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Autore: Julia of Elaja    18/11/2013    2 recensioni
"Ti è chiaro ora, Norma?".
Andrew la guardò, e la ragazza capì che forse era arrivato il momento di preoccuparsi, e sul serio; glielo gridavano quegli occhi così impauriti e disperati che in quel momento la fissavano, alienati.
"Ci siamo dentro anche noi?".
"Esatto. Forse avremmo fatto meglio a starne fuori".
E intanto un foglio burciava nel camino, imbrattato dall'inchiostro ormai sciolto che fino a poco prima recitava così:
"Sto arrivando, Miles. Preparati la tomba".
Genere: Mistero, Suspence, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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“Come pensi andrà a finire questa storia, Andrew?”.
Sulla spiaggia di Greentown Bay, centro balneare della città, Norma Hutch contemplava il profilo dell'oceano all'orizzonte, mentre il sole calava rapidamente.
Era passato un mese dal ritrovamento del cadavere di Ilva Stuart da parte dell'ispettore Griffith; da quel giorno uno strano silenzio era calato sulla cittadina.
Una storia che avrebbe dovuto suscitare un'esplosione di commenti, mass media e una funesta pubblicità per Greentown era invece stata messa a tacere immediatamente; troppe implicazioni negative ci sarebbero state per il turismo e l'economia della città. Così tutti tacevano e del “fattaccio” se ne parlava solo nei circoli per anziani, nei bar di periferia e nelle case.
E in spiaggia, in quel momento, ne stavano parlando Norma Hutch e Andrew Miles.
Norma era riuscita, in quel mese, a superare con ottima votazione il suo tanto temuto esame di anatomia patologica, con tanto di complimenti del professore che aveva lodato l'accuratezza del lavoro svolto, il lavoro certosino che la ragazza in quei mesi di studio aveva effettuato sempre con la massima attenzione.
Naturalmente sentire che Norma Hutch era più vicina alla laurea, con un esame in meno, aveva risollevato il morale della sua famiglia e del suo migliore amico, Andrew Miles; ma il suo fidanzato aveva avuto da ridire su questa cosa...
Norma sospirò sommessamente al ricordo di quel che era successo il 3 Dicembre: era passato ancora troppo poco tempo, eppure era certa che ora le cose sarebbero andate meglio... almeno per lei.
Nick Hopeless, invidioso del successo della sua fidanzata, l'aveva messa in ridicolo pubblicamente davanti a tutti in un locale, dopo aver bevuto apposta tre birre, un wisky invecchiato e due calici di vino rosso.
Mai Norma si era vergognata di più in vita sua, nemmeno quando era caduta giù dal palco durante la recita della Festa del Ringraziamento, a sette anni.
Nel caos generale del locale, quella sera, Nick si era alzato dal suo tavolo, dicendo a Norma di dover chiedere una cosa al barista. Altro alcool, naturalmente.
Tutti conoscevano Nick Hopeless e le sue manie di onnipotenza: i bambini più piccoli sghignazzavano alle sue spalle quando passava per le strade, ridacchiando e donandogli il simpatico appellativo di “Io Io”.
Qualsiasi cosa ci fosse in città, lui interveniva dicendo di essere il migliore nel saper organizzare cene di quartiere, o gare artistiche, o ancora era persino più bravo del pescatore anziano della città nel saper riconoscere le zone più pescose dell'oceano.
Naturalmente, il fatto che studiasse anche lui medicina come la sua fidanzata lo spronava a sfidare persino lei nello studio e nei risultati degli esami. E quando il professore di anatomia patologica lo aveva rimandato dicendogli che la sua preparazione era scarsa e imprecisa, lui davvero non aveva potuto accettare che invece Norma Hutch avesse avuto il massimo dei voti.
E come poter dimenticare quella orribile giornata, in cui era stato battuto dal suo nemico, da Norma? Con l'alcool, naturalmente.
Le conseguenze, dunque, furono a discapito della ragazza; quella sera, al Bounty Showing, tutte le persone si voltarono a guardare lei mentre il suo ragazzo importunava i presenti, totalmente ubriaco, vomitando sulle scarpe da mille dollari di Jeremy Perkins, figlio del grande imprenditore, o avvicinandosi a tre ragazzine adolescenti per commentare il loro abbigliamento provocante che consisteva in realtà in semplici maglie e jeans, o ancora brandendo il microfono per il karaoke come lazo e improvvisando un balletto che per lui doveva essere molto sensuale.
