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Autore: MaikoxMilo    17/11/2013    4 recensioni
Svegliarsi da un coma non è facile, né per chi si trova in quella particolare situazione in prima persona, né per chi vi è fuori... No, non esiste "essere fuori" per chi sta rischiando di perdere una persona cara, perché il senso di perdita è così opprimente da toglierti il tuo stesso respiro, da spingerti a fare di tutto per salvarla...
E poi il risveglio, doppio, se possiamo dire... Perché non puoi mai sapere cosa ti riserverà il futuro, perché non puoi mai sapere cosa accade se le vite del passato e del presente si incontrano...
Seguito de "La guerra per il dominio del mondo" della quale è necessaria la lettura. Personaggi Lost Canvas e serie originale.
(Fanfic in fase di riscrittura)
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Aquarius Camus, Aquarius Degel, Nuovo Personaggio, Scorpion Kardia, Scorpion Milo
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Passato... Presente... Futuro!'
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CAPITOLO 37

 

RITROVARSI DOPO LA TEMPESTA

 

 

...Il lento alzarsi ed abbassarsi del suo torace a seguito dell'aria immessa nei suoi polmoni è la prima sensazione davvero tangibile in un universo rarefatto, fatto di terrore, vuoto, senso di perdita e disperazione, che io però rifiuto con tutta me stessa. Il contatto con la realtà va sempre più estinguendosi, eppure sono conscia come non mai. Non c'è più la stanza, non c'è più il letto, gli oggetti intorno a me non hanno più forma alcuna. Non ci sono più io, c'è solo lui, la sua vita che sfugge dalle mie mani, le mie dita che la provano a trattenere con tutte le proprie forze.

Mi stacco leggermente dal suo viso, totalmente a corto di fiato, la testa -la percepisco appena da quanto sia appannata!- pulsante, perché ora sono io ad essere in deficit di ossigeno. Ma non ha importanza. Non basta, non ancora. Riprendo la procedura. Cosa devo fare adesso? Ah, sì, le compressioni!

1... 2... 3...

Così freddo... la mia mano che pressa pratica il suo torace è totalmente intirizzita, quasi mi brucia, come se il gelo della pelle di mio fratello stesse invadendo anche me, privandomi a mia volta del calore, che è vita.

Continua a non reagire... maledizione!

"Coraggio, respira... devi respirare, Camus!"

Nessuna risposta... no, non lo accetterò! Non posso accettarlo in alcun modo, NO!

"Ti prego, fratellino... ho ancora così tanto bisogno di te! Non... non lasciarmi indietro; NON LASCIARMI DA SOLA!!!" urlo, con quanto fiato ho in corpo, strizzando disperatamente le palpebre.

Non di nuovo, non come con mia nonna, che mi è morta davanti senza che potessi fare nulla per impedirlo... no... no...

"Cough! Cough!"

Finalmente una reazione! Lo percepisco tossire con forza. Spalanco gli occhi inondati di lacrime, quasi stentando a crederci nel vedermelo riprendere a respirare da solo, sebbene in maniera terribilmente irregolare e penosa. Osservo il suo petto che, con estrema fatica, si gonfia un poco senza più il mio intervento, seguito dal diaframma, minuziosamente sotto i miei occhi, che vibra come se faticasse non poco a concludere il movimento, ma non cede, non più, aggrappandosi con tutto ciò che gli rimane alla vita.

"Così, bravo! Continua... continua, Cam, forza! Tieni duro, ce la faremo!" lo incoraggio ancora, accarezzandogli la testa per fargli percepire la mia presenza, prima di reclinargliela all'indietro per facilitargli il processo.

Stavolta il suo corpo reagisce maggiormente alla mia esortazione, perché lo vedo serrare la mascella, le dita tornano a ghermire le lenzuola sottostanti. Vuole... vivere!

Mio fratello vuole vivere! Ed io farò di tutto, se non oltre, per permetterglielo!

In un breve flash, mi rendo conto di essere a cavalcioni su di lui, sul suo corpo inerme che fa così tanta fatica a cavare il più piccolo anelito che gli permetta di continuare a respirare. Fa così male al solo vedersi... ci sta mettendo tutte le sue forze nel procedimento, ma, lo vedo bene da me, senza ulteriore aiuto non so per quanto ancora possa resistere.

Mi sposto su un lato, sistemandogli meglio le braccia lungo i fianchi nudi per poi tornare a pigiare, con la radice palmo della mano, il suo petto per sollecitare il cuore a continuare a battere. In verità, non so nemmeno io cosa stia facendo, il mio corpo agisce per puro istinto, la paura mi attanaglia la mente, ma continuo a massaggiargli il torace, compiendo delle piccole circonferenze che vanno dallo sterno al pettorale di sinistra, unica zona che, a causa della ferita ancora tremendamente infiammata, emana un calore del tutto innaturale. Sto continuando a premere la mano proprio lì. Vilmente. Barbaramente. Più e più volte. Ancora. E ancora. Dovrebbe urlare tanto è il dolore, invece non ha nemmeno il fiato per produrre un debole mormorio di protesta.

“Perdonami... perdonami, ti prego, per il male che ti sto facendo senza che tu possa fare nulla per opporti, ma andrà presto meglio, te lo giuro... te lo giuro, fratellino” biascico in tono tremante, le lacrime saline che mi rigano la faccia. Nonostante questo, prendo una corposa boccata d'aria, come se mi stessi preparando ad immergermi, espandendo altresì il mio cosmo per avvolgere il suo corpo, ma...

 

Meglio, dici? Tsé, cosa stai farneticando, Marta?! Non hai ancora capito che l'unica ragione per cui Camus è ancora vivo, anche se moribondo, è semplicemente perché io VOGLIO che sia così!? L'agonia è la quintessenza della vita, consacra l'esistenza e la eleva eccelsamente. Attendi pazientemente che segua il suo decorso, ragazza, a nulla vale il tuo futile dibatterti, a nulla. Tutto è già deciso. Tutto!

 

La voce maligna del Mago. Cattiva. Penetrante. Come una lama che trafigge la carne. Non ho tempo di reagire che gli occhi di Camus si spalancano a vuoto, atterrendomi fin nei recessi dell'anima. Cado indietro, sbattendo malamente sul pavimento. Dolore lancinante. Il suo corpo ricomincia a contorcersi con ancora più forza di prima.

Non riesco più a respirare nel vedermelo così, la schiena gli si inarca ancora e ancora, come se qualcuno gli stesse usando addosso un defibrillatore, le gambe scalciano disperatamente il fondo del letto. E urla. Urla come mai, MAI, nella mia vita ho sentito urlare qualcuno, come mai avrei potuto pensare che potesse urlare lui. Camus dell'Acquario. Mio fratello. La persona più importante della mia intera esistenza.

Le tenebre sono nuovamente molto forti, ora, prima, quando eravamo uniti, si erano assotigliate, ora ne siamo nuovamente invischiati dentro. Occludono i pori, fanno soffocare, sembrano tanti piccoli coltelli che penetrano nella carne dell'addome, della schiena, del petto, centimetro per centimetro. E so... so che ciò che sto percependo io, qui in questo momento, è solo 1/10 di quello che sente lui. So che... se non mi tuffo ora nel mare nero di petrolio ricolmo di angoscia, io lo perderò per sempre!

Agisco quindi di getto, buttandomi addosso a lui per bloccarlo a letto. Le mie braccia si stringono sul suo busto, il mio viso, dopo un breve attimo di esitazione dato dallo sconcerto di vedere le sue iridi solitamente così piene e luminose dannatamente vacue, aperte senza tuttavia distinguere più alcunché, affonda nei suoi capelli scarmigliati. Singhiozzo, non posso evitarlo, ma riesco comunque a parlargli in tono chiaro e sufficientemente capibile.

“Camus!!! Calmati... calmati, ti prego! Non sei solo, non lo sei, mi riesci a sentire?!?” lo imploro, completamente devastata dal terrore.

Il suo grido agonizzante si eleva ancora, fin quasi a strozzarsi la gola, prima di cedere e trasformarsi in un rantolio sempre più roco, niente più che un sibilo indistinto. Possibile che... che nessuno riesca a udirlo? Sta urlando con tutta l'aria rimasta nei polmoni, eppure... eppure -realizzo una volta in più, nel panico- nessuno verrà ad aiutarci.

La presa su di lui aumenta d'intensità per fargli percepire almeno la mia presenza fisica, giacché il mio cosmo non riesce a contrastare quello del nemico. Provo continuamente ed ottusamente ad espanderlo con tutta me stessa, ma è come se un vortice scuro lo risucchiasse, impedendomi di raggiungere e sostenere il suo, che sta collassando su sé stesso. No, se continua così...

"Camus... Camus... devi permettermi di aiutarti, devi... devi farmi accedere in te, altrimenti io non..."

"ANF... ANF... u-uff..."

"So che non vuoi, so che è la tua paura più grande, ma... ascoltami, ti scongiuro!"

"U-urgh, anf, anf..."

Trema, lo posso ben avvertire, perché è come se tremassi anche io con la stessa frequenza.

"Ti voglio bene... non cedere!" gli sussurro ancora, aprendo infine gli occhi, sempre inondati di lacrime, quanto basta per vedere che non c'è più il letto sotto di noi, né la stanza intorno, vi sono solo... il buio, le tenebre più fitte e una intensa, lacerante, sensazione di sofferenza ormai ossidata da tempo.

Realizzo, con un fremito, di essere dentro di lui, con lui e... qualcos'altro che non dovrebbe esserci. Questo qualcosa serpeggia intorno a noi, attorcigliandosi sui nostri arti, graffiandoli, raschiandoli. E capisco. Capisco che questa cosa è parte della sua essenza, da tanto, troppo. Fa così male...

“Gra-grazie, anf, Cam, per fidarti così tanto di me, ti... ti salverò, te lo prometto! Torneremo a casa... insieme! - lo provo a rassicurare a voce e a gesti, carezzandogli lievemente la schiena per fargli percepire che io gli sono vicina, poi, in un guizzo improvviso, alzo il capo, fremendo violentemente – E' la tua fine, lurido pezzo di merda! Ti farò pagare. Ogni. Singola. Cosa. Che. Gli hai fatto subire. VIGLIACCO!!!”

Uhmpf, avrei dovuto immaginare che il tuo attaccamento malsano a lui ti avrebbe impedito di gettare tanto facilmente la spugna, ma... ti dirò, mi piace anche così! Soffrirai più tu, così facendo, ti dibatterai, credendo di poterlo salvare, ed io te lo strapperò dalle mani con il doppio del godimento!

 

"Maledetto... - sibilo, quasi vibrando. Ormai la paura sta lasciando il posto a ben altro - Se ce l'hai così tanto con me, come sostieni ogni volta, sfogati sul mio corpo allora! Uccidimi, se pensi di riuscirci! MA LASCIA IN PACE LUI!!!"

Ahahahahah, sfogarmi su di te?! Ucciderti?! A che pro?! Non mi basta, sciocca ottusa! Io ho un potere pressoché assoluto, come il Fato, potrei polverizzarti, se solo lo volessi, ma vedi... io voglio massacrarti di botte utilizzando il corpo della persona a te più cara, già, proprio colui che stringi tra le braccia! Voglio vedere distintamente il terrore e la paura della preda che non ha più scampo invadere i tuoi occhi, prima di spirare, e poi... sotto le sembianze di tuo fratello, le mie capacità supereranno quelle attuali, divenendo onnipotenti e asservendosi ai miei scopi. Un solo tassello... mi manca un solo tassello!

 

Stringo ancora più forte a me il corpo di mio fratello, singhiozzando un'altra volta, ma sono già oltre, ormai, ben al di là della disperazione, lo sento. Piano piano, un formicolio non ben definito si crea dentro il mio petto, irradiandosi poi ovunque per trasmettergli nuova vitalità e forza.

Fin dall'inizio era già tutto prestabilito: la peste non era un'evenienza, come invece avevo creduto in principio, era parte integrante del piano per 'nobilitare' l'esistenza di Camus e consacrarla al nemico. Questo pazzoide, tra l'altro, vuole impossessarsi del suo corpo, perché, in qualche modo, 'glielo dobbiamo', anche se non capisco che diavolo significhi, solo in un secondo momento sarebbe corso ad uccidere me. Inorridisco a quest'ultima consapevolezza mentre, nella mia mente, si crea la spiacevole immagine del volto snaturato di Camus intento a 'riempirmi di botte', come professato dal Mago, per poi lasciarmi agonizzante per terra, in un lago di sangue.

 

Esatto! Camus non aveva la benché minima possibilità di evitarla, o meglio non avrebbe mai potuto difendersi dalla mia aura mortifera, perché le ferite che ho impresso sul suo petto agiscono grazie alla mia volontà, indebolendo il suo fisico fino ad annientarlo completamente. Faceva tutto parte del piano; un piano che ha dovuto aspettare secoli per prendere forma, strisciando, inerpicandosi nelle vene del tempo stesso. Voi avevate distrutto Ipsias, voi dovevate cedermi il passo senza opporvi. Invece Camus, pur di non sottomettersi alla mia aura dentro di lui, ha provato, inutilmente, a rivelare il futuro a Dègel, davvero patetico... ma tu, Marta, per lui, per salvarlo, faresti, e hai fatto, fin peggio, io lo so, poiché siete sempre uguali, voi, qualunque dimensione attraversiate, sebbene le circostanze differiscano. Siete un cancro per il pianeta, come tale, dovete essere estirpati alla radice! Tu seguirai questa sorte, ragazza, la tua vita non ha senso alcuno, è solo profondamente illogica, aberrante, in fondo al tuo cuore lo sai, vero? Tuttavia salverò almeno tuo fratello, lo nobiliterò proprio grazie all'agonia che sta attraversando. Lo renderò santo, privo di peccati e, tramite il suo corpo, ristabilirò l'equilibrio alla mia perduta Ipsias!

“Non... non ho la minima idea di cosa significhi il tuo blateramento senza capo né coda! Non ho memorie di questa Ipsias, non ho neanche idea dei motivi che ti spingono ad odiarmi così tanto, ma CATEGORICAMENTE, non ti permetto di infierire così su mio fratello! Non lo avrai mai, dovesse costarmi pure l'esaurimento totale delle mie forze fisiche e mentali!” gli urlo di rimando con tutta l'energia che possiedo ancora, rifiutando così la sua sentenza. Sono innocente, mi SENTO innocente! Dovrei morire per colpe di cui io non ho memoria?! No... No! E lo stesso vale per mio fratello, anzi, a maggior ragione vale per lui! NON LO TOCCHERA' PIU'!

 

E come pensi di fare? Sta già accadendo, Marta, e tu non puoi fare nulla, poiché io sono il Dest...

 

“ME NE FOTTO DI CHI PENSI DI ESSERE, NOI VOGLIAMO VIVERE!!! Se tu rappresenti il tanto decantato Fato, allora io sono il Libero Arbitrio! NON OSERAI OLTRE, poiché le scelte degli uomini sono superiori, la sorte può solo cedere il passo!” rimarco, furibonda. Nel medesimo istante il mio cosmo, a stento celato nel petto, esplode in una luce abbagliante che si propaga dappertutto.

 

Che intenzioni hai, maledetta?! Non puoi... non puoi opporti a me! Non più... non come allora! NO!

 

La voce del Mago trema appena, ma abbastanza per farmi capire la sua sorpresa in questo momento. Sorrido tra me e me, tronfia, certa come non mai di ribaltare le carte in tavola.

“Posso invece! IO ho scelto di reincarnarmi in una nuova vita, IO posso scegliere del mio destino senza che questo si abbatta su di me, e infine... IO scelgo di salvare e proteggere mio fratello, a qualsiasi costo!”

 

Ti sei arrogata da sola la nomea di Libero Arbitrio, dunque. E come pensi di fare, con la tua ridicola forza, a...

 

Ma le sue parole sfumano nel vuoto, vacue come non mai di fronte al mio sorriso sempre più deciso. Te ne sei accorto, eh?! Troppo tardi, però!

“Hai dimenticato che anche il mio sangue, e quindi il mio indomabile cosmo, è nel corpo di Camus, creando così un vinculo imperituro tra me e lui! Il legame che tu vaneggi di voler spezzare, non si può rompere, dovresti saperlo bene, visto che sembri conoscerci così bene!” dico soltanto, chiudendo gli occhi per concentrarmi meglio sull'aura negativa che sta tentando di uccidere mio fratello. Posso bene vederlo, il nugolo maligno in lui, scuro e profondo, come radici nere di un albero che, lentamente, risucchia via la sua forza vitale.

E' così forte il potere della vita... come può sperare di spezzarlo?!

Camus ha sempre fatto di tutto per me, fin dall'inizio, quando, per salvarmi, non ha esitato a sacrificare il suo corpo, proteggendomi con tutto sé stesso. Così continua a fare, nonostante le incomprensioni tra noi, i litigi, il vuoto di diciassette anni e le differenze tra i nostri due caratteri. Ed ora, in questo momento, io voglio solo salvarlo, difendere il suo timido sorriso, raro e prezioso come il primo fiore primaverile che trova il coraggio di rompere la crosta di ghiaccio sopra di lui per affacciarsi ai caldi raggi del sole. Com'è che si chiamava più, quel fiore? Non lo ricordo; non lo ricordo davvero, ma... non ha importanza.

Devo proteggerlo, ad ogni costo, come quel piccolo fiore, che è vita, come un piccolo anatroccolo che esce dall'uovo, come il cielo che schiarisce ad Est quando sta per giungere l'alba. Ecco, sì, l'alba... le tenebre che vengono spazzate via, anche io devo spazzarle via, per lui, che non ha più forze per riuscirci da solo. Per lui...

Espando ancora di più il mio cosmo fino a raggiungere il massimo livello che possiedo, riuscendo ad individuare, ben al di là delle radici del male, il fulcro maligno con gli occhi della mente. Ora! Questo è il momento per porre fine a tutto questo, devo solo...

Ma il fiato mi si blocca improvvisamente in gola, rendendomi difficoltosa la respirazione. Nello stesso istante il mio corpo viene attraversato da dolorosissime fitte che si diffondono dappertutto tramite le vene e i capillari, che, letteralmente, implodono. Mi viene strappato a forza un urlo, mi verrebbe quasi da contorcermi a mia volta se non stessi già stringendo il corpo di Camus. La sensazione è orrenda, mi sento bruciare da dentro, e il dolore si acutizza di secondo in secondo senza minimamente arrestarsi, come il fuoco che, trovando sulla sua strada gli alti pini, ne fa il suo personale carburante.

E' questo quello che ha patito -e che sta continuando a patire- mio fratello?! E'... è così insopportabile, urgh, come ha potuto resistere così a lungo?!

 

D'accordo, ho fatto uno sbaglio nel sottovalutarti a tal punto. Semplicemente non credevo che avresti ricorso a questo espediente per attaccarmi, stante la poca esperienza che hai, ma anche tu hai dimenticato che il sangue di Camus è dentro di te e, per ovvie ragioni, questo ti rende vulnerabile alla mia presenza! Ora, da brava, allontanati da lui e lascialo a me, ricorderai senz'altro come ti sei sentita quando ti ho provocato quella specie di ictus... posso farti di peggio!

 

“U-uuuurgh!” biascico sofferente, rifiutando di perdere coscienza, sebbene si stia facendo sempre più labile.

Non posso in alcun modo cedere, neanche di un millimetro, perché cedere significherebbe abbandonare Camus al suo tetro destino, ed io non voglio, maledizione, NON VOGLIO! Ho giurato a me stessa di proteggerlo, di salvarlo... inoltre con che faccia potrei guardare negli occhi tutti coloro che si sono raccomandati a me, affidando la sua vita alle mie mani?! Hyoga, i Cavalieri d'Oro, mia madre, persino mio padre Efesto... e, in cima a tutti, Milo, lui, il primo ad averlo fatto, dimostrando una fiducia incrollabile nei miei confronti.

"T-tutti voi, anf, anf... io non posso... DELUDERVI, urgh!"

 

Maledetta, cosa stai vaneggiando?! Ho detto di lasciarlo andare, abbandonalo al suo destino! Cosa ti spinge a focalizzare tutte le tue energie su di lui, rendendoti a tua volta vulnerabile?! Sei disposta a morire, ad andare contro l'incarnazione medesima del Fato per salvargli la vita?! Intanto lui è già mio, in un modo o nell'altro lo avrò, non l'hai ancora capito?! Mi vuoi forse costringere ad ucciderti anzitempo?! Questo tu vuoi?!?

 

Il fluire delle sue parole mi attraversa con prepotenza la mente più di quanto non faccia già il suo nero cosmo. Mi pare di avere tanti spilli infilati nella carne e, più passa il tempo, più questi penetrano dentro di essa, stordendomi ulteriormente. Il mio sangue ribolle, vinto da una pressione troppo superiore.

"Non... non lo dicesti anche tu prima, anf? C-che io, per salvare mio fratello, a-avrei potuto fare di peggio?! - biascico irriverente, malgrado il dolore sempre più insopportabile - C-cosa pensi che sia questo, per me?! Pensavi davvero che, per il semplice fatto di farmi provare una sofferenza del tutto simile alla sua io mollassi la presa e te lo consegnassi?! Oltre ad avere problemi di memoria, a quanto pare, anf, sei anche un illuso!" gli regalo un largo sorriso del tutto simile a quelli di Cardia.

Maledetta, taci!!! Sei più morta che viva, come fai ad avere ancora il fiato per opporti?! Sei davvero un... un...

Forse vorrebbe dire abominio, o aborto, o peggio, ma non gli do comunque il tempo di proseguire oltre.

“Non mi... non mi rassegnerò mai, non l'hai ancora capito?! Proteggerò Camus ad ogni costo! Tutti coloro che, ugh... tutti coloro che vogliono bene a mio fratello mi hanno supplicato di salvarlo, affidando tutto a me. Non posso deluderli, e tu questo non lo puoi capire, perché diventando ciò che sei ora hai rinnegato tutto, la vita, la sofferenza, l'amore, perfino i rapporti umani! E' vero, forse potrai impossessarti del suo corpo, forse potrai pensare di vincerlo, ma non potrai mai nulla contro i legami che ha instaurato durante la sua vita... CEDI IL PASSO!” prorompo, ampliando ancora una volta il mio cosmo per superare il limite e compiere il leggendario miracolo.

 

Non posso nulla contro i legami, dici?! Io sono nato per distruggere il vostro, ragazzina, e così farò! Bene, nonostante il dolore continui ad attaccarti a lui come una cozza, come se foste l'ultimo, reciproco, appiglio?! Perfetto, allora muori insieme al tuo amato Camus!

 

“Spiacente, non moriremo né io né mio fratello, hai perso! L'unica cosa che accadrà sarà la tua dipartita istantanea! Per l'ennesima volta: ESCI DAL CORPO DI MIO FRATELLOOOOOOO!!!” urlo con tutta l'aria presente nei miei polmoni, utilizzando completamente le energie residue nel concentrarmi al massimo. L'aria, o meglio, la patina pesante che aleggia intorno a noi sussulta, vibra, borbotta... adesso, è il momento!

Un grido dilaniante. Il suo.

Una luce improvvisa. La mia.

Poi il silenzio, rotto dai miei respiri sempre più frenetici. Per la forza di gravità, per il peso che improvvisamente sento provenire dal mio corpo, nuovamente concreto, greve, mi accartoccio quasi su me stessa, esausta, rimanendo comunque ginocchioni su una superficie che, dal poco che percepisco, è morbida.

Apro stancamente gli occhi, tentando di placare i battiti del mio cuore che sono come impazziti. Ho dolori diffusi ovunque, mi sembra quasi di dover vomitare da un momento all'altro. A stento riesco appena a non crollare sopra il corpo di mio fratello che sorreggo a mezzo busto, le sue braccia abbandonate alla rinfusa, come la testa innaturalmente piegata all'indietro, sorretta dal palmo della mia mano che tuttavia per lo sforzo di reggerlo trema con sempre maggior forza.

Deve essere stato uno scontro spirituale, che non ha avuto nulla di fisico, perché siamo sempre stati qui, la luce della candela è ancora accesa, irradia una debole luce. E' quindi questo ciò che gli Sciamani definiscono 'attacco cosmico', eppure mi sento completamente devastata, perché i danni, come ho già avuto modo di sperimentare, si ripercuotono per davvero sul proprio corpo, potrebbero arrivare perfino a distruggerlo a livello atomico senza tuttavia muovere un solo dito.

Del resto... mi deve essere andata bene, perché il Mago, probabilmente sottovalutandomi così, oltre ad avere altri progetti per me, non ha avuto modo di sfoggiare pienamente il suo potenziale, se lo avesse fatto, non so se ne sarei uscita... viva! E comunque ho spasmi ancora frequenti, retaggio delle convulsioni, come le scosse di assestamento dopo il terremoto... bah, non ho tempo per me!

“C-Camus...”

Lo riesco debolmente a chiamare mentre, facendo forza su me stessa, sul nuovo bisogno di perdere coscienza e addormemtarmi, lo adagio compostamente sul letto in posizione comoda, aspettandomi, per un qualche gioco insano della mia mente, di vedermelo già sveglio e reattivo, come se nulla fosse successo. Ma secca è la sua pelle diafana, e deperito mi appare il suo corpo tremendamente magro, con quelle costole sin troppo marcate che gli delineano la gabbia toracica fino al ventre immoto. Ed immoto è anche il petto...

