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Autore: ___Ace    08/10/2013    7 recensioni
“Non è serata, Evidenziatore, torna un’altra volta”.
Osservai quell’energumeno che avevo avuto la sfortuna di incontrare: i capelli in disordine e un orrendo paio di occhiali con le lenti spesse era appoggiato sulla fronte, tenendo quei ciuffi rosso vermiglio alzati verso l’alto; la maglia sporca di nero, pantaloni neri, scarponi neri. Praticamente avevo davanti a me l’Uomo Nero in persona.
Avrebbe potuto spaventare i mocciosi qui intorno.
*
Ecco, lui sembrava infiammato. Costantemente. Sembrava sempre avere qualcosa da dire, da fare o da vedere; non stava mai fermo e si muoveva in continuazione; a volte sembrava calmarsi ed essere colto da un’improvvisa quiete e sonnolenza, ma si riprendeva subito dopo; adorava i fuochi d’artificio e il fuoco lo affascinava. Diceva che era caldo, e quindi apprezzato dalle persone, ma allo stesso tempo temuto perché poteva bruciare e fare del male. Questi aspetti contrastanti gli piacevano immensamente, tanto da suscitare anche la mia curiosità e facendo si che, ogni volta che passava, mi ritrovassi chino sul bancone ad ascoltare le sue stramberie per nulla annoiato.
Ace era certamente così: bello, scoppiettante e caldo. Era il fuoco.
*
Kidd/Law. Ace/Marco. Penguin/Killer. Accenni Zoro/Nami.
Genere: Fluff, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Marco, Portuguese D. Ace, Trafalgar Law, Un po' tutti | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Prologo.
Forse dovrei provare anche gli altri alcolici


