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Autore: Feel Good Inc    09/04/2008    6 recensioni
Mi hai catturato l'anima e l'hai chiusa dentro te / Io non posso più resistere, incontrollabile la voglia di dirti che / Ti vedo ridere, sei così semplice / Indispensabile sapere che per me sei un angelo...
("Forse un angelo", Studio 3)
Genere: Commedia, Romantico, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Li Shaoran, Sakura Kinomoto, Tomoyo Daidouji | Coppie: Shaoran/Sakura
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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FORSE UN ANGELO

Ebbene, lettori e lettrici, siamo arrivati alla fine. Questo è l’ultimo capitolo, il bivio in cui Li Shaoran vede da un lato Sakura e dall’altro il ritorno in Cina. Una piccola anticipazione: proprio come nell’anime, in questo capitolo un ruolo fondamentale spetterà al maggiordomo Wei… Vi ho incuriositi? E allora, che aspettate a leggere?...

 

 

FORSE UN ANGELO

 

 

Capitolo 10

- L’angelo -

 

 

“Ti regalerei una stella, ma non servirebbe a nulla

Luce dopo la tempesta, un desiderio resterai

Semplicemente stupenda, unicamente te

Forse un angelo sei…”

 

 

Quella notte non avevo chiuso occhio.

Quando suonò la sveglia, ero già praticamente pronto.

Per l’ennesima volta nelle ultime centosessantotto ore, ossia in quella settimana eterna, i miei occhi si soffermarono sul telefono.

Mi sarebbe bastato sentire la sua voce solo per una volta, per l’ultima volta, prima di voltarle le spalle per sempre…

Non ero tornato a scuola, dopo aver salutato Tomoyo e Sakura quella sera alla stazione. Mi ero detto che non ce n’era bisogno. Stavo per tornare in Cina; che importanza aveva continuare ad andare a scuola fino all’ultimo giorno, solo per incrociare gli occhi tristi di Tomoyo e quelli sconvolti di Sakura?

Mi ero aspettato almeno una telefonata. Mi sarebbe andata bene anche se mi avesse chiamato per aggredirmi, per dirmi che le dovevo una spiegazione, per chiedermi come mi saltava in mente di sconvolgerle in quel modo la vita. Giuro che non me ne sarebbe importato, se avessi potuto sentire la sua voce un’ultima volta. Ma lei sembrava sparita.

E per questo motivo dovevo sentirmi ancor più convinto della mia partenza.

Ma per questo motivo soffrivo immensamente di più.

Alle otto e mezzo, Wei bussò alla porta della mia stanza.

«È pronto, signorino?»

Annuii lentamente, costringendomi a distogliere lo sguardo dal telefono.

«Sì. Possiamo andare.»

 

 

Wei non imboccò la strada per l’aeroporto.

«Ehm… Scusa, Wei, devi aver sbagliato…»

«Certo che no, signorino. La strada è questa.»

«Cosa? Ma no, l’aeroporto è dall’altra parte della città…»

«Oh, ma io non devo affatto portarla in aeroporto, signorino.»

Lo fissai nello specchietto, assolutamente sconcertato.

«Che cosa vuoi dire?»

In quel preciso momento, Wei accostò la macchina e si sporse a frugare in una valigetta sul sedile accanto. Quando trovò quel che stava cercando, si voltò verso di me e me lo mostrò.

«Sono desolato, signorino Li, ma ora devo bendarla.»

Spostai lo sguardo sulla benda che stringeva in mano.

«Cos’è, uno scherzo?», borbottai contrariato.

«Niente affatto. La prego, non faccia storie. Le assicuro che si tratta di qualcosa di molto importante.»

 

 

Non avevo la minima idea di ciò che stesse succedendo. Ero solo vagamente consapevole che Wei mi stava portando chissà dove e che, se avesse insistito con quella storia assurda, mi avrebbe fatto perdere il volo per Hong Kong.

«Siamo arrivati, signorino.»

Lo sentii spegnere il motore, aprire la portiera e scendere dalla macchina per venire ad aprire la mia. Mi aiutò ad alzarmi, ma non accennò a volermi togliere la benda. Nell’aria c’era un odore strano… Salmastro?

Iniziavo a spazientirmi sul serio.

«Wei, vuoi spiegarmi…?»

