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Autore: Ce_    22/10/2013    4 recensioni
Sequel di "La storia non si ripete".
Ci siamo ancora, sono otto ragazzi e sono i soliti: sono cresciuti, maturati, hanno nuove prospettive, ma anche nuovi problemi.
Questa è la storia di Lily e Scorpius che dovranno fare delle scelte difficili. Ma sono sempre i soliti due idioti che si urlano contro, ma si amano tantissimo, che rompono piatti e litigano, giusto per fare pace. Perché far pace gli piace.
Di James e Dominique, che ne hanno passate tante e non hanno ancora finito. Che dovranno affrontare mille problemi e tanto dolore. Chissà se il loro amore riuscirà a resistere.
Di Albus e Lorcan che scopriranno che essere due uomini sposati non è facile. E capiranno che nella vita di coppia ci sono sacrifici e rinunce, ma che ne vale la pena. Sempre.
E infine, di Allison e Louis che hanno sofferto tanto e sono cresciuti troppo presto. Impareranno a conoscersi, a fidarsi, fin quando non diventeranno una cosa sola, nonostante le difficoltà.
"They will be" è la storia di otto ragazzi e non solo.
È la storia della loro vita che, poi, non è così diversa da quella degli altri.
Perché loro ci sono stati, e continueranno ad esserci.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Lily Luna Potter, Lorcan Scamandro, Un po' tutti | Coppie: James Sirius/Dominique, Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Cryin'
 
“I was cryin' just to get you
Now I'm dyin' just to let you
Do what you do what you do down to me,
baby, baby, baby.”
-Cryin', Aerosmith.


Tutto si poteva dire di Louis, tranne che fosse un mattiniero. E Allison lo sapeva bene, ormai. Era affascinante, simpatico, egocentrico, sexy, nottambulo, bravissimo a fare fotografie e biondo fino all'inverosimile, ma non mattiniero.
Potevi chiedergli tranquillamente di scalare il monte Everest, di andare in Australia a piedi, di combattere contro l'esercito di Voldemort, di non chiudere occhio per una settima, lui l'avrebbe fatto, ma non gli si poteva chiedere di svegliarsi alle 9 in punto di mattina in un giorno in cui non lavorava.
Allison ci stava provando, a svegliarlo, ma niente da fare. Aveva sperato che il mare lo avrebbe fatto alzare, ma Louis Weasley che si alzava dal letto alle 9 quando era in vacanza era una cosa impossibile. Una previsione che non avrebbe azzardato neanche la Cooman. Una speranza vana, per chi ancora osava sperarci. Un fatto matematicamente non presentabile. Un’utopia.
Quella mattina, la situazione che i ragazzi, al loro secondo giorno di campeggio al mare, si trovavano davanti era esattamente questa: Louis Weasley ancora profondamente addormentato e un Allison che provava a svegliarlo in tutti modi: carezze, baci, solletico, sussurri, urla, schiaffetti, pugni, botte vere e proprie, ma niente.
<< Se non lo sentissi di respirare e non lo conoscessi da una vita potrei darlo per morto, per la miseria. >> disse Dominique e Allison non poté che concordare con la sua migliore amica.
<< Qui ci vogliono le maniere forti. >> Fece con un sospiro James, trasfigurò velocemente la sua penna in un secchio e lo riempì d'acqua con un semplice incantesimo. << A chi l'onore di farlo? >>.
Allison si avvicinò senza dire nulla al maggiore dei Potter e gli prese il secchio di mano, facendogli capire che ci avrebbe pensato lei a svegliarlo.
Avanzò verso il letto con un sorrisetto sadico dipinto in volto e buttò l'acqua precisamente sopra la testa del suo ragazzo che, in un batter d'occhio, fu seduto sul letto e cominciò ad imprecare contro ogni cosa che gli veniva in mente in quell'esatto momento.
<< Maledetta Allison Abel! E anche voi, ma come vi viene in mente, siete forse impazziti? >> Sbraitò furioso, mentre gli altri, compresa Allison, non riuscivano a smetterla di ridere. La situazione era davvero comica, questo era da dire.
<< Ben svegliato, eh fratello. >> Lo prese in giro Dominique scherzosa, guadagnandosi un'altra maledizione da parte del gemello.
Così ragazzi uscirono dalla tenda per lasciare il tempo a Louis di cambiarsi, raccomandandogli di non riaddormentarsi.

