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Autore: MyLandOfDreams    23/08/2013    5 recensioni
Sono passati 4 anni dall’ultima volta che l’ha visto. Quattro anni da quando le ha dichiarato il suo amore. Quattro anni senza ricevere sue notizie.
Fino ai 12 anni Mike occupava una parte importante nella vita e nel cuore di Lucia, e, ora che lui è lontano, lei non fa altro che aspettare il suo ritorno. Ormai ha compreso quali sono i sentimenti che prova per il suo amico, ma quest’ultimo non ha mai provato a mettersi in contatto con lei.
Lei non ha più amici. Ha solo la sua famiglia.
Fin quando, il primo giorno del terzo anno di liceo, non incontra lui.
Claudio che, in punta di piedi, entrerà nella sua vita aiutandola a rifarsi una vita.
Ma il passato non si può cancellare.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico
Capitoli:
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Attenzione: per chi non l'avesse notato, ho cancellato il capitolo pubblicato il 21-08-2013. L'ho eliminato in quanto non mi aveva molto soddisfatta per cui eccomi qui, con un capitolo lungo quasi il doppio. E un enorme grazie a Giulia ed Alessandra, senza le quali questo capitolo sarebbe uno schifo. Ci si vede sotto.
 

Capitolo 6

  Poco tempo dopo essermi addormentata sulla sedia accanto a Claudio, fui svegliata dall'infermiera di turno che mi avvertiva dell’imminente fine dell'orario di visita.
   Per qualche secondo rimasi ad osservare il mio quasi amico. Speravo di trovarlo in una posizione diversa da quella in cui l'avevo visto poco prima di sprofondare tra le braccia di Morfeo, di trovarlo finalmente cosciente al mio risveglio.
  Evidentemente speravo sempre nelle cose impossibili. Mi convinsi quindi che quel giorno non si sarebbe svegliato.
  Quasi come un automa mi alzai senza dire nulla, per poi dirigermi verso la porta. Appena giunta sulla soglia di questa mi voltai verso il letto su cui giaceva immobile e pallido, quasi cadaverico.
  Animate di vita propria, le mie gambe mi riportarono accanto a lui e, chissà per quale motivo, posai le mie labbra sulle sue.
  Si trattava di un semplice sfioramento di labbra, privo di amore. Io non ne ero innamorata. Io ero innamorata di Mike.
  Marco, tuttavia, mi aveva spronata ad andare avanti, lasciarmi Mike e tutto ciò che rappresentava alle spalle. Mi aveva incitata ad avvicinarmi a Claudio, avendo visto in lui la mia unica via di fuga da quel labirinto di disperazione, dolore e sofferenze in cui ero rimasta bloccata per quattro interi anni.
  Avevo deciso di seguire il suo consiglio, motivo per cui mi trovavo in quell’ospedale, oltre a quello di voler scusarmi con lui e stargli accanto quando si sarebbe svegliato.
  Col senno di poi quel bacio lo interpretai come un patto con cui mi impegnavo a lasciarmi tutto alle spalle e ricominciare davvero a vivere.
  Il lieve bacio tra me e Mike quattro anni prima, insieme alla sua confessione, era stato l’inizio della mia non vita. Questi ricordi dolorosi, seppur felici, mi erano sempre rimasti impressi nella mente, ed erano stati il motivo principale dei miei momenti di depressione. Mi ricordavano costantemente ciò che in quel momento non potevo avere: il mio migliore amico, l’amore di qualcuno che non fosse un parente, la sensazione di sentirsi finalmente piena e non più un involucro di carne ed organi vuoto.
  Baciando Claudio, seppur impercettibilmente, ponevo simbolicamente fine a quel periodo, ricominciando a vivere.
  Rimasi in quella posizione per pochi secondi. Dopodiché uscii da quella camera senza più voltarmi indietro.
   Decisa a tornare a casa scesi al pian terreno con l’ascensore per poi uscire dall’ingresso principale dell’edificio. Poco prima di varcare la soglia della porta mi voltai verso un’infermiera che sentivo correre nel tentativo di attirare l’attenzione di una “signorina” come la chiamava lei.
