Il suo quarto anno si rivelò
deprimente sotto diversi punti di vista, un po’ come quello di tutti i suoi
compagni. La Umbridge la faceva da padrona e non permetteva loro di usare
incantesimi difensivi, tanto da allargare il malumore già circolante.
Lord Voldemort era tornato e la
scuola era divisa a metà fra chi aveva fiducia in Harry e chi invece era
scettico. Lei, ovviamente, insieme a Ginny e Colin, supportava il suo compagno
di casa. A tal proposito avevano litigato furiosamente con i loro compagni:
Annie, che era diventata la ragazza ufficiale di Adrian, credeva a quest’ultimo
e non voleva sentir ragioni; così come David e John, che ritenevano impossibile
diffidare del Ministero.
Le loro opinioni era così
divergenti, la litigata era stata così accesa, che fra di loro non si erano più
rivolti la parola, arrivando addirittura a togliersi il saluto.
“Sai, Sara… Non vorrei dovertelo
dire, però… Credo che tu debba darci un taglio con la tua cotta per Piton.
Davvero.”
La ragazza alzò lo sguardo dal
giornale, osservando perplessa Ginny.
“Che stai dicendo?”
L’amica si fece ancora più
vicina, cercando di non farsi sentire da orecchie indiscrete.
“Ecco… Il professor Piton era un
Mangiamorte, no?”
Sara continuava ad essere
perplessa.
“E allora? Silente si fida di
lui. Ha cambiato parte.”
“Ma insomma!” esclamò Ginny,
nervosa. Fece vagare lo sguardo per la Sala, stando attenta a che nessuno le
sentisse “Già non capisco come tu possa essere tranquilla dopo che ti ho
rivelato che Severus era un Mangiamorte…”
Sara appoggiò il giornale sul
tavolo e toccò la fronte con una mano. Sospirò.
“Ne abbiamo già discusso, Ginny.
Come di tutto il resto. Silente si fida del professor Piton, ma non è solo
questo. Io lo conosco. Forse non a fondo, forse non bene, ma converrai con me
che, come studentessa, lo conosco meglio di chiunque altro. Lui è una persona gentile. Devi ficcartelo bene in testa,
Ginny: è scostante e burbero solo all’apparenza, in realtà scommetto che ha il
cuore più grande di tutti noi assieme.”
Ginny incrociò le braccia, piccata.
“Certo. E sono apparenti anche
tutti i punti che toglie a Griondoro, vero?”
“Tutti i professori tolgono
punti.”
La ragazza alzò gli occhi al
cielo.
“Basta. È impossibile parlare con
te. Ricorda solo una cosa: ho ragione io, ne avrai la prova.”
“Certo, certo.” le disse Sara,
agitando una mano.
“Non fare quella che dà ragione
agli scemi.”
“E allora tu non fare la scema.”
***
Il professor Piton, vedendo che
Sara si ostinava ad esercitarsi negli incantesimi pratici di Difesa con le Arti
Oscure, decise di aiutarla.
La ragazza si impegnava al cento
per cento e, ogni volta che un incantesimo le riusciva, gratificava il
professore con un sorriso sincero. L’uomo sorrideva compiaciuto, come quando un
suo studente Serpeverde riusciva perfettamente nella sua materia, e Sara si
beava di quel sorriso ricambiato, mettendoci sempre più impegno
nell’esercitarsi. Era un circolo virtuoso.
Così, quando venne creato l’ES,
lei si dimostrò sin da subito una delle allieve più promettenti. Con alcuni
incantesimi minori se la cavava già bene anche alle prime lezioni, e al massimo
perfezionava mira e potenza, riuscendo già ad Ostacolare e Schiantare senza
alcuno sforzo.
Solo quando arrivarono a lavorare
su incantesimi più complessi si trovò in seria difficoltà.
“Avanti, devi solo concentrarti
su un ricordo felice.” la spronò Harry, passandole accanto.
“Ci sto provando!” esclamò lei,
sbuffando, irritata dagli insuccessi.
“Quell’umore non ti aiuterà di
certo.” le disse Ginny, mentre il suo cavallo d’argento galoppava nei dintorni.
Colin, invece, come lei, non era
ancora riuscito a produrre nulla di decente, se non uno sbuffo di vapore.
“Grazie, eh.” rispose Sara,
sempre più abbattuta e irritata.
Raccolse le forze, chiudendo gli
occhi.
Un ricordo felice… Felice…
Il volto di Severus Piton le
balzò davanti agli occhi. Pensò a quando stava in silenzio a leggere un libro
mentre lei faceva i compiti. Pensò a quella mezza canzone che avevano ballato
l’anno prima, alle sue mani sui fianchi. Poi vide l’espressione compiaciuta di
quando era riuscita ad apprendere perfettamente l’incanto Reductor. Si figurò
la sua possibile espressione di fronte ad un Patronus Corporeo e, senza
rendersene conto, sorrise.