La giornata era passata velocemente, troppo velocemente, secondo Allison. Avevano passato due giorni bellissimi, come tutti gli anni: lontani dal caos della città e dai problemi della vita reale. Erano un gruppo parecchio affiatato, questo lo avevano intuito fin dall'inizio e, nonostante i sempre più frequenti impegni lavorativi di ognuno di loro, trovavano sempre il tempo di vedersi per passare del tempo insieme e Allison amava quei momenti, si sentiva bene con tutti loro e, finalmente, sentiva di avere una vera famiglia. Era in mezzo a persone che la amavano, nel loro strano modo, la amavano e lei ricambiava in pieno questo sentimento. Pensava a queste cose, mentre passeggiava sulla spiaggia con Louis, in attesa che gli altri tornassero dal paese, e le scappò un sorriso spontaneo.
<< Cos'è che ti fa sorridere? >> Chiese il biondo che la stava osservando con attenzione.
<< Niente, pensavo... >> Rispose lei vaga, ma sapeva bene che non l'avrebbe passata liscia facilmente e che il biondo era parecchio curioso, così anticipò il ragazzo che stava per dire qualcosa e si spiegò meglio. << Pensavo al fatto che vi voglio bene. A te, che prima di essere il mio ragazzo sei il mio migliore amico, e agli altri perché.... beh.... perché sono loro. E perché mi avete salvato, nonostante voi sosteniate il contrario, lo avete fatto. Non sarei quella che sono adesso se non fosse stato per te e per i ragazzi. Solo questo. >> Allison alzò le spalle, come se quello che aveva appena detto fosse una cosa semplice e scontata, e forse lo era davvero perché lei dentro di sé sentiva esattamente quelle cose e ormai era tutto assodato. Era sicura di ciò che diceva.
<< Allison, non ricominciare con questa storia. Noi non abbiamo fatto nulla, se sei quella che sei è solamente grazie a te, io... anzi, noi, non abbiamo fatto proprio nulla, se non starti vicino, quindi, non darci dei meriti che non abbiamo. >> Se l'aspettava una risposta del genere, non era nuova a queste cose.
<< E non sai quanto è stata indispensabile quest'unica cosa. >> Sussurrò la ragazza, incupendosi per un istante.
Era sempre stato così. Le bastava un ricordo brutto e ricadeva, anche se solo per un attimo, nel suo buio personale, nonostante tutto. Nonostante ormai fosse andata oltre, con Louis e con la sua vita.
Nonostante avesse ormai da tempo accettato il suo passato e fosse andata avanti, ma forse da storie come la sua non si esce, ti rimangono dentro per sempre e, per quanto tu possa cercare di tirarle fuori, di strapparle da te stessa per non sentire più quel dolore immenso che ogni volta ti lacera dentro, sono lì. Dentro di te. E non ti abbandonano, anche quando sembrano essere scomparse, quando si assopiscono per un po' e tu pensi davvero di essertene liberata una volta per tutte, allora tornano, più prepotenti di prima e ti abbattono perché è la sola cosa che sanno fare: buttarti giù.
E Allison combatteva con queste sensazioni da ormai 27 anni, si avvicinava ai trenta, oramai, eppure non era ancora libera del tutto.
Louis avvertì subito il cambiamento di umore della compagna, la conosceva bene, così le mise un braccio intorno alla vita e la strinse a sé, giusto per farle capire ancor di più che lui era lì ed era lì per lei. La mora gli sorrise e in quel sorriso cercò di metterci tutta la sua riconoscenza, che, ad ogni modo, non sarebbe mai stata abbastanza.
<< Sai, Lou, stavo pensando a quella cosa di cui parlavamo l'altro giorno. >> Se ne uscì Allison dopo un momento di silenzio. E, mentre diceva quelle cose, abbassò lo sguardo sui suoi piedi insabbiati. Vide il ragazzo alzare lo sguardo sorpreso.
In effetti, non aveva tutti i torti, l'argomento di cui avevano parlato alcuni giorni prima era delicato e le loro posizioni non erano esattamente le stesse, anzi, ma non avevano discusso. Avevano imparato a discutere e darsi addosso il meno possibile, Louis e Allison, loro erano più per le conversazioni civili e per i compromessi. E non l'avresti mai detto, se non li avessi visti farlo davvero.
<< Sì? E a cosa stavi pensando esattamente? >> Chiese il ragazzo curioso, ma anche un po' titubante, come se avesse paura della risposta. Come se sapesse già bene quale sarebbe stata la risposta, ma non era pronto ad accettarla fino in fondo. Come se avesse paura di fare una mossa falsa e Allison lo capiva. Da come aveva parlato, lei doveva sembrare al ragazzo una specie di campo minato.
Bastava un passo falso, andare un centimetro oltre il consentito e sarebbe esplosa. Ma la mora, questa volta, era pronta a stupirlo davvero, nonostante non avesse ancora deciso nulla, nonostante dovessero ancora parlare a lungo della cosa, nonostante la paura che già le attanagliava lo stomaco al solo pensiero, aveva fatto un passo avanti e voleva comunicarglielo. Ne aveva bisogno.
<< Sai, ieri ho visto come sorridevano James e Dominique quando ci hanno dato la loro notizia. E io credo... >> Allison prese un respiro profondo, non era per niente facile, superare tutte le sue paura e mettersi in gioco, esporsi così tanto. Poi continuò a parlare. << Io credo che.... Insomma, non ho nessun diritto di negarti una cosa del genere, nè di negarla a me stessa. Non è una decisione definitiva, devo ancora rifletterci parecchio e volevo anche parlarne con te, ma credo di volere un figlio da te. Lou. >>