  Con mia enorme sorpresa notai che stava chiamando proprio me per cui mi ci avvicinai.
  Affaticata dalla corsa,appena mi raggiunse potendosi fermare,poggiò le mani sulle ginocchia respirando a pieni polmoni.
  «Mi dica» le dissi facendole sollevare il viso. Era la stessa infermiera che mi aveva svegliata.
  «Il ragazzo che è venuta a visitare si è ripreso!»
  Un’espressione di gioia si fece spazio sul mio volto e senza neanche risponderle corsi nuovamente verso il terzo piano. Non mi curavo delle espressioni sbigottite delle persone che mi stavano intorno, m’importava solo di raggiungere Claudio.
  Nonostante tutto avevo capito che a lui, anche solo un po’, ci tenevo. In un modo totalmente anormale era diventato mio amico.
  Giunta sulla soglia della porta aperta mi fermai ad osservare la scena che mi si parava davanti. Claudio, finalmente cosciente, seduto sul letto circondato da infermieri, era intento a parlare con il medico.
  Mi appoggiai allo stipite in attesa di potergli parlare. Un leggero sorriso mi increspò le labbra. Ero felice. Avevo finalmente la possibilità di chiarire con lui ed ammettere di essere stata una stupida insensibile. Potevo finalmente iniziare a vivere.
  Claudio non mi aveva ancora notata, assorto com’era a parlare con il dottore. Appena finì la visita di routine, il medico con la sua equipe si diresse verso l’uscita della camera, lasciandomi finalmente libera di parlare con quel ragazzo dagli occhi color cielo. Nel seguire con lo sguardo quelle persone, si rese finalmente conto della mia presenza.  Nessuno dei due parlava, semplicemente ci fissavamo, lui diffidente, io dispiaciuta. Mi avvicinai prendendo posto sulla sedia.
  «Ciao» Sussurrai.
  «Che ci fai qui?» Freddo e distaccato. Mi diedi dell’idiota. Mi aspettavo che fosse felice di vedermi lì con lui? Ovviamente no, non dopo come era finita la nostra ultima “chiacchierata”.
  «Ho saputo dell’incidente e volevo semplicemente starti accanto» esordii leggermente in imbarazzo.
  «Come se di me t’importasse qualcosa» disse con disprezzo distogliendo lo sguardo
  «Claudio, posso spiegarti. Quella volta non intendevo…»
  «Non intendevi cosa? Ferirmi? Farmi sentire una nullità?» Mi interruppe fissandomi con odio. Mi meritavo tutto quell’odio, quel rancore, ne ero consapevole.
  «Ti ho risposto senza pensare, non volevo dire quello che ho detto» tentai di giustificarmi.
  «Era esattamente quello che volevi dire, proprio perché non ci hai pensato!» urlò lui di rimando.
  «È complicato! Non potevo dirti il vero motivo per cui preferivo stare lontana da te. Ma ora vorrei spiegarti» Le lacrime iniziarono a velarmi gli occhi.
  «Perché ora sì? Cos’è cambiato? No anzi, sai una cosa? Non voglio più saperlo»
  «Ti prego. Claudio per favore perdonami. Tu sei la mia unica possibilità…» e lo era per davvero. Lui era la possibilità di iniziare una nuova vita in un nuovo domani.
  Lo vidi fissarmi con gli occhi sgranati, leggermente preoccupati, per poi sospirare rassegnato.
  «Ti do una sola possibilità per spiegarmi tutto e convincermi a lasciarmi tutto alle spalle. Una sola. Solo… Smettila di piangere per favore». Solo allora, dopo che me lo fece notare, percepii il viso umido di lacrime.
  Velocemente mi passai le mani sulle guance per cancellare il segno del loro passaggio e cominciai a raccontare.
  Gli parlai di quel mio migliore amico che quattro anni prima, in seguito alla morte del padre, dovette trasferirsi in Inghilterra. Quel ragazzino che la notte stessa della partenza mi aveva confessato il suo amore per poi svanire nel nulla. Gli parlai di quanto me lo ricordasse per quegli occhi meravigliosi che si ritrovava, per quel suo sorriso, sempre presente. Gli spiegai che questo era il motivo per cui preferivo stargli lontana, per cui non lo volevo come amico.