"N-no, Camus!" il mio è un latrato sommesso, incredulo, mentre, pretendendo dal mio fisico una immediatezza che non mi può dare, faccio forza sulle ginocchia per rimettermi nuovamente a cavalcioni su di lui e tentare... tentare cosa?!

Le sue palpebre sono ora di nuovo chiuse, quasi infossate, scure, agli angoli degli occhi sono presenti piccole rughe estremamente marcate che calcano maggiormente quell'espressione talmente densa di sofferenza da sembrare incancellabile; la bocca è serrata in una smorfia silente, non sembra fuoriuscire nulla da lì... non un anelito di respiro, non quel dolce calore che dovrebbe essere proprio della vita.

Ho... ho fallito?! Non sono riuscita a... salvarlo?!

"C-CAMUS!!! N-no, ti prego... n-no!"

Il cuore mi rimbalza in bocca per l'agitazione, mi sento morire, ma una voce dentro mi ordina di ritentare nuovamente il massaggio cardiaco, diffidando della resa, perché la battaglia non è ancora finita, non può essere finita, perché Camus... CAMUS!

Sono già perpendicolare sopra di lui, una mano sopra l'altra, quando percepisco un leggerissimo spasmo provenire proprio dal suo petto.

"Ca..."

TU-TUM... TU-TUM... TU-TUM...

E' debole, ancora irregolare, ma c'è: il suo cuore sta pulsando autonomamente!

Mi lascio andare, incassando la testa tra le spalle, facendo leva sulle braccia -letteralmente due rami che sbatacchiano al vento!- per non franargli addosso. E piango, in silenzio, mordendomi il labbro inferiore per non produrre alcun suono, piango tutte le lacrime di cui sono capace. Le gocce si perdono chissà dove, quando cadono sotto il mento smarrisco ogni più piccolo contatto con loro.

Sorrido, il volto ancora rigato dal liquido che non sembra avere minimamente intenzione di fermarsi. Devo avere una espressione un po' buffa -mi ritrovo distrattamente a pensare- vorrei che Camus la potesse vedere, mi rimproverebbe di certo, perché non è da guerriera frignare, e che ora è tutto apposto, che bisogno c'è di piangere? Piango e rido insieme, a dir la verità, e tremo, dalla paura e dal sollievo. Non mi capisco, le emozioni sono totalmente incontenibili, agli antipodi, da frastornarmi e paralizzarmi. So solo che ora, in questo momento, vorrei che davvero aprisse gli occhi, mi toccasse, mi parlasse, regalandomi quella solita espressione che mi fa stare così bene e che mi manca da impazzire.

Camus è, sì, qui, sotto di me, VIVO, le funzioni vitali stanno diventando mano a mano più vigorose, anche se non come speravo che accadesse, ma con appena le energie sufficienti per respirare autonomamente e far battere il proprio cuore; ridotto allo stremo, al lumicino, buttato sul letto, come un oggetto inanimato... no, devo essere io la forte in questo momento, è lui ad aver bisogno di un sostegno, di un tocco amico, di rassicurazioni, che ce l'ha fatta, che quel mostro non oserà più fargli del male, che andrà tutto per il meglio.

Devo... essere io!

Lentamente mi piego su di lui, lo raccolgo con tutta la delicatezza di cui sono capace, sollevandolo a mezzo busto per poi abbracciarlo. Il mio volto affonda nuovamente nella sua chioma blu, il fremito che sconquassa il mio corpo riesce a calmarsi, dando così la parvenza di robustezza che volevo dimostrare. Posso... posso essere forte anche io, per lui, posso, sì!

"Sono qui... sono qui, fratellino!" biascico, rincuorata da quel suo anelito tiepido che mano a mano si fa un poco più forte, solleticandomi la pelle del collo.

Lo tengo a me per un po', ma poi, sentendomi stremata, devo prendere una pausa, riaccompagnandolo giù, sul letto. Non è ancora finita, lo so, non posso permettermi di manifestare ora né il sollievo né la stanchezza, perché lui ha ancora bisogno di me, devo sforzarmi di comportarmi da medico, come farebbe mia madre, la minima distrazione in una situazione così delicata potrebbe essergli fatale.

Mi alzo faticosamente in piedi, ricacciando indietro le lacrime e ingoiando il magone onnipresente in gola, cosicché, quando i miei occhi tornano sulla sua figura, dietro il mio sguardo non si legga altro che una intensa determinazione a farlo stare meglio. Mi chino quindi su di lui, apprestandomi così a controllarlo minuziosamente da capo a piedi, perché è ancora molto debole.

Mi accorgo subito alla prima visita che suo corpo non risponde agli stimoli, stremato com'è, non ha alcuna reazione al tocco, anche se gli premo zone normalmente molto delicate. Potrei fargli qualsiasi cosa e non riuscirebbe minimamente ad opporsi... la sola idea mi fa star male. Recupero difficoltosamente le lenzuola che, a seguito dei suoi movimenti repentini e convulsi, non lo hanno più coperto, da terra, lasciandogliele momentaneamente in fondo al letto. Camus è totalmente nudo davanti a me, indifeso e protetto soltanto dalla sua pelle. Da stringere il cuore al solo vedersi. Così magro da fare impressione... le costole, su cui passo pratica entambe le mani per controllarlo, sono fin troppo percettibili, le clavicole troppo delineate, le spalle spigolose. Scendo ulteriormente giù con lo sguardo, all'osso dell'anca, alla zona inguinale... no, basta, non riesco a vederlo così, mi immedesimo troppo in lui, nel suo disagio, nel suo sentirsi così indifeso al mio cospetto. Devo... rassicurarlo! Ne ha un tale bisogno...

"Aspetta, ora ti copro un po', ecco... va molto meglio così, vero?" gli sussurro con dolcezza, rimboccandogli le coperte dai fianchi, in modo che almeno sia nascosto dal grembo in giù.

So che probabilmente (e fortunatamente!) non riuscirà a percepire nulla in questo momento, ma ho comunque l'istinto di coprirlo, perché sono consapevole che si sentirebbe male a farsi vedere in queste condizioni proprio da me. E' sempre stato così orgoglioso...

"Non posso rivestirti ancora, Cam, perdonami... - manifesto il bisogno di chiedergli scusa e continuare a parlargli, anche se non può sentirmi, mi fa stare bene e... vorrei che facesse sentire meglio anche lui, il fatto che sono qui, che gli parlo, che non è solo, anche se così distante - So che lo preferiresti, ma... ma alcuni segni del tuo corpo non mi convincono, non mi fanno sentire tranquilla e... e la ferita al petto, anche, ha bisogno di essere medicata e... non arrenderti, intesi? Anche se so che è così doloroso, e, scusami, SCUSAMI sto farneticando, quando tu avresti bisogno solo di riposare!"

Sto farneticando per davvero, oltre ad essere sfinita e dolorante, tanto da non essere nemmeno quasi in grado di muovermi, ma in questo momento devo fargli coraggio in qualche modo, fargli percepire la mia presenza. Mi fa male il cuore, da quanto va veloce, gli spasmi non hanno smesso nemmeno un secondo di procurarmi fitte lancinanti, ma mio fratello è qui vicino a me... respira!

“Sei stato bravissimo, Cam, bra-vissimo! Non ti sei arreso, hai lottato contro il Mago, abbiamo lottato, insieme, ed io... non ti lascio, hai capito? Non ti lascio. Anche tu cerca di non..." non riesco ad ultimare il discorso, non riesco nemmeno a pensare che lui mi possa... lasciare... eppure ho ancora così tanta paura, temo un nuovo attacco e non so perché, temo di non essere stata sufficientemente risolutiva.

Gli sfioro l'ovale del viso con le dita, partendo dai capelli per poi scendere. La mia mano trema ancora, non riesco a trattenerla.

"Ti voglio bene, fratellino..." credo di aver perso il conto di quante volte io glielo abbia ripetuto in questa notte priva di luna, ma... mi sembra così importante da dire!

Ora andrà davvero tutto per il meglio... vero?

“Brava, Marta, sei riuscita a salvare la vita di tuo fratello!” esclama una voce dietro di me, non riconosciuta, facendomi prendere un risalto non da poco.

Ho l'istinto innato di balzare in avanti, stringere Camus a me per proteggerlo con tutta me stessa, e voltarmi poi verso la fonte sonora, ringhiando selvaggiamente come se si trattasse di un pericolo.

Ho i nervi a fior di pelle, me ne rendo conto solo quando, girandomi, i miei occhi si incrociano con quelli scuri, un poco innocenti, del dio Crono.

"A-avvertimi la prossima volta che vuoi comunicare con me, senza palesarti subito davanti, te ne prego. I-io... - butto fuori aria, avvertendo distintamente tutto il peso degli avvenimenti gravarmi addosso - N-non so come posso reagire..."

"Scusami..." borbotta, colpevole. Sembra davvero un bambino quando fa così, decido di riprendere il suo discorso.

“E' solo grazie a te che sei riuscito a risvegliarmi nel momento del bisogno, e a mio fratello che non ha voluto arrendersi, come un vero e proprio guerriero. Se fosse dipeso solo da me, non so... non so cosa sarebbe successo” dico stancamente, sistemando meglio la testa di Camus sul cuscino e sedendomi poi sulla sponda del letto, al suo fianco.

Già, mi sono bloccata di nuovo quando lui stava così male, se il dio non mi avesse svegliato, ora mio fratello non sarebbe più qui, e al suo posto... dei, no! Rifiuto quest'eventualità, ingoiando nuovamente a vuoto per poi concentrarmi nuovamente su di lui.

"P-perdonami se ci ho messo tanto, è tutto finito ora... t-tutto finito!" gli sussurro ancora, passandogli una mano tra i capelli, cercando in ogni modo di fargli coraggio. Sono ancora così morbidi e setosi, nonostante la malattia e il sudore che li impiastriccia, sembrano piume di cigno. Sorrido a quest'ultimo pensiero.

“Ma sei tu ad essere stata risolutiva! Senza di te, né la testardaggine di Camus a non volersi arrendere, né il mio intervento sarebbero valsi a qualcosa, e a quel punto il Mago sarebbe... NO, meglio non pensarci!” constata lui, avvicinandosi cautamente a me con sorriso gentile.

A seguito delle sue parole, mi esce un mezzo sbuffo divertito. Apprezzo i suoi tentativi di sondare la mente degli esseri umani, ma si vede che non è proprio avvezzato ai sentimenti. Non ha la minima idea di come raggiungermi per rassicurarmi, e allora tenta la strada del discorso all'ovvietà.

"Grazie per la premura, anf, Crono..." gli dico comunque, con sincerità, capendo il suo tentativo.

Chiudo nuovamente gli occhi, stanca, tornando lentamente a respirare con calma, perché mi rendo conto di avere il fiatone come se stessi continuamente correndo. Buio per una serie interminabile di secondi. La mia testa ciondola un poco, mi devo dare uno scossone per non cedere alla stanchezza.

"Sei allo stremo..." constata di nuovo il dio, serio.

Decido di non rispondergli subito, concentrandomi piuttosto nell'atto di sollevare un poco Camus dalle spalle per espandere il mio cosmo e avvolgere delicatamente il suo corpo allo scopo di ritrasmettergli un po' di calore, perché esso è vita, e lui ne sembra quasi privo, al di là di quel leggero anelito che fuoriesce a stento dalle sue labbra.

Osservo il suo viso svenuto, ancora così pallido ed etereo, l'espressione sofferente che sembra non dargli requie nemmeno nel sonno in cui è piombato. Sta ancora provando un dolore atroce e ben visibile, è lampante. Giro dolcemente il suo volto per permettergli di adagiarsi sul mio braccio. Pesa. Per la mia costituzione è un peso immane, sebbene sia dimagrito così tanto in poco tempo. Di nuovo i miei occhi percorrono il declivio della sua cassa toracica, così in rilievo, rispetto a quando l'ho conosciuto soltanto due mesi fa.

"Quanto... hai sofferto in questo periodo, fratellino? Quanto?!?"

“Attenta a non affaticarti troppo, ragazza mia, capisco il tuo desiderio di cedergli parte delle tue forze dopo che è stato così vicino alla morte, ma anche tu sei ai minimi termini e il tuo corpo, per quanto di una semidea, è vicino al limite!” mi avverte Crono, alzando di una tacca il tono solitamente pacato.

“Pazienza se il mio fisico è al limite, finché non sarò certa che è fuori pericolo e che il Mago non lo attaccherà più, rimarrò al suo fianco per donargli ciò che resta delle mie energie! La sua pelle è ancora terribilmente fredda, Crono, sta provando su di sé un dolore atroce e imperituro. Resto qui!” ribatto decisa, raddrizzando la schiena.

“Capisco... l'affetto che provi per lui è talmente forte da non farti curare del tuo stato di salute. Hai un unico obiettivo per la testa: farlo sentire meglio, finché ciò non accadrà rimarrai al suo fianco... sei sorprendente, davvero!” afferma Crono, concedendosi una breve risata nervosa. Ha problemi con i sentimenti, è certo, però riesce a ridere con insperata naturalezza. Certo che è strano forte!

Passano alcuni minuti di silenzio tra noi, dove io continuo ad accarezzare con la mano libera il viso di Camus. Scendo con le dita sul suo petto, evitando di toccarlo nella zona lesa per passare direttamente al diaframma, lì mi fermo un attimo, concentrandomi sul suo respiro, un poco più sicuro ma sempre stentato e irregolare. Sospiro, tirandogli ulteriormente su il lenzuolo e trovando infine le forze per porre nuovamente la domanda che mi assedia.

"Crono, quanto ha sofferto mio fratello in questo mese, riesci a... quantificarmelo?"

"A cosa ti gioverebbe saperlo?"

"A nulla, credo... - distolgo brevemente lo sguardo per condurlo all'angolo della stanza, prima di tornare sul di lui - Ma non riesco ad accettare di... di essermi raccontata che andava tutto bene quando Camus... quando Camus stava passando l'inferno!" ho tremenda difficoltà ad esprimermi, il groppo in gola si accentua, ma il dio del tempo deve percepire la determinazione dietro al mio sguardo.

Sospira, posizionandosi davanti a me per poi fissarmi grevemente. Non si tratterrà dal dirmelo in tutta la sua asprezza, ed io lo accetto, anzi, lo voglio, anche se farà male: "E' difficile quantificare la sofferenza di un'anima, e di un corpo, che non si trova più in condizioni esistenziali certe. Credo sia come un lento dissanguarsi e agonizzare senza possibilità di cura..."

Stringo le dita delle mie mani sul corpo di Camus. Parole dure, che già intuivo. Fa un male atroce il solo pensare che proprio lui abbia patito una simile sofferenza, ed io ero ignara, o più semplicemente me la cantavo che andava tutto bene. Non mi perdonerò mai per questo, MAI!

"Non ti succederà più niente di tutto q-questo, più niente, lo giuro!" biascico a fatica, in modo che mi possa udire solo lui. Le mie lacrime intanto scorrono sulla mia guancia prima di cadere. sotto forma di goccioline, sul suo ampio petto. Per un solo secondo, ho l'impressione che il suo respiro muti di intensità.

"Era... era questo che volevi intendere, le volte che mi hai parlato nella mia testa, vero? Quel giorno, dopo la scalata sul Monte Olimpo, quando mi hai detto che, se Dègel fosse diventato Camus, q-quello dipendeva da me... - prendo una breve pausa, cercando di mutare il mio tono in qualcosa di un poco più accettabile di un lamento soffocato - In sostanza non sarebbe bastata un'unica scelta per rendere concreta la vita di mio fratello, serviva..."

“Un concatenarsi di scelte, esatto! La prima, Marta, tu l'hai decisa quando eri ancora sotto le sembianze di Seraphina, la ricorderai senz'altro, perché hai scelto di sacrificare i tuoi sentimenti amorosi per permettere a Dègel di continuare a vivere sotto un'altra forma; la seconda, invece, devi ancora attuarla, e... ce ne saranno altre...” lascia la frase in sospeso, guardandomi con intensità per condurmi nuovamente a comprendere un altro tassello in più.

"Il Mago, lui... ha portato nel passato Camus per metterlo in condizioni esistenziali incerte e renderlo quindi più vulnerabile alla sua interferenza, vero?" chiedo, la pupilla che mi traballa.

All'accennare del dio, un moto di rabbia mi investe: "E allora perché ha portato indietro anche noi?! Perché lo ha fatto precipitare proprio a Bluegrad?! Non sarebbe stato più semplice se avesse trasportato solo lui, in modo da renderlo totalmente solo?!"

"Chi ti dice... che non ci abbia provato?"

Strabuzzo gli occhi, completamente abbacinata: "C-COSA?! A-allora sei stato... tu?! Ma il Mago diceva di averci condotto lui qui!"

"Il Mago dice tante cose, non tutte corrispondono al vero."

"Ma allora... sei stato davvero tu?!"

"No, sono impotente contro di lui, lo sai..."

"E allora chi ha potuto fare ciò?! Se lui... se quel mostro ha tentato di trasportare solo mio fratello qui, chi glielo ha impedito?!"

"Chiunque si sia contrapposto a quell'essere, deve aver battagliato con lui, costringendolo a mutare piano..."

"E chi è costui, Crono?!"

"Non saprei..."

"Non lo sai... o fingi di non saperlo?!" lo incalzo, percependo esitazione nelle sue parole.

"..."

Fanculo, Crono, non mi sembra il momento adatto per fare l'omertoso!

“Al Mago serve il corpo di tuo fratello, ma non può impossessarsi di lui senza prima rompere dei, per così dire, sigilli... Ha portato Camus qui, per rendere la sua esistenza non determinabile, nonché instabile. Il resto sarebbe stato facile, ma tuo fratello non si è voluto arrendere, ha combattuto strenuamente, preferendo soffrire indicibili pene piuttosto che gettare la spugna, così la situazione si è protratta, finché... beh, c'è un limite anche al dolore che un essere umano, pur straordinario, può tollerare...” mi spiega il dio, guardando il volto di Camus con un sorriso triste ed espressione fiera.

Non mi dirà oltre su cosa, o chi, ci ha condotto qui, lo percepisco. A nulla varrà insistere, dovrò attingere alla verità per altre vie. Per l'ennesima volta. Sospiro, discostando lo sguardo per tornare a concentrarmi sul viso pallido di Camus che, finalmente, sta riacquistando un po' di colorito grazie al mio cosmo. La sua espressione non è serena e il sudore continua ad imperargli il volto, ma, almeno, non sembra neanche più sofferente come prima, malgrado le palpebre ancora contratte e le labbra piegate in una smorfia.

"Oh, Camus... hai... hai sofferto così tanto per noi, rifiutando di arrenderti con ogni mezzo che avevi. Quando sei giunto al limite, hai sperato di poter fermare il Mago sparendo a tua volta da questa dimensione, ed io... io non l'ho capito, gettandoti ulteriore veleno addosso. P-perdonami, ti prego... perdonami!" gli sussurro, nuovamente piegata in due per il malessere, prendendogli di riflesso la mano adagiata mollemente sopra il lenzuolo per stringerla tra le mie dita. Poggio la fronte sulla sua guancia, le lacrime scorrono senza freno, a nulla valgono le direttive del mio cervello di darsi un poco di dignità e moderarsi. Sono troppo più forti. Singhiozzo più volte, incurante di aver Crono ancora davanti, incurante degli insegnamenti di mio fratello. Sono una tale delusione...

Non faccio che ripetermi che avrei dovuto capirlo, in qualche modo, o, per lo meno, non pugnalarlo più e più volte sulla stessa ferita, come invece ho vergognosamente fatto, proprio io, che sono sua sorella, proprio io che avrei dovuto essere un porto sicuro per lui! Avrei dovuto comprenderlo, perché non ci sono riuscita, come invece ha fatto Milo?! Come invece ha fatto Francesca?! Loro sapevano... hanno fatto di tutto per stargli vicino, sostenerlo, ed io... cosa diavolo ho fatto io??? Un bel niente!

Con ancora gli occhi serrati e i singhiozzi affogati in gola, avverto, come in un sogno, qualcosa muoversi appena tra le mie dita, trattenendole, come alla ricerca di qualcosa. Incredula, apro gli occhi, giusto in tempo per vedere le sue labbra muoversi stentatamente, producendo un mormorio sconnesso e indistinto che tuttavia riesco a codificare in un: "N-no de-vi p-pian... ere... p-pic-co-co mm..."

Non devi piangere, piccola mia...

E' questione di pochi, pochissimi, secondi, non riesce a dire altro, ma il messaggio mi è arrivato forte e chiaro. Gli riprendo la mano nuovamente abbandonata, gliela stringo forte, solleticandogli il dorso con il pollice.

"Oh, Camus... tu ti sei sempre preso cura di me, sempre, qualunque cosa accadesse! Adesso... adesso tocca a me!" gli dico ancora, baciandolo sulla fronte sudata.

“E' meraviglioso vedere come lui riesca a percepirti in qualsiasi situazione, persino la più disperata. E' allo stremo, oserei dire quasi in coma profondo, ma... ti avverte, ha sentito la tua tristezza su di sé, le tue lacrime... per questo ha provato a parlarti, nonostante le sue condizioni disperate. Le emozioni umane, le VOSTRE emozioni, Marta, possono attraversare ogni confine fisico, viaggiando da uno all'altra come se davvero foste una cosa sola! - esclama Crono, sinceramente partecipe, prima di proseguire nel suo discorso - E ora penso tu possa capire perché lui abbia scelto, all'ultimo, di fermarsi dal rivelare il proprio futuro a Dègel..."

“A dire il vero non completamente... lui, l'ho ben visto, era più che certo di perseguire quella strada; la via che lo avrebbe condotto all'autodistruzione. Quello sguardo che aveva, che ho visto, lo conosco bene, era... più deciso che mai! - sospiro, fremendo per la rabbia che, anche se segregata in un angolino di me, è pur sempre presente - Mi avete detto che ha avuto l'intuizione giusta, che se fosse scomparso anche il Mago sarebbe stato debellato... "

"Si sarebbe spezzato il circolo, sì, e, con esso, il nemico..." sottolinea Crono, chiudendo gli occhi. Sa molto di più di quello che vuole lasciare intendere, ma ora, con mio fratello in queste condizioni, non ho forze per indagare.

"E tuttavia si è fermato all'ultimo, è il mio nome che lo ha fatto fermare... perché?" tento di ragionare a voce alta, coertando la mia mente a rimanere attiva.

"Davvero non riesci ad immaginare la ragione per cui lui si sia fermato?" mi chiede ancora Crono, quasi mi volesse far arrivare alla verità per tappe.

"Io... l'ha fatto per me, q-questo lo so, non poteva a-accettare un mondo privo della mia presenza, ma noi eravamo qui, al sicuro, avremmo potuto ricreare un futuro dalle ceneri di questo, giusto?"

"Le altre forse sì, cara Marta, tu invece..."

"Che mi dici di Hyoga, allora? Non ha esitato per lui, oppure..." tento pateticamente di dirigere il discorso altrove, all'allievo mancante di Camus. Non ce la faccio. Davvero non ce la faccio. La verità, in fondo, la so, l'ho sempre saputa, anche quando gli ho urlato di tutto, ma non sono pronta ad ascoltarla. Mi sento così spregevole...

"Oh, i poteri di tuo fratello sono... 'sopra ogni aspettativa', Marta, mi riesci ad intendere? Avrebbe salvato anche lui, in quache modo, prima di scomparire per sempre. Probabilmente lo avrebbe condotto qui, affidando a lui il nuovo futuro..."

"E allora perché si è fermato solo per me, non..."

"Lo sai..."

"NO, NON LO SO, FINISCILA DI PRESUMERE CHE IO SAPPIA TUTTO!" il mio tono è salito fin quasi a strozzarsi per poi capitombolare come masso che frana a valle. Mi sfugge un nuovo singhiozzo, lo getto in fondo alla mia gola con rabbia, mentre la vista mi si offusca.

"Ti è così difficile accettare che lui lo abbia fatto semplicemente per te?"

Se mi è difficile?! Non riesco a rispondere, semplicemente mi mordo quasi a sangue le labbra per evitare di manifestare l'urlo assordante che scuote le pareti del mio cervello nel tentativo di uscire. Le palpebre mi pizzicano, maledizione, mi verrebbe da piangere e non smettere più!

"Lo vuoi un consiglio da vecchio amico, Marta? Non c'è bisogno di colpevolizzarti oltre, cara ragazza, gli hai appena salvato la vita e ti stai prodigando per lui. Lo ripeterò ancora, perché forse prima non sono stato sufficientemente chiaro: senza di te, lui non ce l'avrebbe mai fatta da solo!" prova a rincuorarmi, posandomi maldestramente una mano sulla spalla.

Annuisco appena, ricacciando per la milionesima volta le lacrime dentro di me. Sono stufa di frignare come una poppante: Camus ha bisogno di me, del mio sostegno, non di certo dei miei piagnistei!