 
***

Tornare a casa era sempre un sollievo, per Albus. Non c'era niente da fare. Erano stati benissimo quei due giorni al mare con tutti gli altri ragazzi, sì, e, anche se per poco tempo, sia lui che Lorcan erano riusciti a staccare un pochino dai problemi della vita quotidiana. Ma Albus amava la loro casa, cioè, sapeva così tanto di amore, di famiglia e di... di... casa, appunto. Quando l'avevano arredata insieme, Albus stentava a credere ancora che lui e Lorcan stavano insieme e invece eccoli lì, quasi trent'anni, con un lavoro che gli piaceva, sposati e felici. O almeno, così era, fino a quando non era arrivata Caroline. Da lì le cose si erano complicate e il suo rapporto con il biondo non era più lo stesso, ormai.
Caroline era una bambina di un anno e Albus se ne era praticamente innamorato.
Ma lasciate che vi racconti un pochino la sua storia, tanto familiare per il moro, eppure tanto diversa.

DUE MESI PRIMA
Lorcan era stato chiamato in ufficio Auror per un incendio nell'orfanotrofio magico di Londra, quando la squadra di soccorso arrivò, aiutò i bambini ad uscire. Ma una bambina di otto mesi era rimasta bloccata, così Lorcan, rischiando anche la sua vita, era riuscito a salvare la bimba.
Quel giorno al San Mungo c'era stato il caos perché tutti i bambini andavano visitati, così Lorcan, senza pensarci due volte, portò Caroline, la bambina di otto mesi, dritta da suo marito, Medimago, e gli raccontò tutta la storia.
<< Merlino, Lorcan! Potevi morire! Stai bene? >> Fece Albus a racconto finito. Era così apprensivo, a volte. E ancora non riusciva a rassegnarsi all'idea  che praticamente la maggior parte delle persone a cui voleva più bene avevano scelto la carriera Auror. E viveva nella costante paura di vedersene arrivare uno gravemente ferito in ospedale.
<< Io sto bene, amore. Ora controlla la bambina. Si chiama Caroline e ha otto mesi, ma parla già troppo. Vero piccolina? >> Lorcan si rivolse scherzoso alla bambina che aveva in braccio, ma vide che si era addormentata sulla sua spalla e respirava parecchio male. << Respira a fatica, Al, che succede? >> Chiese il biondo preoccupato. Erano al massimo due ore che conosceva quella bambina e già sentiva di provare per lei un affetto smisurato.
Il moro, senza dire una parola, gli prese la bambina dalle braccia e lo fece uscire dalla stanza per visitarla.
Da quel momento, per le due settimane successive in cui la bambina era stata tenuta sotto osservazione al San Mungo per un intossicazione da fumo, Lorcan e Albus se ne erano presi cura.
Il primo, infatti, appena finiva i turno, andava a fare compagnia a Caroline.
Il secondo, a parte le visite mediche quotidiane, appena aveva un attimo di tempo, andava da lei e pian piano si stavano affezionando a quel fagottino di otto mesi che non smetteva mai di parlare, nel suo modo strano, infantile e bellissimo e li considerava praticamente degli zii.
L'idea di adottarla venne a Albus una sera. Erano distesi sul divano dopo una lunga giornata e il moro aveva buttato lì la proposta e, al contrario di ciò che si era aspettato, fu parecchio facile convincere Lorcan.
Così cominciarono a compilare carte su carte per autorizzazioni e cose varie, fecero alcuni incontri con l'assistente sociale, ma di avere Carolina non se ne parlava ancora.
Per prima cosa: erano una coppia gay e questo non aiutava la causa, poi, entrambi facevano dei lavori impegnativi che prendevano tanto tempo.
In più, Albus era il medico curante della bambina, quindi, toccava a Lorcan fare tutto.

