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Autore: PinkBiatch    06/11/2013    2 recensioni
Draco precipitava, il vento a fendere ogni piccola parte di lui. Quanto era alta la Torre di Astronomia? Quanto sarebbe riuscito a resistere prima di schiantarsi al suolo?
Di nuovo qualcosa stava scivolando via dalle sue braccia, di nuovo aveva perso il controllo, e forse stavolta per sempre.
Riuscì a ricordare una cosa, una sola cosa, che portava milioni di altre cose, prima che la paura spalancasse i suoi occhi.
Un ragazzo estremamente pallido, coi capelli biondissimi ed i lineamenti affilati, stava camminando lungo un corridoio gremito di ragazzi di tutte le età. Li osservava senza essere interessato da nessuno di loro, fino a che qualcosa non attirò la sua attenzione.
Erano capelli castani, di un castano ordinario. L'unica cosa straordinaria, in quei capelli, era che erano più crespi che mai.
La proprietaria di quel cespuglio marrone si voltò verso di lui, quasi captando la sua presenza nonostante lui fosse ancora a qualche metro da lei.
“Hai visto un rospo? Un ragazzo di nome Neville l'ha perso.”
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Rose/Scorpius
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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2.

 

 

Qualcosa l'aveva ossessionato, aveva catturato i suoi pensieri, la sua testa, tutto, di quella ragazzina. C'era il sapore di qualcuno estremamente diverso e simile allo stesso tempo a lui, come una sua bella copia.
Un Draco Malfoy molto meno viziato e molto più felice di ciò che aveva intorno, un Draco Malfoy estasiato da ogni piccolo particolare. C'era qualcosa, in quella ragazzina, una luce che le brillava dentro e che Draco non aveva mai visto brillare prima di allora, in nessun altro, nemmeno nei suoi amati genitori.
Era rientrato nel suo scompartimento, insieme a Theodore Nott, che i suoi gli avevano raccomandato come una “buona compagnia”, Blaise Zabini, consigliato, anche lui, dai suoi genitori, e Pansy Parkinson, che si trovava già lì quando si erano andati a sedere.
“So scegliermi le amicizie da solo, grazie” aveva risposto stizzito ai genitori quando gli raccomandavano di stare attento a chi avvicinava, ma alla fine aveva seguito i loro consigli, perché sapeva che si sarebbero arrabbiati al punto da mandargli una Strillettera se avessero scoperto che frequentava persone come i Weasley, traditori del loro sangue, o peggio un Mezzosangue.
Ovviamente, anche la Strillettera sarebbe arrivata con discrezione. Il barbagianni di famiglia avrebbe aspettato che fosse solo per consegnargliela, sotto ordine del padre e della madre, per evitare che venisse fuori che i Malfoy erano una famiglia molto poco educata, che faceva delle scenate al proprio figlio, che elogiavano sempre, davanti a tutta la Sala Grande e via Strillettera. No, loro erano una di quelle famiglie che doveva apparire nelle pubblicità Babbane, anche se sua madre e sua padre non sapeva cosa fossero.
Draco le aveva scoperte all'età di forse sei, sette anni, non ricordava bene. Ricordava che i suoi genitori l'avevano rimproverato perché l'avevano trovato a leggere un vecchio libro babbano, trovato per strada durante una loro vacanza a Parigi, in Francia.
Lui però si era già appassionato, e così era scappato dai suoi genitori, e loro non l'avevano trovato per almeno una settimana. Ricordava di essersi messo sul ciglio di una strada in periferia, e ricordava un gran tonfo, e un grande autobus che per poco non lo investiva. L'aveva visto, a Parigi, un autobus del genere, ma quello era diverso, perché era magico.
“Benvenuto sul Nottetempo” gli aveva detto un ragazzino che aveva sì e no sei o sette anni più di lui, e lui si chiese perché non fosse ad Hogwarts.
Aveva scoperto che l'autobus l'avrebbe portato dove voleva lui, così scelse di scoprire come si viveva a Londra, come lo facevano i Babbani.
“Londra” aveva detto, semplicemente, quando gli avevano chiesto dove desiderava essere portato. L'autista aveva annuito, e l'aveva informato che prima però avrebbe dovuto portare un contrabbandiere in Romania, a ritirare certe squame di un drago in via d'estinzione.
“Non so se può essere veramente sicuro dire a chiunque salga che devo andare in Romania per comprare illegalmente delle squame di drago.” Tossicchiò da dietro una sciarpa grigia ed un berretto calato sugli occhi un uomo che, a prima vista, pareva un cumulo di stracci.
