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Autore: Misaki Kudo    04/09/2013    6 recensioni
« I trust you, Shinichi! »
Sono passati cinque anni, l'Organizzazione è stata appena sconfitta.
Shinichi è ancora intrappolato nel corpo di Conan, ormai undicenne, mentre l'antidoto per l'apotoxina non è ancora stato ultimato. Il giovane continua a vivere a casa di Ran, che non riesce più a sopportare la lontananza dell'"amico", rivedendolo negli stessi occhi di Conan.
Situazioni complicate continueranno a caratterizzare la vita del giovane Kudo, la speranza è l'ultima a morire si sa, ma l'antidoto preparato da Haibara riuscirà a sconfiggere l'APTX?
Shinichi riuscirà, finalmente, a confessarsi a Ran dopo cinque anni di bugie?
Riuscirà a dire le cose che non le ha mai detto?
•••
In una folla, in una città. Lei avrebbe sempre ricercato il suo modo di camminare, i suoi saluti sinceri, il suo sguardo che riusciva a spiazzarla. Quegli occhi di un blu così intenso da fare invidia al cielo. Quel senso di pace che solo lui riusciva a procurarle. Una strana sensazione che ultimamente, provava anche quando era con Conan. O semplicemente la provava da sempre, ma lo ignorava. Perché Conan e Shinichi non potevano essere la stessa persona, no?
[Long ShinRan♥ - Conclusa.]
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Heiji Hattori, Ran Mori, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Heiji Hattori/Kazuha Toyama, Ran Mori/Shinichi Kudo
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'ShinRan♥: between friendship and love.//'
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;Gosho Aoyama © Detective Conan.


Le cose che non ti ho detto.

12.
Punto e a capo.

•••

Passarono tre giorni, diciamo pure che volarono. Era il tempo delle unioni, era il tempo degli addii. Inutile specificare quanto Ran abbia stretto a sé quello che considerava come "il fratellino", inutile dire come Conan non riuscì neanche, a guardarla dritto negli occhi.
Tutto gli sembrava incredibilmente ingiusto, non credeva al destino, non poteva farlo. Lui era il tipo razionale, quello che riesce a scovare sempre la verità, quello che non si arrendeva di fronte a nulla. Eppure lo sapeva benissimo, da sempre...
L'unica cosa, che può sembrare insignificante ma che per lui non lo era affatto, che da sempre criticava al suo amato Holmes era il cuore. 
Perché Holmes non lo seguiva, non lo percepiva minimamente. Mentre lui sì, e di questo ne era sempre stato fiero. Ma non in quel momento, in quel momento odiava con tutto se stesso quel particolare, tanto da preferire la perdita della memoria.
Erano già le 17:00, aveva ancora un paio di ore, il suo aereo, quello definitivo, avrebbe lasciato il suo amato Giappone alle 23:00. La sua amata Tokyo, il suo amato quartiere Beika, la sua amata villa con tutti i libri, la sua infanzia, la sua amata Ran.
Per quanto riuscisse a deviare i propri pensieri, il culmine di tutto aveva sempre quel nome, il suo. Chissà cosa stava facendo adesso? Sicuramente gli ultimi preparativi per le nozze, del resto mancavano solo tre ore ore al matrimonio. Poteva andarci benissimo, ma con quale faccia?
Quella di Shinichi Kudo? Inutile scherzare, il suo inutile cuore non avrebbe retto. Non era corazzato, non era pronto a questo. Lui non era forte come lei. Lui era da sempre quello che si faceva attendere, quello che illudeva, quello che imbrogliava.
Pensò che avrebbe potuto presentarsi come Conan Edogawa, del resto la stessa Ran aveva richiesto la sua presenza nella prima fila, quella della famiglia.
E forse era quello che lo turbava di più. Come poteva? Continuare a vivere in quella menzogna, continuare ad occupare un posto che non gli spettava più da anni, che non gli era mai spettato.
Osservarla da lontano? Avrebbe solo recato dolore, e di dolore ne aveva abbastanza.
Avanzò a piccoli passi sbattendo la porta della biblioteca. Si diresse verso il bagno, dove posò gli occhiali sul lavandino, fissando con sguardo indagatore la sua immagine riflessa nello specchio.
Era Shinichi Kudo, quello sedicenne. Quanto aveva desiderato rivedere quel volto? Quante notti passate a sperare? E adesso il nulla, quel volto non serviva a nulla.
Sistemò le ultime cose che aveva nei cassetti, portando le valige all'ingresso. Scavando in profondità tra i cassetti, urtò per sbaglio una superfice soffice e calda.
Allungò il braccio per estrarne il contenuto, un maglione rosso fiammante. Quel maglione.
Quello che non era mai riuscito mettere, quello che considerava uno dei suoi tesori.
Quel maglione che le aveva fatto Ran a Natale, prendendo come spunto quello di Araide. Quanto era stato in pensiero vedendo il feeling nascere tra i due, quanto si era sentito sollevato dopo aver scoperto la verità.
Scosse violentemente il capo, arrufandosi i ciuffi corvini. Ricordare non gli faceva bene, per niente. Doveva allontanare ogni frammento di quella memoria, lasciandosi tutto alle spalle.
Senza neanche accorgersene uscì fuori, più veloce che mai. La meta era chiara.

