Arabelle
Hook si era addormentato poco dopo che Arabelle
era scomparsa dalla stanza. Infatti, nonostante egli avesse detto con estrema
decisione di non avere sonno, il suo stato decideva per lui le ore che
necessitava dormire. Non sapeva che ora fosse quando si svegliò di soprassalto.
Il suo, tuttavia, non fu un sonno tranquillo. In effetti, non conosceva sonni
tranquilli da moltissimi anni, da molto prima che arrivasse all’isola che non
c’è e cominciasse la sua lunga vita immortale. Oltre che per questo comunque,
fece l’ennesimo dei suoi incubi. Rivisse tutta la sua disavventura con il
mostro, la sconfitta inflittagli da Pan….la morte gli era passata accanto come
mai prima di allora. Ma più di tutto ricordò ciò che quel ragazzo arrogante e i
suoi amici ragazzini avevano detto per fargli perdere la speranza.
“ Vecchio, solo, defunto ” Quelle parole lo
tormentarono infinitamente durante il sonno. Echeggiavano nella sua mente come
lame taglienti che gli trafiggevano il cuore. “ Vecchio, solo, defunto. Vecchio,
solo, defunto. Vecchio, solo, defunto. ”. Si agitava nel sonno senza rendersene
conto, la fronte corrugata. Dopo quelle parole orribili, fecero capolino nella
sua memoria anche le sue stesse frasi.
“ Tu morirai solo e senza amore. Come me. ”. Oh se
ricordava il momento in cui le aveva pronunciate! La prima frase l’aveva detta
con rabbia e compiacimento, ma poi aveva mormorato l’altra con estrema
desolazione e rassegnazione. L’aveva mormorata più a se stesso che a Peter Pan.
Poi di nuovo le fauci del coccodrillo si chiusero su
di lui…….
« Noooooooooooooooooo!!!! »
Gridò alzando il busto di scatto, febbricitante. Ansimava e si guardava intorno
smarrito, ricordando forse solo allora che cosa era realmente accaduto. Fece un
respiro profondo, tentando di calmarsi.
« Cosa accade? » chiese un’altra voce altrettanto
ansimante. Arabelle era comparsa pochi secondi dopo
nel salone, muovendosi in fretta, ansiosa. Hook
scattò in piedi con un’agilità ed un forza che in parte gli erano conferite
dalla febbre e dal delirio.
« Non avvicinarti! » Le gridò. In quell’ordine
stava tutta l’autorità di Jason Hook,
il tanto temuto capitano pirata. Arabelle fece un
passo deciso verso di lui nonostante l’ordine ricevuto, ma lo sguardo furioso
dell’uomo la costrinse a fermarsi. « Perché sei qui? Cosa vuoi? » stava ancora
gridando, ma la ragazza non battè ciglio di fronte
alla sua furia. Al contrario rise, la stessa risata argentina che poche ore
prima Hook aveva repentinamente spento.
« Sono molte le cose che vorrei, Jason
Hook. » rispose. « Da te… nulla, direi. Ti ho sentito
gridare e sono venuta a vedere cosa succedeva, tutto qui. ». Era davvero una
stranissima ragazza. Il pirata fu costretto ad ammetterlo. Subiva
trasformazioni incredibili, se la situazione lo richiedeva. Un momento era un
fiore d’acciaio, intoccabile, impossibile da raggiungere o ferire, un momento
dopo era la creatura più umana e dolce su cui avesse mai posato gli occhi. Di
nuovo la sua mente formulò quella domanda: chi sei?
Ad ogni modo, la risposta di lei sembrava averlo
confuso, disorientato, perché si appoggiò stanco alla parete di roccia e la
fissò senza riuscire a dire nulla. Possibile che quella sconosciuta fosse così
gentile con lui? Con LUI poi? Lui che era crudele, l’incubo del Mondo che non
c’è e che aveva sempre usato le donne per una e solo una cosa nella sua vita?
« Mi permetti di avvicinarmi? » gli chiese lei, con la
voce dolce, quasi lo volesse carezzare con il suo suono. L’uomo non rispose e
per la prima volta in tutta la sua vita abbassò lo sguardo di fronte ad un
altro essere umano. In quel momento, in quel brevissimo momento, la giovane
aveva vinto la sua fierezza e malvagità. Probabilmente Hook
non se ne rese neppure conto, ma era accaduto qualcosa di miracoloso in quell’istante. Arabelle si fece
più vicina, quasi timidamente, fino ad arrivargli esattamente accanto. Gli
prese il braccio destro, quello sano, e se lo appoggiò intorno alle spalle,
mentre lei gli cingeva la vita.
« Puoi camminare? » gli domandò. Hook
assentì brevemente con il capo, così la ragazza lo condusse lentamente fuori
dal salone. Percorsero un breve corridoio, che l’uomo riconobbe come quello che
conduceva ad una delle stanze da letto che era solito usare nelle sue
permanenze al castello. C’era un enorme letto a baldacchino, dalle tende rosse,
posto proprio al centro della stanza, arredata per il resto da mobili elfici di grande valore e da alcuni dipinti sbiaditi. Arabelle condusse Hook davanti al
letto e lo aiutò a stendersi, dopo di che lo coprì con il lenzuolo di broccato
rosso.
« Continua pure a riposare. » gli disse « tra poco
andrò a procurare qualcosa da mangiare. » Fece per andarsene, ma non fece in
tempo a fare un passo che l’uomo le afferrò un polso, bloccandola. Quando lei
si voltò per un lungo istante i suoi occhi rimasero incantati, fissi nelle
iridi ghiaccio del pirata, fredde eppure in quel momento così
straordinariamente espressive.