  «Marco non riesce più a vedermi star male per lui e mi ha incitata a venire da te. Ha detto che tu sei il primo dopo anni che è riuscito a farmi sorridere, che probabilmente sei anche la mia unica possibilità di ricominciare a vivere davvero» conclusi sospirando pesantemente e rilassandomi contro lo schienale di quella scomoda sedia.
  «Quindi mi stai dicendo che sei qui semplicemente perché ti ha incitata tuo fratello?» aveva alzato entrambe le sopracciglia in un’espressione offesa. Era la prima volta che parlava da quando avevo iniziato a raccontargli tutto.
  «No, aspetta. Io ti ho praticamente raccontato tutta la mia vita e tu ti concentri su quest’ultimo pezzo? E comunque no. Sin da subito mi ero pentita di quella risposta. Ricordi? Ho cercato di scusarmi, ma tu mi hai cacciata via. Uscita da casa tua ho pensato che forse era meglio così. Sì, insomma, non correvo il rischio che tu cercassi ancora in qualche mododi entrare a far parte della mia vita. Ma quando ho saputo che eri entrato in coma, ho iniziato a sentirmi terribilmente in colpa. Continuavo a pensare che se non ti avessi risposto in quel modo non ti sarebbe accaduto nulla» stavo iniziando a parlare a vanvera e molto velocemente.
  «Cioè pensavi che mi fossi di proposito buttato sotto un camion per suicidarmi?» mi interruppe con un sopracciglio alzato e un’espressione alquanto scettica.
  «No… sì… Non lo so!» risposi abbassando lo sguardo.
  Mi aspettavo una qualsiasi sua reazione, ma mai che scoppiasse a ridere.
  Sollevai lo sguardo per osservarlo. Avevo già appurato che fosse un bel ragazzo, ma vederlo ridere tanto di gusto lo rendeva ancora più affascinate.
  Una volta che si fu calmato parlai. «Questo vuol dire che mi perdoni?» chiesi speranzosa.
  «Solo se non cercherai più di allontanarmi» rispose con un sorrisino sincero.
  Senza pensare mi alzai dalla sedia per abbracciarlo. Non poteva ricambiare perché impedito da tutti quei fili che gli avevano collegato, ma non importava. Mi aveva perdonata.
  Un colpo di tosse mi fece allontanare imbarazzata da Claudio. Era sempre la stessa infermiera.
  «Mi scusi signorina, ma ora dovrebbe proprio andare. E non si preoccupi per il suo ragazzo, sta arrivando sua madre a tenergli compagnia».
  Detto ciò sparì alla nostra vista. Ero arrossita. Pensava che io e Claudio fossimo fidanzati. Notando il mio imbarazzo Claudio scoppiò a ridere nuovamente.
  «Dovresti vederti! Sei troppo tenera» Disse continuando a ridere.
  Al pensiero di sua madre, tornai a fissarlo. «Per quanto riguarda tua madre…»
  Mi interruppe prima che potessi finire la frase «Ne riparliamo in un altro momento. Ora devi andare» Un dolce sorriso gli increspò le labbra.
  Nuovamente lo abbracciai. «Ciao» gli sussurrai all’orecchio «Esci presto da qui. Ti aspetto»
  Prendendomi alla sprovvista mi diede un bacio leggero sulla guancia. «Ciao».
  Ormai più rilassata per l’aver messo in chiaro le cose con Claudio uscii da quell’ospedale, lasciando che le gambe mi portassero a casa mentre ripensavo a quanto era appena successo.
  Ripensandoci resta un mistero come sia riuscita a non farmi mettere sotto da qualche macchina.
  Ripensai alla risata di Claudio, ai suoi sorrisi, gli abbracci, il bacio che mi aveva dato sulla guancia, il bacio che gli avevo dato io quando ancora era incosciente. Improvvisamente fui riscossa fai miei pensieri dalla suoneria del cellulare che annunciava una chiamata in arrivo.
  Risposi senza neanche controllare chi fosse, impegnata com’ero ad osservarmi intorno. Ero così presa dai ricordi della giornata che non avevo notato quale strada per tornare a casa avevo percorso.
  Erano esattamente quattro anni che non tornavo in quel parco. Inevitabilmente un ricordo si fece spazio nella mia mente.
 
