Concorso
‘L’
antieroe’
- Nickname EFP:
La sposa di Ade
- Titolo storia:
Blackheart
- Introduzione:
Una
terra
lacerata dalla guerra. Spargimenti
di sangue, tradimenti,
omicidi, una lotta
per
il dominio, la follia, il
sangue, le urla,
la morte.
Perché si combattono? Per
la gloria, la
famiglia, l'orgoglio,
l'onore, il
potere, la vendetta,
la sopravvivenza, ma il mondo
è crudele. Gli innocenti vengono
massacrati, chi vuole
il potere ha
il potere, chi ha
l'onore viene
disonorato, ma ancora devono
combattere per
quel poco che è
rimasto, mentre la terra piange.
-
Genere:
Fantasy
- Rating:
Arancione (Rosso?)
- Avvertimenti:
Violenza – Contenuti forti
- Eventuali note autore: Ok, questa storia
è un po’ particolare, sarebbe dovuta essere solo
di un capitolo, ma si è
rivelata più lunga, ma questo è il periodo in cui
le lunghezze mi fregano.
Anyway, questa è la ‘seconda’ storia per
la serie Gears (la cui unica storia
esistente per ora è Frozen
wood),
che poi è seconda solo perché pubblicata dopo
Frozen Wood ma temporalmente andrebbe inserita prima, ma ho voluto
renderla
leggibile anche singolarmente.
Il personaggio è un po’ particolare (molto direi)
perché all’ inizio non sapevo neanche io chi fosse
esattamente, era solo un
ragazzino con la mente confusa, ma alla fine mi sono decisa e (per chi
ha letto
Frozen Wood) probabilmente troverà delle
‘incongruenze’ all’ inizio, tipo il
nome e altra robaccia, ma tranquilli! “È
tutto calcolato!”
Forse.
Prompt:
Odio,
carovana, rifugio
e l’
immagine : http://mirojohannes.deviantart.com/art/Humanity-359459264.
Legati
al pacchetto ‘Blackheart dei Two
Steps
From Hell’ da cui la storia prende il nome.
Tutte
le citazioni all’ inizio di ogni capitolo sono prese dalla
canzone ‘The Night dei
Disturbed’.
Tranne l’ ultima, che appartiene a
Dr.
Samuel Johnson.
Buona lettura!
Concorso
‘1:1’
Titolo:
Blackheart
Fandom:
Originale - Fantasy
Eventuale pairing:
/
Frase: This desire is eating me up
Eventuali
note dell’autore:
(sopra)
Link:
/
PROLOGO. PRIMO
SANGUE
“What has come over me?
What madness taken hold of my heart
To run away, the only answer
Pulling me away
To run away from the sight,
So now recovering,
Sweet shadow taking over my mind,
Another day has been devoured
Calling me away, leaving the question why.”
Non
puoi amare gli umani, impara ad odiarli per quello che sono.
Il
ragazzino quale era si piegò a quell’
ordine, non poteva fare altro, non voleva fare altro.
Strinse la presa sul pugnale, il metallo era
stato freddo un tempo, ora era caldo e rassicurante contro il suo palmo.
Osservò ancora una volta le ombre muoversi dietro
le tende tirate di quell’ appartamento costoso, sembravano
così normali.
Una pacca poco amichevole sulla spalla, un
viso pallido davanti al suo, occhi del colore del sangue si puntarono
nei suoi,
ancora di un grigio incolore.
“Muoviti ragazzino, abbiamo fretta.” Le sue
gambe si mossero per il vialetto, guidate da una volontà che
quasi non
riconosceva come sua.
Bussò alla porta, attendendo qualche istante,
per vedere il volto sconosciuto di un’ uomo di
mezz’età illuminato dal chiarore
dell’ atrio sorridergli amichevolmente per poi sondare la sua
espressione.
“Tutto bene?” Il vecchio si accigliò,
tentando di capire cosa turbasse tanto il ragazzino.
“Mi dispiace.” Rispose lui, e ancora prima
che il vecchio potesse simulare la domanda successiva sentì
il gelo di una lama
conficcarsi nel suo addome e il sangue colorare velocemente la camicia.
Morì in
pochi istanti, mentre l’ aorta addominale riversava tutto il
suo contenuto.
Un vento freddo accompagnò il resto del
gruppo, che veloce come acqua corrente si insinuò nella
casa, distruggendo
tutto ciò che trovava sul suo cammino.
Il ragazzino rimase sulla soglia, a fissare
il sangue che, colando sulla pietra, lo raggiungeva e lo circondava
velocemente. Era quello che doveva fare per diventare più
forte, era quello che
gli avevano ordinato.
Lì, davanti al primo corpo era rinato per la
seconda volta.
Le gambe gli cedettero e con un tonfo cadde in
ginocchio, il sangue che gli impregnava i pantaloni e raggiungeva la
sua pelle.
Si guardò le mani, pallide e tremanti e nonostante non
vedesse sangue su di
esse, e se chiudeva gli occhi, poteva percepirlo chiaramente.
Le sue labbra tremarono, mentre il cuore
continuava a battere a un ritmo concitato, prima si stirarsi in un
sorriso. Non
poteva chiedere di meglio. O forse si.