Passano secondi di totale silenzio tra noi, necessari per farmi riprendere un minimo, perché prima stavo nuovamente per crollare, la gola mi bruciava da impazzire e due lacrime capricciose sono comunque riuscite ad evadere il mio controllo, ma ho fatto in modo di non farle cadere su mio fratello. Non voglio che percepisca ancora il mio stato, ora che sembra nuovamente essersi addormentato, pur con il dolore ancora così estremamente tangibile sul viso pallido.

Crono rispetta il mio volere, torna a concentrarsi nuovamente su Camus, distinguo appena la sua mano che, meccanicamente, gli accarezza i capelli per poi soffermarsi sopra la fronte. Prima di potergli dire qualcosa, noto una lucina accattivante uscire dal suo palmo e avvolgere in tutta la sua interezza il corpo di mio fratello. L'indice e il medio scendono lentamente, arrivano al suo collo, laddove è ancora presente il foro praticato da Albafica, passano tre volte sopra la ferita con intensità crescente, richiudendola e lasciando solo un segno rosso, un poco spesso, al suo posto.

"Crono!" esclamo, meravigliata, sbattendo le palpebre.

"E' l'unica cosa che posso fare per lui in questo momento - mi spiega sbrigativo, concentrato sul suo operato - Non è nei miei poteri trattare le tre lacerazioni, ma questo... sì, posso farlo!"

Io non posso fare altro che guardare sbalordita la luce che scaturisce dal suo contatto. Il respiro di mio fratello si fa ulteriormente più forte e sicuro, mentre, istintivamente, si rannicchia ancora di più contro di me nell'avvertire un'ingerenza esterna, per quanto benefica.

"Sono qui! Non sei solo!" lo rassicuro, sistemandogli meglio la testa contro la mia spalla, sebbene non riesca quasi più a reggerlo. La luce, così come era apparsa, scompare nel nulla.

“Il peggio dovrebbe essere passato, adesso è quasi del tutto stabile. Se il suo fisico glielo consentirà, dovrebbe lentamente migliorare!" afferma il dio del tempo, sorridendomi con dolcezza, pur velata da un certo timore che io riesco comunque a cogliere.

"Quando... quando riaprirà i suoi meravigliosi occhi?" chiedo, un poco titubante dalle parole espresse. La sua esistenza è 'quasi', del tutto stabile... non mi piace, che significa?

"Questo non te lo so dire con certezza, ha subito un duro colpo, e... i danni interni sono più estesi di quelli esterni, la sua psiche, l'anima stessa, ne sono rimaste violentemente coinvolte." mi risponde alla domanda con un pizzico di turbamento.

"Che... che significa?!"

"Che non si rimetterà mai del tutto dal trauma subito, poiché il danno è legato alla sua essenza più intima, ma... forse... per aiutarlo a risvegliarsi completamente, tu puoi fare ancora qualcosa, la più importante..."

“...Devo confermare la mia scelta, ancora, non è vero?"

“Sì, Marta, te ne sei resa conto? Tu sei l'unica ad avere il potere di neutralizzare il cosmo maligno del Mago, lo hai già fatto come Seraphina e hai scelto di rinascere a nuova vita, non vi è dubbio alcuno che questa dimensione abbia preso una piega nuova e miracolosa proprio a partire da questo, generando l'attuale mondo delle possibilità!”

"E tuttavia non basta quello, devo... scegliere di nuovo!"

"Come ti ho accennato poc'anzi, la vera scelta è questa, Marta. Ce ne dovranno certamente essere altre, neanche io so quali o quante, purtroppo, ma sei tu ciò che il Mago teme maggiormente... perché la tua interferenza tiene lontane le sue mani lorde dal corpo che vuole possedere!"

“Lui... Camus ha già scelto, vero? Tra me e Seraphina, ha... ha già scelto chi proteggere..." riesco infine ad ammettere, mentre un tremore più forte di tutti gli altri mi fa temere una nuova crisi.

(...) Ma tu sei più importante!

Così mi aveva detto il giorno dopo il ballo, quando io, inviperita dal non sentirmi capita, gli avevo gettato addosso tutto il veleno delle mie emozioni, sottolineando, con disprezzo, che non ero come lui, che non lo sarei mai stata.

Tze, lo sono invece, e... fiera di esserlo... questo non te l'ho mai detto, fratellino, di quanto io sia felice ed orgogliosa di essere tua sorella. Son stata solo capace di urlarti che non mi capivi, quando invece tu stavi già subendo le conseguenze delle tua scelta. Al contrario, eri proprio tu colui che poteva comprendermi meglio di tutti. Ci hai provato con tutte le tue forze ad avvertirmi, a mettermi in guardia, ma io ho soltanto frainteso, mi sono impuntata, intestardendomi come un mulo. Sono ancora così immatura, Camus, ho ancora così tanto bisogno della tua guida...

“Lui ha scelto te, sì, sebbene il rivedere Seraphina abbia risvegliato in lui i sentimenti provati quando era ancora Dègel. Ha scelto te, la sua preziosissima sorellina, così come tu hai scelto di sacrificare i tuoi sentimenti passati per farne nascere di nuovi - il dio del tempo prende una breve pausa, chiudendo e riaprendo gli occhi - Ora io ti chiedo: quale strada sceglie di percorrere adesso che sei nuovamente in un bivio?"

Crono mi chiede di prendere una nuova, dolorosissima, decisione, come se fosse facile... all'epoca non avevo alternative valide, avrei perso Dègel, se non mi fossi opposta, la sua anima di sarebbe fratturata, insanabilmente, rendendolo inumano. Pur di non perderlo, avrei sacrificato tutto per lui, se ciò mi avesse permesso comunque di camminare al suo fianco... non aveva importanza se come sua sorella, no, non aveva la benché minima importanza!

Ora invece mi chiede di scegliere tra due amori diversi, quello fraterno per Camus e quello imperituro che provo per Dègel... rinunciare ad uno di loro, spezzerebbe me inesorabilmente. Non sarei più io, perché una parte di me morirebbe per sempre insieme ad uno dei due e... non voglio! Come posso... come posso scegliere?!? Oh, fratellino...

"Sapete, le vostre scelte, Camus e Marta, influiscono su questo mondo, facendolo sfuggire alla logica. Per questo il Mago, grazie alla vostra esistenza miracolosa, ha un potere così limitato qui. - il dio comincia un nuovo discorso, come a volermi infondere un timido coraggio - Tuo fratello ha scelto te, è vero, ma... ma credo che lui voglia che tu sia felice più di ogni altra cosa, anche per questo, nel mezzo del dolore, a limite, ha cominciato a pensare ad un ipotetico modo per mantenerti in questa dimensione, al fianco di Dégel. La sua deduzione, invero, è completamente corretta: scegliere di sparire, portandosi dietro il Mago, non era affatto una scelta sbagliata, anzi, al momento è forse l'unica maniera certa per annientare il nemico una volta per tutte. Infatti, se Camus, e solo lui, non fosse mai nato, anche il nemico non avrebbe mai potuto prendere forma! Tuo fratello avrebbe perseguito quella strada con tutte le sue forze nella speranza di creare un mondo per voi, per le persone che ama, ma, ancora una volta, i sentimenti umani ci hanno messo lo zampino, poiché, così avvolto dalla disperazione e dalla sofferenza infertagli dal Mago, non ha realizzato nell'immediato che, sparendo lui da questo mondo, pure tu non ne avresti mai fatto parte: perché hai scelto TU di nascere come sua sorella minore, non è stato il caso, né il destino, ma... una tua libera scelta!"

Ingoio a vuoto, non trovando le parole per esprimere i sentimenti che provo in questo frangente. Già, lo sapevo, mi ero data una risposta a tutto questo, eppure...

“Quando lo ha scoperto con certezza, che io e Seraphina fossimo la stessa essenza?”

"La sicurezza gliela hai potuta dare solo tu, quando ti ha rivisto dopo tutti quei giorni che avete trascorso separati... ma il dubbio credo lo abbia colto già da Bluegrad."

"Sapeva quindi della mia scelta e ha deciso a sua volta di sacrificare i suoi sentimenti per lei?! Avrebbero potuto essere felici, almeno loro due e... e Seraphina si sarebbe potuta salvare grazie alle sue cure!!!"

"E lasciare quindi morire te? Questo tu volevi?"

"Sì... no, cioè, NO, io... - mi sta esplodendo la testa, non ce la faccio più - Lei è molto più forte di me!"

"Può darsi..."

"Era lei... la carta vincente per annientare il Mago!"

"Qui non posso acconsentire, ragazza, mi spiace, tu hai ancora molto da offire, in potenza, lei... era già atto puro, ha dato tutto quello che ha potuto..."

"MA LORO SI AMAVANO!!!"

"Corretto. Esattamente come tu e Dégel..."

"E allora perché..?"

"Perché Camus vuole... che sia tu ad essere felice, tu, il suo bene più prezioso!"

Stringo nuovamente il corpo di mio fratello a me, serrando dolorosamente le palpebre. Non ho mai desiderato che gli altri si sacrificassero per me, tanto meno lui.

“Lo voleva anche Seraphina, sai? Desiderava che Camus ti raggiungesse e che, insieme combatteste contro questa essenza. Lei è... chiaroveggente, nonché Sciamana Evocatrice, forse non lo sai, perché ti sono tornati solo alcuni ricordi frammentati della sua vita passata..." continua a narrare lui, sempre in quel tono dolce che mi meraviglia possa appartenere al dio del tempo.

"Quindi i miei ricordi come Seraphina sono DAVVERO incompleti come sospettavo!"

"...E' successo qualcosa quando vi siete unite, vero?"

"E tu questo come lo sai?!"

"So. Sono il dio del tempo!"

Un'altra risposta incompleta, ci farò il callo. Sospiro, acconsentendo: "Sì, io... per qualche minuto credo che abbia trionfato lei"

"Però poi sei riemersa tu..."

"Così sembra."

"Questo è avvenuto perché, sostanzialmente, nessuna delle due voleva prevalere sull'altra. Alla fine, l'essenza di Seraphina si è miscelata alla tua, integrandosi e diventandone un tutt'uno, mantenendo tuttavia separati alcuni suoi ricordi grazie ad un sigillo spirituale!"

"Perché? Non ero ancora pronta?"

"Per salvaguardarti, Marta... troppi ricordi tutti insieme possono anche uccidere!"

Abbasso pensierosa lo sguardo, nello stesso momento la mente mi ritorna, per qualche oscura ragione, alla Viverna infernale, alla mia sensazione di averlo già visto, al mio essere stata così assurdamente confidente con lui. E' così, Seraphina e Rhadamantys... hanno qualcosa in comune, è come se lo sapessi, ma, proprio come proferito da Crono, non riesco ad attingere a quelle memorie.

"E del Potere della Creazione cosa puoi dirmi? - decido di cambiare drasticamente argomento nella speranza di sentirmi meno frastornata - Quel mostro ne ha parlato più volte...

"Fei Oz Reed..."

"E-eh?!"

"E' questo il suo nome..."

"Non mi frega del nome proprio di quello stronzo! Cosa vuole da noi?! In cosa consiste questa capacità che tanto brama?!"

"Lui non ne ha parlato mai specificatamente, vero? Ha solo abbozzato..."

"Infatti! Continua a saltare fuori questo potere misterioso e nessuno ci spiega niente. Ho anche pensato che lo possedesse Francesca, visto le sue doti, ma dalla sua reazione è misterioso anche per lei. Crono, tu puoi dirmi cosa..."

"E' naturale che ne sia all'oscuro lo sono anche io, Marta, devi credermi. E' stato... prima del tempo stesso!"

Questa volta sembra completamente sincero, davvero sembra non averne la più pallida idea, come è possibile?! Prima... del tempo stesso?! C'era forse qualcosa prima dell'origine del tutto?!

"Non è comunque una peculiarità in possesso di mani divine... non più!" aggiunge poi, dirigendo il suo sguardo verso Camus. Spalanco conseguentemente gli occhi al limite dell'umano possibile.

“L-lui?! M-mio fratello possiede...?”

“Il Potere della Creazione è in Camus, sì! Lui solo, tra i dodici, anzi in tutto il mondo o, per meglio dire, I MONDI, lo possiede. Il Mago non può nulla senza il suo corpo, che cela dentro di sé questa meravigliosa scintilla avvolta dal mistero. Per il momento, quel che so, quello che anche tu puoi intuire, è che, a differenza degli altri Cavalieri d'Oro che possiedono colpi distruttivi, il potere di Camus ne diverge candidamente. Lui... crea il ghiaccio, non è forse così? E tuttavia non tutti coloro che sono in grado di manipolare il gelo hanno in sé questa dote, è semplicemente oltre. Inspiegabile, ineffabile... per la mente umana tanto quanto quella divina, noi infatti siamo Ordinatori del Cosmo, non creiamo nulla dal principio!"

"E lui è conscio di serbare dentro di sé questa straordinaria attitudine, oppure è stato attaccato violentemente da quel mentecatto senza sapere nulla?! Almeno a questo mi puoi rispondere, Crono?!" mi è uscito un tono accusatorio, forse più del dovuto.

Il dio del tempo rimane con gli occhi chiusi a lungo, soppesando, tanto da farmi temere di non ricevere più alcuna risposta. E invece...

"Se intendi il conoscere il nome della... cosa... dentro di lui, no, non lo sa, ma sono piuttosto sicuro che avverta distintamente questo potere insito in lui fin dalla nascita. Del resto... è così strabordante, pieno, avvolgente e totalizzante... sarebbe impossibile non accorgersene!"

"Oh, o-ok..." non so perché ma la sua frase finale mi procura un forte disagio, non capisco se mio o di mio fratello.

"Su Camus non me la sento comunque di aggiungere altro, non mi sembra corretto nei suoi confronti, soprattutto considerando che lui stesso tende a celare questa abilità. Voglio dare a lui l'occasione di raccontartela personalmente..."

"Quindi non me la racconterà mai..." ne deduco, sospirando, delusa dal trovarmi davanti all'ennesima strada occlusa.

"Anche se così fosse, devi capirlo, Marta... alcune cose non possono essere descritte in alcun modo a parole. - pausa pesante, il dio esita ma poi decide di proseguire - Tu sai cosa ha subito tuo fratello, vero? Lo hai provato sulla tua stessa pelle..."

"Sì, dannazione, se lo so, lo... - butto fuori aria, esasperata - Sono solo stanca, Crono, la tua sequela di discorsi non mi ha aiutato molto..."

"Lo comprendo... però vorrei ribadire ancora una cosa, Marta..."

“E sarebbe?”

Crono fissa i suoi occhi neri nei miei e, per un solo istante, mi sembra di esserne interamente soggiogata. Mi trovo davanti ad uno degli dei più ancestrali mai esistiti, chiunque si aspetterebbe una figura possente e autoritaria, e invece lo sguardo che mi sbircia, tentando di capirmi, la sua stessa apparenza, è quella di un ragazzino delle Medie totalmente incapace di destreggiarsi nella vita quotidiana.

“Se Camus è l'oggetto dei piani del Mago, tu sei l'unica forza in grado di opporvisi: Marta, sei tu l'incarnazione del Libero Arbitrio!”

Rimango sulle mie, un poco refrattaria, in attesa che prosegua, cosa che infatti avviene. E il discorso, nolenti o dolenti, va a parare proprio dove pensavo che sarebbe finito.

"Presto, molto presto, dovrai confermare o smentire la tua prima scelta. Hai dato avvio al mondo delle possibilità, hai interrotto il loop, rendendo però più incerto il futuro. Ora dipende tutto dalle vostre decisioni e dalla strada che sceglierete di intraprendere" mi avverte in tutta franchezza.

"Crono.. - la mia voce è quasi un filo, sembra emergere dall'oltretomba della mia laringe - Sono troppo stanca per trattare di filosofia spicciola..." dico, un poco brutale, rifiutando di continuare a guardarlo. Meriterei di ricevere una sberla per le risposte che sto dando, ma il dio pare invece comprensivo, annuisce, compiendo due passi indietro.

"E hai tutte le ragioni per esserlo... ora prenditi cura di tuo fratello, ha ancora bisogno di te. Per il momento ti saluto e... grazie, per aver scongiurato il peggio!" si accomiata, sparendo dalla mia vista come se fosse stato risucchiato dalle tenebre che ci circondano.

Già, prendermi cura di mio fratello... sospiro, accompagnandolo lentamente a sdraiarsi. Il suo corpo sta recuperando calore, ma ho la netta sensazione che ora arriverà la febbre, che saranno giorni ancora più difficili su molti aspetti, e che il suo fisico già duramente messo alla prova dovrà combattere un'altra durissima battaglia.

Come a sottolineare la veridicità del mio pensiero, una brutta tosse, secca, prende a sconquassarlo, rendendogli nuovamente difficoltoso il respiro. Gli sollevo nuovamente un poco la nuca per aiutarlo nel processo. Il suo torace continua ad alzarsi e abbassarsi con patimento, trafelato, aritmico, come se qualcosa gli pesasse sullo sterno e lui dovesse fare una fatica immane per respirare. Gli poso di riflesso due dita sulla carotide. Rimango in ascolto del battito, sempre molto irregolare. Rabbrividisco. No, non va affatto bene così!

"Cam, ora... ora ti lavo via questo sudore, ok?" gli chiedo nel vedere la sua pelle lucida alla luce fioca della candela.

"Vedrai che, pulito, ti sentirai meglio, solo che... sai... per farlo ti devo togliere il lenzuolo di dosso, va bene?"

Ovviamente, come prima, non mi può rispondere, ma lui ha bisogno di sentirmi, e... no, non lui, sono io che necessito di parlargli costantemente, tanta è la paura che mi scivoli via per sempre. Ingoio a vuoto rigettando quell'idea, procedendo poi a discostargli la coperta dall'affannoso petto.

"Così, piano, nessuno ti farà più del male... - eseguo il gesto lentamente in modo che lui si senta al sicuro, perché so che un movimento un poco più brusco lo sconvolgerebbe, ed è tanto, tanto, vulnerabile adesso - "Così, bravissimo, Cam, sei bravissimo!" cerco di modulare la voce il più possibile mentre lo privo di ogni difesa verso il mondo esterno.

E rimango per qualche secondo attonita, intontita, nel vedermelo ancora una volta così indifeso, nudo, inerme davanti ai miei occhi, quando mi è sempre apparso forte e fiero, semplicemente indomabile, sebbene, in fondo, di costituzione non sia mai stato troppo muscoloso, quanto più tonico e slanciato. Deglutisco a vuoto, imbevendo la spugnetta nella bacinella d'acqua per poi iniziare a passargliela sulla pelle secca. E penso. Penso più di prima.

La mia scelta... Seraphina non aveva forse già deciso? Non aveva rinunciato ai suoi sentimenti per salvare l'anima della persona amata? Camus non ha fatto forse lo stesso? Tremo convulsamente e, per un solo istante, sarei tentata di lanciare quanto tengo in mano contro il muro per poi gettarmi a terra, gridando e imprecando contro tutto e tutti. Il bel volto sorridente di Dègel fa capolino nei miei pensieri, mentre una silente lacrima mi solca le gote arrossate. L'ultima. Sarà l'ultima, DANNAZIONE!

"Alla fine... devo sempre lasciarti andare, vero, Dégel? Mi scivoli via... questo non potrà mai cambiare... MAI!" sorrido di sbieco, scacciando dalla guancia il fastidioso liquido e tornando a concentrarmi su mio fratello Camus.

Poco fa, nel percepire su di sé le fragranze aromatiche disciolte in acqua, sembrava essersi calmato un poco, ma ora è di nuovo agitato, volta la testa più volte nel tentare di farfugliare qualcosa, invano. Che... mi riesca a sentire?! Avverte il mio stato emotivo su di sé come se lo stesse provando lui?! Prima, nell'onda nera di petrolio che ci soffocava, eravamo così vicini... difficile capire dove terminasse il suo dolore e dove iniziasse il mio, così come le sensazioni. Sembravamo quasi... una cosa sola!

"Avrò cura di te, te lo prometto... - gli sussurro, accarezzandogli la testa con movimenti delicati nella speranza che si acquieti - sei TU la persona più importante della mia vita, anche questo non potrà mai cambiare. Non arrenderti, Camus!"

Un fremito indistinto, il fruscio della sua mano che cerca qualcosa, la mia, senza riuscire a raggiungerla. Sono io a farlo al suo posto, racchiudendola tra le mie dita, trattenendola, nella paura che mi sfugga.

Se solo potessi, ti cederei tutte le mie forze per farti stare meglio, ti regalerei il mio respiro, pur di rivedere aperti i tuoi meravigliosi occhi blu oltremare e farti sentire bene... coraggio, fratellino!

 

********************************

 

 

29 Agosto 1741, mattina.

 

TAP, TAP...

"Marta, è il terzo giorno consecutivo che ti stai prendendo cura di tuo fratello senza concederti il benché minimo riposo, non ti starai affaticando un po' troppo?!"

"Ciao, Dèg, anche oggi puntuale come sempre, eh? Sto bene" lo saluto, cercando di sorridere nella maniera più naturale possibile, sebbene mi senta completamente prosciugata.

"Per Atena! Hai una faccia talmente affaticata, rondinella! I tuoi occhi sono segnati dalle occhiaie, mentre il tuo viso ora è quasi più pallido della pelle ancora terribilmente diafana di tuo fratello!" esclama lui per tutta risposta, posandomi una mano sulla fronte per controllarmi la temperatura corporea.

Mi scosto a malincuore da lui, abbandonando il refrigerio che mi procura il suo contatto per tornare a concentrarmi sulla figura emaciata di Camus. La mia mano, che ha sempre tenuto la sua abbandonata tra le mie dita, si stringe ancora di più.

E' vero, sono passati già tre giorni... tre giorni in cui sono rimasta al fianco di mio fratello per paura di un nuovo attacco del Mago, o di un ulteriore peggioramento delle sue condizioni. E' stato estenuante, non solo per me, ma anche e soprattutto per Camus, il quale, a cadenza regolare, aveva la febbre piuttosto alta e a nulla valeva abbassargliela con il mio gelo, perché quella risaliva prepotentemente, gettando me nel panico. Ora sembra semplicemente dormire di un sonno profondo, il respiro è tornato ad essere abbastanza regolare, il cuore anche. E' stata la prima notte a passare così tranquilla, malgrado ancora un po' di febbre e qualche colpo di tosse, ma continuo a temere per lui, per il suo fisico, già allo stremo e continuamente vessato da quel calore innaturale.

"E' solo stanchezza, tranquillo! E' lui che... che sta ancora male, troppo!" dico solo, liquidando la faccenda concernente la mia persona.

Allo stesso tempo, però, una smorfia di dolore si dipinge sul mio volto a causa della fitta lancinante che, di tanto in tanto, come in questo momento, mi attraversa il braccio ferito partendo dal palmo per poi salire fino alla spalla e diffondersi all'intero petto. La verità è che tendo a non guardarmelo neanche, a parte quando, con il mio gelo, tento di lenire il male, ma quello, invece di diminuire, aumenta. Fortunatamente mi sono fasciata alla ben meglio l'intera zona, ma è lampante che i tagli si stiano infettando, li sento pulsare, sembra quasi di avere un secondo cuore che palpita ed è una sensazione spiacevolissima.

"Non è vero, Marta, tu non stai affetto bene! Sei stremata e le ferite continuano a spurgare. Non le hai minimamente medicate, vero?! - mi tapina lui, leggendomi dentro, nel ruolo che gli riesce meglio, il maestro. Al mio diniego con la testa, si mette a tremare - Imprudente, per non dire altro! Rischi una grave infezione così!" mi rimprovera, alzando leggermente il tono e afferrandomi il polso con l'ovvio intento di vedere con i propri occhi.

“Non ha importanza! - ribatto con decisione, sfuggendo dalla sua morsa - Non mi allontanerò da qui finché Camus non starà meglio! E' da tre giorni che sta sempre male, ha la febbre molto alta e le tre lacerazioni spurgano a loro volta! Ho continuato a inoculargli la medicina, lo vedi ben da te, visto i lividi che ha su tutto il braccio sinistro, ma continua a non svegliarsi, a non reagire, la sua mano è così molle, non so neanche se riesca a percepirmi, ed io... ed io ho una paura tremenda di perderlo, come posso quindi pensare a me?!?" anche il mio tono è salito fino a strozzarsi, ma Dègel, questa volta, non sembra più intenzionato a mollare l'osso.

“Sei una testona al pari di lui, si vede che siete fratelli, ripetete gli stessi errori! Non pensi alla sua preoccupazione quando si risveglierà e ti vedrà in queste condizioni?! Cosa potremmo fare se la tua infezione dovesse diffondersi all'intero braccio? Dare le medicine del futuro anche a te basterebbe? Oppure arriveremo ad un punto dove sarà necessaria una azione drastica, con Camus che, vedendoti così conciata, si sentirebbe certamente male per le tue effettive condizioni?! Ci stai facendo crucciare tutti, Marta, pensa anche un po' a noi e a lu...”

“Lo so benissimo cosa sto rischiando, ma io devo fare qualcosa per lui dopo tutto il male che gli ho fatto!!!”

"Ma-male?!" ribatte Dégel, piuttosto sbalordito.

"Sì, male... - confermo, raschiandomi la gola nel tentativo di stabilizzare la mia voce - le parole che gli ho detto, quando lui era già al limite, il non averlo minimamente capito, l'averlo lasciato completamente solo... non sarà mai cancellato!"

