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Autore: TaliaAckerman    24/11/2013    6 recensioni
[Revisione in corso]
Il secondo atto della mia personale saga dedicata a Fheriea.
Dal terzo capitolo:
- "Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovarle.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi"
Se volete sapere come continua il secondo ciclo di Fheriea, leggete ^^
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'II ciclo di Fheriea'
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Ehme galoppava silenziosa ed aggraziata sui pendii erbosi delle colline nel Sud dello stato dei Re. Dietro di lei, Yin cercava di trasportare Gala con la medesima velocità. Jel, sempre seduto sulla propria cavalcatura, cominciava ad avvertire pesanti segni di stanchezza. Era da tutta la sera che lui e Gala spronavano i cavalli al galoppo senza mai fermarsi. Grimal era scomparsa presto da dietro di loro, che si erano addentrati nelle tenebre rischiarate leggermente solo dalla luce della Luna dei Colli Nakiez. Nonostante l’estate fosse tutt’altro che prossima, l’aria era tiepida, e avvolti negli spessi mantelli dei maghi i due ragazzi provavano quasi un fastidioso caldo. Il clima dell’Haryar, la regione probabilmente più arida e desertica del pianeta, aveva influenzato notevolmente anche quelle zone; proprio ai piedi delle Montagne Rosse il deserto si estendeva per poche miglia anche nello Stato dei Re. Già lì l’erba era secca e giallognola, non soffice e smeralda come a Nord.
- Quanto credi che manchi ancora per arrivare a Prit? – gli gridò Gala da dietro, sovrastando il rumore delle folate di vento notturno. Jel scosse la testa. – Per l’alba dovremmo esserci… forse… Prit era l’ultima città degna di essere definita tale prima del confine con l’Haryar. Si sarebbero fermati lì per un paio d’ore per riposarsi ed eventualmente mangiare qualcosa. L’attraversata delle montagne sarebbe stata lunga e faticosa, lo sapevano entrambi, non tanto per loro quanto per i poveri cavalli; Ehme aveva già affrontato viaggi dal ritmo così sfiancante, ma se si fossero ritrovati a perdere Yin, la traversata sarebbe potuta risultare ancora più dura del previsto.
Si convinse ad allontanare quei pensieri pessimistici e spronò Ehme ad andare più veloce; non ne poteva più di cavalcare. La pazienza non era mai stata una delle sue doti maggiori. Strano a dirsi, visto l’atteggiamento calmo che il giovane continuamente s’imponeva di mantenere. Aveva bisogno di conferme in quel momento, sapeva che nel momento in cui avesse potuto toccare la Pietra d’Haryar si sarebbe sentito immediatamente più sicuro. Lo sguardo estremamente preoccupato del Re e le parole del maestro di Tharia a proposito dei ribelli continuavano a perseguitarlo.
Fheriea era già sopravvissuta ad una guerra più grande di lei, decenni e decenni prima. Jel sperava con tutto il cuore che il continente non dovesse prepararsi ad affrontarne un’altra.