Una sola ciocca ribelle di capelli rossicci spuntava da sotto il berretto, che l'uomo calò ancora più in basso quando vide che il ragazzino lo osservava con interesse.
“Non preoccuparti, Mund, so quello che faccio.” Aveva risposto allora il vecchio autista, ridendo sguaiatamente.
L'uomo però osservava cupamente Draco da dietro il berretto, così lui si sentì in dovere di rispondere, con la sua voce ancora innocente e ancora poco arrogante, troppo poco perché i suoi fossero completamente fieri di lui:
“Non si preoccupi, signore, non sono un animalista e per me può anche contrabbandare il drago intero. E non sarò certo io a denunciarlo a qualcuno, sono in fuga anch'io.”
Questa frase catturò l'interesse dell'autista, del ragazzino che gli aveva dato il benvenuto e del contrabbandiere, che ora lo guardava con simpatia.
“Signore? Sono da anni che non mi chiamano così.” Tossicchiò, emanando un forte odore di tabacco. “E sentiamo, chi saresti tu?”
Il cervello di Draco lavorò febbrilmente per capire se fosse veramente il caso di dire che era un Malfoy oppure no, e gli ci volle almeno un minuto per rispondere che si chiamava:
“Sam, mi chiamo Sam. Sam Gubler.”
“Gubler non mi sembra un cognome da famiglia Purosangue, eppure tu devi essere figlio di maghi.”
Qui, Draco e la sua ingenuità si tradirono.
“Invece sì, io sono un Purosangue. Tutta la mia famiglia lo è.”
“Beh, potresti essere un Weasley, peccato che i capelli che vedo sono biondi, estremamente biondi.. puoi essere solo..”
“Un Malfoy.” Pronunciò sottovoce il ragazzino che gli aveva dato il benvenuto e poi era stato zitto tutto il tempo.
A sentir pronunciare quel nome, un paio di streghe in fondo al corridoio, sedute su una comoda poltrona che veniva sballottata qua e là ad ogni curva, drizzarono il collo, e l'autista si voltò strabuzzando gli occhi.
“Un Malfoy?!” Esclamò con una vocina stridula, voltandosi appena in tempo per riprendere il controllo dell'autobus ed evitare per un nanosecondo di schiantarsi contro un muro.
“Zitto!” Gli intimò allora l'uomo coi capelli rossi, il contrabbandiere che l'autista aveva chiamato 'Mund'. “Non mi sembra il caso di sbandierare ai quattro venti che questo è il figlio di un Mangiamorte!”
“Un Mangiache?” Disse Draco, guardando il rosso con gli occhi traboccanti di stupore e curiosità. “Cos'ha mio padre che non va? Cosa avete tutti contro la mia famiglia?!”
“Oh, caro, io non so se è il caso che io ti racconti il passato di tuo padre e tua madre.. che sono stati abbastanza vigliacchi da non raccontarti niente..”
“Forse se ne vergognavano, Mund, non devi dare giudizi affrettati!” Rispose allora l'autista, lanciando uno sguardo di rimprovero al contrabbandiere.
“Beh, sembra che abbiano fatto tardi ad accorgersi di aver sbagliato. Avrebbero potuto salvare molte vite se solo si fossero ricreduti un po' prima. Quella dei Potter compresi, forse, ricordo che i Malfoy erano tra i più fidati di.. Tu-Sai-Chi.”
“Aspettate, aspettate! Non potete parlare dei miei genitori senza che io capisca, e soprattutto non potete parlare di loro come fossero cattive persone! Loro sono solo.. sono solo aristocratici, e pretendono molto da me, ma non per questo sono cattivi genitori! I vostri giudizi sono troppo affrettati!”
“Affrettati un corno! Io conoscevo i Potter, erano brave persone! E Tu-Sai-Chi deve aver fatto un bel lavoretto a Black per portarlo dalla sua parte, perché giuro su Merlino che lo conoscevo, e anche bene, e dev'essere stato sotto un qualche incantesimo quando ha fatto tutte quelle cose, perché il mio amico Sirius era una brava persona, e James era un fratello per lui, così come Lily!” Esclamò il rosso a gran voce.
“Lily, James, Potter, Black.. ma cos'è questa roba? Chi sono queste persone?!” Sbraitò allora Draco, saltellando di qua e di là, un po' per le curve brusche ed un po' per farsi notare, sia dal contrabbandiere piuttosto infervorato sia dall'autista, che ormai aveva perso ogni interesse per la strada ed il volante, che girava a caso ogni tanto.