Norma, irritata e infastidita, si era alzata per scappare via dal locale, sotto gli sguardi di tutti; alcuni maligni già commentavano che di quella serata se ne sarebbe parlato per molti anni a venire, perché oltre a tutto quello che già Nick Hopeless aveva fatto, appena Norma era uscita dal locale aveva iniziato a parlare di lei.
Di tutto ciò che riguardava lei.
Le sue paure, le sue ossessioni, il suo disordine cronico, il fatto che fosse arrivata vergine a diciotto anni per poi essere “aperta” da lui, Nick Hopeless, il grande e potente uomo.
I buttafuori erano intervenuti quando aveva iniziato a parlare dei loro rapporti sessuali, scendendo nei minimi dettagli possibili; ma Norma era ormai lontana, ignara del fatto che di lì alla mattina seguente tutta Greentown avrebbe saputo che a letto era completamente disinibita, senza freni. E che la sua sesta di seno era uno spettacolo ineguagliabile vista da sotto.
Fu così che in meno di ventiquattro ore Norma Hutch si ritrovò a passare dalle stelle alle stalle: dalla gioia per il superamento dell'esame alla vergogna ad uscire da casa sua per ciò che la gente ormai sapeva su di lei.
L'unico ad esserle rimasto vicino, oltre alla sua famiglia naturalmente, era proprio Andrew Miles. Come sempre, d'altronde.
Era stato difficile persino per lui entrare in camera di Norma: per cinque giorni era rimasta chiusa, gettata su un letto a piangere, mentre i suoi genitori, disperati, le raccomandavano che quel buffone di Hopeless aveva già ricevuto una denuncia per diffamazione e danno all'immagine e alla persona.
Ma a Norma non interessava delle denunce: stava male, troppo male perché qualcuno potesse farla calmare.
A questo ci aveva pensato Andrew.
Quando Griffith si era precipitato con la volante a casa Hopeless, dopo una segnalazione ricevuta in caserma di urla e schiamazzi e rumori di mobili gettati a terra, non era rimasto poi tanto stupito di averci trovato Andrew Miles che urlava come un ossesso e Nick Hopeless tremante a terra, che gemeva e si lamentava, parecchi graffi sul viso, la camicia strappata e un livido nero sotto l'occhio sinistro, oltre a due incisivi rotti.
Griffith, senza fare alcun commento, aveva portato entrambi in centrale, ben ammanettati e tenuti d'occhio, seduti sui sedili posteriori della volante.
“Miles, una sola parola: perché?”.
Questa fu l'unica domanda che l'ispettore pose ad Andrew: e lui, strafottente come al suo solito, gli rispose: “Perché esiste, ecco perché”.
“Forse lei è un po' agitato per quello che Hopeless ha detto e fatto al Bounty Showing?” era intervenuto Stahl.
Andrew rise amaramente: “Forse. Ma non c'entra. Lui è solo un pallone gonfiato e meritava una bella lezione. Potremmo benissimo dire che è un assassino, visto che Norma sta morendo, chiusa in camera sua, dove piange solo e non beve né mangia”.
“Assassino, Miles?” ancora Stahl.
“Oh, sergente, so già dove vuole arrivare” lo anticipò l'ispettore “Ma non c'entra nulla con gli omidi Stuart e McLeod”.
“Come fa ad esserne certo?” Andrew si mise a sedere con il busto eretto “Le assicuro che la sera in cui ho ritrovato il cadavere di Matt McLeod, quell'idiota di Hopeless ha rifiutato di uscire con Norma! Me lo disse lei, quella sera, lo ricordo alla perfezione! Perché non gli fa qualche domanda, visto che è un idiota totale e potrebbe anche indossare questa maschera da imbecille per celare altre intenzioni?”.
“Andiamo, Miles! Hopeless un assassino!” ridacchiò Stahl “Lei è solo offuscato dalla rabbia e dalla gelosia”.
“Gelosia? E per cosa, sergente?”.
“Perché lui è il ragazzo di Norma Hutch, e non lei, signor Miles!” sbottò il sergente “Mi sembra evidente che questo è il motivo del suo accanimento contro di lui”.
“Sergente, stia zitto un attimo”.
Griffith guardò dritto negli occhi Andrew, il solito sigaro in un angolo della bocca e lo sguardo assottigliato: “Tu, Miles, dici che potrebbe essere implicato nella vicenda?”.
“Sì”.
Sospirò, senza distogliere lo sguardo dal ragazzo: “Allora forniscimi delle prove. Almeno tre. Poi potrò interrogarlo come sospetto”.
Andrew boccheggiò per qualche istante: “Dice sul serio, ispettore? Mi sta chiedendo di aiutarla?”.
