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Autore: Rosebud_secret    02/09/2013    11 recensioni
Rivedere la città scintillante gli provocò un dolore al petto, sordo e con il retrogusto di rabbia, ma decise di non darvi peso. Solcò le porte d'oro, senza preoccuparsi di celare il suo volto.
Lì nessuno lo conosceva, lì non era neanche mai esistito.
Avanzò a testa alta lungo le vie, beandosi del chiacchiericcio della gente che, per una volta, non lo guardava intimorita e non borbottava preghiere al suo passaggio. Era una strana sensazione. Si era sempre crogiolato nella paura che il popolo nutriva nei suoi confronti: lui era lo stregone, il serpente, il lupo; quindi quell'indifferenza gli risultava quasi piacevole, dopo un'intera vita passata ad ignorare gli insulti del prossimo. Riflettendo raggiunse la consapevolezza di esser sempre stato visto come un mostro, anche prima che i suoi veri natali venissero resi noti. E, sì, questo fece male.
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Loki, Thor
Note: What if? | Avvertimenti: Incest
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La pira bruciava e la regina fissava il fuoco con un ghigno di pura soddisfazione dipinto sul bel volto.
Lo scoppiettio delle fiamme la rassicurava. Il suo nemico più temibile stava ardendo su quel palo. E pensare che non era altro che un piccolo, stolto precettore che aveva fatto il passo più lungo della gamba...
Pericoloso, certo, perché intelligente, ma debole e adesso anche morto.
L'unica cosa di cui si doleva era il non aver potuto godere delle sue urla. Le guardie c'erano andate pesanti con Loki, al punto che avevano dovuto trascinarlo di peso sino alla pira. Il vedere il suo bel volto aggraziato livido e gonfio per le percosse le aveva fatto provare un brivido di malato piacere.
L'aveva visto bruciare e aveva goduto nel figurarsi anche il giovane Thor nell'abbraccio mortale delle fiamme, poi, silenziosa, si era ritirata. Era salita sino alla camera nuziale e con spietata freddezza aveva soffocato Odino, mettendo fine alla vita di quell'inutile, patetico porco.



- Svegliati!-

Due braccia forti lo scossero con violenza e Loki, finalmente, aprì gli occhi. Un gemito gli sfuggì dalle labbra tumefatte.

- E fa' piano, imbecille!-, urlò, scostando malamente Volstagg, una volta che lo ebbe riconosciuto.

Si sollevò a sedere, imprecando per le botte ricevute. Sentiva la faccia gonfia come una zampogna. Solo dopo qualche secondo si rese conto di non essere più in cella, ma bensì in una sudicia stalla, e che il sole era già alto nel cielo.

- C-cosa? Ma dove?..-

Volstagg gli si sedette accanto.

- Hai degli amici potenti.-, mormorò, indicando l'angolo buio della stalla con un cenno del capo.

Un uomo ammantato si fece avanti e si scoprì il volto solo di fronte a lui.

- Heimdall!-

- Abbassa la voce, uomo del Nord. Questo non è più un luogo sicuro dove parlare.-, lo ammonì l'Occhio di Asgard.

Loki lo afferrò per il mantello.

- Tu! Tu riesci a vederlo? Mi hanno privato dei miei poteri e...-

- E' celato ai miei occhi, come a quelli di chiunque altro. No. Non lo vedo. La stregoneria che hai compiuto, qualunque fosse, è ancora attiva anche se ora sei solo un uomo.-

- E' legata ad un oggetto. Un pezzo della mia armatura. Finché gli sarà prossimo, sarà al sicuro. L'avevo formulata in modo che sopravvivesse alla mia morte, ma... ti ringrazio per la tua conferma.-, chinò il capo, sollevato.
- Perché mi hai salvato la vita e come?-

- Quelle guardie erano sotto il mio comando. L'ordine della regina è stato provvidenziale nella sua tragicità. Ha sollevato i miei uomini dall'inventare una scomoda scusa per massacrarti.-

- Mi hanno picchiato, e allora?-, lo interruppe Loki.

