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Autore: La figlia di Ade    15/12/2013    1 recensioni
Adelaide ha 15 anni e una vita intera davanti, ma capisce che tutto sta per cambiare quando dei fenomeni iniziano, da quando è piccola, a insinuarsi nella sua vita. Questa è la storia di una ragazza che verrà travolta da un amore sbagliato, ma che la segnerà per sempre.
"Ti renderò più facile, decidere ciò che è inevitabile." Negrita- Destinati a perdersi.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Crack Pairing
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Accadde una sera d’inverno. Fuori la neve scendeva lenta e informe, ricoprendo il mio umile paese sotto uno strato protettivo. Leggevo tranquilla, rannicchiata sotto delle soffici lenzuola, come se il mondo intorno a me non esistesse, riuscivo a vedere solo le parole nere, scritte su fogli bianchi.
Dovrei, però, dire un paio di cose prima di continuare.’
‘Certo, dimmi.’
‘Quei giorni non erano come tutti gli altri. Perché più si avvicinava il mio compleanno e più mi sentivo strana, come... perseguitata. Capisci? Mi sono ritrovata anche a scappare da chissà che cosa, nel cuore della notte.
Comunque, d’un tratto, iniziai a sentire tipo dei battiti, provenire dal soffitto. Si facevano sempre più forti fino a cessare di botto. Appena alzai lo sguardo, per vedere cosa stava succedendo, sentii gli arti bloccarti. Un brivido mi percorse la schiena, fino ad arrivare alla dita, mi cadde il libro. Non riuscivo a muovermi. Un dolore lancinante allo stomaco, non riuscivo a capire cosa stava succedendo.
Tremavo senza controllo, piangevo, piangevo a dirotto, fino a quando le mie lacrime divennero più calde, fino a trasformarsi in sangue. Allora nella mia mente riaffiorarono i ricordi, ma prima che potessi dire qualcosa, la neve di fuori si era bloccata e la stanza divenne afosa. Alzai gli occhi verso la parete e, proprio in quel momento, vidi due ombre materializzarsi dinanzi a me. Ansimavo e le urla mi si bloccavano in gola, strozzandomi. Le due figure iniziarono a contorcersi, riempiendo la stanza di tensione. Quattro luci rosse erano sospese in aria, come quattro occhi che mi guardavano soffrire. Strinsi i denti e cercai di non perdere i sensi. Iniziarono a parlare, fra loro:
“Mio frutto, -disse la figura più alta e grossa- cosa ne pensi della vittima che ti ho scelto?”
“Davvero bella -rispose la seconda- e giovane.”
“Come te. Così potrai diventare finalmente il padrone.”
A quel punto non ce la feci e vomitai una schifezza nera, che sembrava avere oggetti appuntiti all’interno. Poi, buio. Mi risvegliai la mattina dopo, sudata, nel mio letto e con il libro ancora a terra.
“Era solo un sogno.” Sospirai, fino a quando non posai lo sguardo fuori dalla finestra e vidi che la neve era ancora bloccata. Iniziai a tremare e piangere. Corsi in cucina, dove mia madre era ferma, con un bicchiere pieno di vino rosso in mano. Sembrava una statua senza vita. Il mondo era in stand bay. Le lacrime aumentarono. Riuscii a dire un solo e insipido “mamma” e a sfiorarle leggermente il braccio per far tornare tutto normale. Lei si riprese come se l’avessi appena riavviata. Come mi vide, cacciò un piccolo urlo, facendo cadere e frantumare il bicchiere a terra. I miei piedi iniziarono a sanguinare e il vetro si conficco nella mia carne, riuscivo a sentirlo entrare, lesionandomi. Non urlai né mi lamentai, ma rimasi immobile a fissare il sangue che si mischiava al vino. “Rosso.” Sussurrai. I quattro occhi mi ritornarono in mente e io continuai a stare ferma, a fissarmi i piedi. Mia madre urlava, incolpandosi dell’accaduto. “Rosso.” Ero come in trance. “Rosso.” L’immagine mi si presentò davanti agli occhi. “Rosso.” Sempre più nitida. “Rosso.” Fino a soffocarmi. Ripresi vita solo quando mia madre mi spinse a terra con uno schiaffo.
