Storie originali > Soprannaturale > Vampiri
Segui la storia  |       
Autore: Fabio93    17/11/2013    3 recensioni
Il mondo è finito, eppure Kal, Dorian e pochi altri sopravvissuti continuano a vivere, camminando fra le rovine di una realtà popolata di creature pericolose e inquietanti. Ogni alba si porta via la notte, e la notte spesso ti porta via con sé. Eppure, in un mondo in cui ogni giorno non è altro che una lunga marcia fino al tramonto, c'è ancora chi sa vedere attorno a sé la speranza.
Genere: Avventura, Horror, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

VII

 

La città era morta.

Scheletri deformi in legno e mattoni vigilavano ai lati delle strade, fissando con orbite vuote e buie i tre visitatori avanzare con cautela. Piccoli stormi di corvi volavano come ombre nel cielo, i ratti fuggivano a nascondersi fra le case crollate sentendo i loro passi avvicinarsi. Per strada non c'era nessuno, com'era logico attendersi, eppure il silenzio che avvolgeva il borgo sembrava aspettare soltanto di essere rotto.

Kal si guardava attorno circospetto, le orecchie tese e la mano stretta attorno all'impugnatura della spada: non avrebbe corso il rischio di perderla ancora. Zoppicava appena, nonostante il dolore. Non avrebbe mai immaginato che una ferita di vampiro bruciasse tanto: poteva sentire il morbo risalirgli su per la gamba passo dopo passo.

Cercava di non pensarci e di rimanere concentrato. Aveva una spada, mancava un nemico da abbattere.

Gwen e Dorian lo affiancavano, scrutando ogni angolo di quella tomba in muratura. Da qualche casa arrivavano dei rumori, come respiri di qualcuno profondamente addormentato, ma di sicuro non erano quello che cercavano. Tuttavia ciò rinforzava il loro dubbio: come si poteva vivere in una città infestata dai vampiri?

Dorian lo fece fermare, afferrandogli la spalla.

Gli fece cenno di tacere e guardò in alto, come a voler riafferrare un ricordo. Kal si concentrò ed il secondo dopo capì: rumore di voci. Lieve, un'eco appena udibile, eppure c'era. D'un tratto Kal si tese come una corda, il cuore accelerò i battiti: erano vicini.

-Lo senti?- gli sussurrò l'amico.

-Sì...ma da dove viene?-

-Cosa sentite?- Gwen li guardava con apprensione.

-Voci. Non possono essere troppo lontane, penso vengano da quella parte, dal centro città...- Dorian indicò una delle vie più larghe, ingombra di macerie e sporcizia portata dal vento.

-Andiamo, ma stiamo attenti: questo è il loro territorio...- li avvisò Kal.

La gamba non faceva più così male.

Ripresero ad avanzare, come ombre sfuggite al crepuscolo, i nervi tesi e gli occhi attenti. Ogni rumore era sospetto, dietro ogni angolo poteva celarsi una trappola, eppure una parte di loro bramava il primo contatto. Kal voleva solo trovarsi davanti i rapitori e passarli da parte a parte con la sua spada: un'ultima soddisfazione prima di...

Prima di lasciare la città, si costrinse a concludere. Ancora una volta, il buio si allungò per sfiorargli l'animo, ma lui lo ricacciò indietro.

Dovevano essere vicini a quello che era stato il cuore del borgo: le vie erano più larghe, gli edifici più solidi, probabilmente la maggior parte erano vecchie botteghe e laboratori. Le strade erano anche meno ingombre di sporcizia e calcinacci, forse perché venivano usate abitualmente.

Si fermarono.

Le voci ora erano chiaramente udibili davanti a loro; a qualche decina di metri sembrava esserci una grossa piazza.

-Di qua.-

Kal si addentrò in un vicolo, sperando non riservasse brutte sorprese. La penombra attecchiva alle baracche in rovina come muffa, la luce del sole non sembrava poter raggiungere quegli anfratti dimenticati e umidi. Tuttavia anche quelli erano deserti e i tre vi si fecero strada in perfetto silenzio. Entrarono in un edificio da una breccia in un muro: a giudicare dalla grossa forgia impolverata doveva essere stata la bottega di un fabbro.