“Expecto Patronum!”
Prima ancora di aprire gli occhi
capì che ce l’aveva fatta, sentendo il gridolino eccitato di Ginny.
Era un animale che aveva già
visto fra quelli degli altri, anche se…
“È una cerva!” esclamò Harry,
agitando la bacchetta e facendo comparire il suo Patronus.
“Hai ragione.” disse Sara,
sorridendo.
“Chissà che significa.” intervenne
Colin, che si era arreso e non stava neanche più tentando di produrre
l’incantesimo “Per caso ti piacciono i cervi?”
“Non lo so. Non particolarmente.
Insomma, non ci ho mai pensato… Credevo che sarebbe stato un gatto,
sinceramente.”
“Bah.” disse Ginny “Neanche io
sapevo che sarebbe stato un cavallo, se ti consola.”
“Il mio è un cervo perché è
associato a mio padre.” concluse Harry “Anche tu avrai i tuoi motivi, magari
ancora non li sai. Anche io l’ho scoperto dopo.”
“Beh, c’è tempo.” ripose lei,
sorridendo per il suo successo.
***
La battaglia al Ministero era
cominciata.
Era stato strano volare a cavallo
di una creatura invisibile; era stato strano addentrarsi in un luogo così
silenzioso e senza che nessuno li fermasse; ma ora non c’era tempo per riflettere
sull’assurdità della situazione… Sara doveva solo pensare a combattere, a
schiantare quanti più Mangiamorte possibile, a ritrovare gli altri e ad
andarsene da quel luogo, con o senza profezia.
Ginny si era slogata la caviglia,
Ron sembrava impazzito e Hermione era svenuta. Neville sanguinava dal naso e
Luna sembrava l’unica illesa, così loro due cercarono di radunare gli altri per
evitare che capitasse loro qualcosa di brutto.
Alla fine, in ogni caso, si
ritrovarono tutti nella stanza con l’arco, la bacchetta alla mano, urlando
incantesimi su incantesimi mentre cercavano di rimanere in vita. Sara si
accorse con sollievo che altra gente stava arrivando, gente che era dalla loro
parte. Remus Lupin, che conosceva per via del suo incarico da professore, si
frappose fra lei e Bellatrix Lestrange; così la ragazza cercò di individuare
Luna e gli altri e, nel contempo, di non farsi colpire da nessun incantesimo
oscuro.
Vide Neville in seria difficoltà,
senza bacchetta e con il naso rotto, così corse nella sua direzione appena in
tempo per parare una maledizione. Poi sentì Harry urlare, vide un lampo di luce
rossa e non fece in tempo a schivarla.
Batté la testa e l’ultimo suo
pensiero fu quello di doversi rialzare, prima di perdere definitivamente i
sensi.
Quando riaprì gli occhi, vide del
bianco attorno a sé. Ci mise un secondo per mettere a fuoco, poi si rese conto
di essere in infermeria.
Una macchina nera alla sua destra
attirò la sua attenzione. Voltandosi, scoprì che era niente di meno che Severus
Piton, che stava seduto composto e la osservava.
“Severus!” esclamò.
“Irriverente come al solito?”
chiese lui, alzando un sopracciglio.
Sara si rese conto di averlo
chiamato per nome e arrossì. Cercò di sistemarsi meglio sui cuscini, ma sentì
una fitta di dolore alla testa.
“Non agitarti.” le disse il
professore.
Per un momento, Sara credette di
vedere l’ombra della preoccupazione negli occhi neri del professore.
“Visto che sono appena scampata
da morte quasi certa, posso permettermi di chiamarti per nome, giusto?” chiese,
facendo gli occhioni dolci.
Lui alzò lo sguardo al cielo.
“Non rigirarti la frittata come
vuoi.”
“Uh! Un modo di dire babbano!”
“E allora?”
“Allora nulla. Che ci fai qui,
comunque?”
“Sono venuto a vedere come stavi.
Ma forse facevo meglio a starmene in ufficio.”
“Dai, non dire così.”
Sara allungò una mano e la
appoggiò su quella del professore, che però si ritrasse. Lei fece finta di
nulla e continuò a sorridere: anche se per un momento, il fatto di essere
entrata in contatto pelle contro pelle le aveva dato un brivido.
Dopo qualche istante di silenzio,
in cui Sara aveva fatto vagare lo sguardo e si era resa conto che Ron e
Hermione dormivano profondamente nei letti accanto al suo, il professore parlò.
“Perché l’hai fatto?”
“Fatto cosa?”
“Lo sai. Andare al ministero.”
Lei lo guardò intensamente.
“Harry era agitatissimo. Era
questione di vita o di morte.”
“Potevi tornare a cercarmi.”
“Ma tanto sei stato tu ad
avvertire l’Ordine, no?”
