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Autore: TaliaAckerman    26/08/2013    4 recensioni
[Revisione in corso]
Primo capitolo della serie del "II ciclo di Fheriea"
Dal diciottesimo capitolo:
"Pervasa da un senso di feroce soddisfazione, Dubhne alzò il braccio destro in segno di vittoria. La folla intorno a lei urlava e scandiva il suo nome, entusiasta. E la cosa le piaceva."
Salve, e' la prima fan fiction che pubblico in questa sezione. Più che una ff però è un romanzo, il mio romanzo, ideato e steso in più di due anni di fatiche e grandi soddisfazioni. Spero vi piaccia^^
Genere: Azione, Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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27




Il pomeriggio trascorse lento e noioso.
Richard era uscito dopo pranzo per dare una mano ad Archie con i lavori in bottega mentre Camm, dopo aver tirato un po' di spada con Dubhne, aveva scorto in strada un gruppo di amichetti e aveva ottenuto da Claire il permesso di trascorrere il resto del pomeriggio fuori, a patto che tornasse per cena. Dubhne, che si sarebbe sentita a disagio a bighellonare con ragazzini tutti più piccoli di lei di almeno quattro anni, era rimasta a casa.
Eccetto Camm e Richard, non aveva stretto molte amicizie a Chexla; di certo non aveva un gruppetto di ragazze e ragazzi con cui trascorrere le sere d'estate, andare a fare il bagno al torrente o raccontare storie di paura attorno al fuoco. Nonostante tutto il tempo che era passato, in lei era rimasto qualcosa dell'esperienza che aveva macchiato la sua infanzia: una specie di ritrosia, un istinto a non fidarsi di nessuno al di fuori delle mura domestiche. Se alla sartoria tutti l'avevano odiata o abbandonata, perché a Chexla sarebbe dovuta andare diversamente?
La compagnia dei figli di Archie le bastava. Camm e Richard erano allegri e fedeli, e la ragazza era sicura che per nessun motivo al mondo le avrebbero mai voltato le spalle. Eppure in momenti come quello a volte si chiedeva come sarebbe stato avere un'amica, almeno una, con cui parlare di quelle che Richard avrebbe definito "cose da femmine"; da cui imparare cosa significasse essere una signorina, non un maschiaccio, giusto per entrare in contatto con quel mondo che mai le era appartenuto...
Forse, in parte, ancora una volta era il ricordo di Alesha a bloccarla. Conoscere qualcun'altra con cui aprirsi totalmente come aveva fatto con lei le sarebbe sembrato un "tradimento" nei suoi confronti. Alesha era stata la sua prima e unica amica, e lei non voleva che qualcuno, chiunque fosse, potesse prendere il suo posto.
O forse, semplicemente, non era adatta ad avere delle amiche. Forse le ragazze della sua età, a contrario delle amiche di Camm, la consideravano una poco di buono, una scapestrata che al posto di dedicarsi alle attività da fanciulla si perdeva dietro ai duelli e provava a dare la caccia agli Athros al limitare della foresta...
Dubhne sorrise leggermente a quel pensiero. Pensare che, in fondo, la responsabilità non fosse sua e del suo passato ma degli altri la faceva sentire meglio e, soprattutto, le dava l'impressione di essere
speciale.
I rumori provenienti dalla cucina le fecero venire in mente che avrebbe dovuto dare una mano a Claire. Si tirò su dal letto e gettò uno sguardo fuori dalla finestra: il sole aveva iniziato a tramontare e Archie e Richard non erano ancora tornati. La ragazza immaginò il fratellastro sudare dietro al legno da intarsiare, le gambe rotte di tavoli da sostituire e tutti gli altri lavori che aveva visto compiere da Archie e dai suoi assistenti, e pensò che avrebbe voluto poter dare loro una mano.
Quando raggiunse la matrigna in cucina, la trovò intenta ad affettare una decina scarsa di carote. Sul tavolo c'erano anche un mazzetto di ravanelli e due cipolle. Aveva il volto lievemente corrucciato, ma nel vedere Dubhne si distese in un sorriso.
- Cara, potresti darmi una mano con le verdure? - la accolse affettuosamente.
- Insalata stasera? - rispose Dubhne cercando di non dare a vedere che aveva notato il repentino cambio di espressione sul suo volto.
- Quel poco che riusciamo a ricavare dal nostro orto... - commentò Claire con un pizzico d'amarezza.