FINE FLASHBACK


E Albus ormai era dentro quella storia fino al collo, ma Lorcan non era da meno.
Infatti, l’assistenza sociale da due mesi continuava a ripetere che avrebbe chiamato il biondo non appena la causa gli avrebbe affidato Caroline, ma di tempo ne era passato e le speranze dei due cominciavano ad affievolirsi sempre di più, inevitabilmente.
La responsabile dell'orfanotrofio, invece, aveva promesso che, se Caroline avesse avuto una ricaduta, avrebbero chiamato Albus all'istante, ma fino a quel momento, fortunatamente, non si era fatto sentire nessuno.
Così il rapporto tra i due, pian piano, non capivano neanche come fosse successo, si era ridotto a un sacco di "No, non mi ha chiamato" "Nessuna chiamata".
E, a volte, si ritrovavano a litigare sulle cose più stupide perché erano entrambi talmente esausti di quella situazione e di quell'incertezza che riuscivano a saltare per ogni cosa.
Perciò si ritrovavano a litigare sempre più spesso e a ignorarsi, il che faceva ancor più male.
Quella sera, invece, era entrambi sul divano, Albus aveva la testa sul grembo di Lorcan, che gli accarezzava dolcemente i capelli e  stavano guardando un film babbano, i telefoni, per una volta, erano abbandonati sul tavolo della cucina e nessuno dei due aveva intenzione di andare a controllare le chiamate.
Quel weekend fuori casa gli aveva fatto proprio bene, non potevano di certo negarlo.
Probabilmente nel giro di una notte, o forse anche di poche ore, sarebbe tornato tutto come era prima, ma per il momento Lorcan voleva godersi quell'attimo e passare le mani tra i capelli puliti e soffici di Albus lo rilassava al tal punto che avrebbe passato tutta la vita in quella posizione. Si sentiva dannatamente bene.
A un certo punto, però, sentì qualcosa di umido bagnargli la coscia destra, abbassò lo sguardo verso l'altro e vide alcune lacrime che rigavano delicate il volto del moro che non risciva a staccare gli occhi dalla televisione. Lorcan seguì il suo sguardo sullo schermo e vide che i due protagonisti del film si stavano baciando, poi riportò lo sguardo su suo marito e mise su un espressione fintamente esasperata.
<< Albus, non dirmi che stai davvero piangendo per questo film. >> E, in effetti, la cosa sarebbe stata abbastanza ridicola perché era uno di qui film scontati e ricchi di cliché, ne avevano vista a palate, di quella roba.
<< Ehi, sono una persona sensibile, io! >> Albus fece un broncio che Lorcan trovò così dolce e irresistibile che non poté fare a meno di sorridere.
<< Questo non vuol dire essere sensibili. questo vuol dire essere dannatamente smielati! >> Lo riprese Lorcan scherzoso, amava prenderlo in giro, era il suo sport preferito, praticamente.
<< Non è vero! >> Fece Albus, esattamente nel momento in cui sullo schermo della Tv passavano i titoli di coda del film e Lorcan decise di cambiare argomento perché gli sembrava proprio che quella fosse la serata giusta per parlare con Albus, parlare come non facevano da troppo tempo, come una coppia innamorata.
<< Finalmente! Comunque, James e Dominque ce l'hanno fatta ad avere un bambino. Sono contentissimo per loro, tu no? >> Chiese Lorcan, ma appena smise di parlare si rese conto che quella era la domanda sbagliata perché, di tante cose di cui potevano parlare, non proprio quella.