Posai le dita sul viso e poi le guardai, per un momento sembrò che fossero coperte del mio vomito nero, ma poi ritornarono normali. Mia madre mi guardò sconvolta.
“Tu sei matta.”
“Probabile.” Risposi.
Il pensiero di quella notte mi accompagnò tutto il giorno, con l’aggiunta del fatto che i miei genitori divennero sempre più strani. Occhiate strane, continui commenti sul mio abbigliamento, mi picchiarono perfino di più... senza però lasciare segni, a questo ci pensavano.
Iniziai ad insospettirmi, qualcosa stava cambiando e io ne facevo parte.
Per fortuna che in quei giorni c’erano le vacanza, non sarei mai riuscita a sopportare il ticchettio dell’orologio scolastico, che indicava la durata della tua pena, sempre puntuale.
Arrivai ad un punto che non riuscivo più a reggere alcuno stress, che mi sentivo morire ogni sera e rinascere più triste tutte le mattine. Decisi di investigare sui miei genitori, un po’ per alcuni sospetti, un po’ per speranza... speranza nel pensiero che stessero per morire e volevano dedicare i loro giorni al loro odio verso di me, per poi morire in completa beatitudine. Ovviamente non era così, sarebbe stato ridicolo... ma mai quanto quello che scoprii.
Quel rigido giorno, quando i miei genitori uscirono di casa(per chissà quale strano motivo) decisi di curiosare nella loro camera. Il lampadario penzolava nel soffitto, con aria di superiorità, ma allo stesso tempo fragilità. Spesso avevo paura di quello strano mostro, ma presi coraggio. Aprii qualche cassetto, frugai tra gli indumenti di mia madre e trovai una cosa, una cosa che non potei più scordare.
Pensa che la visione di quel pezzo di carta è ancora perfettamente nitida e chiara nella mia mente. Era un contratto, un contratto per la mia anima.
“I qui presenti Giulio Alighieri(mio padre) e Laura Verga(mia madre), cedono la giovane anima della loro primogenita senza domande e/o lamenti. In cambio avranno ricchezza, fama e una vita piena di devozioni verso Lucifero.
Niente dovrà essere raccontato ad anima viva e non. Però, il contratto avrà valore solo se la primogenita rispetterà i canoni richiesti, cioè: tratti nordici, intelligenza e, ovviamente, dovrà essere vergine, per poter permettere il completo cedimento della propria anima a un giovane demone, per permettergli di diventare adulto. Tutto accadrà quando la giovane compirà sedici anni.”
Tutto ciò viene garantito dai due genitori e, se il patto non seguirà i canoni o non sarà rispettato, le anime dei mentonieri soffriranno per l’eternità nel luogo più buio e indecente degli inferi.”
Subito sotto erano riportate tre firme: una di mia madre, una di mio padre... e una incomprensibile.
Le mani iniziarono a tremarmi, non riuscivo a piangere, reagire... tutto si fece nero e c’eravamo solo io e il contratto. La vita mi passò davanti agli occhi veloce e finalmente riuscii a capire svariate cose. Arrivai ad un punto in cui no riuscivo a crederci, perché pensavo fosse impossibile. Ma, la lettera era sempre lì, tra le dita che si contorcono, e io ero lì, a guardarla, leggerla. Un pezzo di carta con scritto il mio destino... quasi astratto nella mia incomprensione. I sensi mi si affievolirono e riuscii a reagire in un solo modo: corsi via, con quel pezzo di carta, stropicciato in tasca, correndo da qualcuno che potesse capire.
  
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