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Autore: Mariam Kasinaga    10/10/2013    2 recensioni
Una ragazza con un sogno: poter diventare finalmente gondoliera per poter ottenere l'approvazione della madre.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3° Capitolo- Rinascita

Si sedette solo il leone di piazza San Marco, osservando i marinai scaricare le merci dalla loro nave. Un pensiero l’attanagliava da giorni, impedendole di dormire:ormai aveva quasi vent’anni e non sarebbe riuscita a fingere di essere un uomo per tutta la vita. Non sarebbe passato molto tempo prima che qualcuno si accorgesse che le manie ed i vizi di Zeno nascondevano qualcos’altro, il disperato tentativo di condurre un’esistenza così diversa da quella che avrebbe dovuto. Aveva infranto la legge cardine della corporazione “Alle donne è proibito diventare gondoliere”, offeso il buon nome della Repubblica di Venezia e, fingendosi un ragazzo, aveva compiuto tutto ciò che ad una donna era severamente proibito. “L’avessi almeno fatto per me stessa”mormorò, appoggiando la schiena alla colonna di marmo.

“Mamma, oggi papà mi ha portato alla corporazione e hanno detto che diventerò un gondoliere come lui!”
“Bravo Marco, sono fiera di te! Laura, lascia perdere la cena per un attimo e vieni qui a complimentarti con tuo fratello. Lui porterà alto l’onore della famiglia, ne sono sicura!”

Onore, quanto odiava quella parola. C’era stato onore nella vita che avevano vissuto, nelle sere in cui suo padre tornava a casa ubriaco dopo una serata nei bordelli, nei debiti di suo fratello che li aveva costretti a vendere tutto per poter pagare i creditori, negli sguardi di sua madre che si domandava perchè sua figlia fosse sopravvissuta al suo “adorato ragazzo”? Sentì delle lacrime bollenti scorrerle lungo le guance, senza controllo:“Se soltanto tu mi avessi voluto bene così com’ero!”singhiozzò, correndo via dalla piazza per evitare che qualcuno potesse vederla in quello stato.

Percorse le tortuose calle senza meta, perseguitata dal ricordo doloroso dei volti di chi l’aveva derisa per tutti quegli anni. Aveva sempre odiato la sua vita precedente, fatta di espedienti per racimolare denaro e di tentativi per conquistare l’affetto di una donna che l’aveva sempre considerata solo come la sorella del suo figlio prediletto. Eppure, persino quell’esistenza che si era ritagliata la stava rigettando, come un organismo che tenta di espellere un corpo infetto. Non poteva andare avanti, non poteva andare indietro, era rimasta bloccata in un limbo che si era costruita con le sue stesse mani.

Si era illusa di essere forte, coltivando l’infantile fantasia di potersi ribellare a quella stupida regola che si era sempre frapposta tra lei e la felicità di sua madre. Aveva provato a vivere una vita che sarebbe spettata a suo fratello cercando di diventare chi non sarebbe mai potuta essere, ma si era dovuta scontrare contro l’amara realtà. Si appoggiò alla balaustra del ponte e guardò

le cupole delle chiese brillare alla luce del sole, rivelando la città in tutto il suo splendore.
Fu un attimo, il tempo di vedere il sorriso di sua madre che le era sempre stato negato e l’abbraccio di Venezia l’avvolse dolcemente cullandola fino al mare.

Epilogo

Venezia, 2013
Il becchino interruppe il suo lavoro, notando la ragazza che apriva il pesante cancello in ferro battuto del cimitero:“Dovresti essere a scuola!”le urlò, facendole cenno con la mano di andarsene. L’altra fece finta di non averlo sentito e cominciò a girovagare tra le tombe, cercando qualcosa nella tasca dei jeans. L’uomo riprese a lucidare le lapidi in marmo, aspettando che le si avvicinasse:“Questo è un camposanto, dovresti venire vestita in modo più decorosa”la rimproverò, alludendo ai pantaloni strappati in più punti e alla maglietta di qualche gruppo punk-rock sconosciuto. L’altra giocherellò con un pacchetto di sigarette:“Ti arrabbi se ne fumo uno?”domandò, tirandone fuori una. Il vecchio gliela strappò di mano:“Questo è un luogo sacro”ripetè, scandendo le parole. La ragazza sbuffò rumorosamente:“Nonno ero venuta soltanto per salutarti, non per litigare con te”cercò di replicare. L’espressione del becchino si addolcì:“Vuoi che ti accompagno fino a scuola?”domandò, cercando di convincerla a non perdere l’anno a causa delle numerose assenze. Sua nipote fece nuovamente finta di non averlo sentito, dirigendosi verso la zona più vecchia del cimitero:“Pulisci ancora questa croce? Ormai è completamente marcia, dovresti toglierla!”esclamò, indicando un vecchio pezzo di legno completamente ammuffito. Il becchino si avvicinò lentamente, guardando la tomba con tenerezza:“Ho promesso a mio nonno che me ne sai preso cura. Sai, in realtà le tombe dovrebbero essere due”commentò, inginocchiandosi davanti. L’altra alzò le sopracciglia:“Perchè?”volle sapere. 

   
 
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