“Ragazzino, stà fermo!” Gli intimò una delle vecchie signore in fondo all'autobus, che non si era persa una parola della conversazione nonostante fosse stata fatta sempre a bassa voce.
“Io penso che Draco, qua, voglia sapere qualcosa. E penso che glielo dobbiamo dire.” Disse con aria risoluta il ragazzino che gli aveva dato il benvenuto, che era stato zitto tutto il tempo se non per pronunciare il suo cognome e dargli il benvenuto.
“Come fai a sapere che mi chiamo Draco?”
“Prima che fuggissi da Hogwarts abbiamo parlato delle famiglie Mangiamorte, e fra queste c'era anche la tua. Nell'albero genealogico c'eri anche tu.”
“Ma quanti anni hai, scusa? E perché sei scappato da Hogwarts?”
“Ho tredici anni.” Disse serio il ragazzino, “Mi chiamo Stan. Stan Picchetto. Piacere.” Disse, avvicinandosi al ragazzino e tendendogli una mano.
Chissà come, Stan era il primo ragazzino che si presentava a Draco di sua spontanea volontà, ed era anche una compagnia che i suoi non gli avevano suggerito, e che non gli avrebbero suggerito mai. Un certo senso di ribellione si fece spazio dentro Draco, ancora più curioso di sapere la storia dei suoi genitori.
“Non mi hai ancora detto perché sei scappato da Hogwarts, ma prima voglio sapere cos'è successo ai miei genitori e perché voi ce l'avete con loro.”
Appena Draco finì di pronunciare la sua frase con risolutezza, l'autista inchiodò e disse al contrabbandiere che si trovavano in Romania, e che era ora di scendere. Questo si alzò, si sgranchì un po' le gambe e posò un galeone sul palmo aperto in attesa dell'autista.
“Grazie, Ern.”
“Grazie a te, Mund, il viaggio costava molto meno, ma le mance fanno sempre piacere.”
“Ragazzino” disse il cosiddetto Mund, voltandosi verso Draco e tirandosi un po' su il cappello, mostrando qualche altro ciuffo rosso ed i grandi occhi marroni, un po' arrossati. “Che ne sarà di te?”
“Io andrò a Londra.” Rispose Draco, guardandolo fisso negli occhi, “Ovviamente dopo aver ascoltato la storia dei miei genitori, ed aver deciso se tornerò mai da loro o no.”
“Tornerai da loro, potrei scommetterci la mia bacchetta.”
“Non lo so, dipende dalla loro storia.”
“Sono pur sempre i tuoi genitori, ragazzaccio! E prima o poi ti troveranno, lo sai.”
“Sì, ma spero sia il più tardi possibile.”
“Abbi cura di te, figliolo.” Disse il contrabbandiere, scoprendo un po' di bocca, contornata da una barbetta trascurata, per fargli vedere un gran sorriso, per poi ricoprirsi alla svelta e scendere dall'autobus.
Appena i suoi piedi furono posati entrambi sul grigio asfalto l'autobus ripartì a gran velocità.
“E' l'ora della storia, baby” ridacchiò l'autista, lasciando che Stan raccontasse, per tutto il viaggio, la storia dei suoi genitori a Draco, che fino a qualche minuto prima aveva creduto di conoscerli.
“.. E poi Tu-Sai-Chi crollò, quella sera, a Godric's Hollow. E più niente si seppe di lui.” Pronunciò Stan, alla fine del suo racconto.
Draco non disse niente, si alzò in piedi, frugò nelle tasche alla ricerca di qualche moneta e vi trovò cinque galeoni, e decise di darli tutti all'autista.
“Non siamo ancora arrivati, ragazzo. Siamo ancora a Bath.” Gli disse, scrutando con curiosità lui ed i suoi Galeoni.
“Quanti maghi ci sono a Bath?” Chiese, non accennando a sedersi di nuovo su quella scomoda poltrona dalla quale aveva ascoltato la storia dei suoi genitori.
“Un po', non molti. Li riconosci perché sono quelli che fanno musica.”
“Pensa che loro capiranno che sono un mago e avvertiranno il Ministero?”