Nella stanza cade un silenzio quasi assoluto. Il mio sguardo rimane basso, totalmente incapace di reggere quello cristallino di Dègel. Senso di colpa, inadeguatezza, incapacità di essere stata un sostegno per lui... queste parole non fanno altro che ronzarmi in testa, mentre continuo ad osservare il viso di Camus, in attesa di un suo miglioramento, di un qualunque cenno che mi faccia comprendere che è fuori pericolo.

Dègel sospira profondamente, passandosi una mano sulla fronte con rassegnazione, probabilmente certo come non mai di stare parlando con un muro, poi prende dolcemente il volto della sua reincarnazione tra le sue mani; con le dita leggere, il pollice e il medio, passa a controllargli la carotide e così le pulsazioni. Mio fratello non si ribella minimamente, solo le palpebre si contraggono appena, avvertendo un'ingerenza non ben codificata. E' stremato... la febbre non gli da requie, non riesce a risvegliarsi... gli stringo ancora una volta la mano abbandonata nella mia.

Sono qui... svegliati, svegliati, ti prego, siamo tutte così preoccupate, per te! Quando riuscirai a riaprire i tuoi meravigliosi occhi? Quando tornerai a sorridermi e parlarmi? Mi fa male vederti così... in balia di tutto e tutti, tu, che sei il mio eroe, il mio mito... coraggio, devi superare questa crisi!

“Marta, stai già facendo moltissimo per tuo fratello, si nota dal leggero colorito che ha ripreso ad avvolgere le sue membra, dal suo respiro mano a mano sempre più saldo. Come puoi considerare 'male' questo? Gli hai salvato la vita, e lui riesce a percepirti, ne sono più che sicuro! Concediti un po' di riposo, piccola, vedrai che Camus starà presto meglio!” afferma Dègel, dopo averlo sondato minuziosamente, sorridendomi con tenerezza.

"Vedi... dei miglioramenti?" gli chiedo, speranzosa, illuminandomi per un solo secondo.

"Sì, le funzioni vitali sono regolari, il battito è stabile, così come il respiro, ma soprattutto il suo corpo, già da ieri sera, risponde agli stimoli esterni. Sono fiducioso!"

“Pure Crono ha detto qualcosa di simile prima di andarsene, però resta il fatto che mio fratello non ha ancora aperto gli occhi. Anche Zeus, nel nostro tempo, aveva detto che, nelle sue precarie condizioni fisiche, persino una banale influenza può risultargli fatale! - la voce mi si incrina ulteriormente, costringendomi a prendere una breve pausa di qualche secondo - E' da giorni che la sua temperatura corporea supera i 39°, per quanto io gliela abbassi, risale poco dopo. Il suo fisico è al limite, Dégel, non so quanto ancora potrà reggere un tale ritmo...” parlo quasi a sighiozzo nel pronunciare queste frasi, quasi mi accascio sul bordo letto, tanto sono piegata in due dagli spasmi. La mia fronte si posa automaticamente sul braccio inanimato di mio fratello.

“Marta... non devi pensare questo!” mi rimprovera bonariamente, posando la sua mano sopra la mia testa per carezzarmeli più volte in tutta la loro lunghezza - Camus sta combattendo per voi, lo vedi bene da te, non si è mai arreso in questi giorni."

Annuisco di riflesso, affogando i singhiozzi dentro di me.

"Avrebbe potuto, sai? Ma non è da lui, lo sai, no, rondinella?"

“Sì, lo so bene, lui... è un guerriero! - mormoro a fatica, liquidando di nuovo un argomento che, il solo parlarne, mi fa sentire male. Mi raddrizzo sulla sedia, cercando di darmi un tono - L'ho pulito poco prima che arrivassi tu, ma continua a sudare tantissimo!"

"Spugnature? Sono ottime di primo mattino! - afferma, attento, prendendo la bacinella d'acqua per controllarla - Mmm, a giudicare dal buon profumo dovrebbero essere salvia, rosmarino e timo, corretto?"

"Sì, mi pare gli diano un po' di sollievo anche alle ferite ancora arrossate, oltre a tranquillizzarlo... - annuisco, prima di sorridere mestamente - Se solo si rendesse conto di quello che gli stiamo facendo, si vergognerebbe da morire, Dègel... mi fa una tale tenerezza!" mi lascio sfuggire, accarezzandogli un poco i capelli cobalto.

E' lampante che nessuno abbia avvertito l'agonia di Camus tre giorni fa, perché nessuno mi è venuto a chiedere niente, a parte qualche visita di Michela e Francesca che però sono ignare di tutto. Certo, Milo sta ancora male e gli altri Cavalieri d'Oro non hanno un rapporto così profondo con lui, ma se qualcuno di loro avesse anche solo avvertito un decimo di quanto effettivamente avvenuto, sono sicura che sarebbe corso qui.

Gli scorsi giorni sono stati pesanti per tutti. Francesca, Michela e lo stesso Dégel sono venuti più volte per darmi una mano nelle cure per Camus, ma io ho sempre rifiutato di abbandonare il suo fianco, troppa la paura.

"Fa... impressione..." aveva balbettato Michela, sgomenta, tremante, con gli occhioni sbarrati, dopo aver distinto la figura del maestro sul letto ed essersi conseguentemente immobilizzata.

Dégel, a quel punto, dopo aver aiutato me e Francesca a voltare Camus in posizione prona per rendere più agevole il lavaggio della sua schiena, si era girato comprensivo nella sua direzione, lo sguardo dolce e rassicurante.

"N-non... non reagisce! - aveva continuato Michela, sempre più sconcertata - S-sembra un bambolotto privo di volontà, chiunque gli potrebbe fare di tutto e... e... oddio!" si era quasi messa a piangere, sostenendosi al muro per evitare di cadere.

"Uhmpf, è in coma, Michy, cosa ti aspettavi, che saltasse come un cerbiatto?!" aveva risposto Francesca, con piglio deciso, utilizzando la solita, proverbiale, franchezza per mascherare in verità un profondo sconvolgimento emotivo che covava anche lei, ma che, secondo i suoi canoni, non era tempo di mostrare in un momento simile.

Io non avevo aggiunto nulla, da tanto ero fiaccata nello spirito, limitandomi a posizionare meglio Camus con la testa leggermente piegata sul dorso della mano destra, la sinistra vicino al suo viso, come se semplicemente stesse dormendo a pancia sotto. Poi avevo raccolto i suoi lunghi capelli in una coda, glieli avevo spostati di lato in modo da scoprire la schiena per riuscire così, coadiuvata da Francesca, a lavargliela.

Io non avevo aggiunto più nulla, limitandomi a coprirgli con discrezione i glutei con le lenzuola del letto, sollevata comunque che la mia amica non lo avesse visto la notte precedente, ma Dégel, il dolce Dègel, si era avvicinato teneramente a lei per prenderle la mano.

"Ha un aspetto orribile, vero? - aveva cominciato, ottenendo, in risposta, solo gli occhioni lucidi di Michela e un lieve cenno di assenso - Comprendo bene il tuo stato, vedere una persona che amiamo ridotta così annienterebbe chiunque, ancora di più se sensibile ed emotiva come te, ma vedi... Camus sta lentamente guarendo, sta meglio di ieri, e domani stara meglio di oggi, il peggio è ormai passato..."

"I-io... non riesco a vederlo così, lui, che è sempre così forte e fiero, l-lui, che è come un padre per me... ed io, che sono inutile, non gli sono di nessuno aiuto in questa situazione!"

A quell'ultima frase strascicata, Dégel l'aveva esortata a compiere qualche passo in avanti, accompagnandola vicina al letto dove Francesca ed io stavamo attuando il lavaggio. Senza dire nulla, sempre tenendola per mano, aveva poi condotto il suo palmo sopra la chioma di Camus, guidandola passo passo nell'accarezzargli teneramente la testa, finché Michela, prendendo finalmente coraggio, non aveva continuato da sola.

"Puoi fare molto, invece, fagli sentire la tua presenza vicina, l'affetto che provi per lui, rassicuralo. Sai, Camus, ormai ho imparato a conoscerlo, è molto sensibile all'ambiente circostante, non può reagire, ma vi percepisce e, seguendo la vostra luce, ritroverà la strada di casa!" aveva detto, con occhi gremiti di sentimenti.

Quegli stessi occhi gremiti, contornati da un sorriso gentile, mi stanno ora scrutando per un tempo che mi pare infinito. Discosto nuovamente lo sguardo, imbarazzata oltremisura.

Non riesco a pensare ad altro che ti amo con tutta me stessa, Dègel, e che devo rinunciare a te, di nuovo. La sola consapevolezza di questo mi dilania terribilmente, ma... se non lo faccio, mio fratello non potrà vivere, lui, che ha sacrificato il suo amore per Seraphina per me, lui, che mi ha sempre protetta, lui, che è la persona più importante della mia stessa esistenza. Perdonami, Dègel, ti prego, perdonami, ti sto abbandonando al tuo tetro destino, non posso salvarti, ma... non riesco a darmi pace!

“Marta, sei molto dolce... Camus, ne sono sicuro, deve essere davvero orgoglioso di averti come sua sorella, sei il suo piccolo tesoro, la sua luce, non dimenticarlo mai!"

"Si vergognerebbe da morire, Deg, a sapere che proprio io, sua sorella minore, lo sto... insomma, le cose che si fanno quando uno non è autosufficiente!" ribadisco ancora, imbarazzata a mia volta.

"Eppure è proprio il fatto che tu sia al suo fianco a spingerlo a non arrendersi, a tranquillizzarlo, a confortarlo in tutto il dolore che sta provando. Io... lo vedo bene, Marta! Se sono le inservienti a cambiarlo, o io stesso, si agita, il suo respiro accelera, come se volesse scappare dalle nostre mani; se invece sei tu a toccarlo, si rilassa, si lascia andare completamente. Lui ti vuole... un bene dell'anima, lo sai, vero, rondinella?!" mi sussurra, regalandomi un buffetto sulla guancia.

"S-sì lo so, ma... grazie, GRAZIE per ricordarmelo, Dégel!" annuisco, adagiandomi un poco su di lui per chiudere brevemente le palpebre che sento pesanti. Avverto le sue braccia avvolgermi, rassicurandomi ulteriormente, prima di percepire le sue labbra baciarmi teneramente la nuca.

"Stai tranquilla, il peggio è passato. Non lo perderai!" mi sussurra tra i capelli.

"Lo... lo spero... tanto... Dégel!"

Rimaniamo per qualche minuto così, io coccolata dalla sua sola presenza, dai suoi gesti, lui pensieroso per qualcosa che non riesco bene a cogliere, poi la sua voce torna a riscuotermi.

"Comunque non sono venuto qui solo per parlarti di questo, bensì per annunciarti con letizia che Regulus e Milo si sono finalmente ridestati!”

Tuffo al cuore. Sussulto meccanicamente, quasi cado dalla sedia nel rialzarmi in piedi, frastornata dalla felicità. Spalanco gli occhi in direzione di Dègel, il quale mi sorride con tenerezza.

“Oddio! Davvero... davvero si sono risvegliati?!"

"Potrei mai mentirti, Marta?"

"C-che... che gioia, i-io... - la mia espressione si incrina con maggior forza, devo impormi per non crollare, stavolta per il sollievo - S-sono così felice, Dègel! G-grazie... è grazie a tutti voi se... sigh!"

“Stai tranquilla... - prova a rassicurarmi lui, vedendomi così agitata - Stanno bene ora, vai da loro!

“ N-no, io... non posso! Se io me ne vado, chi si prenderà cura di Camus? E' ancora troppo debole per stare da solo, e la febbre...”

“Me ne occuperò io, non confidi in me?! E' solo per poco, piccola rondine, il tempo necessario per parlare con Milo, che ha espresso il forte desiderio di vederti!” mi spiega pazientemente lui, incitandomi ad andare.

“Mi vuole vedere...” ripeto solo, quasi vacua.

“Esatto, vai! Camus è in buone mani, se dovesse avere ancora la febbre alta gliela abbasserò immediatamente, non hai di che angustiarti!”

Annuisco più volte, più per convincere me stessa che non per altro. Poi mi approccio nuovamente a lui e, con le poche forze residue, lo sospingo verso di me per poterlo così abbracciare.

“Grazie, Dègel...”

“Uhm, io... io non ho fatto nulla di speciale...” biascica lui, fortemente in imbarazzo, oserei dire quasi teso.

“Hai fatto moltissimo, invece, per tutte noi! Ti affido mio fratello, intesi?”

“P-puoi contare su di me! V-vai ora, rondinella... Milo ti sta aspettando!”

Annuisco, staccandomi da lui per dirigermi goffamente verso la porta e aprirla con la mano sana. Le gambe mi reggono appena e la testa mi pesa come un macigno, ma non posso permettermi di riposare. Istintivamente mi volto ancora un attimo nella sua direzione, un peso distorto sul cuore al solo pensare di lasciare mio fratello da solo.

Dégel, dopo aver aperto la finestra per far passare un po' d'aria, sta scoprendo il corpo di Camus, togliendogli il lenzuolo, unica sua difesa contro il mondo che lo circonda. Glielo solleva completamente, lasciandolo lì, nuovamente nudo, e procurando a me un'altra fitta di dolore che si accentua quando lo vedo chinarsi verso di lui. Passa pratico le mani sul suo costato, picchiettandogli con le dita il busto in determinati punti come ho visto fare ai dottori del nostro tempo. Chissà... forse, se fosse vissuto nella mia epoca, si sarebbe iscritto alla Facoltà di Medicina, diventando poi un medico per aiutare il prossimo...

"Coraggio, Camus, devi reagire! Tua sorella è in pena da morire per te, e anche le altre ragazze. Dimostra chi sei, torna da noi, da loro. Hanno ancora così tanto bisogno di te..." gli sussurra con dolcezza, passandogli brevemente una mano tra i capelli per poi apprestarsi a medicargli le ferite al torace.

In fondo sono la stessa essenza, lascio mio fratello in mani sicure, anche se mi manca il respiro nel vederlo così maneggiato senza che opponga resistenza. Esco con il magone in gola...

“Spero che Sonia riesca a convincerti... sei stremata! - la voce di Dègel mi raggiunge mentre sto chiudendo la porta dietro di me - Hai fatto così tanto per lui, in questi giorni, lo hai lavato, medicato, vegliato... con tutte le forze che avevi in corpo. Ma sei al limite, piccola rondine..."

Mi allontanando a capo chino. Sto facendo preoccupare tutti con i miei comportamenti, ma non posso fare diversamente: il Mago mi odia per un motivo a me ignoto, ma dalle sue parole è lampante la mia colpa in tutta questa faccenda, anche se Crono stesso sostiene che la mia vita sia anche speranza per questa dimensione medesima... comunque il nemico detesta me, sono io che devo oppormi, diventare sufficientemente forte.

Quell'essere... v-voleva uccidermi utilizzando il corpo di mio fratello, è stato sin troppo cristallino nel nostro ultimo scontro. Devo tentare di oppormi, devo proteggere Camus! E' finito il tempo delle incertezze, diventerò fortissima per lui, per me, per le persone che amo!

Io ho fatto iniziare tutto, questo è certo, anche se non ho la minima idea di come io abbia fatto... questo fardello è ricaduto su me, sarò io dovervi porre fine in un prossimo futuro!

Cosa stava sostenendo il Mago? Che, per colpa nostra, questa Ipsias è caduta? Da lì ha avuto origine tutto? E' da lì che il Demiurgo ha perso la ragione? Da lì si è interessato carnalmente a mio fratello?! Per rispondere a queste domande, dovrò indagare su cosa sia questa presunta Ipsias che lui mi ha nominato, devo assolutamente scoprirne di più... non ricordo comunque luoghi terrestri con questo nome, che sia... possibile?! Che si tratti di un altro mondo?! Forse... una dimensione alternativa?!

“Dannazione, Regulus! Vuoi fermarti?!”

Alzo lo sguardo, avvertendo la voce di Sonia giungere alle mie orecchie, strappandomi così dai miei pensieri. Ho appena il tempo di intravedere un piccolo fulmine passarmi di fianco e sfrecciare per tutto il perimetro del corridoio, che Sonia mi arriva praticamente addosso con il fiato corto, rischiando di farmi cadere a terra.

“Anf, Marta! Aiutami ad acchiappare Regulus, per favore! Si è ridestato da poco e già pretende di correre di qua e di là come un matto!” riesce a dirmi, guardandomi con ansia.

Mi limito ad annuire, mettendomi a correre insieme a lei dietro la piccola peste, ma il piccolo, anche se risvegliatosi da poco, è comunque molto più veloce di noi, che più che correre sembriamo ballonzolare come due scimmie ubriache: una scena divertente per qualsiasi esterno, un po' meno per me e Sonia che, nel giro di pochi secondi, dobbiamo piegarci in due e tastarci la milza, tanto fa male.

“Ahiii!!! Ma che accidenti?!”

Ad un certo punto, la voce di Regulus si eleva nell'aria, seguita da un tonfo sordo. Allarmate, acceleriamo la nostra corsa, trovandoci davanti un Regulus fasciato in vari punti del corpo e intento a massaggiarsi il fondo schiena. La sua esile figura è sovrastata da un imponente Sisifo che tiene elegantemente le mani sui fianchi, l'espressione apparentemente imperscrutabile.

“Cosa combini, Regulus?! Ti sei appena ripreso e già corri a più non posso?! Devi stare attento, piccoletto!” lo rimprovera amabilmente il più vecchio, porgendogli la mano per aiutarlo ad alzarsi.

“Sisifo!!! - urla il leoncino, afferrandogli l'intero braccio per avere un sostegno sicuro, poi lo abbraccia subito dopo - Non ne potevo più di rammollirmi a letto!

Sonia ed io rimaniamo a fissare la scena in silenzio, sorridendo per la tenerezza. La mia amica, in particolare, sembra davvero commossa. Credo proprio che dopo tutto ciò che è successo qui in quest'epoca abbia soltanto voglia di rivedere i suoi insostituibili fratelli e farsi un po' strapazzare affettuosamente da loro.

“Non saranno strettamente imparentati in quest'epoca, ma il loro essere è così simile a quello di Lia e Aiolos! Certo, magari Regulus sarà molto più piccolo rispetto al nostro Leone, ma è sempre lui, non trovi?” le dico, sperando che le faccia piacere.

"Sì, è così... alcune cose non cambiano mai, ed altre, invece, si trasformano irreversibilmente. E' tutto così strano e meraviglioso al tempo stesso, anche se fa un po' paura!"

“Marta!!! Sonia!!! - esclama ad un tratto Regulus, accorgendosi di noi e venendoci addosso in una gioiosa manifestazione di affetto. Incredibile quante energie abbia ancora! – Grazie... grazie per aver trovato la cura e avermi fatto sentire meglio! Ora potrò nuovamente correre!” esclama, tutto contento.

“Sì, grazie davvero! - interviene Sisifo, avvicinandosi a sua volta per posare le mani sulle nostre teste – Avete rischiato molto per noi e ve ne saremo grati per sempre!” conclude, quasi commosso.

Arrossisco leggermente, al pari di Sonia, non trovando le parole giuste per ribattere. Per sbrogliarmi, decido infine di parlare direttamente al piccolo.

“Sarà meglio che non rendi vano il nostro operato, piccolo leoncino! Vai a letto a riposare ora, intesi? Avrà tempo per correre e saltare quanto di sarai rimesso del tutto!” affermo, regalandogli un buffetto sul naso.

"Oppure diremo ai ratti di invadere di nuovo il Santuario e saranno guai!" aggiunge Sonia, con una perfetta aria da maestrina.

Regulus si mette le mani in faccia, sgranando gli occhi: "Nooo, i ratti no, vi prego, ne ho avuto abbastanza!" strilla, verseggiando poi un "bleah" e nascondendosi tra le braccia del Sagittario, come alla ricerca di un rifugio. Risate generali di tutti noi.

“Hanno pienamente ragione, dopo questo breve svago devi filare subito a letto, altrimenti chiamiamo i topi e... non credo tu voglia, no?!” sancisce Sisifo, pacato, accarezzandogli un poco i corti capelli ribelli come il proprietario.

“Uffi, Sisifo!!! E' da giorni che sto fermo! - si lamenta Regulus, mettendo su un finto broncio – Ma se mi prometti che dormirai insieme a me e che scaccerai tutti i ratti della zona, ci posso anche fare un pensierino!” aggiunge poi, esibendo la sua più bella espressione da cucciolo adorabile.

“E va bene, testa, allora rimarrò con te, ma tu farai il bravo, vero?"

"Sì..."

"Regulus!"

"Sì, Sisifo, sì..."

"Fammi vedere le braccia che tieni dietro alla schiena..."

"Ehm... perché?"

"R-E-G-U-L-U-S, da bravo, fallo!"

"Ha l'indice e il medio di entrambe le mani incrociate, quindi vuole rompere la promessa!" fa la spia Sonia, facendo sussultare non poco il giovane Leone, che imporpora istantaneamente.

"Noooo, Sonia, mi hai tradito!!!" si lagna, quasi offeso.

"Perdonami... - si scusa lei, coniugando i palmi della mani insieme, prima di ridacchiare - So bene che hai bisogno di muoverti, ma vedila così: prima ti rimetti in sesto, prima potrai tornare a giocare e seguire gli allenamenti!"

"Davvero?" gli occhi di Regulus passano dalla mia amica al Cavaliere del Sagittario.

"Sicuramente, birbantello!"

"Oh, allora va bene... però dormi con me, Sisifo, lo hai promesso!"

"Sarà fatto!" ridacchia ancora Sagitter, prendendolo istintivamente in braccio, come farebbe un fratello maggiore con il più piccolo, per riportarlo nella sua stanza.

Così se ne vanno, l'ultima cosa che riusciamo a distinguere è proprio Regulus che, con la mano, ci fa 'ciao'. Per qualche istante rimaniamo ferme immobili, il sorriso ancora impresso sulle nostre labbra e nei nostri cuori, un po' più leggeri rispetto ai giorni scorsi. Sono io a decidere di rompere il silenzio.

“So', Dègel mi ha riferito che Milo si è risvegliato, tu lo hai già visto, vero?” chiedo, osservandola.

“Sì, ci sono stata prima di andare da Regulus, che, però, si stava già dando alla fuga. - mi spiega, ridacchiando tiepidamente - Vai pure da Milo, ti deve parlare. Io invece avverto Michela e Francesca di darti il cambio nella cure a Camus, perché davvero hai un aspetto orribile e, se aspettiamo ancora un po', nel momento esatto in cui si risveglia tuo fratello tu crolli come un salame!” mi dice, cristallina e schietta, facendo poi per andarsene come se nulla fosse. Non glielo permetterò!

“No, Sonia! Allora è vero ciò che avevo intuito sul conto tuo e di Dègel: avevate un piano in comune per mandare anche me a nanna! - esclamo, certa delle mie convinzioni - Penso io a Camus, ce la posso ancora fare, credimi, lui...”

“NO, Marta!”

Il suo tono così rude mi coglie impreparata, inducendomi ad abbassare lo sguardo. Mi sembra quasi di essere sgridata, non capita, ci rimango male, anche se cerco di non darlo a vedere.

“Io... devo poter fare qualcosa per lui dopo quello... dopo quello che gli ho detto!” pigolo, tutta tremante.

“Marta... Marta... Marta! Dégel con te usa la dolcezza, ma in questi casi non serve, perché sei più cocciuta di un mulo! - mi rimprovera bonariamente lei, poggiandomi le mani sulle spalle e imprimendo il suo sguardo, un poco meno tagliente, nel mio - Non ti sei accorta che hai già fatto tantissimo per tuo fratello? Ma ora hai raggiunto il tuo limite, devi riposare, come pensi che si possa sentire lui se, una volta sveglio, scopre che tu sei crollata? Pensi che vorrebbe vederti così ridotta?!"

"N-no, certo..."

Devi fidarti delle altre! Se Camus dovesse avere una crisi, di certo Francesca saprà come reagire. Non lo lasceremo solo, stai tranquilla, ma tu devi fermarti adesso, sei oltre il tuo limite!”

Mantengo febbrilmente lo sguardo basso: Sonia, come sempre, ha ragione ed io, con il mio desiderio di prendermi cura di lui, ho trascurato Francesca e Michela che a loro volta desiderano ardentemente fare qualcosa in più per Camus.

“Non è... non è poca fiducia nei loro confronti, è che mio fratello ha avuto la febbre molto alta in questi giorni, serve qualcuno che domini le energie fredde per abbassargliela. So bene che anche loro possono essere in grado di medicarlo e vegliarlo la notte, ma mi preoccupa enormemente il rialzo della sua temperatura corporea. Io... mi spiace, non volevo trascurarvi, è che proprio non ci sono con la testa in questo periodo!” biascico, amareggiata, tentando di spiegare le mie motivazioni.

"Se questo è il tuo timore, alllora vorrà dire che Dègel le coadiuverà come aveva già intenzione di fare! - afferma lei, pratica, prima di proseguire in un tono ancora più dolce - Marta, ti capisco benissimo, lo sai. Camus è tuo fratello e il tuo legame con lui è molto profondo, indissolubile! Ma la tua faccia sfinita indica con sicurezza tutte le fatiche e i sacrifici che hai dovuto passare per farlo sentire meglio. Ora concediti un po' di riposo, penso proprio che il peggio sia ormai passato!” mi consiglia ancora lei, abbracciandomi con naturalezza.

