c’era solo buio, nient’altro.
«Rispondimi» dissi. Mi tremava la voce.
«Che bisogno c’è di rispondere, quando sai già la risposta?» disse la creatura. Era alla mia sinistra, ma io non avevo avvertito nessuno spostamento.
Come fa a muoversi in questo modo? Perché non la vedo? Pensai.
«Piccoli trucchetti, tesoro» rispose.
«Sei davvero mia madre? O è solo un’illusione?» provai ancora.
Nessuna risposta.
Non può essere lei. Non mi farebbe mai una cosa del genere, sono pur sempre sua figlia, pensai, e me ne pentii all’istante. Era difficile
«Tu la odi. Ops, tu mi odi» disse la creatura.
Non volevo crederle, era semplicemente impossibile. Era vero: io e mia madre non eravamo mai andate d’accordo, ma questo? Mia madre era umana, una persona normale.
«Uff, è difficile convincerti, eh? D’accordo, è un’illusione» confessò la creatura.
Probabilmente in quel momento ripresi a respirare. Lo sapevo, lo sapevo. Non poteva essere lei.
«Ferma, ferma. Questo non vuol dire che io non sia tua madre, o meglio: che tua madre non sia io» disse.
Un brivido percorse il mio corpo. Cosa voleva dire? Mi ero stancata di tutti quegli indovinelli. L’unica cosa che sapevo è che non era mia madre, non c’erano dubbi.
«Non capisco» dissi, cercando di non apparire troppo spaventata.
Inutile. Quella cosa mi può sentire, cercai di mettermelo in testa una volta per tutte.
«Non c’è bisogno che tu capisca» mi rispose con tono tranquillo, cosa abbastanza ironica vista la situazione in cui eravamo. «Quello che voglio è proporti un accordo».
«Un… Cosa?»
«Un accordo, mi hai capito benissimo» ripeté.
«Cosa vuoi che faccia?» chiesi. Temevo per ciò che poteva chiedermi. Potevo solo vagamente immaginare quale orrore fosse il suo accordo, e sinceramente non volevo saperlo. Volevo solo andare via da lì –ovunque quel posto fosse– e tornare a casa, alla mia vita di sempre. Mi pentii per ogni volta in cui mi ero lamentata della mia noiosissima vita, perché in quel preciso istante avrei dato qualsiasi cosa per riaverla indietro.
«Oh, niente di che» rispose la creatura, ridacchiando. Ora potevo vederla: aveva di nuovo preso le sembianze di mia madre. Bastarda. «Devi solo fare un lavoretto molto semplice per me».
Chiesi mentalmente che tipo di lavoro fosse, ma non mi rispose. Vuole tenermi sulle spine. Si diverte a vedermi in questo stato.
«Prima ti ho detto che siete voi a venire da me, voi mi cercate» disse, ignorando completamente la mia domanda.
Annuii, incapace di parlare. Volevo solo che questa storia finisse al più presto, invece la creatura –o qualsiasi cosa fosse– se la prendeva con comodo.
Certo, pensai, sa che ogni secondo in questo posto mi mette i brividi e vuole vedermi terrorizzata più a lungo possibile. Aveva una sua logica.
«Ti ricordi il primo giorno che ci siamo incontrati?» chiese.
Per un attimo aggrottai la fronte, di cosa stava parlando? Non ci eravamo mai visti prima di allora. Ma poi capii: le occhiaie, il sangue e tutto il resto dipendevano da lui –o lei­–. Intendeva il giorno in cui per la prima volta avevo visto quell’orrore sul mio viso.
Ovviamente lo ricordavo. Come avrei potuto fare altrimenti?
Nonostante potesse leggere nella mia mente, non continuò il discorso. Dedussi che voleva sentirmi parlare, voleva sentire la paura nella mia voce.
«Sì, me lo ricordo» risposi.
«Te lo ricordi molto bene?» chiese.
In quel momento tanti frammenti di ricordi tornarono nella mia mente. Percepii addirittura il terrore che avevo provato quel giorno.
Cercai di scacciare via quei brutti pensieri, e risposi: «Me lo ricordo perfettamente».