Un mantice giaceva inutilizzato in un angolo, assieme a vari attrezzi arrugginiti ed ammaccati. Dalle finestre entrava una luce obliqua e sporca, la cosa importante, però, era che esse davano direttamente sulla piazza.

Kal si sporse con cautela, appena appena oltre l'orlo della muratura. Davanti a lui c'era un grosso edificio, forse una chiesa il cui campanile era crollato. Proprio sull'entrata, una manciata di persone si affaccendava attorno ad un focolare, chiacchierando animatamente.

-Eccoli, i bastardi...- sussurrò, gustandosi la parola -Io ne conto cinque.-

-Attorno al fuoco, ma hai visto sul tetto?- fece Dorian.

Kal alzò lo sguardo: altre quattro sagome scrutavano la piazza dall'alto.

-Arcieri?-

-Non lo so...c'è qualcosa di strano, non trovate?- chiese Gwen.

In effetti qualcosa c'era: le tre figure si muovevano debolmente, senza però spostarsi per davvero. Erano come spaventapasseri mossi dal vento, ma erano in carne ed ossa, non c'erano dubbi.

-Sono legati.- notò Dorian.

Sembrava incredulo, eppure certo della propria scoperta.

-Dietro la schiena hanno un palo...ogni tanto si vede quando si muovono...-

-Non è che li hanno...impalati?- domandò Gwen con un brivido.

Il Falco guardò meglio, sporgendosi un po' di più.

-No, no...sono proprio legati. Ma perché? Io di questa storia non ci sto capendo niente...-

Kal tornò a guardare in piazza. Cinque persone attorno al fuoco, solo una donna fra di loro. Non sembravano minimamente preoccupati.

Ma c'erano solo loro? Dov'erano gli altri?

Per vivere al sicuro in quella città infestata non potevano essere così pochi, a meno di avere un ottimo nascondiglio. Qualcosa gli sfuggiva, anche se sentiva la risposta agitarglisi in fondo alla mente, inafferrabile, ma presente.

Una sensazione fastidiosa.

Gwen sembrò colta di sorpresa da un pensiero improvviso. Si girò, poggiando la schiena contro il muro sotto la finestra, e contemplò per un attimo la stanza vuota. Poi si volse verso di loro, aveva gli occhi grandi e stanchi.

-Dite che li usano per tenere buoni i vampiri?-

-Intendi...?-

-Quelli legati lassù...se li usassero, beh, come esche?-

I due Falchi digerirono in silenzio la proposta. Era una cosa assurda, al limite del folle.

Kal ripensò all'idea degli spaventapasseri.

-Può darsi che li usino per saziare i mostri in città, sperando che non curiosino nella chiesa- ammise -Forse è per questo che rapiscono la gente qua attorno...per avere sempre carne fresca di scorta...-

I tasselli del rompicapo scivolarono lentamente a formare un quadro sensato, o almeno così pareva. Andavano a caccia, si rese conto Kal, ecco perché avevano attaccato il loro gruppo.

-Quei maledetti vanno in cerca di persone...- disse, come se cercasse di convincere sé stesso.

-Ha senso, che io sia maledetto! È questo che vogliono fare di Amanda e Alessandra, allora!-

Dorian spiò nuovamente fuori dalla finestra, grattandosi il mento con fare nervoso.

-Questi sono tutti fuori di testa! Chi architetterebbe mai una cosa simile? E solo per vivere al riparo delle mura di questo schifo di città...- non sembrava riuscire a capacitarsi della situazione -Quindi...li uccidiamo tutti?-

Kal gli rivolse un sorriso storto, Gwen strinse forte la lancia che teneva in grembo.

-Mi pare ovvio. Abbiamo solo bisogno di un poco di strategia...-

 

 

Un buio umido e denso sfumava i margini della cripta: era un'ampia sala rotonda, scavata nella viva roccia e tassellata di semplici piastrelle di pietra rosa, che rilucevano fioche alla luce della torica.

C'era silenzio, e a lei la cosa piaceva. Là sotto, fra le tombe che i monaci avevano scavato per i loro confratelli, il tempo sembrava non esistere. Nonostante tutto il trambusto in superficie, lì c'erano solo ombre, freddo e ricordi. Nessun orrore in agguato, nulla a turbare una quiete che pareva immutabile, come un ghiacciaio che non conosceva estate. Era un posto tranquillo, non per nulla era stato fatto per i morti, e tuttavia le porte di ferro che custodivano l'entrata delle singole camere di sepoltura andavano benissimo anche per contenere i vivi.

