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Autore: 8WeirdSisters8    16/09/2013    2 recensioni
Un troll mulina la sua mazza innanzi a un Babbano. Un Incantesimo Incendiario gli guizza sotto gli occhi, bruciacchiandogli la punta del soprabito. Un Tranello del Diavolo lo stritola senza troppe cerimonie.
In tutti questi casi, il Babbano in questione, particolarmente sfortunato, sì, crederà di aver semplicemente alzato troppo il gomito. Perché?
Se lo è chiesto il Professor Mordicus Egg e i frutti della sua indagine, delineata attraverso una serie di fulgidi aneddoti, sono raccolti in un libro che è adesso indispensabile per qualunque appassionato di Babbanologia. Perché i Babbani preferiscono non sapere e i Maghi vogliono sapere perché.
•Edizione arricchita di un saggio introduttivo di Wilhelm Wigworthy, autore di “Vita domestica e abitudini sociali dei Babbani Inglesi”.
•Solo per oggi, dal prezzo di copertina saranno scontati venticinque Zellini da spendere presso la Gelateria Fortebraccio.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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2.   È una grande abilità saper nascondere la propria abilità.

 

 

Ad un certo punto della mia vita, con sommo stupore della Moglie Migliore del Mondo, ottenni la cattedra di Babbanologia alla scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts. In quanto Professore, mi capitò di essere spedito dal Preside sulle tracce di bambini nati Babbani che avevano dato chiari segni di possedere la Magia. Di solito questa circostanza impensieriva i genitori Babbani, spessissimo li confondeva, talvolta li terrorizzava, quasi mai li inorgogliva. Era molto difficile per loro comprendere di avere un figlio che, all’età di tre anni e senza alcun preavviso, aveva richiamato a sé i giocattoli senza muovere un muscolo, o una figlia che si divertiva ad intrecciarsi i capelli, quindi intrecciare la coda del gatto, quindi intrecciare qualsiasi cosa fosse intrecciabile, compresi i tubi del bagno. Così, nei casi più delicati, mi si riconosceva una competenza tale da poter trattare con i genitori senza che questi, in uno scatto d’isteria non troppo dissimile da quello che coglie i Maghi e le Streghe ai primi, disastrosi esempi di Smaterializzazione, tentassero di prendermi a randellate, cosa che in un’occasione o due sono arrivati a fare. Un tale riconoscimento delle mie qualità chiaramente mi lusingava, ma non nascondo che talvolta il pensiero che qualcuno a scuola volesse liberarsi di me ha sfiorato la mia mente1.

Venni così in contatto con una sfilza di Babbani dai comportamenti decisamente interessanti, almeno per uno studioso: una signora che andai a visitare era ancora convalescente dalla notizia che la figlia sarebbe entrata ad Hogwarts ed iniziava a tremare ogni volta che qualcuno pronunciava le parole Mago, Magia o Magenta (quest’ultima sostanzialmente per un falso allarme); un uomo sulla quarantina invece aveva la scortese abitudine di torcere il collo a chiunque si proclamasse Mago o Strega, motivo per cui i suoi figli gemelli preferirono adottare i nomi in codice dalla discutibile efficacia Goma e Gresta; e poi c’era il povero Babbano che esibiva il viso paonazzo di chi annaspa sotto un peso tremendo: nel suo caso, la consapevolezza che il figlio poteva trasfigurarlo in un coniglio alla prima sgridata. Capite come, in ognuna di queste incursioni, mi si richiedesse un intervento preciso, diciamo con un margine d’errore di un pelo di Kneazle.