“Cerca un mio vecchio amico, penso suoni il contrabbasso, si chiama Matthew Gray, è un po' eccentrico. Lo riconosci perché porta sempre due calze differenti, ed ha una cartella di cuoio, anche se vuota. Digli che ti ha mandato Ern del Nottetempo, e digli anche, da parte mia, di Ern, che spero che la sua piccolina di cui mi parlava nella sua ultima lettera stesse bene.”
“Grazie mille signore.” Disse Draco, assimilando ogni parola e portandola bene in testa.
“Di niente, figliolo. Sono convinto che tu sia un bravo ragazzo, nonostante tutto.”
“Ciao Stan!” Disse Draco mentre scendeva l'ultimo gradino dell'autobus.
Immaginò che il suo primo vero amico gli avesse risposto, ma non udì mai la sua risposta perché il Nottetempo era già partito.
In qualche modo, riuscì ad arrivare nel centro città, e l'amico di Ern si fece trovare subito, perché stava suonando una melodia assurda ed aveva attirato l'attenzione di tutti, che adesso erano tutti raccolti in cerchio intorno a lui, a guardarlo suonare mentre faceva espressioni e versi folli.
Nonostante sembrasse un pazzo, Draco non dubitò della sua affidabilità, perché era convinto che Ern fosse una brava persona, e ci si potesse fidare di lui. Attese con pazienza che il musicista finisse e poi gli si avvicinò, dicendogli in un orecchio ciò che Ern gli aveva detto di dirgli.
“Oh, buon Merlino!” Esclamò Matthew, scrutandolo con occhi seri e con uno sguardo indagatore. “Vieni, vieni, figliolo, prendi questo berretto.” Gli disse, pigiandogli un vecchio berretto di lana che gli prudeva sulla fronte in testa. “Sei su tutti i notiziari, anche quelli babbani. I tuoi daranno anche una ricompensa a chi ti troverà, e adesso che la tua faccia è ovunque è probabile che qualche sopravvissuto a Tu-Sai-Chi voglia trovarti ed ucciderti, o tenerti in ostaggio per far star male i tuoi genitori. Perciò adesso seguimi.” Disse, con aria seria, facendosi largo tra la folla con la mano stretta attorno a quella del bambino.
Lo guidò fuori dalla folla e lo portò nel suo vecchio appartamento che profumava di libri vecchi. Questo gli ricordò del suo libro, così Draco, sotto ordine di Matthew, rimase dentro l'appartamento a leggere, e quando finì il suo libro ne lesse un altro preso dalla libreria del suo nuovo amico, fino a che non ne ebbe abbastanza.
Notò uno scatolone, che sembrava fatto di qualcosa di strano, e che aveva una luce rossa accanto ad un pulsante. Decise di premerlo e sobbalzò quando quello scatolone cominciò a fare rumore e trasmettere immagini, e si spaventò talmente tanto che premette di tutta fretta un'altra volta il bottone, sperando che quell'aggeggio si spegnesse, e filò a dormire sul divano-letto che Matthew aveva preparato per lui.
Più tardi, Matthew gli spiegò che cos'era quello scatolone, e gli disse che era un modo, per lui, di rimanere in contatto anche con il mondo babbano, e che era una cosa del tutto innocua, convincendolo a tal punto da far sì che i restanti giorni di quella stranissima settimana Draco li passasse incollati a quella strana scatola chiamata tevelisione, o comunque qualcosa del genere.
Lo trovarono, però, un giorno. Riconobbe i passi rumorosi di suo padre accompagnati al “toc, toc” che faceva il suo bastone toccando terra e quelli leggeri ed aggraziati di sua madre, tentò di nascondersi, sapendo che niente lo avrebbe davvero tenuto lontano dai suoi genitori e dal suo ritorno a casa.
“Draco!” Strillò sua madre quando lo vide, abbracciandolo.
Suo padre lo guardò freddo, distaccato come sempre, pronto ad un'altra ramanzina.
Draco però non nascose la testa sotto le braccia, non tentò di zittirlo in anticipo, non cominciò a piangere. Si alzò in piedi, e sembrò più alto che mai, le spalle dritte ed il petto in fuori.
Sostenne lo sguardo di suo padre, che adesso era allibito.
“Che ti hanno fatto, che ne hanno fatto di mio figlio? Con quale maleducazione osi sostenere lo sguardo di tuo padre, colui che ti ha messo al mondo, colui che ti ha dato tutto! Come puoi non temere la mia ramanzina, guardarmi con aria di sfida come se credessi di aver fatto la cosa giusta! Sei un delinquente, Draco!” Gridò suo padre, sfoderando la bacchetta e puntandogliela addosso come mai aveva fatto.