***

AMARIA, TERRE DEL NORD

Sephirt sorrise leggermente, mentre con gioia accoglieva il rumore dei passi dietro di lei. Passi leggeri, incredibilmente decisi, appartenenti a spessi ma pregiati stivali di cuoio.
Mal. Mal, il suo maestro e amico. Mal, il più fidato e feroce sostenitore di Theor, uno dei più conosciuti e capaci maghi delle Terre del Nord.
Lui e Sephirt si conoscevano da anni; fin dai propri primi ricordi la giovane rammentava Mal accanto a sé. Era tutto per lei: un padre, un fratello, un maestro. Era da lui che, sepolta fra le biblioteche di Amaria, aveva appreso i segreti e gli incanti della magia. Mal Ennon aveva ricevuto un’educazione dal maestro Camosh in persona, un Uomo Reale conosciuto in tutta Fheriea per le grandi capacità e saggezze, che ora sedeva come membro del Gran Consiglio. Mal aveva trascorso la propria infanzia nello Stato dei Re, ma appena terminata la propria educazione aveva deciso di tornare nella sua patria, le Terre del Nord. Ed era lì che Sephirt l’aveva incontrato.
- Vieni Sephirt. Dobbiamo essere nella sala centrale del Palazzo fra dieci minuti.
La donna alzò lo sguardo dall’antico tomo che era intenta a consultare in quel momento; era tarda mattinata, ma lei si trovava ancora in vestaglia. La sera prima era stata costretta a coricarsi nel pieno della notte, dal momento che la riunione del consiglio indetta da Theor si era portata avanti decisamente per le lunghe. – Arrivo tra un attimo – rispose con disinvoltura, sfilandosi la casacca di velluto e rabbrividendo per il freddo. Allungò una mano e veloce afferrò la divisa dei maghi nordici. Fosse stato anche solo un paio di anni prima una simile idea non le sarebbe passata neanche per la testa. Ma ormai conosceva Mal troppo – troppo – bene per avere timore di cambiarsi davanti a lui. Immaginò l’uomo abbassare discretamente lo sguardo e ridacchiò, fra il divertito e il leggermente lusingato.
Sebbene Mal Ennon fosse esattamente il corrisposto alla descrizione di “bell’uomo”, per quanto Sephirt sapesse al momento non era impegnato in alcuna relazione amorosa seria. E Sephirt di lui conosceva pressoché tutto. Aveva avuto un paio di amanti nella sua vita, ma tutto era successo prima; prima che Theor salisse al potere, prima che egli stesso si fosse completamente consacrato al proprio lavoro. Sephirt era praticamente l’unica donna con cui il mago avesse a che fare, e la cosa le piaceva.
Mal era un uomo sulla quarantina – un vecchietto rispetto a lei, che di anni ne aveva ventisette – e nonostante gli anni passati la sua bellezza non si era mai sciupata. Era nato a Gax, una delle città più settentrionali del continente, ma da genitori entrambi appartenenti agli Uomini Reali, spostatisi con le famiglie nelle Terre del Nord ai tempi della grande guerra condotta da Will Cambrest verso i popoli del Sud del pianeta Acryst. Alto, forte, i capelli scuri e crespi sempre pettinati alla perfezione. Occhi neri, intensi, amareggiati dalle sofferenze contemplate, inaspriti dalla pietà che raramente poteva permettersi, maturati dall’esperienza e dal coraggio. Erano gli occhi che avevano catturato Sephirt fin dal giorno in cui si erano conosciuti, che l’avevano indotta a fidarsi di lui.
Quando ebbe finito di vestirsi, si voltò. – Sono pronta. – disse con un sorriso.
Mal annuì e le fece cenno di seguirlo. Entrambi uscirono per le vie di Amaria, senza riuscire a trattenere i tremiti indotti dal freddo pungente e secco che caratterizzava il tardo inizio della primavera lì a Nord. Percorsero la prima strada senza scambiarsi una parola; Sephirt preferì tenere la bocca chiusa, curiosa ed impaziente di scoprire quale fosse l’incarico che Theor avrebbe affidato loro quella volta. Perché era di un incarico che si trattava, la donna ne era sicura; erano rare le occasioni in cui Theor li convocava per qualcosa che non fosse una seduta del “consiglio ristretto”. Era stata un’idea proprio di Theor denominare così le riunioni dei ribelli.; una sorta di canzonatoria storpiatura del Gran Consiglio che aveva luogo a Grimal. Da quando i genitori dell’infante sovrano erano morti nella dura epidemia che aveva colpito Amaria anni addietro, tecnicamente era diventato lui il sovrano. Da capo consigliere e maestro di corte, aveva preso in mano il potere con astuzia e diligenza. E mentre le sue influenze sul popolo si accrescevano, il suo desiderio di rivendicare la totale indipendenza delle Terre del Nord dall’Ariador non faceva altro che intensificarsi. Ed era per questo che Sephirt, Mal e migliaia di altri Uomini del Nord lo seguivano; per dargli la possibilità di realizzarlo. I due varcarono le soglie del grande cortile bianco del palazzo reale, dopodiché chinarono leggermente il capo di fronte alle imponenti guardie dell’ingresso. – Siamo convocati dal maestro e consigliere Theor, chiediamo il permesso di entrare. – fece Mal a memoria; aveva già pronunciato quella frase parecchie volte negli ultimi giorni. Uno dei due uomini in divisa spalancò il portone di spesso legno levigato. Mentre i maghi entravano, una figura ammantata si avvicinò loro.
- Salve Wesh. – lo salutò Mal sorridendo affabile. – E’ proprio necessario?
L’anziano maestro si fece scivolare il cappuccio dal volto, rivelando un viso nervoso ed emaciato. – Ordini di Theor, Ennon. Mi dispiace, ho il dovere di perquisire chiunque provenga da fuori.
