Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: EmmaStarr    07/12/2013    5 recensioni
01# Soldati
Sanji alzò la testa, lo sguardo perso nel vuoto. – Sei venuto qui perché ti piace il posto? Non è male.
Zoro si strinse nelle spalle. – Mah. Può darsi, se ti piace deprimerti in mezzo a tutte queste foglie morte.
02#Fratelli
– Sta' giù. – sibilò Ace, lo sguardo puntato in un luogo poco distante da loro, a destra.
In un istante, Rufy si materializzò al suo fianco, il fucile carico tra le braccia. – Che cos'è?
3# Universo
Kidd sbuffò. – Ti ho detto che non morirò.
Law si sdraiò di nuovo, accanto a lui. – È una questione di punti di vista, signor Eustass, mettiamola così. Se sopravvivi adesso, sopravviverai a tutto. – sussurrò, malizioso.
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La guerra non è uno scherzo, nella vita di questi ragazzi, e nemmeno un gioco. Sanji, Zoro, Rufy, Ace, Sabo, Kidd, Law, Nami e Robin si trovano al fronte, in trincea, faccia a faccia con la morte ogni singolo giorno.
Accompagnati dalle poesie di Giuseppe Ungaretti, questi ragazzi conosceranno la morte, la disperazione, e poi la calma dopo la tempesta. Perché la guerra, diceva il poeta, è come un naufragio senza fine.
Ma, come i nostri eroi potrebbero aggiungere, a volte devi solo capire a cosa aggrapparti.
Genere: Angst, Drammatico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Monkey D. Rufy, Nami, Roronoa Zoro, Trafalgar Law, Un po' tutti, Z | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law, Rufy/Nami, Sanji/Zoro
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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FRATELLI

Mariano il 15 luglio 1916

 

Di che reggimento siete
fratelli?
Parola tremante
nella notte

Foglia appena nata
Nell’aria spasimante
involontaria rivolta
dell’uomo presente alla sua
fragilità
Fratelli

 

 

– Aspettami, Ace!

Era davvero uno strano spettacolo vedere due ragazzi, due soldati, correre ridendo fuori dal dormitorio.

Ormai era diventata un'abitudine, per i soldati del blocco otto, essere disturbati dalle urla allegre dei due fratelli. Ace e Rufy, si chiamavano. E avevano un modo tutto loro di vivere la guerra.

Il minore dei due stava rincorrendo l'altro, ridendo e sghignazzando. – Fermati, dai! È mio, ti prego, ridammelo!

– Non ci contare, caro mio! – ribatté Ace, sorridendo malizioso. – Tu hai rubato la mia parte, quindi è giusto che ora io mangi la tua, sono stato chiaro?

Rufy si imbronciò. – Ma dai, io sono più giovane, ho bisogno di energie! – implorò, sempre seguitando a rincorrerlo.

Ben presto si allontanarono dal dormitorio e dal blocco otto in generale, raggiungendo il boschetto che circondava la loro posizione. Si fermarono su un sasso, ansanti.

– E va bene, piccola peste. Faremo a metà. – concesse Ace, sospirando.

Rufy sorrise, riconoscente, e Ace si sentì il cuore più leggero. Ma quant'era stato fortunato? Lui sapeva benissimo cosa significava essere in guerra, e in fondo lo sapeva anche Rufy. Ma per loro era tutto diverso, non si lasciavano andare: a volte, la notte, i loro compagni di stanza gemevano, scossi dagli incubi o dalla guerra o da qualche altro sentimento che non aveva nome. Rabbrividivano nei loro letti perché avevano perso la strada, e Ace sarebbe benissimo potuto essere uno di loro. Se non fosse stato per Rufy.

Uccidere lacerava l'anima, e questa cosa non poteva essere cambiata. Combattere ti cancellava da dentro, e nessuno poteva farci niente. La guerra era orribile, e né Rufy né nessun altro avrebbe mai potuto cambiare questo fatto.

Eppure... eppure Rufy portava speranza. Rufy sorrideva, sorrideva sempre. Parlava di quello che avrebbero fatto una volta usciti, lo faceva ridere, scherzava. Organizzava il tempo con tutti i loro compagni, raccontava storie, rubava il cibo. Come aveva sempre fatto.

Anche lui aveva i suoi momenti di debolezza, certo, ma non si lasciava scoraggiare. – Quando usciremo di qui, – diceva sempre, – vorrei girare per il mondo e vedere un sacco di posti. Magari Parigi. Poi Londra. Anche Roma. E poi che dici, Ace, mi porti in America? Laggiù dicono che sia facile mettere su casa e vivere felici. Saremo felici, vero?

La sua espressione in momenti come quelli era impagabile, e dava a Ace la forza di andare avanti ogni giorno.