Mi godo il suo contatto, ricambiando la stretta con la sua stessa intensità. Butto fuori aria, tentando di tranquillizzarmi.

"C-ci sarebbe un'altra cosa..." biascico, un poco imbarazzata.

"Sì?"

"E-ecco, volevo procurarli io, ma... v-visto che mi date il cambio..."

Sonia si stacca appena, mi fissa stranita, probabilmente non capendo pienamente perché il mio tono di voce sia diventato così stentato e faccia fatica a uscire.

"Ecco... - riprendo poco dopo, nervosa, prima di arrivare finalmente al sodo - Sai per caso dove... dove prendere delle specie di... pannoloni? Non so se riesci a intendermi..."

"Oh..."

Anche la sua voce si è fatta impacciata, le guance le si sono colorate di rosso nell'immaginarsi ciò che ho sottaciuto. Alla fine si sforza di riprendersi: "Della misura di Camus, giusto?"

"Eh, b-beh, sì..."

"Dei, poverino... se lo venisse a sapere, al suo risveglio lo perderemmo per sempre per la vergogna!"

"E'... è normale, So'... non è nelle condizioni di mangiare, infatti in questi giorni siamo riusciti soltanto a idratarlo. Fa così fatica anche solo a deglutire..." le dico, sospirando sonoramente.

"Immagino che ci voglia il suo tempo... quando si risveglierà avrà certamente bisogno di sentirci vicini. - annuisce pensierosa, prima di lasciarsi scivolare via l'imbarazzo - Allora chiederò a Marika ed Eleonora, loro ci certo qualcosa avranno; tu pensa solo, dopo il dialogo con Milo, ad andare a riposare, mi raccomando! Dégel ed io ti teniamo d'occhio!" mi occhieggia, affabile ma determinata.

"Lo noto che mi state con il fiato sul collo..."

"Con te, cocciuta come sei, non c'è altro mezzo, Marta! - mi fa oscillare il dito indice da un occhio all'altro per essere ancora più esaustiva - E riguardati anche la ferita al braccio, le bende sono sporche, e..."

“Lo so già! - ribatto, un poco infastidita, anche se sono consapevole lo faccia per il mio bene - Allora andrò da Milo e poi a riposare, grazie di tutto, So'!” liquido la faccenda al più presto, dandole un leggero bacio sulla guancia per poi allontanarmi, ma lei mi ferma, imprimendo i suoi occhi nei miei.

"Eì importante... TU sei importante per noi, Marta!" sottolinea, manifestando maggiormente la preoccupazione.

"Ne sono consapevole, davvero! - annuisco, prima di sorriderle, anche se il meglio che mi riesce è una mezza smorfia sofferente - Dai, vado, ci vediamo dopo!"

Mi avvio verso la stanza dove dovrebbe riposare lo Scorpione, il cuore un poco più sereno. Parlare con Sonia mi ha fatto bene, vedere Regulus nuovamente vivace è stato come un elisir di lunga vita e, infine vedere Sisifo nuovamente felice mi ha sollevato decisamente il morale. Ora anche loro potranno riposare un po', darsi il tempo per rimettersi completamente, sono... sollevata!

Giungo davanti alla porta, faccio per aprirla, ma nell'udire le voci dei due Scorpioni che stanno chiacchierando amabilmente tra loro, esito, non sapendo se è il caso di interromperli o meno.

Alla fine opto per non disturbarli, rimanendo comunque ferma e immobile, quasi commossa nel sentire con le mie orecchie il loro timbro vocale.

“Milo, davvero... ma quanto sei pirla da uno ad infinito?! Hai visto cosa hai combinato, pezzo di idiota?! Tante chiacchiere sulla vita, sulla speranza, per rimanerci quasi secco e sbolognare così Sonia, Marta e quel paralitico sentimentale di Camus alle cure del sottoscritto! Hai idea del colpo che ci hai fatto prendere?!” odo la voce ironica di Cardia trillare allegramente, completamente ristabilitosi dal quasi infarto che il Mago gli ha fatto subire nel presente.

“Che scavezzacollo, però! Di tutte le parole che poteva imparare quando abbiamo fatto il giretto per l'Italia, solo 'pirla' gli è rimasta impressa!” commento tra me e me a bassa voce, allietata dall'assurdità del mio migliore amico.

“Proprio tu mi parli di stupidità, quando ne sei la quintessenza?! Le mie felicitazioni! - il tono di Milo è più basso del normale, la sua voce fa ancora fatica ad uscire, ma è lui, il suo modo di parlare, ciò mi emoziona - E comunque non sono io che ho rischiato un mezzo infarto, oltre al fatto di finire in pasto ai pesci!” gli tira la frecciatina, permettendosi di ridacchiare a seguito dell'espressione un poco imporporata che, probabilmente, ha assunto la sua precedente vita

“C-cosa? E tu come diavolo lo sai?!”

"Dimentichi forse che... COUGH! COUGH!" cerca di rispondere, ma una sequela di colpi di tosse lo stronca, affaticandogli il respiro e mandando me in agitazione.

"Ehi, non mi fare questi scherzetti, non ti azzardare a morire ora, chiaro?!" esclama Cardia, spaventato al pari di me, anche se riesce a nasconderlo dietro la solita nota straffottente.

“Non ho alcuna voglia di morire, anf, tranquillo, non ne ho mai avuta! - dice, riprendendo fiato prima di continuare - Dicevo... dimentichi forse che sono la tua reincarnazione?"

"E quindi?! Non sei me!"

"Ma, talvolta, posso vedere con i tuoi occhi, e-eeeeeeeeeeee..." allunga volutamente la lettera finale, salendo di tono per poi compiere una vera e propria pausa ad effetto.

"Eeeeeeeeee, cosa?! Sputa il rospo! Che è quel sorriso furbetto da uno che la sa lunga?!"

"Bel bacio, davvero!

"COS...?!"

"Massì, dai, sai a cosa mi riferisco! Tu che quasi anneghi, Marta che si butta... - altra pausa ad effetto. Cardia singulta, lo stesso faccio io, arrossendo di netto - Bel bacio, molto sensuale e... profondo!"

Oddio, voglio sparire! Non mi dire che Milo lo ha avvertito, ha percepito il mio intervento per salvare Cardia, il fatto di avergli soffiato aria d-dentro e... no, NO!

"E poi anche il dopo molto bello, molto sensuale - ma ce l'ha con questa parola o cosa?! - Lei che ti tocca il petto, te lo preme, ti parla, piange... volevo applaudirvi, facevo il tifo per voi, davvero!" continua imperterrito lo Scorpione del presente, come se parlasse del meteo del giorno dopo, del tutto incurante che io vorrei scavarmi una fossa da sola e probabilmente è lo stesso per Cardia.

"Ma tu queste cose come diavolo le sai?! Io le ricordo appena perché stavo male!" si oppone il mio migliore amico, in tono alto, anzi altissimo.

"Ah... - la voce di Milo si fa improvvisamente sorpresa - Ma allora è successo realmente?!"

"COS..?! Ma non sei stato tu a dirmelo prima?! Mi stai prendendo per i fondelli, Scorpionide?!"

"Fiu, fiu... - fischietta l'altro per tutta risposta, prima di abbandonarsi ad un'altra risata, seguita comunque dai colpi di tosse - Stavo tirando a indovinare, Cardia, anf..."

“Ma vai a quel paese, furbacchione! Per stare tirando a caso sei arrivato sorprendentemente vicino alla realtà!"

"Ah, davvero? In verità qualcosa ho percepito davvero di te... ma non sapevo il resto, te lo giuro!" il tono di Milo si è nuovamente abbassato. Percepisco il suo respiro farsi più pesante.

"Secondo me non me la racconti giusta, tu, cos'altro sai?!"

"Nulla... di trascendentale!"

"Guarda che io non starò a chiedertelo due volte, eh, se non vuoi dirmelo non me lo dici, io non prego nessuno perché sono Cardia Magno!"

"..."

"..."

Silenzio interminabile, poi...

"Allora cosa sai? Come è stato il bacio di Marta?!" torna ad insistere Cardia, quasi ringhiando nel manifestare il suo fastidio crescente.

"Ahahahaha, ma nulla, Car, davvero! Ho percepito il tuo stato, era come se stessi affogando, e poi... sei tornato a respirare! - spiega Milo, inaspettatamente imbarazzato nel tentare di spiegarsi - Ho pensato che Dègel e le altre ti avessero salvato, tutto qui!"

"Grrrr, devo crederti?"

"Assolutamente!"

“La prenderò per buona allora... - riprende poco dopo Cardia, stizzito, muovendo alcuni passi che, inaspettatamente, mi risultano sempre più vicini – Comunque è corretto quanto dici, mi sono salvato grazie all'aiuto di tutti, soprattutto della birba che si trova qua dietro!” esclama all'improvviso, aprendo di scatto la porta su cui mi ero appoggiata.

Non ho il tempo di fare alcunché, semplicemente mi ritrovo del tutto privata del sostegno; i riflessi anestetizzati da oltre tre giorni di insonnia non mi consentono di reagire prontamente.

“Argh!!!” riesco solo a biascicare, cadendo a peso morto, prima di essere agguantata dalle mani di Cardia.

“Che è?! Non mi dirai che adesso ti vergogni a palesarti davanti a noi?!” mi prende scherzosamente in giro, sorridendomi sornione.

Io mi affretto a discostare lo sguardo per evitare che i miei occhi, così stanchi e segnati dalle occhiaie, possano incrociarsi con i suoi stracolmi di vitalità, ma al solito sono lenta e lui, ancora una volta, l'ennesimo, mi sgama in pieno.

"Che diavolo hai fatto alla tua faccia?! Ma dormi la notte!?"

“B-beh io... Milooo!!” urlo ad un tratto, troncando di netto l'argomento.

Corro alla ben meglio nella sua direzione, accorgendomi che indossa una camicia bianca a maniche a 3/4, tirate sopra i gomiti, e dei pantaloni scuri leggermente stropicciati sulle caviglie nude. Nonostante sia ben vestito, mi appare sciupato, i capelli scarmigliati, il viso smunto, gli zigomi più spigolosi del consueto.

“Milo!!! Stai bene! Cioè, volevo dire... come stai?!” farfuglio in preda all'euforia, abbracciandolo con tutta la forza (non molta!) che possiedo.

“E-ehi, calmati, piccola... sto meglio ora, anche se sono ancora abbastanza debole!” mi risponde, ricambiando la stretta e accarezzandomi dolcemente i capelli. Il suo profumo non è più il suo, non sa più di muschio bianco e pino silvestre, bensì di disinfettante e alcool. Fa lacrimare gli occhi.

“Milo, sei... sei paurosamente deperito anche tu! - constato, con un filo di voce, guardandolo dritto in faccia - E il tuo sguardo è ancora così..."

“Marta, come ti ho accennato, sto lentamente migliorando, però lo stesso non posso dire di te! Sei molto pallida... i tuoi occhi blu conservano ben poco della loro consueta luminosità, fatico a riconoscerli, sai? Sembra quasi... sembra quasi che anche tu abbia subito gli effetti della malattia, o peggio, hai l'aria di chi è stata torturata, o anche...”

“Oh, non e niente, è un'impressione, sono solo un po' stanca!” taglio corto io, sorridendo nella maniera più naturale possibile. L'intuito di Milo è formidabile, negare è un oltraggio al suo acume, ma... non posso farci niente!

"Ehi, è davvero così? - interviene anche Cardia, scrutandomi con circospezione, le braccia incrociate al petto - Ciò che dice Milo è vero, ora che ti guardo meglio sembri proprio..."

"Ma no, cosa vai a pensare?!"

"Quello stronzo può attaccare a distanza, giusto? - osserva, affilando lo sguardo nella mia direzione. Uno lo posso contrastare, due no, accidenti... - Non eri così tre giorni fa, quando hai preso a vegliare ininterrottamente Camus..."

"E'. Solo. La stanchezza. Solo... quella!" scandisco bene le parole, scrollando la testa come a dire di non indagare oltre, che è tutto ok, di pensare a loro stessi, più che a me.

"Marta..."

“Milo! - lo interrompo di nuovo, impedendogli di approfondire il discorso, quasi bloccandolo per le spalle - Mi dispiace tanto... quel giorno sulla spiaggia era come se sentissi che ti sarebbe successo qualcosa, ma non ho potuto avvisarti, non ho fatto a tempo a..."

“E' tutto apposto, Marta, sapevo i rischi che correvo e per chi li correvo. L'unica cosa che rimpiango è di non essere riuscito a darvi un suggerimento maggiormente utile, al di là di quel magro foglietto” mi risponde Milo, prendendo atto della mia decisione di tacergli il mio reale stato per poi passarmii una mano dietro alla schiena e farmi poggiare la testa nell'incavo della sua spalla.

“Ehi, ehi, dico! Comprendo che tu la voglia tranquillizzare, ma non ti puoi schiodare da lei?! Potete comunicare anche stando a distanza!” esclama Cardia, improvvisamente infastidito dalla nostra confidenza.

“Marta, di Camus cosa mi dici? Si è... ripreso?” mi chiede con un filo di voce lo Scorpione del presente, non degnando di un solo sguardo Cardia. Lo vedo inghiottire a vuoto, io mi irrigidisco a seguito della sua frase, trasmettendo a lui un fremito ben distinto all'intero corpo.

“Devi perdonarmi, Milo..."

"Che significa, questo?"

“Non sono riuscita a mantenere la promessa di prendermi cura di lui... - mormoro, distogliendo lo sguardo sempre più cupo - Sta ancora molto male, ha la febbre alta, costante, non riesco a stabilizzargliela del tutto. O-ora ci sta provando Dègel..."

Cade il silenzio tra noi, perfino Cardia sospira pesantemente, non aspettandosi certo un responso così negativo. La verità è che io non riesco ad essere minimamente fiducioso, malgrado le parole di Crono e degli altri, ho una tale paura addosso, mi sento oppressa e...

"Marta..." il tono di Milo si è fatto urgente, mi stringe il polso, portandomi ad alzare lo sguardo su di lui. Sembra voglia dirmi qualcosa di importante, lo vedo bene nelle sue iridi, ma prima che possa iniziare il suo discorso, la palla passa a Cardia.

“Sono già trascorsi tre giorni dal nostro ritorno... è vero che si è ammalato per ultimo, però...” dice solo, omettendo volontariamente tutto il resto.

“Le sue condizioni erano critiche già in partenza, per questo che... - anche Milo è costretto a lasciare la frase a metà, serrando a pugno la mano libera e poi la mascella per tentare di sfogarsi come può - Maledizione a te, Camus! Potevi parlarmi invece di lasciare che, come sempre, io riuscissi ad intuire tutto il fardello che ti portavi sulle spalle! Ma figuriamoci se lo fai... chi cazzo pensi di essere per sopportare tutto da solo, senza chiedere il sostegno agli altri?! Dannazione!” ringhia, procurandomi la tremarella per il tono con cui ha pronunciato tutto il suo monologo.

“Sono sempre strani gli Acquari! Non parlano... aspettano che sia tu a scoprire cosa si può celare dietro il loro ottuso silenzio!” commenta sarcasticamente Cardia, nel tentativo di alleggerire la tensione.

“Cardia, scusa se ora sarò brusco, ma è necessario che tu ci lasci da soli...” lo ferma Milo, con un pizzico d'urgenza.

“C-COSA?! Neanche per idea! Cosa vuoi combinare?! Eeeeh no! Nei tuoi sogni me ne vado!”

“Cardia, calmati! Non ho intenzione di fare alcunché! Marta è una mia carissima amica, dobbiamo semplicemente parlare tra noi!”

"Seeeeee, come no?! E il sogno?! No, me lo devi dire, s-se c'è qualcosa tra voi, ho già Dègel che..."

Inaspettatamente Milo ridacchia a quell'ultima affermazione, ma non è mancanza di empatia, tutt'altro. Lo vedo scrollare il capo, comprensivo: "E' sorella del mio migliore amico..."

"E questo cosa comporta, di grazia?!"

"Che la vedo con i suoi occhi."

"Tu vedi un po' troppe cose con l'altrui sguardo, i miei sogni, tanto per cominciare!"

“Cardia..."

“Cardia, ti prego, è importante che ci lasci soli!” intervengo quindi io, al limite dell'imbarazzo, mantenendo lo sguardo basso.

Non vedo il mio migliore amico distintamente, ma lo percepisco accusare il colpo, mettere un piede avanti a sé, come se lo avessi accoltellato in mezzo alle scapole.

“Non me lo puoi chiedere anche tu, Marta! In virtù della nostra a-amicizia, non dovrebbero esserci segreti tra noi!” tenta di convincermi, pur faticando non poco a pronunciare la fatidica parola.

“In questo caso ci sono, perdonami, c'entra il futuro, c'entra Camus... e lui sai che è riservato, non vorrebbe si sapesse troppo sul suo conto!"

Cardia ricerca il mo sguardo, aspetta, i nostri occhi si incrociano con non poche problematicità. Infine sospira, girandosi di spalle

“Va bene, Marta... Come tuo amico rispetto la scelta di non dirmi niente..."

"Car..."

"Beh, torno all'Ottava Casa, ora. Milo, ti aspetto là appena starai meglio, cerca di sbrigarti, perché mi sono ormai abituato alla tua presenza e inoltre Sonia non vedrà l'ora di riabbracciarti senza questa puzza di medicinali che ti porti addosso!” dice, in tono forzatamente piatto per la persona che è. Ed esce, senza più guardarmi e rivolgermi la parola, ferito nell'anima.

Mi sorreggo istintivamente la testa con una mano, guardando altrove nel sentirmi nuovamente male per il suo stato che dipende strettamente da me.

"Se ne è andato senza più opporre la minima resistenza..." constata Milo, ancora incredulo nel fissare la porta chiusa.

“Mi dispiace così tanto per lui...” mormoro, svuotata.

“I sentimenti non sono così semplici da ricambiare... Lui è cotto fino al midollo, lo so, lo vedo, ma tu non ci puoi fare nulla, Marta! Noi Scorpioni ci innamoriamo in maniera eccessiva, forse... o siamo salvati o dannati per l'eternità, non esiste alcun Purgatorio!” mi spiega poi, cupo, come se parlasse per esperienza personale.

“Non dirmi queste cose, mi spaventi! Si potrà pur innamorare di qualcun'altra, prima o poi... cioè, lo spero!” biascico, ingoiando a vuoto.

“Per me non è stato così... - ammette, più fiacco di prima, dimostrandomi che davvero parla per esperienza diretta. Poi si riscuote - Ad ogni modo, forse non tutti sono così, non è detta l'ultima parola! Si è innamorato di te, questo è certo, ma... come è accaduto una volta... forse può riaccadere di nuovo con un'altra" mi dice, con un sorriso, anche se tuttavia non mi sembra particolarmente convinto.

Lo guardo intensamente negli occhi, chiedendomi tacitamente se io conosca la persona che ha avuto il potere di far battere il cuore all'impazzata ad uno come Milo: "Lei... l'hai persa?" gli chiedo di getto, prima di accorgermi che, forse, sono stata inopportuna.

Tuttavia il sorriso del mio amico non si spegne, diventa solo più delicato, gli occhi brillanti, mente la sua mano si muove verso la mia testa per accarezzarmela in un gesto più che naturale.

"Fortunatamente no, è ancora con me, ma il tempo cambia molte cose e, talune, irreversibilmente!"

Un discorso simile a quello che mi ha fatto Sonia prima, si vede che è stata addestrata da lui.

"E fa male... - esito, sofferente, il mio cuore perde un battito. So dove voglio andare a parare, ma fa male la sola volontà di pronunciarlo - Avere una persona, che non è più quella di allora, lì, davanti ai tuoi occhi, costantemente, senza poter recuperare ciò che siete stati?!"

Milo deve capire a chi mi sto riferendo, la sua espressione si addolcisce mentre, senza avvertirmi, mi riconduce tra le sue braccia, trattenendomi lì per un po', il tempo per farmi acquietare un minimo, perché avevo preso a tremare.

"Questo è estremamente soggettivo, Marta! Meglio perdere per sempre la persona che ami, non vederla mai più, ricostruirsi una propria vita, o avercela ancora, ben sapendo che non sarà mai più come prima, compreso il rapporto che avevate tra voi?"

"Io..."

"Marta - il suo tono si è fatto grave, mi guarda negli occhi nel chiamarmi con quel particolare tono che non saprei decifrare correttamente - Perdonami la domanda diretta, ma te lo devo comunque chiedere: hai scelto Camus per dovere nei suoi confronti? Perché... lui, tra te e Seraphina, ha deciso di salvare te?"

Sussulto alla domanda diretta, che mi conferma pienamente il sentore di prima, ovvero che Milo sa tutto, perfino chi sia stata io in un'altra vita.

"...oppure lo hai scelto perché..."

"Lui è la persona più importante della mia vita, non... Dègel!!!" lo interrompo di getto, sbalordendolo.

Mi rendo conto appena di quello che ho pronunciato, e solo dopo pochi, necessari, secondi. Cerco di nascondermi come posso sotto la frangia, sotto la mano che trattiene ancora la testa, che altrimenti si piegherebbe in avanti, vinta. Devo socchiudere disperatamente gli occhi per evitare di piangere davanti a lui. Mi sento... così spregevole!

"E'... è davvero così! - ammetto con non poca fatica, ingoiando a vuoto - A-anche se è tutto sbagliato, a-anche se sono un mostro a pensarlo, ma... è Camus la persona più importante della mia vita!"

"E perché dovresti essere un mostro?"

"Perché Dégel non lo merita; non merita di... sigh! - mi scappa un singhiozzo, lo lascio andare, trattenendo però i seguenti - E' la persona che ami q-quella che dovrebbe essere il basamento centrale della tua vita..."

"E chi lo ha enunciato, questo? Anzi, chi ti dice che ce ne sia solo una?"

Lo osservo sbigottita, a corto di fiato e parole.

"Ho amato, amo tutt'ora e, forse, amerò anche in futuro... ma non sacrificherei mai Camus per niente e nessuno. E'... lo è anche per me, Marta! - momenti di silenzio, lo vedo alzare lo sguardo al soffitto per poi riabbassarlo - La persona più importante della mia vita!"

Sorrido di riflesso, un poco più tranquilla: "Lo so, lo è anche per Cardia, Dègel, intendo... la vostra amicizia è eterna!"

"Allora io e te siamo entrambi dei mostri, tu che dici?!" mi fa l'occhiolino, mettendosi poi a ridere, una vera e propria panacea per le mie orecchie.

"Io, però, non sono riuscita a proteggerlo, Milo, ho infranto la nostra promessa l'ho fatto solo soffrire, e... e adesso, per colpa della mia scelta, anche Dègel è... condannato!"

"Questo me lo stavi dicendo anche prima, Marta, ma è fondamentalmente sbagliato!"

"E-eh?!" chiedo, allibita.

“Entrambe le tue affermazioni! - mi accontenta placido, facendosi più serio di prima - Non stai uccidendo Dègel e non è vero che non hai mantenuto la promessa, mi pare anzi che Camus sia vivo grazie a te!"

"S-sì, ma..."

"Smettila, come lui, di darti colpe che non ti competono... vi distruggono, lo capisci? Tuo fratello ha già subito su di sé l'immenso peso di tutto questo, tu non devi ripeterei suoi errori!"

"Lo ha subito... perché io non sono stata in grado di capirlo!"

"Lo ha subito perché lui stesso non è stato in grado di farsi capire, continuando ottusamente a perseverare da solo!" mi corregge, dandomi un pizzicotto sulla guancia come a ridestarmi dalla tormenta che mi sta avvolgendo.

“Io... non voglio più che lui si ritrovi da solo contro questo mostro! - biascico, scrollando la testa - non voglio più... perderlo, come è successo con Dègel!"

"Non lo voglio neanch'io, Marta..."

“A-allora facciamoci una nuova promessa... - propongo, ricercando il suo sguardo, che si imprime nel mio - Non sarà più solo, qualunque cosa accada, chi di noi due scoprirà qualcosa su quello che sta passando in un dato momento della sua vita, lo rivelerà all'altro. Faremo fronte comune, se lui non vorrà prendere la nostra mano, perché troppo orgoglioso, saremo noi ad acciuffarlo, per... non farlo scivolare giù... ti prego!"

"Marta..."

"Promettimelo, Milo! Solo così il sacrificio di Dègel non sarà stato vano e... D-Dègel!" non riesco a proseguire, mi chiudo istintivamente nel pronunciare il suo nome, nascondendomi il viso con le mani e strizzando disperatamente le palpebre.

Non sto uccidendo Dégel... non lo sto uccidendo... come posso convincermi di questo?! Non riesco quasi a respirare, da quanto mi si sia occlusa la trachea! La verità, la sola, è che io avrei voluto salvarli entrambi, ENTRAMBI!!!

Lo Scorpione non parla, non subito, prima mi abbraccia, forte, come avrebbe potuto fare Cardia, come avrebbe certamente fatto anche mio fratello. Riprendo lentamente a respirare correttamente.