Volstagg ridacchiò.
- E' un peccato che tu non possa specchiarti. Fidati, non ti riconoscerebbe neanche tua madre.-

- Quindi mi hai sostituito... un piano rischioso.-

Heimdall si ricoprì il volto.
- Il re è morto. Il mio è stato il gesto di un uomo che non ha più nulla da perdere. Non aspettarti altro aiuto da me, al tramonto giurerò fedeltà alla regina, come il mio ruolo mi impone.-

A Loki sfuggì un sorriso che lo fece gemere di dolore. Ricordò il giuramento che il suo Heimdall aveva fatto proprio a lui e, soprattutto, quanto poco ci avesse messo ad infrangerlo... Oh. se solo quei due Heimdall avessero potuto conoscersi, che incontro glorioso sarebbe stato!

- Non dimenticherò il tuo gesto, Occhio di Asgard. Ti sono debitore.-

- Allora sopravvivi alla guerra, trova Thor e fa' risorgere il regno dal ghiaccio. Solo allora saremo pari, uomo del Nord.-, con un cenno del capo prese commiato e abbandonò la stalla.

Fandral entrò e affinacò Volstagg.

- Così sei decisamente meno carino.-, ridacchiò alla vista dell'irriconoscibile dio dell'Inganno.
- Battute a parte, quel che hai fatto per Thor ha dell'incredibile. Dimmi: il Distruttore è così temibile come dicono?-

Loki ignorò la domanda, ci sarebbe stato tempo per perdersi in frivole chiacchiere.
- Ha parlato di guerra, che voleva dire?-, chiese, riferendosi alle ultime parole di Heimdall.

- L'uomo con cui sei stato sostituito era stato destinato alla milizia e tu prenderai il suo posto. Non era nulla più che un volgare ladro, ma, pace all'anima sua, che il Valhalla lo accolga! L'importante è che tu sia qui, amico mio.-, sorrise Volstagg.

- Sono senza i miei poteri! Non sopravviverò un giorno in battaglia!-

Fandral incrociò le braccia al petto.
- Combatti molto meglio di quanto pensi. Per il resto, moriresti di sicuro se disertassi. Ucciso dai Vanir, o, peggio, dagli squadroni di recupero. Credimi, ti conviene tenere un basso profilo e attendere che le tue capacità ritornino. A quel punto potrai andartene, silenzioso come sei solito fare, e trovare Thor.-

Loki, suo malgrado, annuì.
Non gli piaceva quell'eventualità, ma era l'unica possibile e doveva adeguarvisi.

Guardò i due amici scherzare tra di loro, pronti ad abbracciare la guerra come fosse una vecchia amante. Ringraziò gli antenati per la loro presenza, senza la quale, probabilmente, si sarebbe sentito perduto.
Si perse nel riflettere sui propri sentimenti. Al di là di quelli profondi che provava per il principe, c'erano anche quelli verso i suoi amici, ora compagni d'arme e fratelli. Nell'Asgard da cui proveniva non aveva mai provato simili sentimenti ed era persino giunto a detestare quei tre idioti...
Ma lì tutto era diverso...
O, forse, l'unico ad essere diverso era lui.
In quel luogo tenebroso non era più il più turpe dei vili in un mondo di virtuosi, ma, al contrario, un faro nell'oscurità. Un faro che persino Heimdall si era sentito in dovere di proteggere.

Proprio lui, l'uomo con cui, secondo le leggende, avrebbe dovuto scontrarsi sino alla morte, in un futuro lontano.

Si sollevò in piedi, ignorando il dolore delle percosse e sollevò il capo, fiero.
Aveva preso la sua decisione: non avrebbe salvato solo Thor, avrebbe salvato Asgard, la sua terra, e vendicato Vàli. Il come non era un problema, avrebbe inventato qualcosa.

- Conducetemi fuori, allora.-, sentenziò.

- Sicuro di non voler riposare ancora qualche ora? Marcerai a lungo e a piedi, insieme ai fanti.-, si premurò Fandral.

- Sono pronto.-, ribadì Loki.

I due non insistettero e lo scortarono sino all'accampamento dove decine e decine di uomini, sporchi, cenciosi e malridotti tanto quanto lui, attendevano in fila davanti al banchetto per l'arruolamento. Alcuni erano vecchi e Loki dubitava addirittura che potessero giungere al campo di battaglia, altri, invece, poco più che bambini.
Lo stomaco gli si strinse in una morsa di profondo disgusto e, nelle profondità del suo cuore nero, provò soddisfazione per la prematura morte del Padre di tutti gli dei.
Una ben magra consolazione, dal momento che la situazione stava vertendo a precipizio dal male al peggio.