Perché faceva male. Perché James e Dominque avevano aspettato, sì, ma l'attesa era finita, invece la loro no. Perché tutto quello era maledettamente ingiusto e Albus ci stava male, ci stava male quanto lui. Perché tutto quello li faceva pensare, pensare a Caroline, al suo sorriso, a quando li chiamava in cerca di aiuto, alle manine protese verso di loro, o alle sue braccia che si stringevano al loro collo, ma anche al fatto che, probabilmente, Caroline sarebbe rimasta solo una bambina dell'orfanotrofio, una delle tante.
Perché faceva male e avrebbe continuato a far male per parecchio tempo e perché quella era la domanda sbagliata. Punto.
Lorcan si pentì subito di averla formulata.
<< Certo che sono contento per loro, James è mio fratello e io finalmente diventerò zio. Vorrei solamente che fosse così semplice anche per noi. >> Il sospiro di Albus spezzò l'aria intorno a loro, un sospiro rassegnato, di una persona che ormai ha perso le speranza, un sospiro che a Lorcan non piaceva per niente, come non gli piaceva quella frase. Suonava come se Albus avrebbe preferito sposare una donna in modo tale da avere facilmente dei figli e questo non gli andava bene. Perché, sì, la bambina era importante, ma il loro rapporto veniva prima di tutto.
<< Ti sei pentito di aver sposato un uomo, allora? >> Gli chiese stizzito il biondo, senza neanche cercare di non fargli pesare la suo risposta.
<< Sei fuori di testa, Lorcan? Ovvio che no! >> Albus si alzò di scatto dal divano e lo guardò stralunato, come se avesse detto la più grande assurdità di sempre. Ma dietro l'incredulità Lorcan vedeva dell'altro, conosceva troppo bene il moro per far finta di nulla.
Era incazzato, sicuramente. E stava cercando di nasconderlo, ma senza successo. C'era qualcosa, qualcosa di non propriamente tranquillo nei suoi occhi.
<< Allora cosa? >> Anche il biondo si alzò, tanto per studiare l'altro occhi negli occhi. Doveva capire cosa avesse e risolvere tutto, anche se dubitava che il più piccolo avrebbe confessato.
<< Allora dico che se tu ti fossi comportato meglio, ora sarebbe tutto più semplice. e vorrei che lo fosse. Tutto qui. >> E invece Albus aveva parlato e aveva detto delle cose che Lorcan non si sarebbe mai aspettato di udire, soprattutto non con quel tono calmo e menefreghista che, in realtà, nascondeva un sentimento molto più profondo. Era rabbia, pura rabbia; lo stava incolpando del fatto che non gli avevano ancora affidato Caroline. A lui? A lui che teneva a quella bambina più di chiunque altro? A lui che c'era sempre stato? Non poteva permetterlo.
<< Quindi ora è colpa mia se Caro non è già qui con noi? >> Il tono di voce cominciava già ad essere alto. Beh. avete presente quando ho detto che Lorcan sperava in qualche ora di pace con suo marito, o addirittura dell'intera notte? Niente. La tranquillità non era durata che qualche minuto e forse era meglio così. Avrebbero chiarito la faccenda una volta per tutte, in un modo o nell'altro.