"M-Milo..."

"Va bene, Marta, te lo prometto: qualunque cosa succeda da qui in avanti, Camus non sarà più solo!"

Mi sforzo di sorridere, rincuorata, annuendo a mia volta: "Te lo prometto anche io, farò di tutto... perché non accada mai più una cosa simile!"

 

*********************

29 Agosto 1741, sera.

 

“Martaaaa!!!”

“MA CHE CAV...!!!” grido, saltando letteralmente giù dal letto per lo spavento.

Purtroppo i riflessi ancora intorpiditi dal sonno non mi permettono di rimanere in piedi, facendomi invece picchiare contro il comodino e finire malamente a terra, stesa lunga e prona. Un moto confusionario si dilaga nella mia mente, le immagini del sogno corrono sfumate, dileguandosi poi in qualche anfratto del mio cervello. Mi rendo appena conto di non essermi più alzata dalpavimento, di non aver opposto neanche una valida resistenza, tanto è stato immediato il trambusto che mi è piombato addosso.

Mi guardo stordita intorno, cercando l'origine di quell'improvviso tornado che mi ha investito e travolto, trovandolo nella figura di Michela che si sbraccia come una pazza isterica nel tentativo di attirare la mia attenzione.

“Ops, scusami!!!” urla lei, accorgendosi della mia occhiata obliqua per poi saltare subito sul MIO letto in preda ad una gioia quasi isterica. Lo stesso faceva quando era più piccola e doveva darmi una bella notizia, tipo una sufficienza in matematica, ma la differenza di peso tra la lei del passato e quella attuale è nettamente diversa, se continua così...

“Michela, mi sfasci il letto se continui così, inoltre...”

CRAACK!

“Ecco come non detto... - biascico, alzandomi faticosamente in piedi e osservando sconsolata l'operato della mia amica - E' stato bello passare queste notte con te letto, ora ADDIO!” ironizzo, sospirando pesantemente.

“OOOPS... SCUSA, MARTA!” ripete Michela, saltando giù dai resti del mio giaciglio ma continuando a muoversi a destra e sinistra neanche l'avesse morsa una tarantola.

“Fa niente... intanto sono solo tre giorni, forse di più, che non dormo!” rispondo, seccata, sfregandomi gli occhi per poi stendermi, senza ulteriori cerimonie, sul pavimento sopra il tappeto. Posiziono i gomiti in modo da avere un sostegno, le ginocchia si piegano naturalmente verso il ventre in posizione quasi fetale. Rabbrividisco un poco dal freddo, non ne posso fare a meno, perché, almeno le sere, qui in Grecia, si sono fatte ben più fresche, sancendo la fine dell'estate. Non è un luogo assolutamente comodo, certo, ma sono talmente allo stremo che pure il marmo mi andrebbe bene per chiudere un po' gli occhi e riposare.

Richiamo a me le tenebre del sonno. Forse, se sono fortunata, il sogno ricomincerà da dove l'ho lasciato...

“MARTAAA!!!” ulula ancora Michela, venendomi nuovamente addosso con il suo non proprio dolce peso, scrollandomi con forza inaudita.

Questo è veramente troppo e che cavolo! Ero appena riuscita ad addormentarmi, SONO STANCA, è troppo desiderare un po' di riposo?!

“Michela, ti sto per mandare al diavolo, ti avverto... Si può sapere cosa diavolo c'è?! Spero sia una motivazione valida, altrimenti...”

“Il Maestro Camus si è svegliato!!!”

Spalanco gli occhi al limite dell'umano possibile, trapassata da parte a parte da quel seguitare, breve, di parole che racchiudono tutto il mio mondo. Il mio cuore perde un battito, ma accelera immediatamente dopo, così come il fluire dei miei pensieri.

“COSAAAA?! MA IO TI HO SEMPRE VOLUTO BENE!!!” strepito, saltandole addosso a mia volta in preda all'euforia più pura. Il movimento mi provoca una fitta bilaterale al petto e al braccio, ma la gioia è talmente elevata da sopperire al resto.

“Che cambiamento! Poco fa non volevi mandarmi al diavolo?! Ahahahaha!” ridacchia Michela, aiutandomi ad alzare per poi improvvisare una giravolta in sincronia con me.

Completamente ubriache a causa della felicità, incominciamo a ballare e a saltellare per tutta la stanza, incurante di sbattere ovunque, urlare, dimenarci come se fossimo sotto effetto di stupefacenti: tutto il Santuario lo deve sapere!!!

Alla fine ci buttiamo insieme a terra, ridendo come due ebeti, il respiro corto, cortissimo. Torno lentamente in me, il sorriso sul mio volto si fa via via sempre più malinconico e stentato. Fortuna che la mia amica non lo nota, presa com'è a ridere, decisamente ben più capace di me a mantenersi su di giri.

“Posso... posso andare a trovarlo, secondo te?” le chiedo, un poco titubante, tanto che lei si gira verso di me e mi osserva come se non avesse capito bene la mia frase.

"Che... perché questa domanda, adesso?"

"Pensavo... forse non è il caso!" scrollo la testa, rimanendo a fissare il soffito.

"Marta... - il suo tono inaspettatamente si fa severo, cosa rara per lei - Non è che puoi, DEVI!"

"Ma io..."

“Francesca ed io siamo tornate ora, solo che lei è andata ad avvisare gli altri Cavalieri d'Oro, io mi sono recata qui. Il Nobile Sage ha insistito per visitarlo, ovviamente Camus non è ancora molto in sé, se l'è fatto fare, noi volevamo rimanere con lui, al suo fianco, ma il Grande Sacerdote era irremovibile..."

"Oh..."

"Ha detto che non impiegherà molto, di venirti a chiamare, che avrebbe giusto controllato il suo stato generale di salute, poi lo avrebbe lasciato in pace" mi illustra, alzandosi a sedere, il volto un poco oscurato dalla penombra della stanza.

Rimango ferma a fissare il soffito, o meglio, il vuoto, perché non sto guardando realmente niente, sento solo un gran disagio e... questa sensazione di inadeguatezza che non se ne vuole andare.

"...è stato il tuo nome..."

"E-eh?!" la frase di Michela, che odo appena, è come un fulmine a ciel sereno. La fisso, incredula, lei ricambia con un sorriso.

"La prima parola che ha pronunciato durante il risveglio, è stato il tuo nome. - mi delucida teneramente - Ti giuro, ha aperto gli occhi e ti ha chiamata, mi ha fatto una tenerezza assurda! Poi ha avvertito il movimento mio e di Francesca, che eravamo con lui in quel momento, ha sbattuto un po' le palpebre, come per metterci bene a fuoco, e ha biascicato qualcosa di molto simile a 'buongiorno, Michy, Fra...' ti giuro il cuore mi stava per scoppiare dall'emozione. Ci ha sorriso... con tutte le sue forze... è stato bellissimo!"

"Sì, lo è..." biascico, gli occhi lucidi. Il mio cuore automaticamente ha un tuffo più forte degli altri nell'immaginarmi la scena, mentre la forte volontà di rivedere mio fratello mi spinge ad alzarmi in piedi, malgrado la stanchezza. Le mie membra sono pesanti, ma il mio animo non può essere più leggero di così.

"Avrei voluto strapazzarlo di coccole, sai? Ero già pronta a saltargli addosso, ma Francesca me lo ha impedito, uffi, poi è arrivato il Nobile Sage" mi racconta ancora, un poco infastidita dall'essere stata bloccata prima che potesse agire.

“Forse è meglio così, Michy... devi dargli il tempo di rimettersi completamente in sesto, poi potrai abbracciarlo quanto vorrai!" provo a ravvivarle l'umore, sorridendo a mia volta.

"Oh, sì, la prossima volta non mi scappa, è una promessa, ihihi!"

Già, non scapperà più, non ci sfuggirà più, perché saremo tutti noi a proteggerlo!

“Tu invece cosa stai aspettando, Marta, un invito?! VAI DA LUI!" mi spintona amichevolmente lei, indicandomi la porta di uscita, Io rimango inavvertitamente basita, non sapendo se azionarmi o meno.

"Sono ordini del Nobile Sage, non puoi sottrarti!" mi cantilena lei, posando le mani sui fianchi.

"Ma io..."

"Non vuoi obbedire al Grande Sacerdote?! Buuuuuuh, buuuuuuh!!!" mi fa pure i cori da stadio con tanto di pollici inversi, come se avessi fallito un goal.

Il punto è che io andrei anche, smanio dalla voglia di rivederlo, ma... è come se fossi bloccata dalla vita in giù. Totalmente.

"Camus ha bisogno di rivederti, lo sai... vai da lui!" mi sprona ancora, affabile, regalandomi una nuova spintarella in avanti. Qualcosa dentro di me finalmente si smuove.

“I-io... g-grazie per avermi avvertita, corro subito, allora!” esclamo, grata, gli occhi nuovamente lucidi, prima di scattare nel bandire ogni più piccola incertezza residua.

Nel giro di pochi minuti raggiungo il tredicesimo tempio e così la camera dove riposa mio fratello. Ingoio a vuoto, emozionata come non mai. Non ho ancora idea di come comportarmi con lui, non dopo tutto ciò che è successo fra noi e le ultime visioni. Prendersi cura di lui in questi giorni è stato più che naturale, mi emoziono alla sola idea di rivederlo, ma parallelamente ho una paura atroce di dire o fare qualcosa di sbagliato.

Un nodo mi si stinge nel petto, l'ossigeno sembra farsi più rarefatto mentre, quasi come in un sogno, spingo la porta che mi divide dalla fatidica stanza.

Ed eccolo lì il mio caro fratellino!

Vedo chiaramente avanti a me la sua figura, parzialmente coperta dal lenzuolo, avvolta delicatamente dai raggi rossicci dell'ultimo sole del giorno. La sua pelle, esattamente come la luna, sembra assorbire su di sé tali raggi, rendendo così la cute, ancora tremendamente diafana, di un color rosato tenue.

“C-Ca... - il primo tentativo di chiamarlo languisce nel vuoto - ...mus!"

Nessuna risposta...

"C-Camus!" il secondo tentativo va un poco meglio, ma la sua reazione continua a non arrivare.

Probabilmente si deve essere riaddormentato dopo la visita, Michela mi aveva detto che non era ancora molto in sé...

Sospiro tra me e me, passando larga rispetto al letto, perdendomi comunque ad osservarlo con apprensione. Ha gli occhi chiusi e respira profondamente, il lenzuolo gli copre l'addome, ma i piedi sono fuori, esposti fino alle caviglie, come se avesse avuto caldo e avesse provato a scoprirsi, salvo poi fermarsi perché troppo sfinito. Anche il braccio sinistro, pieno di lividi, è fuori, adagiato mollemente sulla coperta. Nei giorni precedenti ho dovuto eseguire più di una iniezione, i segni di tale intervento sono ancora lì, sembrano quasi indelebili, stampati a macchia sulla sua cute. Ancora una volta.

Mi costringo infine a guardare oltre, verso la finestra, che nel frattempo ho raggiunto, spalancandola per far passare un po' d'aria pulita. A lui piace così tanto la brezza leggera, spero possa percepirla e trarne giovamento.

Non è davvero il caso di svegliarlo se si è riaddormentato, anche se adesso come non mai desidererei sentire ancora la sua voce soave con quella leggerissima patina francese che caratterizza il suo linguaggio; percepire nuovamente il suo tocco delicato accarezzarmi la testa, facendomi sentire tutta la sua vicinanza. Mi sembrano passati anni luce dal nostro ultimo incontro, forse è stato davvero così, complice il viaggio nel tempo, ma stranamente proprio adesso mi sento vacillare, non sapendo più cosa fare.

L'arietta fresca della sera mi smuove i capelli, permettendomi di prendere una boccata d'aria; la prima vera boccata d'aria da quando siamo tornati. Neanche sotto l'attacco di quel negromante mi sono sentita così stordita, spaventata, paralizzata... ed è assurdo che proprio ora io crolli così! Ho come la sensazione di essere stata immersa per tanto, tantissimo, tempo, e che solo ora, finalmente, sia riuscita a riemergere. La sensazione che ne deriva è talmente estraniante da confondermi ancora di più: non sono più un grado di respirare da sola, o cosa?! Faticosamente torno a concentrami sullo spettacolo davanti ai miei occhi. Così rosso. Così vivido.

“E'... è davvero meraviglioso! Questo colore, queste forme... mi sembra quasi di vederle per la prima volta!” dico tra me e me, completamente rapita da uno spettacolo apparentemente comune. Il tramonto, in sé, non ha nulla di particolare, l'assenza delle nuvole lo rende anonimo, ma davvero, e di nuovo, è come se lo scorgessi per la prima volta in vita mia, come se tutto... lentamente... ricominciasse a scorrere.

“Sì, è merav-iglioso, anf, così come quest'aria fresca... a contatto con la mia pelle, d-dopo che per così tanto tempo s-sono rimasto... i-incosciente!”

Sussulto pesantemente, iniziando a tremare per l'emozione. Riconoscerei quella voce tra mille, ma... proprio come l'ossigeno, proprio come il tramonto, mi ritrovo ammutolita alla sua manifestazione. E, di nuovo, per la terza volta, la sensazione che ne deriva è estraniante.

“F-fratellino...” biascico appena, dimenticandomi quasi di respirare.

Poi mi giro lentamente in direzione della sua voce, tremando visibilmente per paura che tutto possa sfumare in un'istante come in un sogno sfuggevole.

Ma Camus è ben nitido davanti a me, il suo sguardo rassicurante è fisso sulla mia figura.

“Sì, piccola mia, anf, sono felice... urgh, di rivederti” riesce a biascicare faticosamente, mentre le sue labbra si stendono in un sorriso terribilmente stanco, ma altrettanto dolce.

E' così stremato... la sua voce si percepisce appena, ed è già in affanno dopo aver pronunciato poche, semplici, parole, ma mi sorride, con tutte le sue forze, mi si scioglie il cuore al solo rivederlo.

Sospiro, ingoiando a vuoto, dirigendomi a passi lenti verso di lui. Vorrei urlare dalla gioia e abbracciarlo con tutte le forze che possiedo, ma non faccio niente di tutto ciò, pienamente consapevole della sua debolezza fisica e psicologica: come contro il Mago, è il mio turno di dimostrarmi forte. Mai come ora appare così fragile ai miei occhi, nonostante abbia vinto la battaglia più importante della sua vita.

Anche le lacrime vorrebbero finalmente trovare uno sbocco e riaffiorare, vinte da una pressione troppo forte. Malgrado ciò, nel breve spostamento per coprire la distanza dalla finestra al letto -un vero e proprio viaggio secondo la mia percezione!- il mio sguardo, seppur lucido, non fa trapelare alcunché.

“C-Camus, s-sai cosa hai rischiato? Hai agito da solo, senza rivelare niente a nessuno, al di là di Francesca di cui evidentemente ti fidavi ciecamente. Come pensi che mi sia sentita?! Avrei così tanto da chiederti, fratellino!” balbetto, inginocchiandomi al suo fianco per poi appoggiare la testa sul bordo del materasso.

Vorrei anche solo toccarlo, ristabilire un contatto, non riesco. Chiudo le palpebre, serrando le labbra per non emettere alcun suono: non voglio più piangere, me lo sono ripetuto più volte, eppure ne sento così il bisogno, maledizione! Perché, dopo tutto quello che è successo, sto crollando proprio ora, perché mi sento così debole e indifesa, quando invece vorrei apparire forte e temeraria davanti a lui?!

Mentre lotto aspramente con il bruciore che sento permearmi il contorno occhi, avverto con distinzione la mano di Camus posarsi sulla mia testa e accarezzarmi dolcemente i capelli come solo lui sa fare, stabilendo lui un contatto che, ormai, non credevo più di poter provare. L'emozione che ne deriva accelera il mio respiro, fa... quasi male!

“V-vuoi giustamente delle spiegazioni, piccola mia, ed io te le devo p-per quello che ti ho... fatto passare... anf, m-ma ti prego, anf, anf, n-non adesso, Mart... urgh, n-non adesso! S-sono... troppo stanco per p-parlare d-di questo!” mi dice faticosamente con voce roca, raschiandosi atrocemente la gola per cercare di essere più chiaro possibile.

Alzo lo sguardo, incrociandolo con il suo infinitamente stremato. E' ancora sudato e probabilmente ha ancora la febbre, fatico a scorgere la consueta luminosità dei suoi occhi. Le labbra sono secche e screpolate, il respiro corto, eppure continua a sorridermi con infinita dolcezza, la sua mano ancora posata sulla mia testa, l'indice e il medio giocherellano con uno dei miei ciuffi, il pollice invece mi solletica lo zigomo.

“Camus, hai sacrificato tutto per salvarmi... tut-tutte le tue scelte sono state fatte allo scopo di proteggermi, ed io... io ti ho detto quelle parole terribili. Non è vero che ti odio, tutt'altro!” affermo, posandogli di riflesso la mano tremante sul petto.

Come immaginavo, la sua pelle è ancora calda, le ferite, seppur finalmente richiuse dopo i trattamenti dei giorni scorsi, sono ancora fresche. A giudicare dalla smorfia comparsa sul suo volto, devono dolergli alquanto.

“L-lo so, non c'è bisogno di dir-melo, urgh. N-non ho mai pensato, neanche per un istante, anf, c-che tu mi odiassi, ma... e-eri arrabbiata per quello che avevi sentito e hai r-reagito. Ho... sbagliato io!” proferisce, sollevandosi un poco sui gomiti per passarmi meglio il braccio vicino intorno alle spalle in un tentativo di abbraccio.

Il desiderio di toccarmi, dopo quello che ha vissuto, è intenso, purtroppo però le forze non sono sufficienti per sostenerlo e, poco dopo, è costretto a sdraiarsi di nuovo, il respiro ancora più corto e il petto ansante.

"Non affaticarti ulteriormente... sono qui, avremo tempo per riabbracciarci quando starai meglio!"

"Riab... cough, cough!" prova a dirmi, ma la sua voce si strozza in seguito ad una tosse violenta.

Ingoio a vuoto, ritrovandomi nuovamente spaurita per la sua sofferenza ancora così tangibile. Parlare e fare sforzi non gli fa bene, il suo respiro arriva frenetico all'addome, che si gonfia e sgonfia con movimenti rapidi e del tutto innaturali. La sua espressione quasi disperata nel non riuscire a comunicare come vorrebbe, mi frantuma l'anima, spingendomi a cullarlo con movimenti circolari sul capo, tra i capelli, che sembrano piacergli particolarmente.

"Mar-ta, anf."

"Stai tranquillo, riposa..." ripeto in un bisbiglio, tenendogli dolcemente la mano destra tra le mie dita.

"Ma..."

"Riposa." insisto, cercando di tranquillizzarlo

Lui annuisce, gli occhi lucidi, nel ricambiare la stretta, anche se con estrema difficoltà. Inizio quindi a carezzargli il dorso con gli stessi movimenti lenti e delicati. Ben presto lo vedo cedere, cadendo passo passo in un sonno sempre più profondo, al punto da credere che si risveglierà solo domani mattina. Tuttavia, pochi minuti dopo, si sveglia in un sobbalzo, come se qualcosa -qualcuno!- lo avesse improvvisamente ghermito.

Il suo sguardo terrorizzato naviga brumoso per tutta la stanza, devo aumentare la stretta sulla sua mano per farlo riprendere.

"Marta!"

"Va tutto bene, sono qua. Che succede?"

Lui esita, per un secondo sembra intenzionato a parlare, ma poi, tornando sul cuscino, succhiude stancamente gli occhi.

"N-niente."

Ha recuperato un po' di voce, ma ancora non è sufficiente. Butto fuori aria, nervosa, accarezzandogli con l'altra mano alcuni ciuffi di capelli cobalto umidi sulla fronte sudata.

"Dormi." riprovo, tenue, ottenendo però un netto rifiuto che mi porta a comprendere le ragioni della sua ritrosia.

"Non... riesco, anf!"

"Cosa posso fare... per farti stare meglio?" gli chiedo, lo strazio nel cuore nell'assistere alle sue condizioni.

"L-lo stai già facendo, anf... - mi dice, stremato, socchiudendo gli occhi per poi riaprirli a fatica - Puoi... puoi parlar-mi ancora un po'? M-mi piace molto s-sentire l-la tua... voce."

Arrossisco, distogliendo, imbarazzata lo sguardo. Questa è, in assoluto, la prima volta che mi rivela una simile cosa, soprattutto con così tanta spontaneità. Deve essere atroce quello che gli ha fatto provare quel verme, forse ben più di quanto io possa aver immaginato. Decido di continuare a parlare per distrarlo.

“Perdonami se non sono riuscita a capire tutta la sofferenza dilaniante che era celata dietro il tuo sguardo. Tu mi imploravi un tacito aiuto, ed io non sono riuscita a comprenderlo! A-avevi bisogno di me, di un sostegno, ed i-invece...nnnh!” niente da fare, il mio tono si è incrinato troppo, sono obbligata a fermarmi un attimo.

Prendo ampie boccate che riescono solo ad aumentare la mia voglia di lasciarmi andare, ma ancora resisto, anche se a fatica, ancora reggo. Avrò tempo dopo, nella mia camera, per scoppiare.

“N-non potevi capirlo... in alcun modo... non fartene cruccio, anf. A-appena avrò le forze sufficienti per farlo, ti spiegherò tutto, è una promessa!” dice ancora lui, sospirando a sua volta per poi chiudere nuovamente gli occhi. Il suo corpo palpita nel pronunciare queste poche parole, spingendomi a prendere posto al suo fianco, sul bordo letto, per accarezzargli meglio i capelli e le guance.

Sei ancora così debole e provato... continuo a provare questa immensa paura di perderti. Sei... sei davvero fuori pericolo, adesso? Sono riuscita a salvarti?

Ingoio nuovamente a vuoto, continuando a coccolarlo e fargli sentire la mia presenza come meglio posso. Forse adesso riuscirà a prendere sonno... ne ha così bisogno!

Rimango indecisa se rimanere ancora un po' con lui o chiedere il cambio a Dègel e Sonia, ma nello stesso istante in cui sto per alzarmi, lui riapre ottusamente gli occhi, indomito, per nulla arrendevole alla stanchezza. Sono già pronta a strigliarlo e imporgli di riposare anche a costo di dargli una botta in testa a fin di bene, ma la sua espressione nella mia, così cristallina, limpida, mi mozza il respiro per l'intensità.

“Ti ho... percepita in quei momenti, sai? P-posso... percepirti sempre, piccola.“

Rimango basita a guardarlo, mentre le sue labbra si stirano in un altro stentatissimo sorriso, ma altrettanto dolce. Quei suoi occhi così pieni, anche se logorati, mi abbracciano e mi riscaldano in maniera del tutto naturale. Se solo penso... se solo penso alle condizioni in cui versava durante l'attacco del Mago, alle sue orbite vuote, spalancante in quell'espressione atroce. No, non... non reggerei più a vederlo così!

“Deve essere stato... t-tre giorni fa, lo ricordo distintamente anche se stavo molto male a causa dell'intervento del Mago. E-ero, anf, sul punto di arrendermi, ma... cough! Cough!” proferisce in tono tremante, ma poco dopo è costretto a fermarsi, colto da una sequela di colpi di tosse piuttosto potenti.

Si volta dolorante dall'altra parte, coprendosi alla ben meglio la bocca con una mano nel cercare di celare il suo malessere, almeno finché non lo accarezzo nuovamente, attirando così la sua attenzione.

“Camus, santo cielo, non parlare ora, avremo tutto il tempo dopo per...”

“Anf, no, Marta, ho bisogno di dirtelo ora... è importante per me, anf.”

"Non puoi, Cam, non ne hai le energie, vedi?! Sei stato ad un passo dalla morte, ed io... io ho ancora una paura folle di perderti! - strabuzzo gli occhi, mi mordo il labbro inferiore. Non. Devo. Piangere. Dannazione. - Riposa adesso! Io sono qui, sarò qui anche al tuo risveglio, se lo vorrai, te lo prometto!"

"Ho... ho bisogno di par-larti ora, anf, n-non voglio più... perdere tempo... P-per favore, consentimelo!"

Sospiro rassegnata, capendo che è inutile impedirglielo, visto che lo desidera così tanto. Testone davvero. Un mulo.

"Tanto anche se te lo impedissi tu ti incaponiresti, non è forse così?! - ridacchio, ottenendo il suo cenno di assenso, prima di tornare a carezzargli i suoi folti capelli - E allora non ho alcuna alternativa! Vai pure... ti ascolto!"

“V-volevo dirti semplicemente 'grazie'... - riprende dopo un po', ricercando goffamente la mia mano per stringerla nuovamente tra le sue – Q-quando stavo per ar-rendermi, ho sentito il tuo cosmo avvolgermi delicatamente, sussurrandomi, anzi, gridandomi di non cedere! Non mi hai lasciato nemmeno in quel momento e s-sei stata, anf, al mio fianco per tutti i giorni successivi. G-grazie veramente, i-io...”

“Era questo che volevi dirmi? - gli domando con dolcezza, intenerita dal suo dare così tanta importanza a questa cosa - Avevo promesso che ti avrei protetto a qualsiasi costo, ricordi?” gli sussurro, chinandomi verso di lui per baciargli la fronte ancora calda e sudata.

