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Autore: Mary P_Stark    02/01/2014    7 recensioni
Serena Ingleton è l'A.D. di Vanity Fair Los Angeles. Nessuno è in grado di metterle i piedi in testa, o di farla vacillare. Forte e determinata, sa quel che vuole e si impegna al massimo nel suo lavoro come nelle sue amicizie. Ma non è sempre stato così. Una sola persona, nella sua vita, è riuscita a far crollare ogni sua certezza, ogni sua barriera, ogni suo pregiudizio. E questa persona è Beaugirand Shaw, suo vecchio compagno di classe e, tra le altre cose, suo primo amore. Il destino li divise, spezzando dolorosamente ogni legame tra di loro, ma come si sa, al Fato piace giocare. E un incidente li rimette sulla stessa strada, a distanza di vent'anni. Il cuore spezzato di Serena sarà guarito, o rivedere Beau riaprirà antiche ferite? E Beau rimarrà indifferente a lei, dopo tanto tempo? O rimedierà all'errore che li divise tanti anni prima? SEGUITO DI "HONEY"-FA PARTE DELLA SERIE "HONEY'S WORLD"
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Honey's World'
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Capitolo 1
 
 
 
 
Agosto 2012
 
“Ti giuro, Cassie, se non sapessi che sei tu, mi chiederei come hai potuto fare un errore così grossolano. Ma è mai possibile che tu ti sia fidata sulla parola di quel che ti ha detto Justine? Eppure dovresti saperlo che è un asso nel raccontare frottole!” sbottò Serena Ingleton, A.D di Vanity Fair Los Angeles e, attualmente, capo molto incazzato.

“Hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiata, Serena, ma sembrava così sincera!” si lagnò la sua segretaria, mettendo lacrime nel suo tono di voce.

Insensibile e sorda alle sue lagnanze, Rena si sistemò distrattamente l'auricolare bluetooth nell'orecchio e, impostata la curva con precisione millimetrica, dichiarò: “Cassandra, il guaio è fatto. Justine arriverà con un giorno di ritardo per il photoshoot, e noi dovremo pagare la penale al fotografo. Punto. Non ci sono altre opzioni. A meno che tu non mi trovi una fotomodella nel giro di tredici ore e, nel contempo, riesci a imbastire una causa contro l'Agenzia per cui lavora la nostra simpatica Justine.”

“Farò il possibile. Scusa. Scusa” asserì con un sospiro Cassandra, chiudendo la comunicazione.

Esasperata, Rena si strappò l'auricolare dall'orecchio per gettarlo sul sedile a lato, dove si trovava la sua borsetta e, nell'impostare l'ennesima curva sulla Placerita Canyon Road, sbottò in un'imprecazione.

Era stata paziente, carina, gentile, si era morsa la lingua più volte di quante volesse ammettere ma no, Cassie non aveva ancora imparato la lezione.

Era ormai tempo che Cassandra Brown, sua cara e incompetente cuginetta, si trovasse un'altra occupazione.

Aveva già speso fin troppo tempo e pazienza, con lei. Voleva bene a sua zia Molly e zio Richard, ma a tutto c'era un limite. Non era il suo mestiere, punto.

La strada  prese a scendere maggiormente.

Ben presto, Rena avrebbe raggiunto il Golden Oak Ranch per la sua consueta visita al maneggio, dove si trovava la sua Wind of Fire.

Quella deviazione dell'ultimo momento l'aveva fatta ritardare non poco dalla sua consueta visita al bel morello che si era comprata da poco ma, per lavoro, sarebbe stata disposta ad andare anche in capo al mondo.

Specialmente sulla sua Dodge Viper SRT-10 blu mare a righe bianche.

Le sue amiche l'avevano spesso presa in giro per quella muscle car più adatta a un uomo ma lei, sorda ad ogni commento, se l'era tenuta e l'aveva usata con gran godimento.

Nick non era l'unico con una passione sfrenata per le auto sportive.

Pensare a lui la fece sorridere.

Era diventato un vero cucciolo, nelle mani di Hannah, e il solo vederlo con lei – al quinto mese di gravidanza – le faceva tenerezza.