Draco aveva visto quello sguardo folle prima di allora, ma mai rivolto verso di sé. Aveva visto cosa suo padre era capace di fare con la bacchetta, e un'altra parte l'aveva immaginata, da una settimana a quella parte, da quando aveva scoperto cosa era in realtà suo padre.
Sapeva che niente l'avrebbe salvato da ciò che sarebbe successo dopo.
“Se sono un delinquente adesso allora sai che sono sulla buona strada per diventare come te!” Gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Sua madre ammutolì e si coprì gli occhi con la mano affusolata, impaurita, indifesa.
Suo padre strabuzzò gli occhi.
“Cosa stai dicendo?!” Tuonò, subito dopo, avvicinando ancora di più la bacchetta a suo figlio.
“La verità! E' questo che sei! Un criminale! Un mostro! Hai ucciso delle persone perché erano diverse! Tu sei un Man-”
La sua voce si spezzò in gola mentre suo padre urlava.
“Crucio!” E il suo adorato figlio si contorceva a terra.
“Tu sei un-” Balbettò, la voce spezzata dal dolore.
“Non dirlo!”
“Man-”
“Come osi!”
“Mangia-”
“Non provarci!”
“Mangiamor-”
“Tu!”
“Mangiamorte!” Gridò, finalmente, Draco.
Nessun dolore poteva essere paragonato a quello, nessuna sofferenza fisica, i muscoli a pezzi, ogni piccola parte di sé a pezzi, come se qualcosa continuasse a pugnalarlo in più punti contemporaneamente.
Il dolore psicologico del vedere suo padre torturarlo come era solito fare col suo elfo domestico.

 

 

“Draco!” Lo richiamò Theodore.
“Sì?”
“Cosa stai fissando?”
“Io.. niente. Stavo pensando.”
“Non dovevano essere pensieri felici vista la faccia che facevi.”
“Perché.. che faccia facevo?”
“Era più o meno così.” Disse il suo “amico”, mimando un'espressione folle ed impaurita insieme, esagerata a tal punto da far scoppiare a ridere tutti, tranne Draco, che lo guardava allibito.
“Oh, wow.”
“Cos'hai?”
“Niente. Dovrei avere qualcosa?”
“Non lo so, ti sto solo dicendo che sembra che tu abbia qualcosa.”
“Se anche avessi qualcosa non te lo direi, Nott. Io non ti conosco, in effetti.”
“Mio padre mi aveva parlato..” Disse piano, Nott, squadrandolo. “Ma non pensavo fosse così tanto.”
“Di cosa ti aveva parlato tuo padre?”
“Del fatto che tu da qualche anno non obbedisca più ai tuoi genitori, ed immagino che siano stati loro a dirti di fare amicizia con me, e che tu voglia fare il ribelle non considerandomi.”
Oh, scusa, è che ho appena ricordato della prima volta che mio padre usò la Maledizione Cruciatus su di me quando avevo appena sette anni, pensò Draco, ma non lo disse. Non voleva che Nott sapesse niente di lui.
“Questi non sono affari tuoi.”
Draco passò il resto del viaggio a pensare alla ragazzina coi capelli crespi, non arrischiandosi a chiedere a Zabini, la Parkinson o Nott se sapessero qualcosa di chi fosse o da dove venisse, e senza spiccicare parola.
Gli altri occupanti del suo vagone comprarono molti dolcetti, si scambiarono figurine delle Cioccorane, risero, giocarono agli Scacchi Magici e si misero a parlare di Quidditch. Lui si limitò a fingere di dormire.
Arrivò il momento di scendere, e Draco scese con gran piacere, trovando Tiger e Goyle, altri due ragazzi che gli erano stati raccomandati dal padre, e decidendo di stare con loro per evitare di rimanere solo.
Ricordò loro chi fosse, perché dubitava che nel loro cervello ci fosse abbastanza posto per ricordare di persone conosciute almeno sei ore prima, e si fece seguire da loro, facendosi strada fino alla ragazzina coi capelli crespi, che era accanto ad un Weasley, forse il più piccolo, e ad un ragazzino minuto coi capelli neri e arruffati.
Si chiese che genere di persone potesse stare con un Weasley ed un ragazzino che probabilmente era un Mezzosangue.