- Andrà benissimo - Dubhne le scoccò un bacio sulla guancia. - Taglio le cipolle, poi vado a prendere un cespo di insalata.
Per alcuni minuti, l'unico rumore in cucina fu il secco suono dei coltelli che sbattevano sui taglieri di legno. Gli occhi di Dubhne si riempirono presto di lacrime, prima di trovare il sollievo nel passare ai ravanelli.
- A Richard piace aiutare Archie in bottega? - buttò lì, sperando di dare l'impressione che fosse una curiosità disinteressata.
Lo sguardo che Claire le rivolse prima di rispondere fu eloquente, ma quando parlò la donna lo fece come se non si fosse accorta di dove Dubhne volesse andare a parare.
- Richard impara in fretta. Ha mani forti ed è pieno di buona volontà. Lavorare con suo padre gli farà bene, ed è un buon prospetto per il futuro. - Forse Archie avrebbe bisogno anche di qualcun altro, ora che Clark e Wilfred non lo aiutano più.
Claire inarcò un sopracciglio. - Chi ti ha detto che loro non vengono più in bottega?
- Nessuno - si affrettò a rispondere lei, tornando ai suoi ravanelli. - È che non li ho più visti in giro e ho pensato che...
- Te lo ha detto Richard, non è vero? - Mi ha detto di Clark. Su Wilfred l'ho dedotto da sola.
- Non ti si può nascondere niente, eh? - Claire le diede un buffetto sulla guancia con affetto, ma tornò subito seria. - In questo momento l'aiuto di Richard è più che sufficiente. Archie non vende abbastanza da necessitare di due aiutanti...
- Ma quattro mani sono meglio di due... - azzardò la ragazza, ma Claire la fermò subito.
- Dubhne... - disse prendendole dolcemente il polso. - Sei la figlia migliore che potessimo desiderare. Mi dispiace che tu non abbia potuto ricevere un'istruzione ufficiale, altrimenti avresti potuto andare lontano. E non è ancora detto che tu non lo faccia.
Dubhne arrossì furiosamente a quelle parole: difficilmente Claire si sbottonava in lodi sperticate, sia con lei che con i suoi figli.
- ... ma in questa situazione non devi crucciarti per cose che non dipendono da te. Questo è un periodo difficile, è inutile tentare di negarlo. Ma sono sicura che passerà e tutto tornerà come prima.
Dubhne le sorrise, grata ma non del tutto convinta. - Sei proprio sicura che io non possa fare niente per...
- Dubhne - la riprese Claire strizzandole l'occhio. - Vai a raccogliere l'insalata.
A quel punto la giovane capì che non c'era nulla da fare e si decise a uscire in giardino, nell'angolo riservato al piccolo orticello dei Farlow.


                                                                ***


- Oh insomma… dobbiamo proprio?- sbuffò Camm, mentre i tre camminavano in mezzo alla strada una settimana dopo.
– Comprare il pane, Camm. Comprare il pane - scandì Richard alzando gli occhi al cielo, e cercando l’approvazione di Dubhne al suo fianco. Il fratello fece per dire qualcosa, ma poi sembrò ripensarci. Poi disse:- La verità è che papà ha paura di guardare di nuovo in faccia quel maledetto fornaio.
Dubhne rimase colpita da quelle parole, e accanto a sé poté distintamente sentire un fremito che attraversava la schiena di Richard.
– Piantala Camm, non è il momento - fece il ragazzo in tono stizzito, anche se sulla sua fronte era apparsa una ruga di preoccupazione. Dubhne cominciò a sentirsi a disagio: era evidente che Richard e Camm sapevano qualcosa che Archie non le aveva detto…
- Che succede?- chiese senza girarci intorno, ma mantenendo una gradazione di voce gentile, o almeno tentando di farlo. Richard si grattò la fronte; era evidente che avrebbe preferito parlare d’altro. Ma Camm intervenne:- L’altro giorno nostro padre ha dovuto vendere una delle nostre gemme di famiglia.
– CHE COSA? – sbottò Dubhne allibita, ma Richard le lanciò un’occhiataccia. – Che cosa?- ripeté la ragazza, più piano.
– È così – proseguì imperterrito Camm, apparentemente senza rendersi conto di quanto l’argomento fosse delicato. – Cinque giorni fa papà è andato dal fornaio con la scusa di comprare del pane, ma la dispensa era piena. E quando è tornato ho visto che dalla borsa che aveva a tracolla sono cadute delle monete. Come se non bastasse, dopo, Richard ha visto Claire pulire lo scrigno con le pietre preziose familiari e ha visto che ne mancava una. E mamma e papà non spostano mai quelle gemme. Hanno troppa paura di perderle, non è vero Richard?