Griffith annuì, l'aria più seria che mai: “Fa' il tuo dovere, Miles, e cercherò di tirarti fuori da questa brutta storia dell'aggressione in casa di Hopeless. Ti sei cacciato nei guai, ma potresti anche uscirne pulito”.
“Farò del mio meglio, glielo giuro” Andrew si alzò con aria agguerrita, e uscì dalla saletta dell'interrogatorio lasciando il sergente in stato confusionario e l'ispettore intento a godersi il suo sigaro, lo sguardo che correva lungo le pareti e l'aria pensierosa.
Dopo essere uscito dal commissariato, Andrew si era precipitato a casa Miles.
“Norma, apri la porta” aveva gridato “Devo parlarti”.
Nessuna risposta.
“Norma, apri la porta, ho detto” continuò.
La sentiva sospirare dentro quella stanza, avrebbe voluto sfondare quella porta e andare da lei, abbracciarla... forse era arrivato il momento di dirle ciò che provava per lei?
“Norma” sospirò “Devo parlarti. Riguarda Nick e gli omicidi di Matt e Ilva. Io e Griffith pensiamo possa essere implicato”.
Rumore di passi. Il cuore di Andrew batteva a mille, in quel momento.
Passi leggeri, ovattati. Era a piedi nudi, lo si sentiva chiaramente, e si muoveva lentamente. Chissà in che condizioni l'avrebbe trovata...
“Vuoi aprirmi, Norma?”.
“Aspetta un attimo”.
Un brivido lo percorse da parte a parte: la sua voce si era ridotta ad un sibilo, da quanto tempo non parlava più? Davvero da cinque giorni non aveva emesso altri suoni se non singhiozzi?
Un istante dopo Andrew si ritrovò a fronteggiare una ragazza con capelli corti, grandi occhi nocciola arrossati e labbra screpolate.
“Norma! Cosa hai fatto ai capelli?”.
Lei gli sorrise: scure occhiaie le rovinavano il volto sempre luminoso, e alcuni segni rossi attorno agli occhi suggerivano il fatto che avessero pianto molte lacrime.
“Li ho tagliati” rispose la ragazza, la voce flebile “E ho fatto tutto da sola! Avevo voglia di tagliare i ponti con il passato, Andrew”.
Voltandosi, si fece largo tra scatole di scarpe e vestiti gettati a terra: gli armadi erano praticamente vuoti e un cumulo di giubbotti era gettato sul letto.
Norma indossava un jeans e una maglia a manica lunga, ma era scalza; Andrew sapeva che spesso le piaceva stare senza ciabatte, in camera, per poter camminare sul morbido tappeto che lui le aveva regalato cinque natali precedenti. Un tappeto rosso, circolare, che la ragazza aveva posto a centro stanza, tra il letto e la scrivania. E su cui si era gettata in quel momento, continuando ad avvicinare scatole di scarpe a sé e studiandone il contenuto.
Andrew si sedette affianco a lei, togliendo le scarpe anche lui e affondando i piedi nel tappeto: “Cosa stai facendo?”.
“Un cambio di stagione” fece lei gettando un paio di scarpe vicino al cestino “Era anche ora! Anatomia patologica non mi dava tempo di far nulla, neanche mettere via le robe estive e iniziare ad usare i maglioni più pesanti!”.
Andrew ridacchiò: “Che disordine in questa stanza. Si vede che è la tua”.
Norma lo guardò e gli ricambiò il sorriso: “Io lo so perché sei qui”.
Andrew la fissò intensamente: possibile che la ragazza avesse capito che lui provava qualcos'altro, oltre al volerle bene come un amico? E se sì, come aveva mai potuto scoprirlo?
“Ah sì?” cercò di temporeggiare, cercando di capire effettivamente di cosa parlasse la ragazza “Allora, sentiamo cosa hai da dire al riguardo”.
Fu un attimo di tempo, ma per Andrew sembrò durare una vita: Norma lo abbracciò, quasi avvinghiandosi alle sue possenti spalle, affondando il capo nell'incavo del suo collo e respirando a pieni polmoni: “Grazie, Andrew. Sei davvero il mio migliore amico”.
Ancora confuso, il ragazzo balbettò incerto “Be', baby, era il minimo che pote...”.
“Grazie per avergli spaccato la faccia. E per essere stato dietro la porta di camera mia tutti i santi giorni, a chiedermi di uscire. Sei speciale, Andrew Miles”.
Il suo cuore ora batteva all'impazzata: in quel momento sarebbe sembrato davvero stupido non baciarla, non dirle che era innamorato perso di lei, di quello che faceva, della sua voce, di tutto ciò che lei era...
“Non l'ho ancora lasciato, però”.