Perché non poteva arrendersi, non poteva mollare: come se la sarebbe cavata, poi, Rufy?

– Oh, era davvero cattivo. – rabbrividì Rufy, deglutendo l'ultimo boccone.

Ace inarcò un sopracciglio. – Questo non ti ha impedito di mangiarlo, però, dico bene?

– Sai che il cuoco si è ammalato? Sanji, quello bravissimo. Sono andato a trovarlo, però non sta tanto bene. Spero che si rimetta presto! – Sorrise con sicurezza. – Nel frattempo mi sa che dovrò accontentarmi di questo cibo qui...

– Ehi, questa è la mia metà! – si ribellò Ace, alzandosi in piedi. Rufy ritenne più saggio fuggire, ridendo.

Mentre Ace lo rincorreva, si sorprese da quanto le cose fossero cambiate nel giro di pochi anni. Lui e Rufy non erano fratelli di sangue, insomma, venivano da genitori diversi. Il primo giorno in cui si erano conosciuti, Ace aveva subito provato una profonda avversione nei confronti di quell'inutile affarino rumoroso e fastidioso. Ma Rufy non aveva ceduto, aveva voluto diventargli amico a ogni costo, e alla fine... Alla fine erano diventati più che amici. Veri e propri fratelli.

Ace aveva vent'anni e Rufy diciassette, quando era iniziata la guerra. Da allora erano già passati due anni, e i due avevano passato insieme ogni singolo giorno, senza mai smettere di sostenersi a vicenda e di sorridere.

Poi c'era la vita nella trincea, le interminabili ore di veglia, e la battaglia: là era Ace il capo, lui quello sempre in prima linea. A parte le ovvie ragioni di età, non poteva permettere e capitasse qualcosa a Rufy. Non se lo sarebbe mai perdonato, mai. Ma se in battaglia Ace aveva il controllo della situazione, quand'erano fuori era Rufy a tenere insieme i pezzi della loro sconclusionata esistenza.

E Ace non avrebbe mai potuto chiedere di meglio.

– Che fai, ti sei già arreso? – ridacchiò Rufy, voltandosi indietro. Ace infatti si era fermato e non lo stava guardando, quindi il minore ne approfittò per ficcarsi mezza pagnotta in bocca.

– Sta' giù. – sibilò Ace, lo sguardo puntato in un luogo poco distante da loro, a destra.

In un istante, Rufy si materializzò al suo fianco, il fucile carico tra le braccia. – Che cos'è?

– Non lo so, ma di sicuro non è dei nostri. – Traduzione: preparati a fare fuoco. Rufy annuì, serio. – Al tre. – sussurrò Ace. – Uno... Due...

Rufy prese la mira. Nonostante stesse per calare la sera, ci vedeva abbastanza bene: la figura appena visibile oltre un intricato cespuglio era decisamente umana, e sembrava seduta appoggiata ad una roccia. La figura era girata dalla loro parte, ma non poteva averli visti. Rufy non avrebbe permesso alla paura di paralizzarlo, era prontissimo. Eppure, c'era qualcosa che non lo convinceva: ma era appoggiato o... abbandonato? – Ace! – sibilò, urgente.

– Che vuoi? – la voce del maggiore era carica di tensione.

– Ace, sembra uno che sta facendo un pisolino! – rispose Rufy, facendo un cenno del capo in direzione del loro obiettivo.

Il maggiore guardò meglio, le sopracciglia corrucciate. Effettivamente, ora che guardava bene, era vero: sicuramente non era nella posizione di attaccarli. – E allora?

Rufy sorrise. – Allora non è pericoloso! Non serve sparargli, ti pare?

Un altro lato di Rufy che ogni volta lo sorprendeva. Non appena Ace aveva visto la figura, l'aveva classificata come pericolosa, e in quanto tale da eliminare. Questo era il risultato della sua guerra. Invece, Rufy conservava ancora un'innocenza di bambino che lo inteneriva e impensieriva al tempo stesso: non era la dote migliore per un soldato, l'innocenza. – Senti, Rufy... – attaccò, incerto.

– Ehi! C'è qualcuno? – Ace congelò. Il ragazzo misterioso si era accorto di loro! Doveva prepararsi ad uno scontro? Una cosa la sapeva: se avesse osato torcere un solo capello a Rufy, lui l'avrebbe fatto letteralmente a pezzi.

– C'è qualcuno? Io sono disarmato! Per favore, non sparate! – ripeté di nuovo la voce, nervosa. E Ace sapeva che, fra soldati, il nervosismo era sinonimo della paura più terribile.

– Di che reggimento sei? – domandò Rufy ad alta voce. Ace lanciò una mezza maledizione: adesso si metteva pure a parlarci?