Severus rimase stupito per un
momento, poi si fece pensieroso.
“E tu cosa sai dell’Ordine?”
“Nulla. Ho sentito una volta
Ginny parlarne ad Hermione, ma… Non mi ha mai voluto dire niente. Ha detto che
dovevo dimenticarmene.”
“Esattamente.”
Sara si alzò di scatto a sedere,
ignorando il mal di testa.
“Ma io voglio esserci! Voglio
partecipare! Se dobbiamo combattere Tu-sai-chi, allora…”
“Sei una ragazzina. Non
combatterai proprio nessuno.”
“Eppure mi pare che stasera io
l’abbia fatto!”
“E non avresti dovuto!”
Sara rimase spiazzata di fronte
al tono di voce di Severus. Si era arrabbiato.
Lei abbassò lo sguardo,
pensierosa.
“E invece devo. Bisogna
combattere, Severus; c’è una guerra, sta iniziando.”
“È una cosa seria, non un gioco
da bambini!”
“Proprio per questo. Credi forse
che me starei ferma e buona mentre altri si divertono a condizionare non solo
il mio futuro e di chi mi sta intorno, ma il destino dello stesso mondo magico?
Bisogna combattere.”
Il suo sguardo era così ardente e
deciso che a Severus, ancora una volta, venne in mente quello duro di Lily,
quando gli aveva detto che avevano scelto due strade differenti. Bastò un
battito di ciglia e gli occhi, prima verdi splendenti, diventarono di nuovo
azzurri e innocenti.
Quelle sensazioni lo stavano
turbando profondamente. Sara e Lily erano due persona diverse, questo lo aveva
ben presente. Nessuno sarebbe potuto mai essere come lei, come la donna di cui
era innamorato… Eppure, ogni tanto, le loro immagini si sovrapponevano in modo
così spontaneo da essere fastidioso e irritante.
“E poi, che succederà?” chiese,
cercando di riordinare le idee.
“Dopo cosa?”
“Dopo che avrai combattuto.”
Sara sembrò rifletterci un
attimo, poi alzò il viso e sorrise, un sorriso così luminoso che, ancora una
volta, fece andare l’uomo in confusione.
“Beh, forse verrò nel tuo
ufficio, appoggerò i libri e tu mi aiuterai con i compiti… Poi arriverà l’ora
del the e mi porterai la solita tazza, ma stavolta con anche un bel piatto
pieno di Cioccocalderoni…”
Severus alzò un sopracciglio.
“Tutto qui? Rischieresti la vita
per un piatto di Cioccocalderoni?”
“Certo che no. Rischierei la mia
vita per poter continuare a vivere in questo modo, anzi, forse anche in modo
migliore. Sono le piccole cose a fare la felicità, non trovi? Il male bisogna
estirparlo alla radice, perché rischia di compromettere tutto e di causare
sofferenza alla base, ma una volta sconfitto non c’è bisogno di avere gloria e
onori, quanto di continuare a vivere serenamente con le cose che più ci hanno
fatto felici.”
“Interessante.”
“Trovi anche tu, Sev?”
Sentendo quel nomignolo, l’uomo
si irrigidì completamente, stringendo le mani a pugno.
“Ehi, che succede?” chiese Sara,
preoccupata.
“Non farlo. Non farlo mai più.”
esclamò lui, alzandosi. Le labbra erano diventate una riga sottile e gli occhi
sembravano mandare lampi.
“Cosa…?”
“Non chiamarmi mai più in quel
modo.” disse, prima di voltarsi deciso e di marciare fuori dall’infermeria,
prima ancora che lei potesse rendersi conto dell’accaduto.
Come l’altra volta.
“… Anche questo è un pezzo del
tuo cuore?” sussurrò Sara, mordendosi il labro inferiore e guardando la porta
da dove l’uomo era appena uscito.
***
Dopo due giorni passati in
infermeria, Sara aveva avuto dei dubbi. Durante tutte le ore di lezione si era
interrogata sul fatto se fosse o meno il caso di andare dal professor Piton,
come al solito, facendo finta di niente, oppure di evitare.
Alla fine aveva ceduto. Aveva
osservato una sconsolata Gnny scuotere la testa e si era diretta quasi correndo
verso i sotterranei. Aveva bussato.
“Avanti.”
Era entrata come al solito, si
era seduta al solito posto, aveva aperto i libri.
Il professore stava correggendo
dei temi e non aveva detto una parola.
Andarono avanti così per qualche
ora, fino a che non venne il momento del the. Il professore si alzò e andò a
prepararlo, come al solito.
Quando Sara vide che l’uomo aveva
appoggiato la tazzina davanti a lei, alzò lo sguardo. Severus si scostò e, con
la bacchetta, diresse un vassoio lievitante che aveva alle spalle verso la
scrivania.
Sara sorrise.
Era pieno di Cioccocalderoni.