– Veramente è stato proprio Theor a convocarci…- borbottò Sephirt fra sé e sé, stizzita, mentre controvoglia alzava le braccia e allargava le gambe.
– Ancora non ti sei rassegnato ad abbandonare quella robaccia?- chiese tagliente, mentre Wesh tirava fuori dal mantello una sottile asta di metallo emanante un vago bagliore rossastro.
– Perché adeguarsi ai nuovi metodi sperimentali di quegli inetti del Sud? – rispose questi, senza mascherare il fastidio. – L’incanto Nibel funziona molto meglio sui metalli piuttosto che… all’aria.
La donna sbuffò, mentre Mal ridacchiava distrattamente. La verità era che trovava piuttosto fastidioso lo scorrere di quel bastone reso incandescente dalla magia sul proprio corpo diafano. Quella norma di sicurezza era antichissima, risalente ai tempi anteriori alla Grande Guerra. Il funzionamento era semplice: procuratasi una comunissima asta di ferro, vi si applicava sopra un incanto – il Nibel, appunto – che se sfregato sui corpi e i vestiti delle persone ne captavano il possesso di oggetti non richiesti, come pugnali, boccette di liquidi illeciti e altre cianfrusaglie “pericolose”.
Da parte sua, Sephirt lo trovava ridicolo.
Quando Wesh ebbe finito di perquisire anche Mal, si avviarono verso la scalinata principale, che come sapevano conduceva alla sala del trono. Altre guardie li separavano da essa, ma per fortuna i due non furono costretti a ripetere il teatrino che aveva avuto luogo con Wesh. Sephirt non riusciva più a nascondere la propria intemperanza. Bramava con tutta se stessa avere finalmente qualcosa da fare, che non fosse esercitarsi con gli incantesimi più difficili e trascorrere le proprie serate seduta attorno a un tavolo per discutere degli affari dei ribelli. Se davvero Theor voleva concludere qualcosa, l’azione era inevitabile.
Varcarono la soglia della sala grande e, una volta giunti dinnanzi al trono, si inchinarono profondamente. Il re – o tale per modo di dire – li guardò con curiosità. Gracile, poco più di un bambino spaurito, il piccolo Robyn aveva solo nove anni. Non c’era da stupirsi che Theor avesse avuto così poche difficoltà ad assumere il comando nella capitale. Robyn… non era un sovrano. E come pretenderlo? Non era né più intelligente, né più in gamba, né più talentuoso di tutti gli altri ragazzini della sua età. E sebbene fossero passati più di due anni dalla morte dei suoi genitori, non aveva ancora superato lo choc.
Robyn alzò lo sguardo su di loro quasi intimorito, senza sapere bene che dire. – Ehm… - pareva sforzarsi di trovare parole adeguate. – Che cosa… cosa…?
Un colpetto di tosse interruppe i suoi balbettii esitanti, e Theor apparve finalmente da dietro una porta laterale. – Mal, Sephirt… benarrivati. Maestà, se non ne avrete a male ve li rubo. Li ho convocati qui io stesso. Per gli affari del Paese.
Decisamente sollevato, il piccolo Robyn annuì. – Come desiderate… maestro Theor. – sorrise, soddisfatto per aver detto la cosa giusta.
Fosse stato un altro momento Sephirt avrebbe privato ilarità nei suoi confronti, ma il tono serio e leggermente preoccupato dii Theor l’avevano completamente catturata. Doveva trattarsi di qualcosa di importante.
Lei e Mal seguirono il maestro lungo un breve corridoio, per poi entrare nella elegante stanza che Theor aveva adibito come sala del consiglio ristretto. Ma intorno al tavolo di marmo non era seduto nessuno. Theor sollevò una brocca di cristallo, versò del vino in tre calici e ne porse due a Mal e Sephirt. – Accomodatevi.
I due presero posto, squadrandolo con aria interrogativa. Theor sospirò, l’espressione contratta. – Il Gran Consiglio è deciso a recuperare le Pietre. – dichiarò dopo pochi secondi di silenzio.
Né la donna né Mal riuscirono a trattenere la sorpresa. Non vi era mago in tutto il continente che non conoscesse le Pietre Magiche e e leggende che gravavano su di esse. Mal fu il primo a riprendersi. – Lo sappiamo con certezza? – domandò serio. Theor annuì gravemente. – Il nostro infiltrato nel Consiglio ha visto e ascoltato tutto. Due Maghi Consiglieri sono stati scelti per l’impresa. Devono radunare le Pietre e riportarle al Consiglio. Cosa avranno intenzione di fare dopo… possiamo avanzare solo delle ipotesi.
- Chi hanno mandato?- mormorò Sephirt dopo essersi portata il calice di liquido rossastro alle labbra. – Chi sono i due maghi?
- Nessuno di cui preoccuparsi realmente. Probabilmente due che dovremmo avere difficoltà a riconoscere. Una ragazzo e una ragazza, lei è quasi una bambina, da quanto l’infiltrato mi ha riferito. Credo che ormai l’abbiate capito: non devono riuscire a trovare quelle pietre.
- E come mai avete convocato noi qui? – chiese Mal, anche se ormai entrambi avevano già intuito la risposta.
Theor rispose con voce ferma: - Ho un incarico da affidarvi.



Note: lo so, avete tutto il diritto di uccidermi. E' da quanto, un mese che non aggiornavo? Sorry, sorry, sorry a tutti i lettori, ma almeno spero che il capitolo vi sia piaciuto ;) Fatemelo sapere con una recensione magari, sono sempre bene accetti consigli, critiche e obiezioni, al solito. Grazie,
la vostra Talia :3
Ps: cercherò di aggiornare prima, stavolta...
  
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