 
•••
Arrivò all'agenzia in cinque minuti circa. Inutile dire che si pentì un attimo dopo della sua scelta, ma una volta lì non sarebbe tornato indietro. Tanto nessuno si sarebbe accorto della sua presenza, a tre ore dal matrimonio sicuramente erano tutti in giro ad ultimare le spese. Lei era l'ultima persona che poteva trovare all'interno, quindi cosa gli importava?
Avanzò a piccoli passi, la porta era solo socchiusa. Ennesimo segno della più totale confusione in quella casa. Vi entrò silenziosamente e per suo stupore, non vi trovò alcuna presenza.
O per meglio dire, trovò l'unica persona che non aveva la forza di vedere.
Ran Mouri in abito da sposa, distesa sul divano addormentata, il volto sereno di una bambina che a tratti assumeva delle espressioni velatamente malinconiche. 
Conan si avvicinò lentamente, tenendo la testa bassa. Non aveva il coraggio di osservarla con quell'abito, sapeva che non era per lui. E lei riusciva ad essere stupenda sempre, anche con quell'espressione in volto. La colpa era solo sua, ovviamente. Decise di spostare lo sguardo, accanto al divano sul comodino, c'era un bigliettino giallo, lo lesse.
"Mi raccomando Ran, alle 19 fatti trovare pronta perché dobbiamo andare dalla parrucchiera per l'acconciatura. Abbiamo l'appuntamento, quindi non fare tardi!"
Quella calligrafia, doveva essere sicuramente di Eri. Sorrise leggermente Conan, riportando poi il suo sguardo verso Ran, ancora addormentata.
Si avvicinò a piccoli passi, osservandola ancora più da vicino. In fondo, gli anni passavano ma lei era sempre la stessa. Era sempre quella bambina pasticciona che aveva paura dei fantasmi, era sempre quella che nei momenti di debolezza si appoggiava su una spalla amica, quella capace di addormentarsi perfino nel bel mezzo di una festa.
Le accarezzò il viso, sorridendo appena e avvicinandosi sempre più. Voleva farsi male, tanto non sarebbe stato minimamente paragonabile a quello della ragazza. 
Posò le sue labbra su quelle di lei, un tocco leggero e quasi impercettibile. Sentì il suo tiepore.
Per un attimo gli sembrò di tornare indietro nel tempo, solo per un breve attimo s'intende. Si staccò dopo pochi secondi, voltando le spalle alla karateka e procedendo diretto verso la porta.
Stava quasi per dimenticare il motivo della sua visita, il maglione. Lo prese e lo ripose leggermente sul divano accanto alla porta d'ingresso, non riusciva a tenerlo con sè.
Fu un attimo, e decise di uscire per sempre da quella casa.

«...Shinichi», un sibilo quasi impercettibile, la voce spezzata.
Lo sguardo del detective si spalancò, e i suoi occhi seppur per un breve attimo, riusciro a brillare di una strana luce. Si voltò lentamente, stato d'animo confuso. Immensa malinconia che lo assalì, non appena ebbe constato che in realtà, la ragazza lo chiamava nel sonno.
Non merito le tue lacrime Ran, ti prego di non perdonarmi...
Corse veloce senza conoscere la meta, o forse in cuor suo sapeva benissimo dove andare.