Non seppe
definire cosa esprimessero, ma ne rimase affascinata. Hook,
da parte sua, era completamente allibito, spiazzato di fronte a tanta bellezza
e un carattere così particolare che gli impediva di essere come sempre padrone
della situazione.
Dopo quelli che parvero minuti interi, Hook parlò.
« Aspetta » disse in un sussurro. La ragazza rimase
ferma, come lui aveva chiesto, in attesa. « Siedi »
Come richiesto da lui, Arabelle
si sedette sul letto accanto a lui, mentre entrambi sembravano inconsapevoli
del fatto che Hook non le aveva lasciato il polso. Lo
stringeva, anzi, come se esso rappresentasse il suo unico contatto con la realtà.
« Chi sei? » le chise,
ancora più piano, continuando a fissarla rapito, senza accorgersene. « Io devo
sapere ». calcò molto il tono sul “devo”, così che la giovane comprendesse che
era serio.
« Te l’ho detto. Mi chiamo Arabelle.
Non sono nessuno, nessuno di particolare almeno. » abbozzò un sorriso e Hook, nonostante il dolore lancinante al petto dovette
ammettere che era davvero la donna più bella che avesse mai visto.
« Voglio sapere chi sei » continuò lui, insistente, ma
non era un comando, come quando l’aveva afferrata per la gola la prima volta
che l’aveva vista…era una richiesta, quasi una supplica a dire il vero.
Di nuovo Arabelle sospirò,
ma stavolta con rassegnazione. « E va bene! » anche la sua voce era ora ridotta
ad un sussurro. « Ero la sorella di un nobile, un nobile parigino. Il giorno
del mio ventesimo compleanno, durante la notte, degli uomini sono penetrati
nella mia stanza e mi hanno portata via, senza che nessuno se ne accorgesse.
Quando mi risvegliai, mi trovavo su un vascello pirata, in mezzo all’oceano,
ancora con indosso la mia camicia da notte e circondata da energumeni la cui
vista mi provocò non poco terrore. Uno di loro si prese la briga di spiegarmi
dove mi trovavo. Quando mi parlò dell’Isola che Non c’è….non ci credetti…ma ho dovuto ricredermi. » sorrise malinconica.
Hook ascoltava con estrema attenzione e notò che gli occhi
di lei si erano fatti distanti, freddi. Era tornata la creatura inafferrabile
che sapeva essere, mentre proseguiva nella narrazione.
« Mi diedero questi vestiti e alcuni cambi d’abito,
dicendomi che ero ormai proprietà del comandante della nave, che ancora non
avevo visto. Ma lo vidi presto. Quella sera stessa, fui convocata nella sua
cabina e lui mi spiegò con estrema cura che di lì a pochi giorni sarei diventata
la sua donna. Io mi rifiutai, ma la cosa non servì a nulla. Non capivo perché
Dio mi avesse riservato questo destino, perché quel pirata avesse scelto
proprio me per diventare la sua compagna, né lo comprendo ora. Tutto ciò che
sapevo per certo era che non mi sarei prestata a niente di ciò che mi era stato
annunciato. Durante la notte, mi gettai in mare e nuotai fino a riva. Raggiunsi
questo castello e mi ci rifugiai, sperando che non mi trovassero. Sono qui da
una settimana oramai. ». Sospirò un’ennesima volta e finalmente spostò lo
sguardo su Hook, che aveva la fronte corrugata dalla
riflessione sulle parole di lei. « Ora sai chi sono. »
« Si » sussurrò il pirata, impressionato suo malgrado
da ciò che aveva sentito. Ne era rimasto colpito perché non comprendeva come un
pirata dell’isola potesse volere una compagna fino al punto di spingersi oltre
la loro dimensione per tornare sulla terra. Poco distante dall’isola capo
dell’arcipelago, sull’isola dei pirati, non mancavano certo bordelli e altri mezzi
di divertimento per un pirata. Perché dunque volere una donna come quella tutta
per sé? Naturalmente era una splendida creatura e ciò avrebbe potuto essere un
movente più che accettabile, se non fosse stata nobile ed estranea al Mondo che
Non c’è.
« Si lo so » ripetè lui. In
realtà avrebbe voluto farle tante di quelle domande che l notte non sarebbe
bastata. Si trattenne, perché era stanco e dolorante, ma anche perché era
stupito: il suo cuore aveva palpitato una seconda volta durante il di lei
racconto e le era dispiaciuto per lei. Questo non gli era mai successo nei
confronti di nessun altro essere. Tentò di scacciare il pensiero, liquidandolo
come una debolezza dovuta al dolore e alla bellezza di lei.
« Ora devi riposare, efferato assassino. » Pronunciò quell’appellativo dolcemente, non come un insulto e il
cuore dell’uomo perse un battito. Effettivamente in quella circostanza anche
lui trovava un che di comico nella sua fama di sanguinario pirata, quando più
che sanguinario ora era sanguinante. Ma fu il sorriso di Arabelle
a disarmarlo, per l’ennesima volta. Riacquistò presto la sua solita espressione
ghignante e fastidiosamente crudele che era ormai la sua espressione abituale,
ma la giovane non si scompose neppure di fronte a quel suo nuovo cambiamento.
Arabelle si alzò in piedi e con passi eleganti e sicuri lasciò
solo nella stanza l’uomo ferito. Nel vederla allontanarsi in tutta la sua
inumana bellezza, la pietra che si trovava in mezzo al petto di Jason Hook prese a battere forte.