«Quindi ricorderai cos’hai detto esattamente, mmh, tre minuti e mezzo prima di incontrarci?» chiese.
Riflettei un attimo. Mi ero appena svegliata, non avevo detto nulla… No, non detto, pensato… Cosa avevo pensato? Ah, ma certo. “Voglio morire”.
Per un attimo il mio cuore cessò di battere. Non riuscivo a respirare, e per lo spavento persi l’equilibrio che avevo raggiunto con fatica e inziai a scendere lentamente, senza sapere verso cosa. Con uno schiocco delle dita, la creatura mi sollevò immediatamente e mi rimise in equilibrio.
«Sono… Sono qui per quello?» riuscii infine a dire.
La creatura rise. «Oh, no! Certo che no! Sapevo benissimo che non lo volevi davvero, era solo uno scherzetto. Mi diverte sempre vedere un po’ di terrore. Be’, sentire, in effetti… Te l’avevo detto? Io posso provare qualsiasi cosa tu provi. È divertente, ma soprattutto utile».
La guardai con disgusto, come ci si può divertire per una cosa simile? «Mi fai schifo» dissi, mettendo dentro quelle parole tutto l’odio che potevo provare.
Un secondo pensiero mi passò per la testa: come poteva riuscire a fare tutto ciò?
La creatura sghignazzò nuovamente. «Non mi crederesti mai, se te lo dicessi».
«Dimmelo» le urlai contro. «Dimmi cosa sei!».
Mi guardò con uno sguardo serio, tutto il divertimento di poco prima aveva abbandonato i suoi occhi. «Ragazzina, smettila».
«Voglio sapere cosa sei e perché mi trovo qui, voglio sapere perché non mi lasci in pace, voglio sapere perché…» un dolore fortissimo interruppe la mia frase. Non capivo nemmeno da dove provenisse, tutto ciò che riuscivo a sentire era dolore. Dolore ovunque, sembrava che il mio corpo fosse sul punto di esplodere.
«Fallo smettere! Basta! Ti prego!» supplicai.
«Prometti» disse in tono gelido. «Giura che non farai mai più la bambina cattiva».
«Lo prometto! Lo giuro» urlai, senza esitazione.
La creatura si prese qualche secondo ancora di calma, e mi guardò tranquillamente contorcermi per il dolore. Sembrava vagamente interessata allo spettacolo. Poi tutto cessò, e fu come riprendere a vivere.
«Dimmi cosa devo fare» dissi, sperando che quella frase non la facesse arrabbiare di nuovo. Non ero sicura di poter sopportare quel dolore un’altra volta.
«Con calma» disse. «Ora finisco il discorso e tu non mi interrompi».
Non avevo alcuna intenzione di disobbedire.
«Ti ho detto che siete voi che venite da me, e tu ti sei chiesta cosa volessi dire» continuò. «Per “voi” intendo tutti. Tutti voi, esseri umani. Voi cercate la paura, a voi piace la paura. Andate a vedere quelli che chiamate “film horror”, vi travestite da mostri, fate cose incoscienti per provare il brivido dell’emozione, o stupidaggini del genere. Ma non sapete a cosa andata in contro. Non vi rendete conto che state sfidando qualcosa più grande di voi. E poi vi chiedete come mai io vi trovo».
Tutta quella storia era così inquietante che non poteva essere vera. Ogni volta che qualcuno cerca la paura finisce con l’incontrare quest’essere? Non era credibile.
«Ovviamente, non tutti mi incontrano» rispose alla domanda che non avevo formulato. «A dire il vero, voi privilegiati siete pochissimi».
Privilegiati? Darei qualsiasi cosa per passare il “privilegio” a qualcun altro.
«Questo non è possibile. Io vi scelgo con molta cura. Tu sei una persona molto paurosa, non è vero?» chiese.
Purtroppo sapevo che aveva ragione. Ero la persona più paurosa che conoscevo, talmente paurosa da non essere in grado di guardare nessun film horror. Talmente paurosa da non poter camminare in una stanza buia, o semplicemente restare a casa da sola. E tutta quella paura mi aveva portata lì.
«Oh, ti conosco bene!» ridacchiò. «Ti conosco meglio di quanto tu conosca te stessa».