 
•••

-Ore 19:50, nei pressi della Chiesa di Tokyo-
«La...la...m-mia bambina!», un Kogoro disperato piangeva aggrappato al braccio della figlia. «Io n-non p-posso crederci c-che mi l-lascerai c-cosi presto!», concluse singhiozzando.
«Suvvia papà, sono già emozionata! E poi non ti lascerò mica per sempre, ho già ventisei anni! Dai che manca poco, tra un po' dobbiamo entrare...», concluse per tranquillizzare il padre.
«R-Ran sei sicura, vero? Sappi che il tuo papà sarà sempre in qui, in caso ci ripensassi...», azzardò il detective fannullone.
«Papà, ma cosa dici! Certo che sono pronta...», rispose più a se stessa, che al padre.
Il rintocco delle campane segnò l'iniziò della cerimonia, la marcia nuziale accompagnava padre e figlia verso l'altare. Inutile sottolineare quanto Kogoro cercasse, senza riuscirci, di non piangere.
Tutti erano presenti in sala. Makoto e Sonoko, tutto il corpo di Polizia, i novelli sposi Heiji e Kazuha, tutto il Liceo Teitan al completo. Un vuoto nel cuore di Ran, non vedendo "il fratellino".
Mi aveva detto che non sarebbe venuto, eppure ci speravo...
Arrivati di fronte al prete e allo sposo, il Detective Mouri capì che in quel momento doveva uscire di scena, o perlomeno, la moglie riuscì a farglielo capire tirandolo per la manica.
Ran sorrise appena, osservando tutti i suoi amici seduti sui banconi, infine rivolse il su sguardo allo sposo, che le sorrise teneramente.
«Stai benissimo...», le disse il giovane dottore togliendole il velo dal viso. Ran rispose con un sorriso, mentre uno strano flashback l'avvolgeva. 
"Stavi benissimo...anche se avrei preferito qualche scollatura in più!", spalancò gli occhi appena, per poi ritornare alla sua serietà. Come poteva pensare a questo particolare in un momento come quello?
«Siamo qui riuniti oggi, per celebrare questa felice unione tra i qui presenti, Ran Mouri e Tomoaki Araide», esordì il prete, osservandoli.
Ran cominciò a tremare, fino a quel momento non era stata così tesa, adesso tutta quella strana sensazione le stava investendo tutto il corpo, non le dava pace.
«Ehi, ci sono io con te...tranquilla...», la tranquillizzò Tomoaki. Ma il suo viso non era chiaro...
"Ci sono io con te, Ran...non ti abbandonerò mai, resterò per sempre con te, quindi taglia quel filo....", eccone un altro. Un'altra volta lui.
Non era riuscita a tagliare quel filo rosso quella volta, come avrebbe potuto farlo? "Quella volta", si intende. Il passato è passato, doveva guardare avanti.
«In questa cerimonia dove amici e parenti si sono riuniti, per far sentire la loro gioia a questi due giovani, il cui cuore è stato unito fin dal passato, da sempre...», recitava il prete.
"E' u-una cosa che d-devo dirti da s-sempre, s-solo c-che", di nuovo il suo viso, l'uscita a cena dopo il caso del Cavaliere Nero, perché in quel momento?
«Stringetevi le mani in segno di unione e scambiatevi gli anelli, recitando la formula...»
Perché il calore di Tomoaki non è come il suo, perché forse...non è lui?
«Vuoi tu, Tomoaki Araide prendere la qui presente Ran Mouri come tua legittima sposa?», chiese il prete alzando il braccio come recitato fin dai tempi antichi. 
«Lo voglio!», rispose deciso Tomoaki, rivolgendosi sorridente verso Ran.
"Ci provo, ma non ci riesco...Lo vorrei, anzi Lo voglio! Ma...come posso riuscire a comprendere, il cuore della ragazza che amo?",quella volta a Londra..come dimenticarla? Eppure doveva farlo, non ce la faceva più, si sentiva morire.
«...e vuoi tu, Ran Mouri, prendere il qui presente Tomoaki Araide, come tuo legittimo sposo?», chiese nuovamente il prete, ripetendo le stesse movenze di qualche minuto prima.
Ran rimase immobile, troppi pensieri le assalivano la mente. Sapeva che doveva pronunciare quel sì, dopo quella fatidica parola tutto sarebbe cambiato. Doveva lasciare tutto alle spalle.
Ci provò, senza riuscirci. Quell'affermazione le rimase bloccata in gola.
Perché non voleva dimenticare? Perché quel peso non voleva andarsene? Perché...lui?
«E-ehi R-ran...perché p-piangi?», chiese il giovane Araide terrorizzato.
"Non piangere Ran, io non posso vederti piangere...davvero..."
«...I-Io...v-voi...S-Shinic-»,si toccò le labbra, percependo un tiepore familiare.
«SC-S-SCUSATEMI!», cominciò a correre fuori dalla chiesa, avanzando a falcate veloci, senza mai voltarsi neanche una volta. Ma cosa stava facendo? Dove poteva andare? Non lo sapeva. Voleva andare da lui. Solo questo sapeva, da sempre.
Gli avrebbe sparato contro tutto, tutto quello che non gli aveva potuto dire. Che lo odiava alla follia, e lo amava con tutta se stessa.  Il suo cuore la stava portando lì, senza che lei lo sapesse, dove tutto era iniziato: Il Tropical Land.