"E-era come a-affogare, n-non riuscivo più a respirare, Marta, anf, i-in quel..." sgrana gli occhi nel ricordare quei momenti, ogni fibra del suo corpo si irrigidisce, spingendo me a sfiorargli la curva del volto per riscuoterlo. E' comprensibilmente traumatizzato.

"Camus, ci sarà tempo dopo per questo, adesso non devi rammentare nulla, pensa solo a riposare... riposa, fratellino!"

Devo usare tutta la mia forza di volontà per mantenere un tono di voce dolce e rassicurante. In realtà, al solo vederlo ridotto così, la rabbia più cieca mi investe. Fatico a trattenermi, in testa il desiderio spasmodico di fargliela pagare al Mago pe tutto quello che gli ha fatto. Gli accarezzo l'ovale perlato del viso nel cercare di calmarlo.

Il mio tocco riesce fortunatamente a ridestarlo, torna a guardarmi, nuovamente presente, sebbene permanga ad essere teso. Faccio quindi per rimboccargli meglio le coperte, ma lui, con un gesto della mano, mi fa capire di non aver ancora finito il suo monologo. Vuole continuare il dialogo?! Che zuccone, accidenti! Cosa dovrei fare? Camus! Camus! Camus! Mi fai tribolare così, non ti rendi conto di essere allo stremo?! Perché devi essere così assurdamente ottuso, certe volte?

“Sei stata... come la speranza e la luce che mi hanno guidato in quei momento così difficili, anf. L-la mia... piccola, anf, preziosissima, lucciola! - continua imperterrito lui, mostrandomi la parte più emotiva e delicata di lui come mai aveva fatto finora - Marta, forse te l'ho detto t-troppe poche volte, meno di quante ne merite-resti, ma... ugh, per me... tu sei, anf, più importante... di ogni altra cosa!"

Rimango fisso a guardarlo, gli occhi mi punzecchiano fastidiosamente e la rabbia si è dileguata in un istante. Il groppo in gola, che credevo di aver sconfitto, si è riformato e ora... cerca di palesarsi fuori! Allineo le labbra per impedirglielo. Sono al limite, lo sento... e lui prosegue nel suo discorso.

"R-ricordatelo sempre, p-perché, anche se non te lo dico spesso, sei... questo per me, l-la mia... luce... persino nelle t-tenebre più fitte!”

Mi posa maldestramente la mano sulla gamba, mentre discosta istintivamente lo sguardo. Non riesce a guardarmi in faccia mentre lo dice, tanto è l'imbarazzo, deve dirigere gli occhi altrove, alla parete ancora parzialmente arrossata dal tramonto.

Da parte mia, diventa tutto sfumato, ovattato, all'infuori del calore che si irradia nel mio petto, dove la mano di mio fratello è ancora teneramente posata. Automaticamente cessa anche la mia -vana!- resistenza al pianto, che si rompe nell'esatto momento in cui due lacrime capricciose fuoriescono dai miei occhi stanchi. Lui deve percepirle in qualche modo, perché si volta nuovamente nella mia direzione.

Dopo le sue parole, è tutto un fluire di sentimenti vari e travolgenti. Ho perso irrimediabilmente il controllo, non sarà facile fermarmi... anzi, che dico, devo farlo, malgrado percepisca il viso solcato dal pianto, che ormai ha rotto gli argini. Eppure so... so fin troppo bene che a mio fratello questo liquido immondo non piace per niente; so fin troppo bene che abbiamo vinto, insieme, come so perfettamente che siamo una la persona più importante dell'altro, eppure udirlo con queste mie orecchie, dopo il pericolo passato, il dolore, mi provoca una reazione incontrollabile, che non sono più in grado di trattenere.

"Mar-ta... anf, l-le lacr-ime, non..."

“I-io non so cosa sto facendo! - mi sento in dovere di tentare di spiegare - M-mi ero ripromessa di essere forte, e invece... invece non riesco più a fermarmi. Mi sembra solo... m-mi sembra solo di e-essere stata sott'acqua per un'eternità, dosando l'ossigeno per non morire, e continuare così a resistere per andare avanti, avanti e ancora avanti, io... volevo salvarti, fratellino, volevo tornare a galla, con te, e..."

"E ci sei riuscita, piccola, per questo non... devi cercare di non piang..."

"MA E' PROPRIO ADESSO CHE IO... sigh! N-non ce la faccio Cam, ora che sei qui, cosciente, che r-respiri senza b-bisogno di aiuto, e che... c-ce l'abbiamo fatta, io e te, lo abbiamo... sconfitto! - è la mia espressione a incrinarsi prima del mio tono, ho appena il tempo di accorgermene, prima del collasso - Perdonami, Camus, volevo dimostrarti quanto fossi cresciuta e diventata forte, invece... invece... nnnnnnnngh!" la mia ultima resistenza crolla, tramutandosi in un vero e proprio pianto liberatorio che si diffonde all'intera stanza.

Percepisco il suo sussulto, le molle del letto cigolano, assecondando un movimento che io tuttavia non riesco più a vedere perché ho gli occhi serrati. Poi avviene. Mi sento avvolgere delicatamente dalle sue braccia. Con estrema fatica, riesce a condurmi già, a sé, per stringermi forte contro il suo petto.

Trema lui e tremo io. Il fiato mi si mozza, gli occhi si spalancano increduli. Il suo respiro aumenta per lo sforzo. Il mio lo segue. Passano secondi, forse minuti, di silenzio; passano tacitamente pensieri ed emozioni, finché...

“Lo sei forte, Marta, anf... lo sei, hai capito? Ora sei semplicemente esausta, p-per questo reagisci così. Hai temuto per la mia sorte e hai combattuto per salvarmi, io... senza di te sarei stato perso! - usa un particolare accento di dolcezza con me, mentre, tenendomi sempre con il braccio destro, mi carezza dolcemente il profilo con il pollice, tra l'orecchio e il collo - Mi hai sentito, piccola mia? E' tutto finito adesso, tu, Michela, Francesca e Sonia mi avete riscattato dalle tenebre... siete la mia famiglia, anf, anche questo suppongo di avervelo detto raramente, se non mai. Anf, anf... siete unicamente voi la ragione che mi spinge a lottare, siete voi la speranza del futuro e, infine, siete sempre voi ciò che più amo e che desidero proteggere!”

"Sigh...sigh!" vorrei dire qualcosa di più utile, esprimermi, parlare, ma riesco solo a singhiozzare, come se qualcosa mi ostruisse la gola.

"Shhhh, calmati... calmati, mia piccola guerriera, è tutto finito, adesso! Anche tu... anche tu sei stata bravissima, sai?"

Ingoio a vuoto, il mio respiro si fa ancora più irregolare nel rendermi conto che sta usando le mie stesse parole quando era lui a stare male. Mi ha... davvero percepito, mentre mi prendevo cura di lui, ciò mi fa sciogliere ancora di più in un pianto irrefrenabile, vinta da quell'onda anomala di emozioni che, stante le mie condizioni fisiche e psichiche, sembra quasi insostenibile da reggere. Camus si deve rendere conto del mio malessere, della mia difficoltà a ricondurre la respirazione ad un livello normale, perché, sistemandomi meglio contro di sé, all'altezza del suo cuore, mi massaggia la nuca con le lunghe dita eleganti della mano sinistra.

Mi aggrappo di riflesso al braccio con il quale mi sta ancora stringendo a sé, gli occhi serrati che tuttavia non frenano le lacrime. Data la posizione, io non lo vedo in faccia e lui neanche, ma tutto passa tra noi come se fossimo una cosa sola.

“P-però... reagire così non ti fa bene, anf, inspira, senti l'aria dentro di te, nei polmoni, conducila giù, prima di farla risalire, anf, anf. - mi consiglia, prima di prendere una pausa per recuperare fiato - Così brava. Sono qui, puoi percepirmi. Adesso è... t-tutto finito!"

"C-Cam..."

"Calmati. Hai detto di volermi dimostrare quanto sei c-cresciuta e d-diventata forte, giusto, anf? Quindi asciugati le lacrime che fanno arrossare i tuoi occhietti già tremendamente stanchi e controlla anche i tuoi singhiozzi. S-sono vivo, forse ancora un po' malconcio, ma il peggio è passato. Starò presto meglio, te lo prometto, però ora smetti di piangere. Fa male, anf... vederti così."

Questa volta riesco lentamente a tranquillizzarmi nel desiderio di accontentarlo. Mi scosto un po' per riuscire a guardarlo in faccia, pur rimanendo ancora appoggiata al letto per diversi secondi. Lo vedo farmi un cenno di assenso, soddisfatto, asciugarmi le guance con i due pollici, prima di liberarmi, sfinito, dalla stretta e cercare di tornare anche lui ad una respirazione normale.

Ancora una volta è stato lui a rassicurare me, nonostante la situazione in cui si trova, nonostante sia stato ad un passo dalla morte e quel mostro gli abbia dilaniato l'anima ben più profondamente di quanto abbia fatto con il suo corpo. Stringo le mani a pugno a quest'ultimo pensiero. Riesce così agilmente a confortarmi con la sua sola presenza... riuscirò mai ad essere lo stesso sostegno per lui? Riuscirò mai a proteggerti, fratellino?

“G-grazie per le parole e i gesti, Cam, ti voglio... bene!” biascico, sforzandomi di sorridere per poi aiutarlo a sistemarsi meglio sul letto, perché da solo non ce la fa. Nel ricondurlo rimboccargli le coperte, la mia mano gli sfiora involontariamente le ferite impresse sul lato sinistro del suo petto, portandolo a sussultare pesantemente.

"S-scusami, non volevo!"

"N-no, n-non ti preoc-cupare, anf è solo che... uff!" parla nuovamente con un filo di voce, lo vedo serrare dolorosamente le palpebre e la mascella, rimproverandosi la debolezza.

"Ehi! Ora però sei tu che devi stare tranquillo, non essere il solito che predica bene e razzola male!" tento di alleggerire la tensione, alzandogli un poco i ciuffi della fronte in una nuova manifestazione di tenerezza. Rimango con la mano un po' lì, tra i capelli, che sembrano cespetti di erba che nascono dal terreno, e mi dico ancora una volta quanto io sia fortunata ad averlo al mio fianco.

Mi sei così caro... se penso che ti conosco solo da pochi mesi, che prima ero spersa, non mi fidavo dei maschi, che faticavo non poco a stringere legami con gli altri... io che ho sempre desiderato un fratello maggiore, che ho sofferto la mancanza di non avere una figura maschile che mi confortasse, perché mio nonno, per quanto gli volessi un bene dell'anima, era troppo rude per me, a lungo non ci siamo capiti. E poi... e poi scopro che esisti davvero, che non sono mai stata veramente sola, che sei qui, vicino a me, sei diventato il basamento centrale della mia vita.

“Marta... - mi richiama di nuovo, gli occhi lucidi, l'espressione di chi vorrebbe dire tanto, ma non ci riesce - A-anche io t-ti... urgh!"

Ma io lo fermo, negando col capo nel capire che fa davvero fatica a pronunciare le fatidiche parole: "Lo so, non c'è bisogno che tu me lo dica, l'ho... sempre saputo!" lo rassicuro, perché so quanto sia difficile per lui manifestare le sue emozioni, sebbene ne sia profuso.

Annuisce meccanicamente, ma la sua è una gestualità profondamente triste, la riesco ad avvertire, come se si sentisse in colpa, ancora una volta, a non dirmelo. Ma ci sarà tempo, avremo tempo, per tutto. Per stare insieme. Per vivere. Perché questo è il mondo che ho scelto; un mondo in cui Camus vive, e Dègel... Dégel!

Sto di nuovo per crollare a questa consapevolezza, ma un movimento brusco di mio fratello mi riscuote.

Dopo aver sprofondato la testa nel cuscino, infatti, prende a sbuffare, scostandosi le coperte dal petto con stizza. Automaticamente l'occhio mi cade nuovamente sul suo torace scoperto. Oltre ai tre tagli in via di rimarginazione, sono presenti dei segni arrossati sotto alle ascelle, come delle specie di ulcere: i residui dei bubboni della peste che hanno l'aria di tirare ancora e di far male, sebbene non più gonfi.

Mio fratello ha gli occhi ancora dolorosamente serrati, è molto sudato e sembra più stanco di prima, mentre, coniugando tutte le proprie forze, tenta di non grattarsi, sebbene ne abbia certamente lo stimolo.

Piccino... mi fa così tanta tenerezza!

“Ti fanno ancora così tanto male?” gli chiedo, guardandoli con circospezione. Occorre una nuova medicazione, ne sono più che sicura, eppure, ora che ha ripreso coscienza, non credo sia più facile come prima prendersene cura.

"E' per via del caldo... fa ancora così dan-natamente caldo qui in Grecia, seb-bene siamo ormai a fine agosto, anf, anf... mi sfregano, mi prudono, e sono ancora infiammati, sì!"

"E le tre lacerazioni?"

"Uff, quelle... temo che, semplicemente, per quanto da adesso in poi potranno cominciare lentamente a migliorare di aspetto, non se ne andranno mai del tutto. R-rimarranno come parte di me, anf."

"Cam..."

"Non devi angustiarti per questo... la cosa, di per sé, non mi dispiace: è il segno di essere riuscito a proteggerti q-quel giorno!” risponde lui, sorridendomi con tenerezza.

Rimango imbambolata a guardarlo, non riuscendo a condividere il suo pensiero così ottimistico e anzi sentendomi per la milionesima volta in colpa; proprio per questo decido di concentrarmi sull'unica cosa che, grazie al mio intervento, possa migliorare nell'immediato.

“I bubboni... abbiamo fatto del nostro meglio in questi giorni per cauterizzarli e ripulirli, ma sono ostici e non si arrendono..."

"L-lo so, anf..."

"Beh, non hanno ancora capito con chi hanno a che fare!” affermo, sforzandomi di apparire raggiante, chinandomi poi verso il letto. Non ci penso affatto ad una sua ipotetica reazione, complice il fatto che, nei giorni scorsi, era ormai diventata una specie di routine; semplicemente sono già per togliergli completamente di dosso il lenzuolo, ma lui, intuendo i miei pensieri, con un rapido movimento, mi blocca il polso, trattenendo così l'unica cosa che, al momento, gli impedisce di farsi vedere completamente nudo da me.

“Marta!!! Cough, cough... Non ho nulla che mi possa coprire là sotto, anf, non ho... - mi avverte, fermandosi tuttavia immediatamente nel testare sotto di sé qualcosa che lo deve sconvolgere fin nel profondo - Per Atena, cos'è questa roba?!" da una sbirciatina sotto il lenzuolo, impallidendo e poi arrossendo nel giro di neanche due secondi.

“Cam, cosa c'è che non va?” gli chiedo, quasi divertita dalla sua espressione corrucciata e dalle guance che ora sembrano tutte un fuoco. Sono lieta di rivedere quel colorito, i giorni scorsi è sempre stato così pallido...

“C-cosa c'è che non va, mi chiedi?! Mi hanno messo un... credo sia un prototipo del nostro moderno pannolino. Per gli dei celesti, è tremendamente imbarazzante! Mar-ta, anf, non guardarmi in questo stato pietoso, vai... chiama... anzi no, lascia perdere!” biascica, imbarazzato oltremisura, non volendo farsi vedere così da me, ma nemmeno da altri e rendendosi conto, suo malgrado, che non ha un'altra alternativa oltre queste due ipotesi.

So che non dovrei, ma istintivamente scoppio a ridere, sollevata nel constatare che, se si fa simili problemi, deve di certo stare molto meglio! Tuttavia il suo viso così arrossato provoca in me un moto di tenerezza, tanto da spingermi a tentare di rassicurarlo con gesti e carezze.

“Camus, lasciami dire che arrivi un po' tardi per questo! Sono stata al tuo fianco per tre gioni, ho già dovuto... ho già dovuto, per necessità, vedere là sotto, poiché alcuni bubboni si erano formati nella zona inguinale e dovevo scoppiarli. Inoltre non sono certo la sola ad averlo fatto, anche perché i bisogni fisiologici del corpo non si interrompono con l'incoscienza, solo che probabilmente, e fortunatamente, quando stavi male, non te ne sei reso totalmente conto... ma ci hai fatto penare non poco, credimi, tra cambiarti, rigirarti, lavarti, annessi e connessi..." affermo, regalandogli una espressione furbetta.

Avrei voluto e dovuto confortarlo, alleggerire l'atmosfera, ma le mie parole hanno solo il potere di farlo agitare, se possibile, ancora di più.

“I-io non... aaaah! - si è messo a tremare, per un istante ho il timore che si faccia prendere dalle convulsioni, stante la reazione spropositata del suo corpo, ma poi cede, quasi si accascia ulteriormente sul letto - N-no, no... ho percepito a-anche gli altri, invece, a-anche se era tutto c-così appannato. I-io... so cosa a-vete d-dovuto farmi, anf!" il suo tono di voce scende sensibilmente, quasi da sembrare un pigolio.

Il modo in cui pronuncia l'ultima frase fa accapponare, da tutta l'idea della violenza che lui ha sentito subire su di sé. Non avrei dovuto ironizzare su questo, accidenti!

"P-perdonami, so che lo avete fatto per me, anf... - la sua voce ritorna poco dopo, flebile; i suoi occhi però non mi guardano più, puntano all'angolo della stanza, ormai spento, perché il sole è calato. Vorrebbe nascondersi, lo percepisco, è tanto vulnerabile in questo momento - E' che non avrei mai voluto e-essere così patetico p-proprio davanti ai tuoi occhi!"

Abbasso la sguardo nell'avvertire tutto il suo disagio. Mio fratello, così orgoglioso com'è, non ha mai amato dipendere da qualcuno. Deve essere stato quanto meno traumatico per lui essere nudo, esposto, e continuamente rigirato da gente che, per quanto desiderosa di farlo star meglio, ha comunque potuto disporre di lui senza che potesse fare alcunché. Essere fragile e dimostrarsi tale è sempre stato il suo incubo peggiore e, quell'incubo, si è appena avverato.

"Non avrei mai voluto... che tu mi vedessi così!" sottolinea nuovamente, quasi con il magone in gola.

“Cam, ascolta, ti fidi almeno di me?” gli chiedo, accarezzandolo nuovamente per attirare la sua attenzione e rassicurarlo. Lui torna a guardarmi con quei due meravigliosi zaffiri che si ritrova come occhi.

“Ho fiducia assoluta in te, sorellina mia, n-non è... quello... anf, che mi... che mi...” non riesce a proseguire, sembra quasi che gli manchi l'aria, deve prendere una boccata di ossigeno più corposa delle precedenti, chiudendo e riaprendo gli occhi prima di proseguire, cosa che io gli impedisco comunque di fare.

"Patetico hai detto, eh? Quanto lo sarò stata io, dopo la battaglia contro Crono?" gli faccio notare, un poco tesa, felice di ricordare solo a spizzichi e bocconi le mie condizioni che non devono essere state molto migliori delle sue. Fortuna che ero rincoglionita dagli antidolorifici, ma percepivo la sua vicinanza, le sue mani che mi spogliavano per poi medicarmi e cambiarmi il bendaggio, con tenerezza mista a devozione e... beh, il disagio di dipendere comunque da altri!

"M-Marta, non... non eri affatto patetica, anf, s-sembravi solo... tanto piccola, tra quelle coperte del letto, mentre lottavi per la vita..." quasi piange nell'esprimere ciò che ha provato in quei momenti, riscoprendo una sensibilità che ha sempre avuto, ma che ha sempre cercato di nascondere.

Ti sforzi di apparire sempre così forte davanti a me, eppure sei così delicato ed emotivo... come Dègel.

“Cam, so quanto ti costi anche solo l'idea di essere stato preso, ripreso e girato come un calzino da persone che, malgrado ti volessero aiutare, hanno potuto disporre di te, steso senza difese su questo letto, senza alcun limite. Lo so bene perché anche io sono un po' come te. Tuttavia... ora ci sono solo io qui, mi sono presa cura di te in questi giorni, un po' come tu hai fatto con me dopo la battaglia contro Crono"

"..."

"Anche tu mi hai vista nuda, dico bene? Anche tu mi hai pulita, giusto? E inoltre... inoltre quando ero piccola mi avrai sicuramente vista priva di abiti, no?!” asserisco, sorridendogli, mentre con la mano sinistra gli accarezzo i lunghi capelli. In verità anche a me imbarazza parlare di questo, ma ciò che più conta è farlo sentire meglio.

"Ti ho vista... nuda, sì... ma sei mia sorella minore, non..."

"E tu non sei forse mio fratello maggiore?"

"Lo sono, sì..."

"E allora permettimi di ricambiare, almeno in parte, quanto tu hai fatto per me, ti prego..."

Camus arrossisce nuovamente, distogliendo lo sguardo in un mormorio sommesso. Poco dopo annulla comunque la presa sul lenzuolo, permettendomi così di procedere.

“Grazie, so cosa significa per te tutto questo... grazie davvero per fidarti fino a questo punto di me!” dico solo, scoprendolo con delicatezza per poi ammucchiare il lenzuolo in fondo al letto.

Lo fisso con sguardo clinico per un breve istante prima di prendere il panno, bagnarlo nella vaschetta presente sul comodino, e passarglielo delicatamente sui piedi, dal basso verso l'alto; dalle estremità al tronco. Camus, al solo essere toccato, chiude gli occhi per una serie di minuti, profondamente a disagio. Prova sicuro refrigerio ad essere bagnato, ma il suo corpo è rigido, la sua postura è tutto tranne che rilassata. Tende a chiudere maldestramente le cosce quando gli devo togliere la sottospecie di pannolino, rendendo più difficoltoso il procedimento. Vorrebbe coprirsi almeno le zone intime, lo concepisco, sebbene sia conscio che io gliele abbia già viste.

"Ehm, Camus, non... non riesco a lavarti bene, se rimani in questa posizione."

"Scu-scusami..."

Alla fine inarca leggermente la schiena, tendando di agevolarmi. Il gesto, pur nella sua semplicità, lo sfianca terribilmente, accelerando il suo respiro. Trema tutto, non certo per il freddo, visto che lui ne è il signore e siamo ancora in estate, trasmettendomi una nuova ondata di tenerezza. Così immune al gelo, ma così a disagio mostrare la sua sola pelle...

"Sono qui, va tutto bene, sei bravissimo!" lo provo a rassicurare, lasciando un attimo da parte quello che stavo facendo per baciarlo sulla fronte.

"Marta, anf..." mi chiama, riaprendo stancamente gli occhi

"Va tutto bene... appena ti senti troppo a disagio, o se dovessi provare troppo dolore, mi avverti ed io mi fermo. Il lenzuolo è qui, mi basta un cenno e ti ricopro, ci siamo solo io e te, nessun altro!" provo a confortarlo, passandogli il bordo del lenzuolo sotto le dita

Lui annuisce debolmente, lo stringe sotto di sé, ma mi permette di proseguire, sforzandosi di aprire le gambe per consentire il lavaggio anche dell'interno coscia.

Passano una serie di minuti prima che lui riesca finalmente a recuperare un poco di voce.

“Comunque sì, anf ritornando alla tua osservazione precedente: non è stata neanche la prima volta, quella dopo il falso Crono, che ti ho vista nuda, da piccolo infatti ero solito cambiarti il pa-pannolino!” mi risponde alla domanda di prima, assumendo addirittura una sfumatura divertita.

Sussulto a quella frase, non immaginandomi che fosse in grado di recuperare un tono così irriverente dopo così poco tempo. Se non lo conoscessi bene, penserei che scherzosamente vorrebbe farmela pagare per averlo convinto ad abbandonare le difese più intime.

" E-eh, cos..?! Non puoi essere serio, Cam!

"E' verissimo invece, anf..."

E' il mio turno di arrossire, trasalendo per la rivelazione, che viene accolta da un suo sorriso dolce, oltre che da alcuni colpi di tosse spietati che gli minano, pe qualche secondo, il respiro.

“Cioè... io ti volevo rassicurare e tu mi racconti questa cosa?! Tu, a 5 anni, mi cambiavi il pannolino?! E, magari, mi pulivi pure il sedere arrossato dalla troppa pupù?!” esclamo, sbalordita, desiderando nascondermi. Stiamo arrivando ad un livello di intimità troppo alto, accidenti, non sono ancora pronta per questo, che cavolo!

“L'ho fatto sì, e del resto mangiavi e dormivi un sacco, era anche normale poi... doverti pulire, anf, con tutto quello che producevi là sotto! - continua a ridacchiare lui, finalmente sereno, cominciando a rilassarsi - Non credo di aver mai visto nessuno mangiare tanto come te... è una dote, come ho potuto appurare, che ti è rimasta anche ora che sei grande!"

“E... e poi sei tu che ti imbarazzi! Cosa dovrei dire io?! Due a uno per te, Camus, ma mi riscatterò in un modo o nell'altro!” dico, fingendomi offesa, ma scoppiando parimenti a ridere.

"Due a due... - mi corregge lui, sempre più tranquillo, socchiudendo gli occhi - Il vantaggio che avevo accumulato è stato ampiamente compensato da questi giorni in cui tu hai dovuto prenderti cura di me"

"Quindi... sono io in vantaggio, perché mi sono presa cura consecutivamente di te?!" tento, speranzosa.