«Un momento solo, la prego, devo trovare una cosa. Oh, eccola qui.» Si portò alle mie spalle e iniziò a trafficare con la benda. «Bene, signorino, ora può guardare.»

Tornai alla luce del sole, che quasi mi accecò, e mi ritrovai a fissare il mare.

Rimasi immobile a lungo, senza capire, con gli occhi che andavano alternativamente dall’orizzonte sfavillante della mattina alla spiaggia stesa davanti ai miei occhi. Io quel posto lo conoscevo bene… Troppo bene.

Alle mie spalle, Wei si schiarì la voce e si fece avanti per porgermi qualcosa.

«Credo che ora dovrebbe leggere questa.»

Presi dalle sue mani una busta bianca, non sigillata, su cui era scritto solo Per Li. Quasi la strappai mentre la aprivo e ne estraevo un foglio vergato da una calligrafia sottile, che conoscevo bene quanto quella spiaggia.

 

 

Mi dispiace se hai pensato che sono sparita, ma avevo bisogno di pensare.

Quello che mi hai detto, quella mattina al faro, mi ha completamente spiazzata. Ma lascia che ti spieghi.

Quella mattina stessa, quando mi sono svegliata, mi sono guardata intorno e ti ho visto accanto a me. E ho iniziato a pensare a quanto era bello averti accanto sempre, in ogni circostanza, nel bene e nel male, come il migliore amico che potessi avere. Ti ho guardato dormire per un po’, poi mi sono sporta verso di te e ti ho dato un bacio su una guancia. Tu non te ne sei accorto, non ti sei svegliato, hai solo sorriso nel sonno. Chissà cosa stavi sognando.

E quando, poco dopo, mi hai raggiunto sulla scogliera e mi hai abbracciato e mi hai detto che mi amavi…

Non so cosa ho provato di preciso. C’era solo una grande confusione in me, ma al tempo stesso c’era qualcos’altro, qualcosa che ancora non sapevo decifrare…

Ma tu eri il mio migliore amico, e sarebbe stato troppo strano se ora non fosse stato più così. Perciò quel giorno mi sono detta che forse era meglio far finta che non fosse cambiato nulla, continuare come prima, perché non mi sentivo pronta a rinunciare alla tua amicizia e a tutto ciò che avevamo costruito insieme, fino a quel punto.

Ma poi, quella stessa sera, tu mi hai detto che saresti partito.

Non ti ho cercato più, e me ne vergogno, ma avevo bisogno di pensare.

In questa settimana ho pensato moltissimo. Non solo a quel singolo giorno, a quella singola notte lassù al faro, a quella singola mattina e alle parole che mi hai detto. Ho pensato a tutto quel che avevo, e a tutto quel che stavo per perdere.

Ho pensato tanto, e adesso devo dirti a quale conclusione sono arrivata.

Torna là dove è iniziato tutto. Ti aspetto.

 

 

Alzai lo sguardo, sentendo il cuore battermi all’impazzata nella gola.

Ripiegai il foglio, lo cacciai di nuovo nella busta e mi misi la lettera in una tasca interna della giacca, all’altezza del cuore.

Torna là dove è iniziato tutto…

«Wei, aspettami qui. Ho qualcosa da fare.»

«Buona fortuna, signorino.»

 

 

La scogliera era ancora più bella di quanto me la ricordassi. Alcuni gabbiani solitari iniziavano a vagare nel cielo, sfiorando con le ali la punta del promontorio dove avevo abbracciato Sakura e le avevo detto le parole più difficili e più vere che avessi mai pronunciato in vita mia.

Ecco là il punto dove era iniziato tutto… Il punto della scogliera in cui mi aveva preso per mano e avevamo guardato insieme i fuochi d’artificio, dimentichi solo per qualche minuto di tutto il resto del mondo sottostante…

Sakura non era lì.

Mi fermai, ansante per la corsa.

Un momento, forse non era quello il posto che lei intendeva. Dove eravamo stati, quella notte? La pineta… Il laghetto di acqua salata… E alla fine…

Sollevai lo sguardo.

Il faro mi sovrastava, abbagliante nella sua vernice bianca stagliata contro il sole della mattina.

Ma certo. Era lì che era iniziato tutto. Era lì che mi aveva guardato dormire e mi aveva baciato nel sonno… E io avevo continuato a dormire…

Il solo pensiero mi fece avvampare…

Ripresi di nuovo a correre. Imboccai la porta del faro, salii quattro gradini alla volta, sbucai dalla botola.