Si incamminò verso una di esse, il secchiello di legno che le sbatacchiava sul fianco destro, la spada ben stretta a quello sinistro. Dal secchio si spandeva nell'aria un gradevole aroma: carne di cervo cotta al fuoco. Erano solo pochi bocconi, ma sarebbero bastati, e prima avesse finito, prima avrebbe potuto tornare su con gli altri, a godersi la cena.

Arrivata davanti ad una delle celle, posò il secchio a terra e diede un calcio alle sbarre di ferro: le figure dall'altra parte si mossero, svegliate dal rumore improvviso. La ragazza era la più vicina, alzò le mani per proteggere gli occhi dalla luce della torcia, che in confronto al buio pesto cella cripta doveva sembrarle più splendente del sole. La vecchia si limitò a girare la testa verso di lei, guardandola con un'espressione di fredda ostilità.

Infine c'era il ragazzo, più indietro: lo avevano catturato qualche settimana prima e sembrava ormai allo stremo. Sarebbe stato il prossimo, decise: se aspettavano ancora rischiavano che morisse prima di potersi rendere utile.

Probabilmente il giorno dopo lo avrebbero prelevato, lo avrebbero portato da uno dei vampiri che tenevano legati sul tetto affinché ne fosse infettato. Un fantoccio perfetto per delimitare il loro territorio: i vampiri non si attaccavano fra di loro, vedevano la chiesa come la tana dei loro simili e non si avvicinavano, lasciandone in pace i veri abitanti.

Pensò che fosse quasi buffo come i prigionieri avrebbero passato al buio il resto della loro vita, per rivedere il sole solo da vampiri, e chissà cosa si provava, poi? Il sole non li uccideva, ma sembrava piuttosto cuocerli a fuoco lento, iniziando dalla pelle.

Buffo.

-Vi ho portato la cena, felici?- disse.

Le tombe si scambiarono bisbigli ironici, con l'eco della sua voce.

-Lasciaci andare...-

La voce della ragazza era ridotta a un gracidio appena comprensibile; da quanto tempo era che non le davano da bere? Doveva ricordarsi di tornare con l'acqua, dopo. La guardò negli occhi, osservando i riflessi del fuoco dar loro una luce febbrile. Se si fosse ammalata per davvero sarebbe stato un guaio, ma sembrava a posto.

-Ti prego...-

Lei lanciò oltre le sbarre i pezzi di carne, senza rispondere.

-Mangiate, dopo vi porterò da bere.-

La ragazza, qualunque fosse il suo nome, non ebbe la forza di supplicarla ancora o di maledirla. Docile ed arrendevole: un cane, rinchiuso là dentro, avrebbe fatto più storie. Lei fece dietrofront e si lasciò le cripte alle spalle, risalì in fretta i gradini che portavano alla chiesa. Fuori l'aria era molto più leggera.

Adam osservava la piazza, in piedi sulla soglia del portone aperto, un'enorme sagoma scura in contrasto con la luce del pomeriggio, che scivolava inesorabile verso il rosso del tramonto.

-Che succede?- gli chiese, avvicinandosi.

Adam si girò a guardarla ed indicò l'esterno con un cenno del capo. Anche lui era silenzioso e freddo come le cripte, e forse per quello le andava a genio; si era spesso chiesta se il suo mutismo fosse un fatto fisico o meno, ma finché eseguiva gli ordini la cosa non era importante.

Lo superò, abbandonando il secchiello davanti all'entrata, e capì cosa non andava: due estranei, un uomo ed una donna, avanzavano verso di loro con fare cauto. Non sembravano ostili, e tuttavia erano armati. Che fossero capitati lì per caso?

La cosa non quadrava. In quei pochi secondi che ebbe per valutare la situazione, decise che quei due erano in qualche modo pericolosi.

Che andavano tenuti d'occhio.

Che forse andavano uccisi.

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale > Vampiri / Vai alla pagina dell'autore: Fabio93