  Avevo solo sette anni. Era un pomeriggio soleggiato d’inizio giugno. La scuola era finita da poco, e il tempo libero, noi due, lo trascorrevamo vagando per il parco accanto casa.
  Ci rincorrevamo, facevamo degli scherzetti innocenti ai passanti, ci schizzavamo a vicenda con l’acqua della fontana, posta esattamente al centro del parco, facevamo amicizia con altri bambini e, una volta esausti, ci sdraiavamo sull’erba, sotto qualche albero, per ripararci dai raggi del sole e sonnecchiare.
  Quel giorno però il nostro abituale riposino fu interrotto dall’incessante abbaiare di un cane.
  Io avevo il terrore dei cani. Non sapevo da cosa derivasse quella paura, ma era così.
  Terrorizzata, mi alzai di scatto urlando, notando che il cane si stava dirigendo esattamente nella mia direzione.
  Era un cane grande.
  Non che i beagle siano grandi,ma per una bambina di sette anni col terrore dei cani, l’animale a quattro zampe che mi si parava contro era enorme.
  Senza dire nulla a Mike, corsi verso un punto imprecisato del parco continuando a strillare.
  Solitamente, quando fuggivo da un qualsiasi cane incontrato per strada, questi non stavano a rincorrermi. Quella volta, invece, il beagle non accennava a fermarsi.
  Poco tempo dopo mi ritrovai in un vicolo cieco. Dalla mia unica via di fuga stava arrivando il cane, seguito da Mike che cercava di non perdere le mie tracce.
  Non avevo altra scelta se non quella di infilarmi in un cespuglio e continuare a correre tra gli alberi. Nonostante ciò continuai a sentirmi seguita.
  Ben presto mi ritrovai su di una distesa circolare verdeggiante, ricoperta da fiori selvatici. Al centro di quella distesa s’innalzava un grande albero su cui qualcuno aveva costruito una casetta di legno, come quelle nei film.
  Senza neanche rifletterci, mi ci avvicinai e iniziai a salire la scala di corda. Solo una volta arrivata in cima mi resi conto dell’enorme stupidaggine commessa.
  Soffrivo di vertigini.
  Pochi secondi dopo vidi il cane fermarsi ai piedi dell’albero, e Mike salire verso di me.
  Una volta che Mike mi raggiunse, mi aggrappai a lui immergendo il viso nell’incavo tra la sua spalla e il suo collo, singhiozzando. Senza esitare mi circondò le spalle con le sue braccia.
  Era a conoscenza delle mie vertigini, e sapeva che la sola vicinanza di una persona cara poteva aiutarmi a tranquillizzarmi.
  «Mike ho paura!» strillai tra i singhiozzi.
  «Tranquilla. Ci sono io qui» mi rassicurò accarezzandomi i capelli con una mano.
  Rimanemmo così per quella che sembrò un’eternità, incuranti di ciò che ci accadeva intorno.
  Una volta che mi tranquillizzai, sciogliemmo l’abbraccio, intrecciando però le mani.
  «Dobbiamo tornare a casa. Si staranno preoccupando non vedendoci tornare» mi disse dolcemente, nel tentativo di convincermi ad affrontare le mie paure, quindi  scendere da quella casetta e imbattermi in quel cane.
  Ripresi subito a singhiozzare. «Ma io non voglio scendere! C’è quel brutto cane lì sotto! Io ho paura»
  «D’accordo» sospirò «Facciamo così: io mando via il cane. Poi tu scendi. Ok?»
  Titubante e con ancora le lacrime agli occhi annuii.
  Osservai Mike avvicinarsi alla porta d’ingresso per poi scendere la scala di corda. Nell’attesa che tornasse a chiamarmi mi guardai attorno.
  Su una parete vi era una piccola finestra coperta da delle tendine ormai logore, di colore indefinito. Sotto di questa vi era un baule, uno di quelli che ricordano i pirati.
  Mossa dalla curiosità mi ci avvicinai e la aprii. Fui però delusa dal notare che era vuota se non per qualche ragnatela.
  «Lucia ora puoi scendere!» urlò Mike.
  Avevo paura di cadere per cui mi misi a gattonare fino alla porta. Una volta giunta in prossimità di questa, mi ci affacciai per guardare il mio amico che con pazienza mi aspettava ai piedi dell’albero.
  «Non ce la faccio. Ho paura» piagnucolai.
  «Lucia! Tu lo sai che ti voglio bene vero?» mi chiese. In risposta annuii leggermente. «E sai anche che non lascerò che niente e nessuno ti faccia del male, si?» continuò.
  Mormorai un lievissimo sì in risposta.
  «Allora devi sapere che se cadi io sono qui pronto a prenderti!»
  Incoraggiata da quelle parole iniziai a scendere la scala. Improvvisamente il piolo su cui avevo poggiato il piede si ruppe facendomi cadere all’indietro.
  In quel momento riuscii solo a immaginarmi stesa su una barella in ospedale con un braccio e una gamba rotta.
  Mi preparai all’impatto che di lì a pochi secondi avrei avvertito, ma questo non arrivò. Percepii invece delle braccia attorno alla mia vita che mi tenevano strette e i miei piedi sul suolo.
  Lentamente mi voltai verso il mio salvatore con le lacrime agli occhi.
  «Te l’avevo detto che ti avrei presa. Ti prenderò sempre»
 