•••
Shinichi non riusciva nemmeno lontanamente, a spiegarsi il motivo di quel luogo. Perché le sue gambe l'avevano portato proprio lì? Non ci pensò molto su, da poco aveva compreso che certe cose non hanno una spiegazione razionale. Strano a dirsi.
Eppure quel luogo rappresentava da sempre, l'inizio e la fine. L'inizio di qualcosa di più con Ran, che non era riuscito a concretizzarsi mai sul serio. Perché più che l'inizio, era la conclusione
La fine di Shinichi Kudo e di tutta la sua vita. La fine del suo futuro.
Era lì, seduto in quella panchina a rigirarsi tra le mani quella pillola. Metà bianca e metà rossa, non sarebbe mai riuscito a dimenticarla. L'aveva presa di nascosto ad Haibara. Il perché non lo sapeva neanche lui. Forse per continuare a ricordarsi del suo strano destino.
Prese i grossi occhiali tondi che aveva ancora poggiati sul naso, li osservò attentamente. In un gesto fulmineo li gettò nel cestino, quasi a voler mettere un punto a tutto.
Un punto a Shinichi Kudo, e un altro a Conan Edogawa.
Chi sarebbe stato allora, da quel momento in poi?
Nessuno. Chi avrebbe dovuto essere, dopotutto lei non c'era. Non ci sarebbe stata, mai. Mai più.
E allora che senso aveva tutto? Non poteva farsi una nuova vita, non senza lei. Che debole.
Alzò il capo, spalancando gli occhi che bruciavano di blu.
«R-Ran...», sibilò appena omettendo il 'nee-chan', involontariamente.
La ragazza correva ancora a testa bassa, finché non la innalzò per scontarsi con quel blu. Quel blu che solo i suoi occhi avevano, quel blu che le trafiggeva il cuore.
«S-Shinichi..», affermò senza pensare un attimo.
Quel volto, quello era il suo Shinichi. Quello di cui si era innamorata. E non quello che l'aveva abbandonata. Quello che era sempre stato con lei. Non quello che le mentiva. 
Avanzò a piccoli passi, mentre il ragazzo, paralizzato da quella figura vestita di bianco, non riusciva a proferir parola. Perché era lì? Non doveva...sposarsi?
La ragazza lo scrutò con gli occhi attenti, avvicinando la sua mano a quella del detective e stringendola con forza. Riuscì a percepire quel calore...quel calore che non riusciva a sentire toccando la mano di Tomoaki, quel calore che solo il suo Shinichi le procurava.
Fissò ancora più profondamente i suoi occhi, come se fosse ipnotizzata da essi. Erano quelli, non potevano esserci dubbi, non aveva mai avuto dubbi...
«T-Tu...sei...», azzardò lievemente.
«Conan Edogawa», esordì il ragazzo sbloccandosi. «Ran....neechan. Mi spieghi cosa ci fai qui, dovresti essere in chiesa già da un pezzo!», concluse con il suo solito tono finto.
«...Basta. Non ce la faccio più. Non posso cadere di nuovo vittima del mio pensiero.», cominciò la ragazza piangendo lievemente. «Non posso proprio...perché il mio cuore mi dice una cosa, la mia testa invece ne dice un'altra», continuò.
«Ehi..ma cosa stai dicendo? Ran...», chiese il detective allungando una mano verso il suo viso.
«NON MI TOCCARE! T-tu...riesci a condizionare il mio cervello...ma non il mio corpo...q-questa s-sensazione...», esordì afferrando prontamente la mano del ragazzo. «Perché...anche se s-so b-benissimo che tu-tu n-non sei l-lui...perché..PERCHE' IL MIO CUORE BATTE COSI' FORTE?
PERCHE' E' COME SE FOSSE CONSTANTEMENTE LI' A DIRMI, 'LUI E' LI' CON TE'...
p-perché Shinichi...dimmi perché..», concluse affannandosi e crollando verso il basso.
Shinichi l'afferrò prontamente, lo sguardo preoccupato misto al terrore.
«Ran..neechan devi calmarti, io...», non riuscì a terminare.
«..E B-BASTA CON QUESTO RAN-NEECHAN! I-Io non ce la faccio, non posso credere ad una parola, non voglio crederci...tutto è troppo assurdo eppure, i-io lo so che lui, c-che tu...»
«Sono qui con te», esordì il ragazzo abbracciandola. Ran sussultò appena, non riusciva più a ragionare seriamente. Era forse impazzita? Per l'ennesima volta stava accusando Conan di essere Shinichi. L'aveva fatto in passato, lo faceva sempre.
Semplicemente, il suo cuore non riusciva ad accettare il fatto che lui, seppur così identico, non fosse lui. 
«Scusami Conan-kun...è solo che io, non posso.
Non posso sposarmi, perché continuerò sempre ad amare lui...non voglio andare avanti, non voglio dimenticare...», concluse, riacquistando il senno della ragione.