– Adesso basta - lo interruppe il ragazzo in tono duro. – Direi che non è il momento adatto per discutere.
– Sì, invece!- proruppe Dubhne, irritata. – Perché io non ne sapevo niente? Eh?
- Boh, papà avrà deciso di non dirtelo…- rispose Camm. E non si rese conto di quanto ciò che aveva appena detto ferì Dubhne.
Archie Farlow le aveva taciuto su un argomento così importante… un delle gemme era anche sua. Archie glie l’aveva regalata per il suo decimo compleanno, e la ragazza la adorava. Era l’unico cimelio di famiglia che sentiva di possedere. Chissà che Archie avesse venduto proprio quella…
- Quale pietra? - proferì meccanicamente. - Quale gemma mancava?
- Non volevo dare l'impressione che la stessi spiando... - rispose Richard sconsolato. - Non sono riuscito a distinguere con chiarezza...
La ragazza percorse di malumore tutta la strada fino alla panetteria, dove lasciò che fosse Richard ad occuparsi dell’acquisto. Le parole di Camm continuavano a risuonarle nella mente:
papà avrà deciso di non dirtelo…
I tre ragazzi uscirono dal fornaio pochi minuti dopo, e Richard reggeva un grosso involucro contenente qualche pagnotta appena sfornata. Camm sembrava sereno, e balzellava qualche metro davanti a loro, ma a Dubhne non sfuggirono le occhiate fugaci che Richard le rivolgeva. Tuttavia, tentò di sostenere un’espressione disinvolta.
Dubhne sapeva che in quel periodo la situazione finanziaria dei Farlow non era decisamente delle migliori, ma non aveva idea che potesse arrivare fino a quel punto. Vendere una delle pietre di famiglia… era incredibile. Archie e Claire tenevano a quelle gemme quasi come se fossero parte della famiglia. Alcune erano state ereditate dai parenti di Claire, che erano Uomini del Nord, e il territorio dove abitavano era ricco di cave minerali. Ve n’erano una ventina, non particolarmente preziose ma comunque eleganti e colorate, e Dubhne ogni tanto si era offerta di spolverarle per mantenerne la brillantezza. Se Archie ne aveva venduta una la situazione doveva essere più grave di quanto aveva pensato.
– Dubhne, questo non vuol dire niente.
Niente - disse ad un tratto Richard, e la sua voce suonò così dura e decisa che la ragazza alzò gli occhi. Aveva marcato l’accento sulla parola niente, pronunciandola con forza. Sconsolata, la ragazza si avvicinò a lui, cingendogli le spalle con un braccio. Deglutì.
– Stai tranquilla…- mormorò lui, fissando anche Camm, che camminava davanti a loro. Dubhne tirò su col naso e fece lo stesso. Il minore dei Farlow sembrava essere così sereno, e per un attimo lei lo invidiò. Rivolse a Richard il sorriso più spontaneo che le riuscì, poi si separarono.
Giunsero a casa che era ormai mattinata inoltrata. Il sole brillava alto nel cielo, e l’aria era calda e afosa. Ma Dubhne comprese all’istante che qualcosa non andava.
Fermo, in piedi davanti al cancello c’era Archie, e li guardava avvicinarsi con in viso un’espressione… inquietante. Aveva la fronte aggrottata, e i suoi occhi parevano lucidi. Doveva aver pianto. Dubhne rabbrividì; quell’espressione non prometteva niente di buono. Richard sembrò preoccupato come lei.
– Ciao, pa'… che succede?- fece Camm stupito, ma il padre non lo ascoltò. – Entrate in casa - disse, e Dubhne fu sorpresa nel sentire la voce dell’uomo tremare. – Devo parlare con te, Dubhne.
Indecisa se essere incuriosita o spaventata, la ragazza non si mosse.
Richard e Camm guardarono prima lei poi Archie, dubbiosi. – Sei… sei sicuro che vada tutto bene papà? - domandò Richard in tono esitante. Dubhne osservò la sua reazione col fiato sospeso. Archie scosse la testa – si vedeva che era piuttosto nervoso – e poi ripeté: - Devo parlare con Dubhne da solo.