- Noi non possiamo restare qui. Ci rivedremo quando monteremo il prossimo accampamento.-

C'era senso di colpa nella voce di Fandral e una cupa tristezza.
L'abile spadaccino avrebbe voluto Loki al suo fianco, lo riteneva più abile di molti sedicenti cavalieri, ma farne richiesta al generale avrebbe sollevato delle domande e Loki, per quanto possibile, doveva rimanere nell'ombra.
Vide un sorriso sghembo comparire su quel volto pesto ed invidiò il suo sangue freddo.
Loki era straordinario.

Volstagg, di solito capace di alleggerire anche i momenti più tesi, tacque, afflitto dagli stessi tetri pensieri dei fratelli d'arme.

- Ce la farai...-, mormorò, dando al maestro una gentile pacca su una spalla.

- Su questo puoi contarci.-

Salutò i due guerrieri e si pose in fila.

- Ti hanno conciato per bene, ragazzo.-, gli disse il vecchio prima di lui.

- Quel che succede quando ti colgono a rubare.-, ribatté, distratto.

- Rubare, eh? Avresti dovuto pensare a salvare la pelle, piuttosto che la saccoccia.-

- Non tutti nascono furbi...-

E lo sapevano gli antenati quanto questo fosse vero! Se pensava all'ultimo mese, Loki doveva riconoscere con tetra ironia di aver commesso un'idiozia dopo l'altra, ed ora si stava persino arruolando!

Un soldato sbatté malamente un ragazzino rachitico a terra e gli diede un calcio sulla schiena.
Il piccolo strisciò fino ad aggrapparsi alle caviglie del dio dell'Inganno.

- Vi prego! Vi prego, aiutatemi!-, strillò.

Loki, ancora scosso per quanto avvenuto a Vàli, decretò che un'idiozia in più non avrebbe fatto differenza. Scattò in avanti e con fermezza bloccò il braccio del soldato.

- E' sufficiente.-, sibilò.

L'altro, il doppio di lui e ricoperto da un'imponente armatura pesante, lo colpì in piena faccia, facendolo volare nella polvere.
Loki si ritrovò a sorridere con la stessa spocchia del fratello che aveva abbandonato.
Rise, rialzandosi.

- Ma quanto ardore, mio nobile cavaliere!-, lo schernì, inchinandosi in un sardonico salamelecco.
- Voi sì che siete un valoroso! Ditemi, vi scontrate anche con qualcuno che possegga una spada, o limitate la vostra infinita maestria solo ai poveracci?-

- Ti farò sparire quel sorriso dalla faccia, cane lebbroso!-, il cavaliere sfoderò la spada e stava per correre alla carica, quando una voce urlò:

- FERMO!-

Loki si voltò, notando un giovane a cavallo. Lo riconobbe era Tyr. Si stupì di vederlo già generale.
Si fece indietro quando avanzò.

- Gli uomini scarseggiano, idiota, che non ti veda ancora sfoderare la spada! Il tuo sciocco onore può attendere il termine della guerra!-, il generale apostrofò aspramente il cavaliere, poi si rivolse al dio dell'inganno: - E tu, giullare, spera che la tua spada sia affilata quanto la tua lingua, perché sarai in prima linea!-, detto questo si allontanò al galoppo.

Il guerriero scrutò Loki con astio, prima di sputare a terra.
- Non finisce qui.-, sibilò, prima di andarsene.

Il ragazzino si avvicinò.
- Non so come ringraziarvi, signore...-

- Io sì: non scocciarmi oltre.-, ribatté l'altro con freddezza, riprendendo il suo posto in fila.

- No. Decisamente non tutti nascono furbi.-, sentenziò l'uomo con cui aveva parlato poco prima.

Loki sospirò.
- Eh... mi sto scoprendo più simile a mio fratello di quanto non pensassi possibile. E' il gioco dei ruoli, lui non c'è... qualcuno deve pur prendere il suo posto e far parte dell'ordine universale...-

- Credo che le botte che hai ricevuto ti abbiano lasciato danni permanenti, sconosciuto.-, ridacchiò l'altro.