<< Sì, Lorcan! Sì perché sei tu che hai continuato ad andare in ospedale da Caroline quando Katie, l'assistente sociale, aveva detto di non visitarla per un po'. Tu che mi hai risposto male davanti a lei. Tu che hai finto addirittura un malessere per venire al San Mungo e Katie ti ha palesemente scoperto. Tu che fai sempre di testa tua e non rispetti le regole, mettendo a rischio tutto il ben fatto. SEMPRE E SOLO TU, LOCRAN! >> Esplose Albus.
Lorcan fece un passo indietro, come se quelle parole avessero creato un muro tra di loro. Il biondo non riusciva a credere alle sue orecchie, insomma, lui aveva sempre fatto del suo meglio e, soprattutto, lo aveva fatto per il bene della bambina e per quello di Albus, non riusciva a credere che ora il moro lo stesse incolpando in quel modo.
<< E' davvero questo che pensi, Albus? Pensi che io non la voglia qui con me ora? Eh? Pensi che abbia fatto tutto quello che ho fatto perché mi divertivo? O forse c'è un motivo? Ah, ma tu non te ne sei accorto, probabilmente, perché tu sei talmente concentrato sul tuo obiettivo da ignorare tutto il resto. E' vero, probabilmente con il tuo atteggiamento avremmo ottenuto l'affidamento di Caroline seduta stante, ma lei come sarebbe stata? Te lo chiedi mai, Albus? >> Lorcan prese aria. I suoi polmoni anelavano aria e lui sentiva di stare per esplodere, ma doveva mantenere la calma. << Perché sono andato in ospedale da lei a tenergli compagnia anche quado Katie aveva detto di non farlo? Perché lei era da sola e io e te eravamo le uniche due persone, all'infuori delle responsabili dell'orfanotrofio, che la conoscessero. Perché eravamo, e siamo tutt'ora, le due persone più vicine ai genitori che abbia mai avuto e lei si fida di noi, ci vuole bene. E non mi interessa se una stupida assistente sociale mi dice di non vederla per un po' di tempo, io non l'abbandono. E non dovresti farlo neanche tu. >> Il biondo continuava a guardare Albus negli occhi, come in cerca di un cedimento, cedimento che non arrivò, però.
<< E' stata bene per pochi giorni così, e il resto? Come la prenderà se non ce l'affidano? E ormai non lo faranno, sono passati due mesi. Lo sai tu come lo so io, non prendiamoci in giro. >> Fece Albus e cercò di avvicinarsi al marito che però, nonostante quelle parole erano state più dolci e tranquille, non riusciva proprio a calmarsi, anzi.
<< Se non l'avessimo seguita tutti i giorni ci avrebbe odiati e basta, Albus. >> Lorcan superò il moro con uno strattone  e si diresse al piano di sopra. Doveva andarsene da lì, non avrebbe resistito un attimo di più lì dentro, doveva riflettere.
<< DOVE DIAVOLO STAI ANDANDO, LORCAN? >> Urlò Albus e nella voe si poteva benissimo riconoscere un pizzico di panico.
<< Io non l'abbandono, Albus. Lei è mia figlia, ormai. >> Rispose semplicemente il biondo.
<< ALLORA ABBANDONI ME? VAFFANCULO! BELLO STRONZO, LORCAN, COMPLIMENTI! Fai schifo, questa situazione è soltanto colpa tua e lo sai. Non fuggire dalle tue responsabilità! Che c'è? Sono i sensi di colpa questi? Beh, allora vattene, io non ti voglio qui! Fottiti e basta, Scamander! HAI CHUSO CON ME! >> Albus non riuscì neanche a finire la frase perché suo marito scese le scale con uno zainetto, afferrò il cellulare e fece per uscire di casa, ma prima di chiudersi la porta alle spalle: << Vaffanculo, Potter. >>.