La giovane, che cominciava ad essere seriamente preoccupata, lanciò a Richard lo sguardo più rassicurante che le riuscì. – Ci vediamo dopo – disse sforzandosi di sorridere. Camm la guardò sconcertato, ma poi si avviò verso l’ingresso. Richard rimase invece immobile.
– Ti prego, Richard…- lo implorò Dubhne, anche se in realtà avrebbe preferito avere l’amico al proprio fianco. Solo allora, e guardando Archie con un misto di paura e indecisione, il ragazzo si voltò, riprendendo a camminare. Dubhne tirò un lungo sospiro, e si volse verso Archie Farlow. – Allora… che cosa c’è?
- Non qui - disse immediatamente lui, e dopo essersi guardato in torno le prese una mano.
– Seguimi - le ordinò seriamente.
I due camminarono per le vie di Chexla con il cuore in gola. Dubhne era sempre più nervosa. Ma che diavolo stava succedendo?
Alla fine Archie si fermò di fronte allo steccato di una villetta disabitata. Dubhne fece altrettanto, e attese che le parlasse. Archie sospirò profondamente, poi alzò il capo e disse:- Malcom Shist è interessato a te.
Lo sconvolgimento che seguì quelle parole fu indescrivibile. Mille pensieri attraversarono la mente della ragazza. Malcom Shist… lei una Combattente, i Giochi, il sangue… non poteva essere…
No. Non era così. Probabilmente Archie ora era lì per dirle di aver sonoramente rifiutato, che niente gli avrebbe mai portato via la propria amata figlia adottiva. Deve essere così, si rassicurò Dubhne, attendendo ansiosamente che l’altro riprendesse a parlare. E invece…
- Io ho accettato – riprese Archie a sorpresa. Per un istante Dubhne fu così stupefatta da non riuscire a parlare. Non era possibile, aveva già visto quella scena. Tutto questo le era già accaduto un volta…
– No! - esclamò, esattamente come quando Michael le aveva ordinato di seguire il signor Tomson, anni prima. Ma ora non scoppiò a piangere. Restò a guardare Archie, troppo sconvolta per dire altro. L’uomo che le aveva salvato la vita, che le aveva ridato speranza… che la vendeva e la condannava a morire.
– È… per la mia famiglia. – balbettò Archie cercando di trattenere le lacrime. Tirò fuori da sotto il mantello un sacchetto piuttosto pieno. – Lui… l’ho incontrato... Mi ha offerto… più di cento york d'oro in cambio di te… Io non ho potuto rifiutare. È la crisi… Claire, i miei figli ed io rischiavamo di rimanere in mezzo alla strada…
Dubhne alzò gli occhi, inorridita. – Tu…- fece, puntando un dito accusatore contro di lui. – Tu mi hai venduta in cambio di soldi! Per la
tua famiglia! Di cui io non ho mai fatto parte, non è così? O avresti venduto anche Richard, se Malcom ti avesse offerto mille york? E Camm? Eh, dimmelo, dimmelo! - esplose la ragazza in preda al panico.
Archie sembrò non riuscire a parlare. Grandi lacrime rigavano il suo volto un tempo sereno e sorridente. – Io… mi dispiace Dubhne. Non sai quanto – singhiozzò, allungando una mano per accarezzare il viso della ragazza. Ma lei si ritrasse, disgustata e terrorizzata.
– Quando dovrò andarmene? - chiese, cercando di mantenere fermo il tono della voce mentre cominciava a piangere anche lei.
Archie, ferito, rispose lentamente. – Domani. Dovrai partire domani.
Domani. Mio dio… sono morta… fra poco tempo morirò…
- I… Giochi Bellici cominceranno quest’estate. Ma… tu non sarai sola, anche altri della sua squadra sono appena arrivati…
- E TU CREDI CHE ME NE IMPORTI QUALCOSA?- gridò Dubhne, perdendo il controllo e scoppiando in lacrime. Il cuore le batteva a mille. Ormai il suo destino era segnato.
Archie Farlow tentò di risponderle per rassicurarla, ma lei non ce la faceva più. Gli voltò le spalle e corse a più non posso verso casa. Era impossibile…
- Fatemi passare!- urlò addosso ai passanti che la ostacolavano. Qualcuno la guardò storto, altri si chiesero il motivo per la sua disperazione, ma alla ragazza non importava. Schizzò per le strade della città come impazzita, e quando finalmente giunse dentro casa letteralmente volò in camera sua e sbatté la porta. Solo allora si permise di scivolare a terra, affondando la testa fa le braccia e singhiozzando per la disperazione.




  
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