«Ehi, Killer, spiegami cosa ci facciamo in questo posto per fighette»
Odiavo quei buchi per topi, dove tutti se ne stavano ammassati in mezzo ad una pista da ballo, gli uni addosso agli altri, senza possibilità di respirare o di rialzarsi se mai si aveva la sfortuna di inciampare in qualche lattina gettata a terra.
Tra tutti i posti del mondo, perché proprio quello? Se ci provavo con qualcuno mi denunciavano per violenza su minore.
Infatti, come a voler confermare le mie ipotesi, la maggior parte dei presenti erano ragazzini con gli ormoni a mille che giravano per il locale con in mano bicchieroni stracolmi di Dio solo sapeva quale superalcolico e si atteggiavano da duri, gonfiando il petto come galletti.
Ci penso io a far abbassare la cresta a questi qui, pensai scocciato, mentre mi sedevo stancamente su uno sgabello libero davanti al bancone del bar, seguito a ruota dal mio migliore amico.
«Non ti piace? E’ una delle discoteche più frequentate qui a Sabaody» si giustificò il biondastro.
«Frequentata da poppanti, a quanto pare» gli feci notare, indicando con un cenno del capo un ragazzino che ci era appena passato accanto, il quale aveva i pantaloni abbassati sotto al sedere e una maglietta attillata rosa. Il tutto completo di cappellino da baseball e occhiali da sole fosforescenti.
Ma a cosa cazzo gli servono gli occhiali a quello sbandato?
Killer si fece pensieroso, continuando a fissare quell’idiota montato, riflettendo sul da farsi.
«Beh, prova a guardarti intorno» insistette.
Sbuffai, alzando gli occhi al cielo e ordinando una birra al barista per distrarmi e annacquarmi un po’ il cervello, sperando che, con l’alcool in circolo, mi risultasse più semplice apprezzare quella topaia dove le ragazze ballavano mezze nude sul palco.
Dopo il primo abbondante sorso, mi tornò alla mente un particolare che mi ero lasciato sfuggire.
«Ti faccio notare che, a parte il bimbetto di prima, indossano tutti una fottuta camicia» feci, allargando le braccia come a voler abbracciare tutta la sala e sottolineando quello che avevo appena detto. In qualche modo, tutti i ragazzi avevano una camicia che, anche se sgualcita o macchiata, spiccava da sotto i cappotti o dalle giacche.
«Io ti avevo detto di non vestirti come al solito» disse Killer, trattenendo un sorriso e sorseggiando la sua vodka.
Digrignai i denti offeso, notando come anche lui si fosse reso presentabile per l’occasione, anche se la sua camicia a pois lasciava parecchio a desiderare.
«Mi stai dando del pezzente?».
«Non ho detto questo».
Non me ne fregava niente se per entrare bisognava essere abbigliati in un certo modo, non dopo aver visto che razza di gente girava per la pista. I miei vestiti erano perfetti e comodi, non c’era altro da dire.
«Certo che anche tu avresti potuto darmi ascolto! Insomma, guardati: anfibi, jeans strappati, giacca in pelle e quei cosi in testa».
Assottigliai lo sguardo, fissandolo minaccioso e pronto a scattare come una molla.
«Cos’hanno i miei occhiali che non vanno?» chiesi velenoso.
Sembrò calmarsi e ricordarsi all’improvviso di un patto importante della nostra amicizia: non erano permessi commenti di cattivo gusto sui miei occhialoni da aviatore, qualunque cosa fosse successa.
Si prese un minuto per tranquillizzarsi e lasciar perdere il suo discorso sul mio modo di vestire, sapendo che sarebbe stata una battaglia persa come al solito.
«Niente, amico, ti risaltano i capelli» concluse alla fine, con un gesto disinteressato della mano per poi tornare a scolarsi il suo drink.
Ecco, così andava meglio.
Lo imitai e bevvi un'altra sorsata di quella birra chiara e costosa che mi avevano servito. Tutto sommato, anche se il posto lasciava un po’ a desiderare, il servizio e le bevande non erano male, anzi.
Forse dovrei provare anche gli altri alcolici, così, tanto per essere sicuro che non siano scadenti.
Mentre programmavo una sbronza da paura, tipica del venerdì sera, la mia attenzione venne attirata dagli incitamenti della folla alle mie spalle, perciò mi voltai incuriosito, cercando di distinguere le figure che si davano addosso a suon di pugni.
Wow, una rissa!
«Sembra che ci sarà da divertirsi» constatò il ragazzo accanto a me, passandosi una mano tra i capelli e scompigliandosi la lunga frangia che gli ricadeva davanti agli occhi.
Ghignai divertito, finendo la birra nel bicchiere e ordinando alla svelta qualcosa di più forte.
Se dovevamo buttarci nella mischia, allora era meglio darsi da fare in grande stile.
«Pronto per sballarti?» chiesi al mio amico, prima di scolarmi quello strano liquido blu che brillava nel bicchiere di vetro che mi avevano appena consegnato.
Per tutta risposta, Killer non aspettò oltre e bevve di schiena il cocktail esplosivo, imitato subito dopo da me.
Mi concessi un attimo per lasciar passare il classico e conosciuto bruciore alla gola e un brivido di eccitazione lungo la schiena per l’imminente divertimento.
Appoggiai con forza il bicchiere vuoto sul banco in legno davanti e me e mi tolsi la giacca nera, adagiandola malamente sullo sgabello, schioccandomi le nocche subito dopo.
Killer scoppiò a ridere, incespicando sui suoi passi e indicando la mia maglietta.
«Che c’è?» feci, mentre un sorriso idiota si dipingeva sul mio volto in risposta all’effetto dell’alcool.
«Non ti sei nemmeno cambiato quando sei tornato da lavoro, vero? Hai una macchia di olio di motore sulla maglia».
«Oh, si, esilarante» tagliai corto, dirigendomi verso la massa di gente che se le suonava di santa ragione per qualche futile motivo.
Se proprio ci teneva a saperlo, avevo anche una chiave inglese che mi aspettava ansiosamente, abbandonata nella tasca del giubbotto alle mie spalle.



 
 
 
Angolo Autrice.
Oggi  sono in vena di strafare. A quanto pare l’aver finito la scuola mi da un sacco di tempo che sfrutterò al meglio fino a che non troverò un lavoretto.
Anyway, un nuovo inizio, una nuova storia e indovinate un po’ chi abbiamo come protagonisti.
Se ci sono alcuni dubbi chiedete pure, ma tutto verrà spiegato con il seguito dei capitoli, quindi non preoccupatevi!
Che altro dire, tutto viene raccontato dal punto di vista di Kidd e, come vedrete, di Law.
Un abbraccio e un grazie a tutti, anche a chi legge in silenzio.
See ya,
 
Ace.
  
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