Ed eccolo lì, il mio angelo, appoggiato ad una parete, gli occhi persi nel sole e nel mare, i pensieri lontani anni luce da questo mondo, persi nel mondo di stelle cui lei apparteneva…

Come già era avvenuto quel giorno, sulla vetta della scogliera, Sakura sembrò percepire la mia presenza. Si voltò e mi guardò.

Tutto sembrò fermarsi ancora una volta, mentre lei si allontanava dal muro e si avvicinava con passi esitanti a me, che la fissavo senza fiato, e non solo per via della corsa…

«A volte è difficile interpretare i propri sentimenti», esordì lei tranquilla. «A me è capitato di recente. Credi di pensare una cosa, di provare un sentimento, e invece provi tutt’altro, solo che non l’hai mai capito.»

Non potevo darle torto…

«E alle volte, come è successo a me, per capire la verità devi rischiare di perdere. Perdere qualcosa o… qualcuno.»

Sakura si fermò davanti a me. I suoi occhi erano pieni di lacrime. Le mani mi tremavano, impedendomi di asciugare quelle lacrime…

«Li, io ti ho sempre voluto un bene dell’anima. Ero convinta che saremmo stati sempre insieme, che avrei sempre potuto contare su di te, e tu su di me, perché eri il mio migliore amico. Ma sbagliavo. E non mi riferisco al fatto che tu ora stai per andartene.» Prese fiato. «Mi riferisco al fatto che non ho mai saputo aprire gli occhi sul mio cuore. Non ho mai capito quanto in realtà quell’amicizia nascondesse. Fin quando non ho rischiato di perderti, non sapevo quanto in realtà ti amavo…»

Sgranai gli occhi. Il cuore accelerò, batté fortissimo, e diventò impossibile distinguere un battito dall’altro. Sentivo il calore invadermi il viso, risalirmi sulla pelle fino a farmi arrossire completamente, ma stavolta non mi dava alcun fastidio l’idea di arrossire davanti a lei.

In quel momento, mi sembrava più luminosa della luce del sole che la circondava come un’aura.

E poi Sakura si strinse al mio petto, come aveva fatto quella notte nella pineta, e non vidi più i suoi occhi nei miei, ma la luce non sfumò.

La strinsi forte a me. Avrei voluto tenerla così per sempre, non lasciarla mai.

Passò qualche istante, poi da qualche parte intorno al faro si sentì il rombo lontanissimo di un aereo.

«Questo dovrebbe essere il mio…», dissi stupidamente.

Sakura mi strinse un po’ più forte.

«Non voglio che tu mi lasci, Li. Ti prego. Ho bisogno di te… Io ti amo…»

Nella vita si poteva essere davvero così felici come mi sentivo io in quel momento?

La allontanai dolcemente dal mio petto e le presi il viso tra le mani, sorridendole.

«Non ti lascio, Sakura. Non ti lascerò mai.»

Le lacrime iniziarono a scendere dai suoi occhi di giada. Ma ora sapevo che erano lacrime di gioia.

Sakura si sollevò sulle punte dei piedi e avvicinò le labbra alle mie, fino a sfiorarle.

Chiusi gli occhi, e da quel momento cominciai a vivere la mia favola insieme al mio angelo.

 

 

A tutti voi che siete rimasti con me fino alla fine vadano i miei sinceri ringraziamenti.

Non avevo mai nemmeno sperato di poter scrivere una mia versione della dichiarazione di Li a Sakura. Mi sembrava che dovesse essere per forza quella, quella che avevo visto nell’anime, nella penultima puntata, e che io non avessi il diritto di cambiarla, perché era bella così. Ma ora ho sentito l’esigenza di cambiare perché, sul serio, non sopporto com’è andata a finire nella realtà. C’erano troppe cose in sospeso…

Così, ecco come è nata questa storia. E se l’avete letta, e se vi è piaciuta, io davvero non ho bisogno d’altro.

Un abbraccio a tutti.

 

PS. Ehi, mentre pubblicavo questa fic non sono rimasta con le mani in mano! Perciò, se vorrete continuare a seguirmi, vi anticipo che sto per spedire una nuova one-shot su questo anime… Alla prossima!

   
 
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