«E allora...», prese fiato, tanto fiato.
«...non andare da nessuna parte...stai qui, con me. Non sarò in grado di comprendere il cuore della donna che amo però, non posso fare a meno di starle vicino...», esordì sorridendo.
Ran spalancò le iridi color indaco. Piangeva senza riuscirsi a controllare. Quelle parole.
Conan non poteva...c'era un'unica spiegazione...
«...Perdonami», riuscì a pronunciare solo quella parola. «Anzi...odiami, che forse è meglio», concluse. Ran si asciugò le lacrime e lo abbracciò forte. Come non aveva fatto mai.
«Mi dispiace ma anche volendo, non posso farlo...», esordì. «Io l'ho sempre saputo, in cuor mio ne ero convinta fin dall'inizio solo che...perché?», chiese la ragazza.
Shinichi decise di raccontare, una volta per tutte le cose che non le aveva mai detto. Capì che non poteva andarsene lasciandola in quelle condizioni. Non gli era mai piaciuto fare le cose a metà.
Capì semplicemente che, per una volta, doveva ascoltare il cuore e non la ragione.

 
•••
 
«E così quell'organizzazione è la causa di tutto?...Quella sterminata da Jodie-sensei e tutti gli altri...», chiese Ran, cupa più che mai.
«La causa in realtà è quella pillola che hai tra le mani, una pillola che avrebbe dovuto uccidermi ma che non l'ha fatto...del tutto», concluse serio fissandola.
«...Io non riuscirò mai a perdonarti, lo sai vero? Perché...perché non mi hai detto niente, io non ti avrei abbandonato...», chiese la ragazza furiosa come non mai.
«Tutta quella messinscena di Conan, solo per nasconderti...e per ingannarmi...mentre tu eri lì, lì ad osservarmi mentre piangevo per te, lì senza dire niente...senza dire la verità...», continuò a sfogarsi con decisione non riuscendo a comprendere bene il suo stato d'animo.
«Ricordi la storia di Amleto?...Ti avrebbero uccisa. Immediatamente, senza pensarci. Come hanno fatto con tutti quelli che erano coinvolti nella storia. Io non potevo permetterlo...», si giustificò Shinichi a capo basso.
«..Okay, ma perché continuare fino a ora? Perché farmi stare ulteriormente male...», chiese malinconica. In diverse circostanze lo avrebbe ucciso, ne era certa. Con una o due mosse di karate. Ma quella circostanza era diversa. Tutto improvvisamente. Non ce la faceva più.
«Volevo che almeno tu riuscissi a farti una vita...non pensando che con me, in queste condizioni...», rispose Shinichi ma Ran lo colpì con un pugno.
«SEI UNO STUPIDO SHINICHI! IO RIFARMI UNA VITA? SENZA DI TE?! COME PUOI PENSARE UNA COSA DEL GENERE...Io...I-io a questo p-punto... », scoppiò senza pensarci. Ormai non aveva nessun tipo di connesione con il suo cervello. Osservò la pillola che aveva tra le mani e, senza ulteriore indugio sotto lo sguardo spento di Shinichi, la ingoiò.
«RANNNN! RAAAAN!
»
•••