Allungò la mano verso il coltello e lo sfilò
lentamente dalla profonda ferita, osservando i lenti rivoli di sangue
accompagnare la lama. Voltò il corpo a pancia in su,
sedendosi a cavalcioni su
di esso, aprì la camicia e percorse lentamente con la punta
del coltello la
linea appena accennata dei muscoli addominali, e quando raggiunse lo
sterno
infilzò con forza la lama per poi farla scorrere lungo il
bordo tracciato dalle
costole, prima da una parte e poi dall’ altra; vedeva la
pelle pallida aprirsi
e mostrare quel colore magnifico, così intenso,
irresistibile.
Posò il coltello, sospirò e, con ancora il
sorriso sulla labbra, infilò le mani nello squarcio che
aveva appena creato,
rovistando nel suo sangue e accarezzando il suo cuore fermo, ma ancora
caldo,
così come aveva visto fare a quell’
uomo
mentre lui era bloccato sotto le macerie di una casa crollata per via
della
guerra.
Quando estrasse le mani e le osservò, rosse
come una macchia sulla neve, una risata crebbe dentro di lui e quando
la lasciò
uscire si stava graffiando il volto, macchiandosi di altro sangue,
mentre le
lacrime correvano sulle sue guance e i brividi attraversavano il corpo
come
mille insetti.
Quindi era così che ci si sentiva? Quello che
si aprì davanti a lui fu un nuovo mondo, pieno di
soddisfazioni e piaceri.
Dei passi lo raggiunsero e, dopo una attimo
di silenzio, sentì una risatina.
“Che ne dici di Jack?” A quelle parole il
ragazzino sollevò il volto macchiato e osservò
con espressione interrogativa lo
stesso tizio che gli aveva detto di muoversi poco prima.
“Jack?”
“Dobbiamo pur trovarti un nome, no? allora
che ne dici di Jack?” Seguì un attimo di silenzio,
mentre la mente del
ragazzino assorbì quell’ informazione, quel nuovo
nome, che seppur banale,
iniziò ad associarlo a se stesso. “Come Jack lo
Squartatore.”
Le gambe gli cedevano mentre una mano serrata
con forza sul suo braccio lo strascinava avanti, sul pavimento lucido
continuava a gocciolare il sangue ancora impregnato nei suoi vestiti,
ma non
suo. La stretta sul suo braccio era spiacevole e già sentiva
la mano
intorpidirsi, ma almeno ciò lo manteneva più o
meno vigile.
All’ improvviso, la stretta si allentò, lascandolo
rovinare a terra. l’ impatto con il pavimento gli ruppe un
labbro contro i
denti e quell’ improvvisa sferzata di dolore gli
aprì completamente gli occhi,
rendendolo consapevole del suo corpo umido di sangue, della presenza di
diverse
persone attorno a lui e dei loro sussurri concitati. Ricordava a
malapena ciò
che era successo, i suoi ricordi erano solo una massa di macchie rosse
di
sangue e nere del cielo a notte fonda.
“Che cosa ha fatto?” Che cosa aveva fatto?
Non lo ricordava più nemmeno lui; ciò che
occupava più spazio nella sua mente
era la sensazione inebriante del sangue che avvolgeva le sue mani
mentre le
affondava nel petto dell’ uomo sotto di sé.
“Ha ucciso Ian.” La gente intorno a loro
ammutolì in un silenzio sconcertato, mentre l’
uomo imponente in piedi davanti
al ragazzino era sorpreso.
“Come ha fatto a uccidere uno dei nostri
migliori uomini?” Chiese poi con tono quasi affascinato
mentre si chinava ad
osservarle il ragazzino che ancora si fissava le mani imbrattate di
sangue,
sentì l’ uomo muoversi nervoso davanti a lui prima
di iniziare a raccontare con
voce nervosa.
“Gli è saltato addosso e gli ha piantato il
coltello nell’ occhio, poi lo ha pugnalato tanto da
sfigurarlo, lo ha ridotto
ad un ammasso di carne e sangue.” A quelle parole il
ragazzino sobbalzò, ricordando
all’ improvviso ciò che aveva fatto, come aveva
potuto dimenticare quella
soddisfazione? “Abbiamo dovuto sedarlo altrimenti non si
sarebbe fermato.” L’
altro uomo sorrise compiaciuto mentre il ragazzino si alzava
lentamente, quando
fu in posizione eretta e, quindi, all’ altezza degli occhi
dell’ uomo parlò con
voce roca.
“Jack.”
“Come?” L’ uomo inclinò la
testa continuando
a osservare con i suoi occhi blu il ragazzino che stava iniziando a
sorridere
senza rispondere, una luce maligna nei suoi occhi. Si mise in posizione
eretta;
l’ ultima cosa che voleva era ritrovarsi le mani del
ragazzino attorno al
collo.
“Te la sei cavata bene piccolo, ma credo che
sia ora di fare un po’ d’ ordine qui dentro, cosa
ne pensi?” Gli mise una mano
in testa, scompigliando la zazzera di capelli neri sporca di sangue,
per un
momento si chiese come avesse fatto a finire fin lì.
“Da quando ti abbiamo
trovato sotto quelle macerie sei cambiato, in bene, sei più
forte, ma anche in
male; questo Jack non dovrebbe esistere.” Fece un cenno
all’ uomo che era
rimasto dietro di lui, mentre sul volto del ragazzino compariva il
primo
accenno di consapevolezza, in quell’ istante qualcosa di duro
e pesante lo
colpì alla testa, facendolo cadere a terra, privo di sensi.
Posso ritenermi soddisfatta del
banner, della storia invece.. beh ditemelo voi!