"Lily, ho bisogno di un posto dove dormire stanotte.
Lorcan."


"Non c'è neanche da chiedere, io e Scorpius ti aspettiamo.
Lily."


Le lacrime scendevano copiose dal viso di Albus, quella sera. Era appoggiato alla porta di casa sua, di casa loro, e non riusciva a smettere di piangere.
Erano le lacrime amare di chi sa di aver sbagliato, di chi è talmente stanco e esasperato che non sa più come sfogarsi. Lacrime di paura, paura di aver perso la persona più importante della propria vita. Lacrime di rabbia perché loro due non meritavano tutto quello, Lorcan non meritava le sue accuse, eppure lui lo aveva attaccato, e ora, se ne avesse avuto la forza, si sarebbe picchiato da solo per ciò che aveva fatto. Lacrime di dolore perché faceva male e basta.
E quella stessa sera, poco distante, altre lacrime. Era Lorcan, Lorcan che non piangeva quasi mai era lì, nella stanza degli ospiti d Lily e Scorpius e piangeva perché era l'unica cosa di cui era capace in quel momento. Non riusciva a credere che Albus pensasse davvero quelle cose. E erano passate due ore dalla loro lite eppure già gli mancava da morire. Perché era sempre così, Albus gli sarebbe mancato sempre. E gli mancava anche Caro, in un modo nuovo e sconvolgente.
Ma era finito tutto: rabbia, frustrazione, speranza, grinta. Tutto nel cesso. Solo lacrime.
 
 
*La canzone iniziale, che dà anche il nome al capitolo è “Cryin’” degli Aerosmith.

NDA
Salve gente!
Come volevasi dimostrare, non sono riuscita ad aggiornare nel tempo che mi ero, mentalmente, prefissata, ovvero, due settimane. Decisamente no! È passato più di un mese e se mi odiate, vi capisco!
Piccola nota sul prologo: il titolo del capitolo è tratto dalla canzone di Mina “Stessa spiaggia, stesso mare”.
Comunque, ora, eccomi qui con il nuovo capitolo. E sì, se ve lo stavate chiedendo, fa davvero così schifo, non èun incubo. Non sono per niente soddisfatta, ho provato a scriverlo più volte, ma non usciva nulla di meglio, così ho pubblicato lo stesso!
Troviamo Allison e Louis più felici che mai, nonostante tutto, e con una bella novità. Che ne pensate? Tranquilli, ci saranno dei Flashback, soprattutto per loro due, giusto per vedere come se l’è cavata Allie in questi 10 anni!
Poi, Lorcan e Albus, eravate tutte un po’ preoccupate per loro e avevate ragione! La storia è un po’ complessa, ma, devo dir la verità, l’ispirazione per la vicenda della bambina mi è venuta grazie a Grey’s Anatomy (Derek e Meredith con Zola.). Comunuque sia, ora hanno litigato e vedremo cosa ne sarà di loro e della piccola Caroline!
Per il resto, nel prossimo capitolo incontreremo di nuovo Dominique e James e, forse, anche Lils e Scorpius… Saranno belle o brutte notizie? Non posso dirvi nulla per il momento, solo che lo scoprirete!
Bene, spero di riuscire ad aggiornare presto, intanto vi lascio qualche contatto:
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Ringrazio tutti quelli che hanno letto il prologo e le splendide ragazze che hanno recensito:
- AleJackson
-  MartyViola91
- AlbusLupin
- Megan204
- Marghe_Puffola

Un bacione,
Ce_
 
   
 
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