– Probabilmente non del vostro. – ammise il ragazzo, alzandosi piano e sollevando le braccia.

– Allora perché dovremmo lasciarti in vita? – sputò Ace, sempre rimanendo nell'ombra.

Rufy inarcò le sopracciglia. – Ma Ace, è disarmato! Se voleva spararci poteva farlo prima. – La crudezza di quelle parole colpirono Ace come uno schiaffo. Poteva ucciderli. Avrebbe potuto farlo, e Rufy ne era ben consapevole. – Alziamoci in piedi, così lo vediamo. Nel frattempo teniamo alto il fucile, per essere sicuri. – propose il minore.

Ace ci rifletté un istante. Ora come ora, avevano tre opzioni: uccidere, scappare o alzarsi e parlare. Lui avrebbe preferito senza dubbio la prima, ma sapeva che Rufy non avrebbe mai accettato. Lo stesso valeva per l'idea della fuga, e comunque, Ace non scappava. Quindi, se non voleva mettersi a discutere con il fratellino in una situazione del genere, c'era un'unica cosa da fare... – E va bene, ma stai dietro di me. – sibilò, alzandosi con cautela.

– Spero per te che tu abbia detto il vero! Perché se hai mentito, sarà l'ultima cosa che avrai fatto! – minacciò, uscendo lentamente dal cespuglio che lo proteggeva dalla vista del nemico.

Rufy si alzò in piedi di fianco a lui, un passo più indietro, e fissò con curiosità il ragazzo che avevano di fronte.

Poteva avere l'età di Ace, forse un po' più grande. Era alto e aveva corti e ricci capelli biondi. Non aveva l'aria pericolosa, decise immediatamente. – Ciao. – sorrise Rufy, incoraggiante. – Ace, non ha armi, vedi? Non è un pericolo.

Il ragazzo misterioso sorrise appena, sconcertato. Quel soldato avversario gli aveva davvero detto... “ciao”? – C-ciao a te. No, non ho armi. Ero venuto qui a fare una passeggiata, e mi sono perso. Tra poco scatterà il coprifuoco, e mi sa che mi beccherò una ramanzina coi fiocchi. – ridacchiò, rassegnato.

Rufy lanciò un'occhiata implorante ad Ace, che sbuffò e alzò gli occhi al cielo. – Bé, in questo caso non abbiamo motivo di ucciderti. – sbuffò, tutto sommato sollevato all'idea di non doversi portare dietro il peso di un altro omicidio - uno ancora, l'ennesimo -, e fece qualche passo avanti. Rufy lo seguì, allegro.

– Anche noi facevamo una specie di passeggiata. – spiegò il più giovane, allegro. – Circa. Cioè, io in realtà rubavo il cibo a Ace e lui mi rincorreva. Ah, io mi chiamo Rufy, e questo è mio fratello Ace. E tu?

Ace era l'unico ad accorgersi dell'assurdità del momento? Insomma, andiamo! Tra soldati di reggimenti diversi non... non si può essere amici. Non si può parlare. Anzi, già il fatto di non averlo ucciso era di per sé un crimine, in un certo senso.

Questo soldato un domani avrebbe benissimo potuto ucciderli, giù nel campo di battaglia. Allora perché...? Ma già lo sapeva, perché. Per Rufy non esistevano persone e persone: tutti erano uguali, tutti potevano diventare suoi amici. Ace si chiese un'altra volta come facesse quel ragazzino a combattere tutti i giorni: decisamente, era più forte di quel che dava a vedere.

– Io sono Sabo, piacere di conoscerti. – rispose il ragazzo, cordiale.

– Sì, sì, è stato un grande piacere. – disse in fretta Ace. – Ora è meglio se ce ne andiamo, d'accordo, Rufy?

Il più giovane stava per ribattere, quando dal suo stomaco provenne un feroce borbottio... – Oh, no, Rufy! Hai appena mangiato! – si lamentò Ace, scuotendo la testa. Due razioni! Se qualcuno doveva dirsi affamato, quello era Ace.

– Ehi, se volete, io ho del cibo. – li informò il ragazzo di nome Sabo, rivelando uno zainetto pieno zeppo di cibarie. – Col fatto che non mi avete ucciso eccetera, immagino di dovervi un favore...

Prima che Ace potesse ribattere, oppure prendergli lo zaino e scappare, dipendeva, Rufy gli si era già fiondato addosso. – Davvero? Posso? Grazie, grazie mille!

E già stavano parlando e scherzando come amici di vecchia data.

La cosa peggiore era che anche Ace c'era dentro. Nonostante tutti i suoi sforzi, si ritrovava a ridacchiare per le allegre battute di Sabo, a favorire del suo cibo e a partecipare attivamente a quel picnic improvvisato.