- Può darsi. Di colpi in testa ne ho presi molti nell'ultimo anno. Io sono Fenrir, comunque.-

- Mittdag.-



Fruscii lontani e borbottii in una lingua che non conosceva lo ridestarono. Thor cercò di mettersi seduto e vi riuscì solo al secondo tentativo. Qualcuno l'aveva spogliato e curato con approssimativa attenzione. Passò una mano sulla spessa fasciatura di lino con cui gli avevano stretto il costato. Provò ad alzarsi ma una fitta intensa e lo scoprire di avere la gamba sinistra bloccata da un bastone lo fecero ricadere, scomposto, su quella branda improvvisata. Il dolore fu talmente intenso da spezzargli il fiato.
Non riuscì più neanche a pensare.
Doveva avere delle costole rotte e la gamba fratturata in più punti. Con estrema fatica riuscì a trovare la forza di ridistendersi e, finalmente, riuscì a prendere un lungo e atroce respiro.
Anche il lato sinistro del suo volto era ricoperto da bende di lino, ma il bruciore dello squarcio era troppo labile al confronto del dolore osseo.

- Ehi!..-, provò ad urlare, ma dalla sua gola non uscì altro che un rantolo roco quasi inudibile.

Afferrò il telo di pelle che ricopriva la branda. Lo artigliò con le unghie, sforzandosi di respirare piano e brevemente. Ogni volta che il suo petto si alzava, trascinato dal normale moto della respirazione, si sentiva come sotto la morsa di una pressa. Una lacrima sfuggì alle ciglia del suo occhio scoperto e serpeggiò lungo il  viso, fino a perdersi nell'ispida barba, ormai lunga.
La sofferenza era insopportabile. Non riusciva a muoversi, né a dormire. Quando era caduto, trascinato dal Mjolnir, si era probabilmente rotto un numero considerevole di ossa.
Chiamò aiuto, rantolando, ma nessuno parve udirlo per lungo tempo.

Riuscì a guardarsi un poco intorno. Era in una tenda di pelli finemente intrecciate, sigillata per impedire la fuoriuscita del calore proveniente dall'ampio bracere posto al centro dell'ambiente circolare.
Fatta eccezione che per la sua branda e un piccolo tavolo di pali fissati con legature, la tenda era del tutto spoglia.
Rabbrividì alla vista degli oggetti sul tavolo, più simili a strumenti di tortura che di cura.

Era solo, in un luogo sconosciuto, in compagnia di qualcuno che non avrebbe saputo definire amico o nemico.

Man mano che il tempo passava il dolore diffuso sembrava acuirsi sempre più, al punto che il ragazzo desiderò di esser morto, pur di non avvertirlo ancora. Quando ormai credeva di aver raggiunto il livello massimo di disperazione sopportabile, un lembo della tenda venne scostato e due figure entrarono.
Dapprima Thor li vide confusamente. L'occhio sano, reso incerto dalla sofferenza, gli offriva una visione approssimativa.
Erano due uomini, o apparivano come tali. Uno indossava un'armatura leggera, fatta di pelle e piastre intagliate di un metallo chiaro, forse acciaio. L'altro era anziano e canuto, vestito di stracci e armato di un lungo bastone.
Parlavano una lingua antica che il ragazzo non seppe riconoscere. Quello in armatura sembrava nervoso e molto irritato.

Solo quando si fecero più vicini poté scorgere il loro innaturale pallore, i volti affilati con gli zigomi alti e le orecchie a punta.
Quelli che aveva di fronte erano elfi.

Aveva letto di loro, anche se le informazioni pervenutegli erano lacunose.
Sapeva solo della loro infida natura. Erano stregoni, metodici assassini, nemici di Asgard e della civiltà.
Erano molto lontani da Svartalfheim, il loro mondo d'origine.

"Perché?", si chiese.

Un doloroso singhiozzo gli scosse il petto. Nonostante la sofferenza fisica e la mancanza di Loki che si faceva ogni istante più opprimente, Thor non voleva morire.

Il vecchio elfo si avvicinò al tavolo, cominciando ad impastare un composto di erbe in un mortaio.
L'altro, il guerriero, si avvicinò alla branda.
Thor fissò con spaventato sospetto il volto granitico che lo sovrastava, ma quando il suo occhio incrociò lo sguardo ferino dell'altro, la sua fronte si imperlò di gelido sudore.

