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Autore: Hebony    29/11/2013    3 recensioni
Fissavo quei vuoti incavi, e loro fissavano me.
Genere: Horror, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio... Sono le 6:30. Accidenti, ho fatto tardi un'altra volta. Il mio primo pensiero è dedicato a quella inquietante cosa... Dopo essermi velocemente preparata per un'altra giornata di scuola, salgo in macchina... Comincio ad agitarmi e a preoccuparmi... "No! Non posso spaventarmi per uno scherzo che la fantasia mi ha fatto ieri!" penso... Mio padre si accorge del mio stato d'animo e io cerco di non esser visibilmente preoccupata, ma, mi chiede cos'ho che non va, gli rispondo con un 'Niente.' e per far sembrare la cosa più credibile fingo un sorriso. Per distrarmi, guardo fuori dal finestrino... è inverno... Il cielo è ancora blu e inondato di stelle. Gli alberi son tutti morti e senza foglie. I prati sono coperti dalla fredda e bianca brina. Il 90% delle persone che conosco dice che l'inverno è la stagione più brutta che esiste... Io invece la adoro. La amo per i suoi pomeriggi freddi scaldati con una bella tazza di thè al limone. I suoi corti giorni, il suo clima rigido, la brina, le felpe larghe che coprono pure i polsi, la cioccolata calda alla sera, il mal tempo, e tante altre cose fantastiche di questo periodo dell'anno. Tornando a guardar fuori dall'auto e mi accorgo che sono arrivata a scuola. Quell'edificio che fino a un mese fa mi sembrava un posto tranquillo dove passare la mattinata imparando concetti nuovi, o stare con i compagni, tutto per quell'evento mi sembrò l'Inferno. L'agitazione tornò, questa volta, più forte di prima e cominciai a sudare freddo. Non ero ancora in classe che ero già spaventatissima. Salutai mio padre e mi incamminai verso quel luogo che ormai odiavo. Feci passi corti e lenti, così da perdere, seppur poco, tempo. Arrivai davanti al portone che una bidella aprì per farmi entrare, la salutai con freddezza e quasi senza voce. Camminavo sempre più piano... Non volevo andare là dentro, non volevo trovarmi davanti quel mostro. La campanella suonò... Devo andare in classe. Terrorizzata vado verso quel posto, quell'orribile posto. Sono la prima... Strano, di solito arrivo per ultima. Non ho il coraggio di aprire la porta. Fisso con paura la maniglia, quella piccola e dorata cosa che non avevo il coraggio di toccare. La guardai per tre buoni minuti, quando, riuscii ad appoggiarci su la mia mano sinistra bianca tremolante. Pian piano feci pressione su di essa, la sentii scricchiolare sotto la mia mano... Il mio cuore prese a battere con violenza... Ancora una piccola spinta e sarò in quella dannata aula. Il respiro diventò affannoso. Ero agitata. Non lo ero così tanto da quando mi erano entrati i ladri in casa mentre ero sveglia. Misi la mia mano destra sulla fredda alta porta e la aprii abbastanza da riuscire a sbirciare nella classe. Appiccicai il mio viso sull'uscio e guardai. Mi trovai la grossa testa di quella bestia a pochi centimetri dalla mia. Rimasi paralizzata per qualche secondo, abbastanza da accorgermi che mi stava guardando negli occhi. Me li guardava con insistenza...Volli urlare, piangere, correre via... I miei occhi si posarono sul cranio... Stava sorridendo... Si... Si stava prendendo gioco di me, della mia paura. Gli sbattei la porta sul muso e corsi via senza guardare dove mettevo i piedi e andai a sbattere contro il professore di Biologia... Stavo piangendo, sentivo caldi fiumi di lacrime scendere giù per le mie, arrossate, guance. Tentai di asciugarle mentre il l'insegnante mi chiese « Cosa succede? » Tutto quello che mi uscì dalla bocca, oltre a singhiozzi, fu urlato. Dissi « Quella bestia infernale era lì! Mi guardava! Mi vuole! Prof mi aiuti! Toglietela dall'aula. » E ancora, valanghe di acqua salata mi scesero giù sul viso. Continuavo a piangere singhiozzando, non riuscivo a smettere... Non riuscivo a calmarmi... Quello sguardo e quel sorriso non li scorderò mai. L'insegnante non seppe cosa fare... Cercò di capire cosa mi aveva spaventata in quel modo, e me lo chiese. Gli risposi che era stato lo scheletro della mucca a terrorizzarmi. Lui mi disse che non potevo parlare seriamente, e, mentre il mascara mi colava dagli occhi e mi colorava il viso di nero, mi disse « Noemi, quell'animale è morto più di 100 anni fa, non si può muovere. Ora vado a vedere. ». Si avviò verso la porta di classe. Tentai di fermarlo dicendo « Si fermi prof! Non vada! L'aggredirà! ». Non mi ascoltò e continuò a camminare... Singhiozzando, lo seguii con gli occhi. Ero preoccupata, non volevo che facesse del male nè a lui nè a nessun'altro. Vidi che aprì la porta...
  
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