Il tempo passò velocissimo, e in breve i tre ragazzi impararono un sacco di cose l'uno sull'altro. I loro paesi di provenienza non erano molto distanti, a malapena mezza giornata di cammino, per questo si capivano: parlavano dialetti simili. Eppure i modi di vivere erano completamente differenti: strane abitudini, strani modi di dire. Anche il cibo era strano, ma non per questo meno gustoso, sia chiaro.

Ace non voleva venire coinvolto, assolutamente non voleva, eppure... Oh, accidenti: possibile che quel ragazzo gli ispirasse tanta simpatia? Possibile che fosse così felice di non averlo ucciso? Era sicuro che anche Rufy pensava le stesse cose, glielo leggeva in faccia.

E ora come avrebbe potuto combattere entro poche ore, sapendo che il nemico invisibile che lui doveva uccidere poteva essere Sabo?

Il segnale del coprifuoco suonò in lontananza. – Oh! Dobbiamo andare! – fece Rufy, balzando in piedi. – È stato davvero un piacere, Sabo! Sono felicissimo di non averti ucciso, e il vostro cibo era buonissimo!

Sabo sorrise. – Anch'io sono felice. Che non mi avete ucciso innanzi tutto, ma anche di avervi conosciuto.

– Quando la guerra sarà finita, ci incontriamo tutti insieme. Verremo a trovarti. – promise Rufy, sorridente. – Sarebbe davvero bello se ci vedessimo di nuovo, magari possiamo organizzare qualcosa tutti insieme.

Il volto di Sabo passò dallo stupore alla felicità in un millesimo di secondo, ma Ace se ne accorse benissimo. – Ne sarei molto felice.

Non aveva detto “se saremo ancora vivi”. Anche se l'aveva pensato. Questo era l'effetto che Rufy faceva sulle persone, e ancora Ace non riusciva a capire come diavolo facesse.

– Su, Rufy, dobbiamo andare. – disse gentilmente. Il minore annuì, e lo precedette iniziando a correre. Ace si voltò un'ultima volta. – Allora, bé... stammi bene. – disse alla fine, accennando l'ombra di un malinconico sorriso.

– Anche tu. Ah, Ace... – fece Sabo, come ricordandosi di qualcosa all'improvviso.

– Sì?

– Sei davvero fortunato. Ad avere Rufy, intendo. Sta' attento che non te lo uccidano. – sorrise Sabo. Era un sorriso triste, il sorriso di chi sa come va il mondo.

Ace raddrizzò la schiena, fiero. – Dovessi morire, non permetterò che gli facciano del male. – Come poteva pensare il contrario? Ace aveva bisogno di Rufy.

Sabo sospirò, un po' più tranquillo. – D'accordo, bravo. Addio, Ace! È stato davvero bello! E grazie! – lo salutò, scomparendo ben presto nel folto del bosco.

Ace rimase fermo a fissare il luogo in cui era sparito, finché un Rufy un po' indispettito tornò indietro a chiedergli cos'avesse.

– No, niente. – lo rassicurò, voltandosi e seguendo il fratellino.

Le parole di Sabo lo avevano colpito: Sta' attento che non te lo uccidano. No, lui piuttosto sarebbe morto, questo era certo.

Perché Rufy era suo fratello, e non c'era niente di più importante.

– Ace! Ti dai una mossa? Oggi sei più lento del solito! – lo schernì la voce di Rufy da lontano.

Ace ghignò. – Rimangiatelo subito! – gridò, fiondandosi all'inseguimento di quella piccola peste.

Del suo sciocco, piccolo, fastidioso e assolutamente fantastico fratellino.

 





























Angolo autrice:

Ok, come era anche vagamente scontato ma le cose scontate conquisteranno il mondo, la shot su Ace e Rufy si basava sulla poesia "fratelli".
Ho deciso di farli interagire con un soldato del reggimento nemico perché andiamo, la domanda "di che reggimento siete, fratelli?" della poesia è struggente. Perché è orribile che dei fratelli si uccidano a vicenda, e ho messo Sabo tra gli avversari perché fosse chiaro che era loro fratello.
E poi, per chi ha colto il vago colpo di scena... Sanji è malato! Cosa sarà successo? In realtà tutte queste shot sono un po' collegate tra loro, lo vedrete ancora di più nella prossima, che, per la cronaca, sarà una KiddLaw. Poi salterà fuori una su Robin e Nami, e alla fine ci sarà la conta dei superstiti (?), una shot conclusiva, diciamo. Quindi questa raccolta si concluderà al capitolo 5, li ho già pronti tutti *feels satisfied*
Grazie a chi ha recensito, vi adoro tantissimo! *.*
Un bacione, vostra
Emma ^^

  
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