  Quel giorno scoprimmo che, dalla parte opposta da cui eravamo arrivati, c’era casa nostra, o meglio il nostro giardino. Scoprimmo anche che quella casetta era di mio padre quando aveva su per giù la nostra stessa età.
  Da quella volta iniziammo a trascorrere lì i momenti di noia. Solo noi due eravamo a conoscenza della casetta sull’albero. Non ne avevamo voluto fare parola con Marco e Belle. Volevamo che rimanesse un nostro posto.
  «Lucia, la mamma ha quasi finito di preparare la cena. Tu a che punto sei? Passo a prenderti in ospedale?». La voce di Marco proveniente dal cellulare mi fece riemergere dalla terra dei ricordi.
  «Sono vicina non preoccuparti» risposi.
  Senza attendere risposta chiusi la chiamata per poi salire la scala di corda di quella casetta che mi aveva vista crescere, che aveva assistito alle riappacificazioni tra me e Mike.
  Ogni volta che litigavamo, anche per stupidaggini, io salivo sulla casetta a piangere. Ogni volta dimenticavo di soffrire di vertigini per poi ritrovarmi  bloccata lassù fino all’arrivo di Mike che mi chiedeva perdono, anche se talvolta la colpa era mia, e, una volta fattami scendere, mi teneva stretta a sé.
  Come sempre mi accorsi della stupidaggine fatta solo una volta giunta in cima. Prima avevo la consapevolezza che prima o poi Mike si sarebbe fatto vivo infondendomi il coraggio necessario a farmi scendere. In quel momento sapevo, invece, per certo, che Mike non sarebbe arrivato per aiutarmi a scendere. Delle silenziose lacrime mi solcarono il viso. Non ero altro che una piagnucolona.
  Sin da quando Mike era partito avevo accuratamente evitato di salirci nuovamente, ma quella volta mi ero lasciata trasportare dai ricordi.
  Bloccata lassù iniziai a vagare con la mente. Ricordai tutti i momenti trascorsi lì con Mike, fingendo di essere io la moglie, lui il marito e la bambola nostra figlia. Ricordai i dispetti che ci facevamo a vicenda, gli abbracci, le risate.
  E all’improvviso un viso che non aveva nulla a che fare con quel contesto apparve.
  Claudio disteso su quel letto d’ospedale attaccato a vari macchinari. Claudio che rideva. Claudio che mi posava un lieve bacio sulla guancia.
  Al ricordo dell’infermiera che ci aveva scambiati per due fidanzati avvampai, ma al contempo sorrisi.
  Senza neanche rendermene conto, immersa nei ricordi più recenti, avevo sceso le scale e mi stavo incamminando verso casa.
  Non avvertii neanche lo scricchiolio delle foglie o i passi a pochi metri da me.
  In silenzio, facendomi luce con il cellulare attraversai gli alberi che separavano l’albero con la casetta dal giardino. Una volta giunta a destinazione passai per la portafinestra che dava sulla cucina.
  «Sono a casa» dissi non appena misi piede all’interno dell’abitazione.
  «Ok! Si mangia» fu la risposta dei due uomini da casa provocandomi una leggera risata.
  Per la prima volta, dopo tanto tempo, cenammo sereni, felici, ritrovandoci anche a scherzare.
 