Ricordo vividamente una di queste visite. Armato di buona volontà e di una copia di Babbani & Baccani: come frequentare i primi ed evitare i secondi”, mi recai in Devon, presso l’abitazione di Maggie Burke, Babbana e madre di Alphonse, un vispo undicenne che aveva da poco ricevuto la propria lettera da Hogwarts. Curiosamente, la Signora Burke non solo non sembrava aver mai notato le stranezze del figlio fino all’arrivo della lettera, ma, adesso che aveva appreso della sua natura, non se ne mostrava affatto preoccupata. Rimasi allibito: era, questa, una novità per me. In effetti la Signora Burke era colta da crucci di tutt’altra natura: ci sarà freddo ad Hogwarts? Rischia di raffreddarsi? Quanti maglioni devo dargli? E se cadesse? E se litigasse con qualcuno? E se si ammalasse? E se esplodesse? Nella sua mente – e non solo nella sua mente: anche nel suo salottino, mentre io, sprofondato nella sua poltrona a fiori, sorseggiavo del delizioso tè alla cannella – si agitavano vorticosamente le domande che ogni madre apprensiva, Babbana o meno, si pone di fronte all’incombente separazione dal figlio.

Pesano troppo le bacchette? Affatto. E se gli finissero in un occhio?  Ci vorrebbe notevole impegno per fargliele entrar tutte. Nessuna rassicurazione da parte mia sortiva il benché minimo effetto su di lei: dopo venti minuti d’implacabile pulsione inquisitoria, Maggie Burke era ancora lì, trepidante, a riempirmi la tazza di tè ogni volta che reputava ce ne fosse troppo poco, e a chiedermi in modo tutt’altro che metaforico se suo figlio avesse potuto perdere la testa o un qualsiasi arto mentre era a lezione. Mentre mi affannavo a risponderle che ogni pratica del genere era ormai caduta in disuso2 e che Alphonse, verosimilmente, non sarebbe stato decollato, spostai l’attenzione su un manufatto Babbano che stava in un angolo: “Posso chiedere di che si tratta?”, le chiesi con vivo interesse.

“Una racchetta elettrica per le mosche”, mi rispose fiaccamente.

“Oh, interessante” dissi con giubilo. “Ho sempre trovato terribilmente affascinante l’elettricità. Sa,” aggiunsi a mo’ di chiarimento, “noi non abbiamo nulla del genere.”

“No-non avete elettricità?” chiese lei, visibilmente scossa. Fu come aver dato il pepe alla Salamandra. Ricominciò a rigurgitare le sue angosce, ora corroborate dalla certezza che suo figlio non avrebbe avuto come sopravvivere in un cupo castello senza energia elettrica.

A questo punto, dovetti riparare nel territorio amico delle frasi di circostanza. Dopo aver azzardato una citazione di Beda il Bardo, mi ritirai in buon ordine e da quel momento in poi il mio contributo alla conversazione si limitò a una serie di «ah sì», « ma no, per Merlino» e «oh ma cosa mi dice». Quindi chiesi di poter conferire col piccolo Alphonse. Permesso che mi fu accordato di malavoglia.

Alphonse si trovava in una disposizione di spirito diametralmente opposta a quella della madre. Durante tutta la nostra passeggiata in giardino, non fece che saltellare, raccontandomi tutto quanto c’era da sapere sulle sue tonsille e sulla trepidazione con cui aspettava di entrare ad Hogwarts. Quindi puntualizzai: “È ben strano che non si sia verificato alcun segno di Magia, prima dell’arrivo della lettera. Di solito i bambini li manifestano ben prima degli undici anni.”

“Oh, ma a me son capitate tutte prima, quelle cose.”

Inarcai le sopracciglia.

“Sì, c’è stata la volta in cui ho fatto sparire i croccantini di Stu. Poi quella in cui l’ho fatto volare per qualche minuto. E poi quella in cui…” E andò avanti ad elencare fieramente le prodezze di cui era stato capace, la maggior parte delle quali compiute ai danni del povero carlino di casa.

“E poi ancora -”

“E come mai non hai fatto cenno delle tue gesta a tua madre?”

Lui mi rifilò uno sguardo compunto, come se fosse desolato di scoprirmi tanto stupido da non comprendere le sue palesi ragioni.