Doveva trattarsi certamente di un sogno, ne era certa.
Eppure si sentiva bruciare le ossa, bruciare ogni parte del corpo. No, non poteva essere un sogno quel dolore così profondo. Quasi più forte di quello che le aveva procurato lui...
Non sapeva che pensare. L'aveva ingannata. E lei non poteva perdonarlo.
Allo stesso tempo però era da sempre con lei, pronto a proteggerla in ogni istante, in ogni momento. Proprio non riusciva a capire. Proprio non riusciva a svegliarsi.
Beh, forse era giusto così. Shinichi le aveva detto che era un veleno quello, lei lo sapeva.
E proprio come Ofelia voleva fare quella fine, voleva annegare. Annegare nelle sue colpe, annegare nel suo dolore, annegare perché non poteva portare tutto alla normalità.
Annegare perché Shinichi adesso aveva undici anni meno di lei, annegare perché tutto era sbagliato. Annegare perché...

«RANNNN! RAAAAN!»
O, rieccolo. Non riusciva proprio a cancellarlo dai suoi pensieri. Era come un'ossessione.
«RANNNN, Svegliati ti prego...»
Perché doveva svegliarsi? Non ci riusciva, era come oppressa.
«Shinichi.....sei pallido», la voce spezzata. Shinichi spalancò gli occhi incredulo, dopodiché riuscì a curvare un sorriso. Un sorriso che non aveva da troppo tempo ormai.
Ran si alzò lentamente. Aveva ancora addosso l'abito da sposa. Peccato che le andasse leggermente più largo, chissà come mai. Si osservò in giro, riconoscendo la stanza di Shinichi, a Villa Kudo. Si osservò nell'immenso specchio. Non credeva ai suoi occhi.
«Sono tornata....sedicenne....», sorrise commossa.
«Ma allora il rimpicciolimento è di dieci anni...! E'-E' incredibile..», esordì Shinichi.
Ran non ci pensò due volte e corse ad abbracciarlo. Lo strinse forte come a non volerlo lasciar andare via. Shinichi ricambiò la presa afferrandole il viso con decisione.
«Non sai che colpo mi hai fatto prendere...sei una stupida!», la sgridò, per poi baciarla con forza.
Erano lì, di nuovo. L'una con l'altro. Insieme com'era giusto che fosse, sempre.
«...Sappi che dovrai farti perdonare Shinichi», affermò la karateka mollandogli un pugno in pieno stomaco. «Sto cominciando a fare mente locale di tutte quelle volte che...»
«Giuro che riuscirò a farti innamorare ancora di me, riprendiamo tutto da dov'era in sospeso, ti va di andare al Tropical Land?», chiese imbarazzato abbracciandola.
«Cos'è...cerchi di cambiare discorso?...Ora che ci penso, abbiamo perfino f-fatto il b-bagno...», rispose Ran colta da un'improvvisa illuminazione. «T-TU! R-RAZZA DI PERVERTITO!
»
Tutto sembrava essere tornato alla normalità, come se quei dieci anni non fossero mai esistiti, o meglio come se non avessero fatto altro che ricucire ancora di più quel filo rosso.
Quel filo che non si sarebbe spezzato mai.
Perché loro erano così e sarebbero stati così per sempre.
Uniti e infiniti, allo stesso tempo.



 




_____________________________
Vi confesso che ci sarebbe dovuto essere un altro capitolo, dove Ran scopriva tutto e Haibara le consigliava di prendere l'antidoto. Diciamo che avrei allungato ancora di due o tre capitoli, ma non posso proprio perché non avrei tempo...inoltre ho promesso di concludere entro Agosto e sono già in ritardo, non voglio infrangere una promessa. :) Ma la storia originale era così, quindi visto che tutto è partito dall'idea di Ran che non capendo più niente decide di seguire il cuore e si scaglia su Conan, ho deciso di finirla così.
Abbiamo una sorta di 'pazzia' della ragazza, che non è riuscendo a darsi pace, prende l'antidoto senza pensarci. Spero che questo finale vi abbia soddisfatti! Come molti avevano già previsto non potevo mica concludere con un finale tragico...diciamo solo che è leggermente aperto! Ran e Shinichi sono tornati ad essere sedicenni...rimarranno a Tokyo e spiegaranno a tutti l'accaduto o partiranno per gli States insieme, per rivivere la loro vita?
Boh, pensate quel che volete. Io non ho parole per ringraziarvi. Ringrazirvi di aver seguito questa storia fino alla fine.
Grazie davvero a tutti, senza di voi non ci sarei mai riuscita! Spero tanto di pubblicare in futuro un'altra long, e spero che abbia lo stesso successo che ha avuto questa! Un abbraccio! :*
   
 
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