  Percepivo una grande mano accarezzarmi i capelli. Non capivo però di chi potesse essere.
  Controvoglia aprii gli occhi per poi ritrovarmi a sbattere le palpebre per abituarmi alla forte luce proveniente dalle finestre. Davanti a me scorsi una figura maschile osservarmi.
  Mi ci volle qualche secondo per comprendere chi avessi difronte a me.
  Un urlo di sorpresa fuoriuscì dalle mie labbra. «Tu che ci fai qui?!»
  Un sorriso beffardo comparve sul suo volto «Buongiorno anche a te piccola. Buon compleanno»


 

Mio angolino personale:
Iniziamo con i ringraziamenti.. Inizio col ringraziare chi è arrivato a leggere fin qui apprezzando il mio lavoro.
Ringrazio anche le tre ragazze che hanno lasciato delle recensioni al capitolo precedente...
in realtà mi sento un po' delusa in quanto mi aspettavo un po' di commenti in più, ma mi rendo conto che la colpa è anche mia e delle mie recenti e prolungate assenze. Tutto ciò che chiedo è un po' più di partecipazione da parte vostra. Non dico che dovete recensire capitolo per capitolo, ma ogni tanto, sentire il parere altrui aiuta e soprattutto incoraggia. Accetto anche, anzi soprattutto, recensioni negative in quanto so di non scrivere perfettamente.
Passando alla storia... in questo capitolo vediamo da una parte Lucia e Claudio, dall'altra Lucia e Mike. Quale coppia preferite? Di chi sono gli occhi che hanno osservato Lucia nel capitolo precedente? Tale persona è la stessa che ha fatto scricchiolare le foglie a pochi passi da lei? Chi è il ragazzo che l'ha svegliata? Sbizzarritevi con le vostre ipotesi.

Tornando ai ringraziamenti...
Grazie a...

akire_21,
canta_storie,
imnotsuperhero,
Kath_Mary e
PinkyCCh
per aver inserito la mia storia tra le preferite

aithusa87
akire_21
Allegra_
andry15
Bruli
cate 94
DreamyDrop
eyeswideopen
francylopper
HollySmith
Jeulgeoum
Lalla98_Bieberhugme_
Lami_90
MandyCri
maryellen
niky25
Spregias
SVale31
Valentina_P
valespx78
_ F i r e
__cannonball 

Per averla inserita tra le seguite


IloveParamore
JaneNoire
Just Me and my Thought
rossy1997
StarryEyed
per averla inserita tra le ricordate

  
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