- S-Se... se devo morire... che il mio supplizio sia breve!..-, gemette, cercando di mantenere un barlume di fierezza.

Le labbra violacee dell'elfo si piegarono in una smorfia di fastidio. Non gli rispose, ma si rivolse ancora al vecchio in quella loro lingua. Questi si avvicinò, trasportando con cura una scodella.
Thor si agitò e sollevò le braccia nel blando tentativo di respingere il guerriero. Gli premette le mani sulla cotta che gli ricopriva il torace, ma fu più che semplice per l'elfo liberarsi della sua debole protesta.
Gli scostò via le braccia e lo afferrò dietro la nuca, stringendo i suoi sudici capelli biondi in una morsa. Con durezza gli sollevò il capo e, afferrata la ciotola, gliel'avvicinò alle labbra.

- Bevi. Non resistere, o ti costringerò.-, gli ordinò nella lingua di Asgard.

E il giovane obbedì.
Non avrebbe avuto senso cercare di resistere ancora. Il liquido era gelido, amaro, ma, una volta in gola bruciò più della morte stessa. Il suo corpo si scosse in convulsioni involontarie, straziandolo di dolore. Poi, rapidamente, tutto si fece ovattato, la sofferenza si affievolì e con essa le sue percezioni. Il volto dell'elfo si fece sfuocato alla vista, poi fu solo il buio.


Quando riprese conoscienza, non si trovava più nella tenda. La brillante luce del sole che filtrava tra le foglie lo accecò per qualche istante. Provava meno dolore, ma aveva freddo, nonostante le spesse coperte di pelliccia che gli avevano ammassato addosso.
Un ragazzino, un giovane elfo, era chino su di lui e lo scrutava con la curiosità dei bambini. Balzò indietro come un grillo, quado si rese conto che Thor era sveglio, e corse via.

- No! Torna qui!-, gli urlò dietro il giovane quasi del tutto afono.

Provò a sollevarsi, ma non vi riuscì. Questa volta le ferite non c'entravano. Si sentiva debole, sfiancato dalla febbre e dal digiuno prolungato. Dopo poco sopraggiunsero altri elfi, armati di archi, coltelli e sottili sciabole a una mano.
Riconobbe quello che apriva la fila: era lo stesso che lo aveva obbligato a bere quell'intruglio nella tenda. Per quel poco che poté si fece indietro, cadendo dalla lettiga e abbattendosi sulla neve con un tonfo ovattato.
Si sentì risollevare malamente, mentre gli spettatori si lasciavano andare a qualche commento per lui incomprensibile.

- Un cacciatore non fugge.-, lo rimproverò l'elfo, buttandolo sulla lettiga.

- Non sono un cacciatore. Non sono niente...-

L'elfo lo scrutò, corrugando le bianche sopracciglia.
- Ma hai avuto forza sufficiente per sopravvivere. Sei stato privo di un adeguato nutrimento per lungo tempo, ma ora puoi stare sveglio. Ti riprenderai. Qual'è il tuo nome?-

Thor ebbe sufficiente buon senso da mentire:
- Io sono Fenrir.-, rispose, usando il nome del figlio di Loki.
-Chi sei tu? E perché mi stai aiutando?-

- Il mio nome è Malekith, signore di Svartalfheim, Fenrir da Asgard. Per quel che ne concerne le mie motivazioni, invece, un giorno ne verrai messo a conoscenza. Ma quel giorno non è oggi.-, detto questo il re degli elfi si allontanò e, dopo aver gridato un ordine ai suoi sottoposti, scomparve fra gli alberi.



N.d.A.: Ed eccoci qui, in anticipo. Chi attende altre mie storie: vi prego, perdonatemi, ma questo capitolo si è imposto sugli altri. Qualcuno pensava forse che le cose si sarebbero risistemate? No, vero? Ormai mi conoscete XD! La prima metà della storia è andata e, con essa, la parte tranquilla. D'ora in avanti ci attendono solo guerra, desolazione, sangue e morte (che in certe circostanze non può mai mancare, giusto?). Ora che vi ho ben spaventati e che mi sono tirata addosso la mia dose giornaliera di maledizioni XD, vi ringrazio, come sempre della vostra infinita pazienza e della passione con cui seguite le peregrinazioni di quest'autrice crudele!
Un abbraccio,
Ros *che vi vuole bene!*
   
 
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