“Per non far preoccupare la mamma”. Stu si affacciò dalla porta di casa, scodinzolando. Alphonse, intercettatolo, partì di corsa e la nostra passeggiata finì lì. Non mi dispiacque: avevo saputo quanto mi serviva sapere, inoltre temevo che la madre, impensierita dall’assenza del bambino, uscisse da un momento all’altro per setacciare il giardino in cerca dei suoi resti.

Quando rientrai per salutare la Signora Burke, che tra l’altro mi aveva fatto dono di un bellissimo affettaverdure che prevedevo mi sarebbe stato invidiatissimo dai colleghi3, lei asserì con convinzione: “Non può partire per Hogwarts”. Aveva un tono sicuro, a tratti incrinato da una sottile scheggia d’isteria, della quale peraltro sembrava più che consapevole.

“Perché no?” chiesi, senza scompormi.

“Perché… ha avuto il raffreddore”.

Sbattei le palpebre un paio di volte, in risposta.

“Un paio di settimane fa” aggiunse. E sorrise, desistendo una volta per tutte dall’intento di trattenere il figlio in casa.

Sorrisi anch’io. Quindi le posi la fatidica domanda: “Davvero non si era accorta che Alphonse aveva abilità che vanno oltre le possibilità Babbane?”

Il suo sorriso divenne ironico: “Ma certo che mi ero accorta che in lui c’era qualcosa di speciale. Sapevo anche che me lo teneva nascosto per evitare che perdessi la testa.” Qui parlò in senso metaforico, certamente. “Altrimenti come crede che sarei potuta essere così preparata?!”

Le reazioni dei Babbani alla Magia possono essere varie e tutte degne d’interesse. Quella volta scoprii che non sempre preferiscono non sapere. A volte preferiscono fingere di non sapere. E nascondersi a vicenda i propri talenti. E fingere di non sapere perché gli vengono nascosti.

Dice sempre la Moglie Migliore del Mondo, dimostrando grande perspicacia, che è una grande abilità saper nascondere la propria abilità.

 

 

 

 

1.       Tuttavia potrebbe trattarsi di suggestione: in quel periodo leggevo moltissimi romanzi gialli, come “Berretto Rosso Sangue”, “Fate assatanate” e “Quella volta che un anatema squarciò le tenebre”.

2.       Nonostante le lamentele di un muffito gargoyle che un tempo stazionava al quarto piano, di fronte alle scale, e che, sputacchiando abbondantemente, usava rivendicare per sé il titolo di “autorevole pedagogo”. Fu accidentalmente infranto da un vecchio Custode intento a spolverarlo. Nessuno se la sentì di sollevare dubbi su quell’”accidentalmente”.

3.       Previsione curiosamente smentita dalla realtà. Non tutti hanno buon gusto.

 

 

 

 

 

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Eccomi qui. Sì, oops, sono passati due Lunedì.

Prima di eclissarmi, mi ritaglio uno spazietto per ringraziare tutti i recensori, seguaci e preferitori. Non ringrazio i ricordatori, perché non ce ne sono. E vi dico che il prossimo aggiornamento dovrebbe arrivare Lunedì prossimo, ma non lo garantisco per via della sessione d’esami.

Cattiva, sessione d’esami. Brutta e cattiva. Userei epiteti più coloriti, ma non vorrei si vendicasse.

A presto!

WS

 

 

Ma che dico, aspetta. La frase che dà il titolo al capitolo è tratta dalle Riflessioni morali di quel simpaticone di LaRochefoucauld.

I Berretti Rossi, diffusi nel Nord Europa, sono simili a nani e hanno la sgradevole abitudine di abitare campi di battaglia o un luogo in cui sia stato versato sangue umano. Sono particolarmente pericolosi per i Babbani che vagano solitari nelle notti buie. Tutto questo chiaramente è spiegato ne Gli Animali fantastici, non me lo sono mica inventato. Quello che ho inventato è il testo Babbani & Baccani: come frequentare i primi ed evitare i secondi, nel caso vi venisse in mente di cercarne menzione nei libri di HP.

Ok, devo aver concluso. Ciao-ciao!

   
 
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