Il mondo gli crollò addosso, così come in un istante prima gli era sembrato di volare in alto: lo sguardo truce, si staccò dall'abbraccio e la guardò furente: “Tu cosa?!”.
Norma, spaventata, si morse un labbro: “Sta' calmo. Intendevo dire che lasciarlo via messaggi o con una telefonata non mi avrebbe dato modo di dirgli in faccia quanto mi faccia pena. Quindi stasera ci incontreremo e poi potrà anche andare a quel paese per me”.
Andrew annuì: “Sarà meglio per te, baby”.
La ragazza finalmente gli sorrise con fare divertito: “Sei il solito, Drew!”.
Risero assieme, sfiorandosi appena i nasi, senza distogliere i reciproci sguardi: dentro la testa di Andrew era in corso una battaglia, voleva baciarla, ma in quel momento lei era troppo fragile... e ancora fidanzata, agli atti.
“Cosa dicevi riguardo Griffith?” Norma si distaccò dopo qualche istante e riprese a esaminare le varie scarpe che la attorniavano; Andrew sbuffò per cercare di allentare la pressione e si sedette in maniera tale che la ragazza non notasse l'evidente gonfiore tra le gambe di lui.
“Ah, ecco, di questo volevo parlarti!” finse indifferenza mentre lei si chinava a raggiungere una scatola più lontana, lasciandogli in primo piano la visione del suo fondoschiena “Prima ho parlato con l'ispettore e abbiamo deciso di collaborare. Lavorerò per lui”.
“E in tutto questo cosa c'entra Nick?”.
“Sospetto assassino”.
Norma sbarrò gli occhi: “Cosa?”.
Andrew sospirò guardandola: era bella, con quei capelli tagliati alla “fai-da-te” e senza un senso, gli occhi che pian piano stavano tornando normali e le labbra tutte screpolate, le scarpe in mano e l'aria confusa.
“Senti, perché non ne parliamo da un'altra parte?”.
La ragazza inclinò la testa: “E dove? Io non ho voglia di uscire, c'è gente in giro e...”.
“Andiamo a Greentown Bay” propose lui, entusiasta, prendendole le mani “L'oceano d'inverno, a quest'ora, è deserto! Saremo solo io e te, Norma... che ne dici?”.
E così, trenta minuti dopo erano lì, sulla spiaggia, a guardare il tramonto: Andrew le aveva raccontato del suo sospetto riguardo Nick; e Norma gli aveva rivelato una preziosa informazione... forse la prima delle tre prove che Griffith chiedeva.
“La mia amica Cecily, il giorno dopo, mi ha detto di averlo visto girare da solo in macchina alle undici” gli aveva rivelato “E quando gli ho chiesto spiegazioni, lui mi ha risposto sgarbatamente che era a letto alle undici, già nel mondo dei sogni. E, soprattutto, che non dovevo fidarmi delle voci della gente o mi avrebbe lasciato”.
“I conti tornano” Andrew sfoggiò un sorrisetto compiaciuto “Ha mentito a te. Era in giro, è stato visto. Chi non riconoscerebbe la sua macchina?”.
“Già... con quel caratteristico sportello sfondato dal lato del guidatore, dopo quell'incidente che avemmo...”.
“Norma, io penso che lui possa aver ucciso Matt e Ilva”.
La ragazza scosse vigorosamente il capo: “No, Andrew. Può essere un bastardo, schifoso, razzista, masochista, egocentrico, pallone gonfiato e irrispettoso, testardo, idiota... ma un assassino no. Non ne sarebbe capace! Lui è un totale imbranato!!”.
“Mai dire mai, Norma” Andrew sospirò “Comunque continuerò a cercare informazioni su di lui. La cosa mi puzza”.
“Nick un omicida... ma dai! Già è assurdo sentir parlare di omicidi a Greentown... ma che quel demente sia un omicida davvero è impossibile, secondo me!”.
“Vedremo, Norma. Vedremo”.
Rimasero in silenzio, seduti l'uno affianco all'altra, a guardare il sole che ormai era andato via, a fissare i suoi raggi che ancora illuminavano la spiaggia.
“Come pensi andrà a finire questa storia, Andrew?”.
Il ragazzo sospirò, mentre due gabbiani calavano sull'acqua per posarvici sopra: “Secondo me non finirà, Norma. Ho la vaga impressione che andrà avanti per le lunghe. Ma ti giuro che prima o poi scopriremo chi c'è dietro a tutto questo. E se è davvero quell'idiota di Hopeless, è la volta buona che divento io un assassino. Lo uccido, davvero. E se la sarebbe meritata tutta”.

   
 
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