La cosa mi metteva i brividi, ma stavo iniziando a credere che avesse ragione. E non era niente di buono. Questo voleva dire che conosceva ogni mio punto debole, ogni mia paura, piccola o grande. Poteva costringermi a fare di tutto, aveva il totale controllo su di me.
«Ora arriviamo alla questione importante» disse.
Trattenni il fiato, ecco che finalmente arrivavamo al punto. Da un lato avevo paura, ma dall’altra avevo la sensazione che tutta questa situazione sarebbe finita.
«Voglio che trovi un’altra persona paurosa quanto te. O più di te, ancora meglio» disse.
Non sembrava una cosa tanto terribile, ma poi continuò.
«Voglio che tu le faccia provare paura, come io ho fatto con te. La dovrai torturare con la paura, la dovrai far impazzire. E infine la spingerai a venire da me. Potrai utilizzare tutte le mie capacità –ah, non pensare di rigirarmele contro, non ci pensare nemmeno. Io ti controllerò ogni istante, non potrai mai vincere contro di me, toglitelo dalla testa. Mi aspetto che tu faccia un buon lavoro, lo dico anche nei tuoi interessi».
Ero senza parole. Non potevo, non potevo e basta. Solo l’idea di far vivere ad un’altra persona tutto quello che avevo passato era impensabile, mi sentivo male al solo pensiero.
«Come puoi chiedermi una cosa del genere?» chiesi, e crollai. Scoppiai a piangere.
«Smettila» mi ordinò, glaciale, e le lacrime cessarono immediatamente.
«Non posso» mormorai.
«Non puoi, ma davvero? Va bene. Allora eccoti un piccolo assaggio di cosa ti succederà se non accetti» schioccò le dita e scomparve.
Successe tutto insieme: sentivo le zampette di un’infinità di insetti percorrermi il corpo, alcuni mordevano. Cercai di togliermeli di dosso, ma ovunque toccassi sentivo dei vermi, e di conseguenza ritraevo immediatamente le mani, disgustata. Poi vidi di nuovo le ombre con la coda dell’occhio,correnti d’aria che mi sfiorarono, come se qualcosa di invisibile mi stesse passando accanto. Poi sentii un ronzio vicinissimo alla mia faccia. Una vespa. Una dannatissima vespa.
Volevo correre, correre più lontano che potevo per allontanarmi da lei, ma ovviamente non potevo muovermi. Sembrava quasi che la vespa si divertisse a volarmi vicinissima alle orecchie, agli occhi… Ma certo, era ovvio. La vespa non era altri che quella creatura.
Mi ritrovai ad implorarla di non pungermi. Il mio terrore per le vespe era enorme. Ma nonostante tutte le preghiere, la vespa mi punse sull’occhio.
Il dolore fu atroce. Avevo provato solo la puntura di ape, una volta, ed era stato terribile. Ma niente in confronto a questo. Iniziai ad insultare mentalmente la vespa con le peggiori parole che mi venivano in mente, ed ecco che ne arrivarono altre. Non riuscii a capire quante fossero, non volevo. Volevo solo che mi lasciassero in pace. Ma presumevo che fossero moltissime.
Fu quando mi punsero per la terza volta che decisi. Non mi importava se qualcun altro doveva soffrire, non mi importava se qualcun altro doveva subire ciò che avevo subito io. L’unica cosa che mi interessava era non provare più tutto quel dolore e tutta quella paura.
«MI ARRENDO» urlai «FARÒ TUTTO QUELLO CHE VUOI». Nessuno mi rispose. 





Ciao a tutti! Probabilmente ormai sarete abituati ai miei ritardi, ma mi scuso comunque.
Comunque, parliamo del capitolo! Vi aspettavate che sarebbe andata così? Spero che l'idea vi piaccia. 
Grazie per chi segue la storia e a chi recensisce i capitoli. Grazie di sopportarmi nonostante le attese infinite tra un capitolo e l'altro. 
A presto, un bacio. 
Facebook: Sofia Meow
Twitter: @_sofimeow
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Horror / Vai alla pagina dell'autore: Meow_