Nonostante avesse deciso, coi suoi sette anni di vita e i suoi dolori da Maledizione Cruciatus, di odiare i suoi genitori da quel momento in poi e non ascoltare nessuna delle loro parole, ben presto Draco si era ritrovato pieno dei loro stessi pregiudizi, da cui lui aveva sempre tentato di tenersi alla larga.
La verità, però, sapeva che era questa. Che se stai con una persona finisci per volerle bene e per condividere le sue idee, anche se non le avresti condivise prima, anche se a primo impatto le avresti trovate sbagliate.
La ragazzina osservava tutto, insieme al minuto ragazzo con gli occhiali ed i capelli arruffati, con gli occhi e la bocca spalancati.
“Guarda..” La sentì dire, con quella sua voce squillante.
“Le carrozze si trainano da sole!” Esclamò il moro, mentre Weasley tentava di nascondere lo stupore per dimostrarsi superiore.
Da sole? Cos'era mai questa stupidaggine?
Draco li vedeva, li sentiva, e respirava il loro odore di carne putrefatta. Erano cavalli con delle grandi ali da pipistrello, con la pelle viva che in alcuni punti lasciava scoperte le ossa. Come faceva a non vederli? Forse non erano davvero maghi, e non potevano vederli per questo.
Si voltò a guardare Tiger e Goyle per vedere se loro dessero segno di vedere quegli strani cavalli.
Loro fissavano allibiti le carrozze, ma non dissero niente a proposito di cavalli.
Ben presto, il guardacaccia, quel mezzogigante di cui i suoi genitori gli avevano parlato male, Hagrid, dopo aver salutato il minuto ragazzino che stava accanto a lei, chiamandolo “Harry!”, li scortò verso il Lago Nero e verso delle barchette su cui salirono, tre alla volta, per attraversare il Lago Nero ed arrivare ad Hogwarts.
Draco capì chi fosse quel minuto ragazzo dall'aria anonima.
Harry Potter.
Di nuovo gli tornò a mente Stan, che gli aveva raccontato tutto e che l'aveva accettato, suo malgrado, e l'aveva trattato come un amico nonostante fosse un Malfoy, gli tornò a mente Ern, e quello strano tipo rossiccio che puzzava di fumo ed era coperto di stracci per tentare di nascondersi dalle autorità, ricordò poi Matthew, che l'aveva ospitato, e per la seconda volta nello stesso giorno ricordò il dolore sordo su tutto il corpo a seguito della Maledizione di suo padre.
Rabbrividì fortemente, ma Tiger e Goyle non se ne accorsero, e Draco benedì la loro stupidità, decidendo che sarebbero stati la sua nuova compagnia ad Hogwarts da quel momento in poi.
Dopodiché successe tutto molto in fretta.
La ragazzina era una mezzosangue, ecco cos'era. Una sporca Mezzosangue che Draco si sarebbe dovuto impegnare a tormentare e ad offendere, perché nonostante tutto questa era la sua natura e questo era il suo dovere, e poco importava cosa aveva pensato di lei per tutto il viaggio, poco importava se aveva pensato di poter trovare in lei una buona compagnia, una buona amica e forse anche di più, poco importava se l'aveva creduta simile a sé.
Lei stava sotto di lui, tutti ci stavano.
Lui era Draco Malfoy, un fiero Serpeverde Purosangue.
Lei era Hermione Granger, una sporca Grifondoro Mezzosangue.

 

Lacrime cadevano, fredde e leggere sul corpo inerme di Draco, e lui non le sentiva, non sentiva niente. Delle mani calde e fredde insieme, cariche di vita e di morte, di sole e di pioggia insieme, si posarono delicatamente sulle sue spalle e cominciarono a scuoterlo. Un paio di volte la sua testa si alzò da terra per poi ricadere morta sull'erba umida di pioggia e lacrime. Gli avrebbero fatto male quelle botte, se solo fosse riuscito a sentire qualcosa.
Ma non sentiva niente.
Era forse morto?
Eppure sentiva tutto vivere sulla sua pelle, sentiva il tempo scorrere, sentiva le voci, come urla lontane per appigliarsi a qualcosa che stava fuggendo via troppo velocemente.
Era in un oblio che lo trascinava giù, giù nell'abisso, nel punto di non ritorno della morte.
In così poco tempo aveva visto suo figlio morire, aveva visto l'amore della sua vita morire, e adesso stava assistendo alla sua stessa morte. Cosa ne sarebbe stato di lui?
Sarebbe stato forse abbastanza forte da saper tornare da Hermione e da Scorpius come loro avevano fatto con lui?

  
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