"Assolutamente no, anf, devo ricordati la settimana dopo la battaglia contro il falso Crono? Però posso concederti un pareggio in quanto sorella minore!"

"Non voglio punti extra, regalati da te, voglio vincere in maniera onesta!" ribatto, gonfiando sempre più le guance per la disapprovazione.

Il petto di Camus vibra un poco di più nel ridere a seguito della mia espressione, questo mi da la forza necessaria per continuare nel mio operato, malgrado la stanchezza sempre più crescente e l'espressione sofferente di mio fratello che, talvolta, ha la meglio sul suo sorriso.

Sono passata all'addome, glielo pulisco in maniera un poco impacciata, concentrandomi soprattutto sull'ombelico che, avendo le sembianze di una piccola fossetta coronata da un buffo cappuccetto di pelle sulla sommità, necessita di qualche attenzione in più per essere pulito e disinfettato a dovere. Qui, me ne accorgo anche io, Camus si irrigidisce perfino più di prima, come se gli desse fastidio essere toccato proprio lì, portandomi, per un secondo, a fermare il mio operato nella paura che possa vomitare come è già successo due giorni fa, quando, nel lavarglielo con attenzione, ha reagito malamente.

"Ti sto facendo tanto male?" chiedo, riluttante.

“N-no, Marta, non ti preoccupare, non sei tu a farmi male!” biascica lui, non riuscendo a mascherare né il disagio lampante né tanto meno il dolore.

"Ne sei sicuro?"

"Fai quello che devi, piccola, mi sento protetto qui con te..." mi tranquillizza, chiudendo gli occhi e buttando fuori aria.

"Ok, sarò veloce, promesso!" gli assicuro, mentre, stando sempre attenta a non fare movimenti bruschi, gli lavo prima l'interno della fossetta e poi i margini. E intanto rimugino.

Che sia un suo punto particolarmente sensibile ce ne eravamo già accorti Dègel ed io, quando, i giorni scorsi, lo abbiamo lavato insieme, ma il motivo sfugge ad entrambi. Reagisce quasi peggio che ad essere toccato tra le cosce e questo è strano, ma decido di non indagare oltre in questo momento, perché lui è troppo provato per riuscire a rispondermi.

La stanchezza, in effetti, comincia a farsi sentire per entrambi. Camus ha poche forze in corpo, io ne vengo da tre giorni di veglia estenuante, eppure nessuno di noi due vuole cedere, ora che ci siamo ritrovati dopo la tempesta. Proseguo quindi per la mia via, salendo verso lo sterno, cercando di alternare manualità e dolcezza, visto che so quanto sia difficile per lui accettare tutto questo.

"Marta... - sono ancora a decidermi come muovermi sulle tre ferite, che la sua voce con quella particolare sfumatura che usa solo nel chiamare il mio nome, torna ad accarezzarmi delicatamente i timpani - g-grazie..."

Spalanco nuovamente la bocca per la sorpresa, mentre gli occhi blu oltremare di Camus si posano sui miei dello stesso colore. Chissà quando torneranno brillanti come di consueto, per il momento sono già ampiamente sollevata del fatto che lui mi possa vedere e che, lentamente, perché ci vorrà tempo, stia cominciando a rimettersi in forze.

Coraggio, sono con te, il peggio è passato!

“Grazie per tutta la dolcezza che hai messo e che continui a mettere nel prenderti cura di me, anf, anf... non ti sei davvero mai fermata un attimo affinché io potessi stare meglio!” continua a tentare di spiegarmi le sue sensazioni, non nascondendo una certa difficoltà. Gli sorrido, ancora una volta intenerita.

“Te lo ripeterò ancora una volta: io ci sarò sempre per te, fratellino! Dovunque saremo da ora in poi, mi potrai sempre trovare, pronta a sostenerti, o almeno provarci. Dobbiamo ancora conoscerci, Cam, e sapere che lo potremo fare quando starai meglio mi rende davvero felice. Ti... racconterò tutto, prima o poi, TUTTO di me!” affermo, alzandogli delicatamente i ciuffi della frangia con una mano per baciarlo sulla fronte.

Rimango per un po' a premergli le labbra sulla pelle calda, anche con lo scopo di appurare se la sua temperatura corporea sia in aumento o stabile. Poi torno a medicarlo, passando a disinfettare le ulcere presenti ancora sul suo busto. Camus, per agevolarmi, alza le braccia, rimanendo comunque in silenzio ancora un po' nel guardami, come a ricordare e a soppesare un qualcosa che io non riesco a comprendere.

“...Poco prima che io svenissi a seguito della peste, ricordo che mi hai raccontato una cosa sul tuo passato, anf. Hai detto di... di aver sofferto molto la solitudine e di aver spesso desiderato avere una figura maschile come riferimento... - mi sussurra piano, gli occhi, per un breve istante, lucidi. Automaticamente mi immobilizzo nel passargli la spugnetta sulle tre lacerazioni - E' stato davvero così per te, piccola mia? Ti sei sentita così spesso sola, malgrado la presenza di Michela e Francesca?"

Rimango fissa immobile a guardare un punto non ben definito del suo corpo, gli occhi della mente ben lontani da qui, al passato, a quello che è stato... Ricordo bene solitudine di quando tornavo da scuola e non c'era nessuno in casa, la mancanza di un padre, la tristezza che mi avvolgeva quando gli altri genitori, o i fratelli maggiori, venivano a prendere i miei compagni...

“Sì... l'ho patita... sentivo un vuoto e... ed era come... come se mi mancasse un pezzo di cuore! - il mio tono non è più sicuro, appare solo stentato, difficoltoso. Non riesco a camuffarlo meglio - S-so di essere stupida, in fondo non sono mai stata davvero sola, c'era la mamma, e poi i nonni, le mie amiche e... ”

"E?"

Ma, per quanto sia la persona più importante della mia vita, non riesco ancora a tirare fuori questo argomento con lui, la mia perdita, la più atroce della mia intera esistenza fino ad ora.

"N-no, lascia perdere, o-ora ci sei tu con me e ancora recrimino, ti ho urlato parole di odio per... un nulla... perdonami, sono una stupida!"

“No, non lo sei affatto, anf, ed è importante per me... saperlo, urgh. Io... avrei dovuto, prima di tutto, proteggere te, non farti percepire quel freddo che tu descrivi. Non avrei mai dovuto... anf, lasciarti sola!" farfuglia, quasi del tutto stremato. Ha voluto assolutamente continuare il dialogo, ma non avrebbe dovuto sforzarsi in questa maniera. Le energie che ha difficoltosamente recuperato gli si stanno prosciugando in corpo più rapidamente di prima.

"Non è stata una tua scelta, Cam..."

"Ma non mi sono nemmeno opposto, anf, quando Shion mi è venuto a prendere! Se... se lo avessi fatto, forse, urgh..."

"Non parlare più, sei stremato!" provo a fermarlo, accarezzandogli il braccio nell'avvertirlo sempre più agitato, ma lui è testardo, scrolla la testa, proseguendo ad oltranza.

"S-se solo mi fossi ribellato, anf... avrei potuto crescere con te, venirti a prendere a scuola, quando nostra madre non poteva, raccontarti le favole prima di farti addormentare, i-insegnarti, n-non so, ad andare in bicicletta, e poi ancora, anf, anf..."

"Cam, basta... sei sempre più pallido! Non avrei dovuto farti parlare così tanto in queste condizioni!" lo provo a tranquillizzare, avvertendolo agitato.

"M-ma io ne ho bisogno, M-Marta, m-mi..."

"Allora prendi un po' di pausa, almeno, aspetta che finisca di medicarti le tre lacerazioni" gli propongo, non trovando altro modo per farlo acquietare un minimo.

"P-però..."

"Almeno questo, fallo per me!"

Mio fratello pare finalmente calmarsi, il suo corpo sotto di me si rilassa, sebbene il suo sguardo, partecipe, mi osservi. Non dico niente per un po', del tutto concentrata sul mio operato e sui miei pensieri, lo stesso probabilmente fa lui fino a quando, con un respiro profondo di sollievo da parte di entrambi, ultimo la medicazione, tornando a coprirlo con il lenzuolo.

Già, in fondo, siamo state abbandonate, io e la mamma, ma... proprio per questo, Camus è riuscito a salvare molte vite umane, non solo quell'uomo di nome Alexios, ma chissà quante altre... ed io sono così fiera di lui!

“Cam, posso... posso strapparti comunque una promessa?” pigolo dopo un po', discostando lo sguardo. Sono orgogliosa di lui, ma anche io, ora, ho bisogno di lui, non solo il mondo, non solo gli altri esseri umani.

Non vedo direttamente gli occhi di mio fratello, ma li percepisco comunque spalancati in una espressione interrogativa e ricolma di stupore. Intravedo la sua figura stesa sul letto, noto il suo spasmo, il respiro mozzo che poi accelera, una velata paura che gli rode le membra.

“Prometti che, da ora in poi, rimarrai sempre al mio fianco! Io... sono orgogliosa di ciò che hai fatto, so per certo che hai salvato molte vite, e sono fiera che proprio tu sia mio fratello maggiore, ma ora... ora anch'io ho bisogno di stare un po' con te!” continuo, imbarazzata.

Camus mi ha aperto il suo cuore, lo stesso voglio fare io senza più filtri, eppure so quanto possa apparire stupida adesso che ho espresso il mio reale pensiero rigettando indietro tutti i veli. Sembra infatti un qualcosa di tremendamente infantile, perché è ovvio che nessuno possa vivere per sempre, men che meno noi, nelle nostre condizioni, eppure in questo momento ho bisogno di sicurezze. Ne necessito per continuare a sperare, così come l'aria è indispensabile per vivere!

“Non posso... non posso farti una simile promessa, anche se lo vorrei tanto, anf, questo va ben al di là delle mie capacità! Sono... sono un Cavaliere di Atena, ormai..."

“Tu prometti e basta, ti scongiuro!!! E' sufficiente anche solo un accenno con la testa, se sei troppo stanco, ma... prometti che almeno ci proverai! - farfuglio a gran fatica, nascondendomi il volto con le mani per la vergogna di farmi nuovamente vedere in lacrime - Altrimenti non... non so più a cosa aggrapparmi!" mi è uscita una voce strozzata e rauca e, per un solo istante, avverto di nuovo quel peso in gola che mi impedisce di respirare regolarmente.

“Marta... sei così sconvolta! Quanto hai dovuto soffrire, in questi giorni, per riportarmi alla vita? Quanto hai dovuto patire per salvarmi dalle mani del Mago? Quali pene ti ha fatto subire per esserti opposta a lui con tutta te stessa?"

"Non ha... importanza!"

"La ha, per me! Io... uff... - trema a sua volta, stringendo le palpebre, non capisco se per il dolore o se per quello che percepisce provenire da me, poi lentamente le riapre - "Vieni qui, piccola, sdraiati al mio fianco"

"Ma Camus... le tue ferite!"

"Non mi farai del male, sei leggero peso per me e il letto è grande. Vorrei... vorrei solo averti vicina, adesso, rassicurarti, se riesco..." mi esorta, mentre con un braccio mi sospinge delicatamente a sé e con l'altro, una volta coricata, mi scosta delicatamente un ciuffo dalla fronte.

"Va bene così? Non avevi già caldo?" chiedo, titubante, non sapendo se assecondare il mio impulso a stringerlo o pesargli il meno possibile.

"Sto finalmente bene ora, anf, sei tu che... - bisbiglia, con un filo di voce, tenendomi contro di sé come può - Sei... sei così sconvolta, come se ti avessero torturata senza pietà. Hai... patito il mio stesso dolore quadruplicato sulla tua pelle, vero? L-lui... ti ha fatto del male, mentre cercavi di salvarmi... sfruttando me è arrivato a colpire anche te!"

Faccio cenno di sì con la testa, rimanendo in silenzio.

"Ti sei sentita soffocare, perforare, e i capillari sembrava che implodessero su loro stessi, vero?"

Ancora annuisco, ingoiando a vuoto.

"E nonostante questo, non mi hai mai, MAI, lasciato nemmeno per un istante, mi hai stretto a te quando stavo per affogare, hai preso su te stessa l'immenso dolore che provavo, fino a quando non siamo rimersi... insieme, anf."

"Sì, ho avuto tanta paura, Cam..."

"Oh, Marta..."

“Temevo che... che non avresti più riaperto gli occhi e che non avrei più sentito la tua voce. Ero... ero terrorizzata alla sola idea di perderti per sempre! Camus, so cosa ti ha fatto il Mago, l'ho capito tardi, ma... sigh, perdonami!" mi sfugge un nuovo singhiozzo, non riesco a trattenerlo.

Lo avverto irrigidirsi notevolmente, la paura nei suoi occhi, ciò mi spinge ad accarezzargli dolcemente il braccio.

"Per questo.. o-ora desidero so-solo che non ti ca-capiti mai più qua-qualcosa di lontanamente simile a qu-questo, non voglio più vederti soffrire co-così, NON VOGLIO!” esclamo, parlando quasi a scatti, prima di nascondere il viso nell'incavo della sua spalla e circondargli il busto con un braccio, aggrappandomi quasi al suo fianco.

Non c'è niente da fare, sto di nuovo frignando, mi arrendo al secondo, terzo, non lo so neanche più io, crollo della serata.

"Marta..."

"Non voglio più vederti ridotto così, anf, anf, per favore... PER FAVORE!

"Ora calmati... stai nuovamente respirando male! - mi avverte, preoccupato - Non importa quello che ho vissuto, ora sono qui, insieme a te" mi solletica il braccio con la punta delle dita, mentre con l'altro mi massaggia le spalle, come si fa con i bebé.

"Sc-scusami, Cam, i-io... ho ancora... così tanta paura!" non riesco a proseguire, serro le palpebre, cercando di trattenere gli spasmi, mentre un nodo amaro mi ostruisce la gola

"Lo so... ma l'hai superata, l'ABBIAMO, insieme! Mi hai salvato la vita, Marta, mi hai protetto, per cui... non piangere più, sai bene quanto mi faccia male vederti così!"

Annuisco brevemente, facendomi cullare dal suo tono di voce così dolce e delicato. Avevo bisogno di tutto questo... ancora mi sembra di essere tornata a respirare a pieni polmoni.

"Non piangere... - mi ripete lui, con voce di miele, percependo le lacrime sul suo petto - Non piangere, mia coraggiosissima Marta, sei stata... così forte, fino ad adesso!"

"N-non lo sono stata, Cam, non..."

"Sì, che lo sei stata, invece, lo sei sempre, piccola, e... sono così fiero di te, tanto... fiero!"

"M-mi... mi giuri che non lascerai più la mia mano?"

"Oh, Marta, io ti posso solo promettere che, anf, ci proverò con tutto me stesso... combatterò, farò quanto in mio potere per impedire alle tenebre di... di soggiogarmi un'altra volta!"

"Mi basta... questo!" annuisco, cercando di rilassarmi, sebbene mi riesca difficile.

Passa qualche minuto, prima che lui decida di parlarmi di nuovo, e capisco che prima non gli riusciva, perché lo stesso groppo in gola che avverto io, ce l'ha anche lui. Le nostre emozioni, ora che siamo così vicini, si stanno nuovamente confondendo e miscelando.

"Hai presente, anf... il fiore che viene chiamato bucaneve?" mi chiede, respirando un poco con difficoltà nell'aumentare la stretta su di me.

Ecco come si chiamava quel fiore! Lo guardo comunque senza capire, prima di annuire brevemente e accoccolarmi meglio su di lui, la guancia posata tra il lato destro del suo torace e la spalla. Avverto il suo respiro un poco più irregolare per lo sforzo di parlare, ma mi trattiene comunque contro di sé, come se avesse bisogno di percepirmi.

“Sono tra i primi fiori a sbucare timidamente verso la fine dell'inverno, anf m-molto spesso direttamente dalla neve che ricopre ancora il suolo... riesci ad immaginare quanta forza gli occorra, anf? Quanta... volontà di vivere abbiano, per riuscire in questa impresa?! Si assumono il rischio di bucare la coltre di ghiaccio e subire le più svariate intemperie perché hanno fretta di nascere e approcciarsi al mondo... - mi spiega, accarezzandomi ritmicamente i capelli per poi scendere sulle spalle e ricominciare - Tu... tu sei uno di loro, anf, il mio piccolo, impavido, bucaneve! "

"Camus..." lo chiamo, quasi commossa, tremando distintamente per l'emozione.

Il significato del paragone è immediato, non ha bisogno di ulteriori spiegazioni, lui però continua, desideroso di esprimersi dopo tutto l'inferno che ha passato.

"Da piccola... non so se te ne hanno mai parlato, anf, ma sei nata prematura di un mese... - la sua voce si affievolisce fino a quasi scomparire, deve prendere un'altra pausa prima di riprendere - Avevi così fretta di venire al mondo, come il bucaneve di cui ti ho parlato prima, t-troppa. Ti hanno dovuto tenere sotto monitoraggio per un po', ma dalla vetrata io, e i nonni, potevamo venirti a trovare, anf... anf. S-sembravi così indifesa, un fagiolino piovuto in un mondo troppo grande, m-ma avevi dentro di te una forza straordinaria, la stessa che hai ora. A-avrei dovuto capirlo già allora che... Cough! Cough!"

"Lo vedi che tossisci per lo sforzo?! Riposa, Cam, devi riposare! Ho perso il conto di quante volte te l'abbia detto! Sei stato così male, non devi affaticarti ulteriormente!" gli dico, preoccupata, avvertendo distintamente il suo affanno sempre più tangibile.

Nessuno mi ha mai detto che sono nata prematura di un mese, non so proprio da dove gli sia uscito questo ricordo, eppure non me ne ha mai fatto accenno.

"L-lasciami finire almeno questo discorso, piccola, anf, anf, n-non immagini quante volte abbia provato a parlarti in questi giorni. A-al culmine di tutto quel dolore... m-mi eri così vicina!"

"Camus... - gli accarezzo una guancia con il pollice, notando i suoi occhi lucidi. Sospiro, riprendendo il discorso di prima, giacché il solo rammentare quei momenti gli provoca dolore - Non mi era mai... stato detto, questo!"

"E' perché non lo ricordavo nitidamente f-fino a p-prima, quando il Mago mi ha attaccato brutalmente e stavo t-tanto male, da non riuscire a respirare da solo..."

Aumento la stretta su di lui, fremendo a mia volta nel rivivere quei momenti: "S-sì, ho presente..." mi esce un tono strozzato, sofferente, lui lo percepisce.

"Q-quel fatto, quell'enorme stress che subivo sul mio corpo, deve aver riportato alla luce alcuni ricordi infantili che credevo di aver s-smarrito per sempre. - ipotizza, non smettendo di accarezzarmi per tranquillizzarmi, quando, ancora una volta, dovrei essere io a farlo, stante tutto ciò che ha patito - Fin dal principio, da quando addirittura davi i calcetti nella pancia di no-nostra madre, ho giurato a me stesso che ti avrei protetta... Ora che sono grande, mi rendo conto, con rammarico, c-che non posso prometterti che ci sarò per sempre, anf, ma farò di tutto, se non oltre, per provarci, questo sì, te lo giuro! Non importa cosa ci riserverà il futuro, anf, questa volta lo affronteremo insieme e... non sarai più sola, mai più!" mi rassicura, cercando di sollevare la testa per baciarmi la fronte. Tuttavia non riesce a completare il gesto, ricadendo tra le lenzuola a corto di fiato.

"...insieme?" chiedo conferma, rannicchiandomi ulteriormente contro di lui, mordendomi le labbra per celare il nuovo singhiozzo.

"Insieme, anf, certo! E ora chiudi i tuoi occhietti, anf, devi riposare..."

Annuisco, sussurrando un: "anche tu", per poi nascondere parzialmente il mio viso con la mano libera; l'altra, quella ferita, per un solo istante, trema un ultima volta sul fianco di Camus. Rabbrividisco nel percepire le sue costole così paurosamente tangibili al mio tocco.

"Quanto hai patito in questo periodo... t-tutto da solo! N-non ti accadrà più nulla, Cam, NULLA! A-anche io sono qui, vicino a te, riuscirò finalmente ad essere un sostegno per te!"

"Lo s-sei già, Marta, lo sei, ogni giorno di più! Riposati, adesso... hai utilizzato così tante energie p-per salvarmi!"

Ci voglio credere veramente che andrà tutto bene da adesso in avanti, ci voglio credere, anche se solo per stasera, anche se solo per questo brevissimo respiro di tempo. Avrò... cura di lui!

La mia mente, già un poco appannata dalla stanchezza, si sofferma proprio sulla parola 'cura', sul suo significato e, quasi meccanicamente, mi rammento di una canzone della mia infanzia. Sorrido tra me e me, cercando di canticchiarla a lui, perché voglio che si senta al sicuro.

"Ti proteggerò dalle paure e dalle ipocondrie, dai turbamenti che da oggi incontrerai per la tua via... - inizio, un poco impastata, mentre il suo corpo inizia a tremare distintamente - Dalle ingiustizie e dagli inganni del tuo tempo. Dai fallimenti che per tua natura normalmente attirerai. Ti solleverò dai dolori e dai tuoi sbalzi d'umore, dalle ossessioni dalle tue manie. Supererò le correnti gravitazionali, lo spazio e la luce per non farti invecchiare. E guarirai da tutte le malattie, perché sei un essere speciale ed io... avrò cura di te!"

"Piccola..." odo appena il suo chiamarmi ancora una volta, mentre, emozionato come mai lo avevo visto fino ad ora, si sforza di tirarsi difficoltosamente su per baciarmi almeno i capelli, riuscendoci, prima di lasciarsi andare sul letto, completamente esausto.

"Te la dedico, Cam... l-lo spazio e la l-luce i-io li..."

...Supererò, per salvarti. Vorrei dire, ma le parole sfumano nel sonno.

"A-anche q-questo lo hai già fatto, Marta, e-e g-grazie, anf... conosco anche io la canzone di Battiato è... è un bellissimo messaggio!" deve fermarsi, sopraffatto dall'emozione. Avverto le sue lacrime inumidirgli gli occhi ancora segnati dalla sofferenza, prima di colare un poco giù. Si appoggia con la guancia sopra la mia testa, respira pesantemente, con difficoltà, quasi a singhiozzo, ciò mi porta a riscuotermi un poco.

"E-ehi, però! D-dici a me di non frignare e cosa sono queste?! - tento di sdrammatizzare, sollevando il braccio ferito per picchiettargli la guancia con l'indice, prima di avvertire distintamente una fitta di dolore attraversarmelo dal palmo al gomito. Sono costretta a riabbassarlo sperando che non mi abbia visto - Non sei di parola, fratellino!" mi è uscito un tono strascicato, ma lo nascondo dietro le lacrime che solcano anche il mio viso. Le sue, stavolta, non le mie.

"Hai... hai ragione, anf, è che... è tutto così... intenso... p-percepirti così vividamente, s-sentire su di me anche le tue emozioni - prova a spiegarsi, prendendo un profondo respiro nel tentare di parlare nuovamente con voce sicura - L-la mia piccola lucciola è al mio fianco, andrà... andrà tutto bene!" il suo braccio destro mi tiene avvolta contro di sé, la sua mano sinistra invece stringe la mia. Fortunatamente non si accorge della ferita, tanto è stanco.

Devo farmi forza per non emettere alcun suono, il dolore si è acutizzato, ma non posso permettermi di darlo a vedere. Men che meno a lui. La prende, l'appoggia sopra il suo torace e la racchiude dolcemente tra le sue dita. Chiudo gli occhi, finalmente tranquilla, nonostante il dolore.

Sì, sei un essere speciale, fratellino, l'unico che non se ne è reso pienamente conto sei tu, solo tu!

Mi lascio andare con il sorriso sulle labbra, non ci vuole poi molto per intraprendere la strada indicatami da Morfeo, lasciare che le percezioni si affievoliscano fino a quasi scomparire, ma la sua voce cristallina, che inaspettatamente ha preso a canticchiare proprio ora una melodia, mi accarezza delicatamente i timpani. Questa mi ricorda qualcosa, dentro di me, nel profondo, nel mio petto scaturiscono emozioni che credevo sopite. Esse mi accompagnano fino alle nebbie dell'incoscienza, rassicurandomi.

"Ha la la ha ze la ha la le lu... si vi bi leshi dhina how we le la la le li la..."

E' così famigliare questa canzone... perché?! Eppure giurerei di non averla mai ascoltata prima d'ora. La lingua in cui è espressa mi è sconosciuta, sembrano semplicemente essere un insieme di suoni e parole ineffabili il cui significato mi sfugge. E' però così dolce il suo suono; il suono della meravigliosa voce di mio fratello che, a fatica, mi accompagna verso il limbo. Montagne innevate, fili d'erba che ondeggiano al vento, nuvole che scorrono veloci nel cielo cobalto... mi sento parte integrante di loro, della vita stessa, così piena; piena di...

Non riesco più a razionalizzare nulla, semplicemente le mie sensazioni vanno estinguendosi, portate via da una scia azzurra che assume la forma, l'ombra, di un misterioso canide di grosse dimensioni che sfreccia nella steppa, allontanandosi da me...

  
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