Era pieno di premure, attento a non farle mancare nulla e, nonostante le proteste vibranti della moglie, lui era perennemente al suo pieno servizio.

Neppure la presenza di due membri della servitù – Amélie e Leonard, deviati dalla villa di Santa Monica a quella di Malibù – era bastato a tranquillizzare Nick.

A Hannah doveva pensarci lui.

“Sei davvero cambiato, amico mio... ed io ne sono felicissima” sorrise tra sé Rena, imboccando la curva e scalando marcia.

Il motore rombò sotto di lei facendola vibrare tutta di eccitazione e, divertita, si chiese se Nick avrebbe accettato di fare una gara a due tra la sua Viper e la Lambo dell’amico.

Era certa che si sarebbe rifiutato. Nicky era un cavaliere fin nel midollo.

Ridacchiando, disse tra sé: “Forse dovrei puntare su Hannah. Chissà che lei non lo...”

Una macchia scura quanto improvvisa entrò nel suo campo visivo, sbucando dalla boscaglia alla sua destra e sorprendendola fin quasi a portarla a strillare.

Subito, Rena pigiò il pedale del freno e la frizione per non far spegnere il motore ma, quando si rese conto di cosa le fosse piombato innanzi, fece tanto d'occhi e sterzò con violenza per non investire nulla.

Ma le famigliole di cervi non dovevano starsene tranquille nei boschi?!

 
§§§

Perché le faceva male tutto?

E, soprattutto, perché le sembrava di essere dalla parte sbagliata dell'auto?

Riaprendo a fatica gli occhi, Rena si tastò velocemente il corpo – beh, le mani funzionavano, era già un buon segno – per sincerarsi che tutto fosse al suo posto.

Quando però si ritrovò a fissare l'airbag esploso e il parabrezza in frantumi da una prospettiva completamente errata, capì di essere a testa in giù.

Sul tettuccio della sua Viper. In fondo alla scarpata che costeggiava la strada.

“Oh, merda...” gracchiò Rena prima di avvertire una voce, in lontananza, provenire dall'alto.

Cercando di muoversi il meno possibile – non era certa che la macchina avesse raggiunto il fondo del burrone, perciò, meglio non darle idee strane – Serena prese un gran respiro ed esclamò: “Ehi! C'è nessuno?!”

“Sta bene?!”

La voce giunse da lontano, ma chiara e forte e Rena, vagamente tranquillizzata, replicò: “Sono intera!”

“Arriveranno presto i pompieri! Non si muova!” le ingiunse la voce femminile in risposta, dall'alto della Placerita Road.

“E dove pensa possa andare?” brontolò a bassa voce lei, urlando subito dopo: “Starò buona! E grazie!”

“Dovrebbero essere i cervi, a ringraziarla. Se non avesse sterzato, li avrebbe centrati in pieno” la informò la donna, con sincero apprezzamento.

“E’ l'unica consolazione che ho, al momento” sospirò Rena, mettendosi buona per poi controllare con lo sguardo quello che la circondava.

Da quel che poteva capire, doveva aver ruzzolato giù dalla scarpata per schivare la famiglia di cervi e, nel farlo, si era procurata diverse sbucciature qua e là e un trauma lieve alla cassa toracica, in corrispondenza delle cinture di sicurezza.

L'airbag aveva fatto il suo lavoro, salvandole la pelle, ma dubitava che l'auto si sarebbe potuta aggiustare dopo un volo simile.

Allungando una mano per sfiorare il cruscotto di pelle, sospirò nel dire: “Sei stata una brava auto. Mi mancherai.”

Il suono delle sirene dei pompieri le risollevò un poco lo spirito e, nel giro di pochi minuti, si ritrovò a fissare verso l'alto nel tentativo di capire cosa stessero facendo.

Naturalmente, dalla sua posizione, non riusciva a vedere granché.

Udì un frusciare di fogliame, le raccomandazioni di diversi uomini, la risposta scherzosa di uno di loro e, infine, una voce vicina quanto rassicurante.

“Tutto bene, lì dentro?”

“Non credo di avere nulla di rotto, ma ho preferito non muovermi per sicurezza” specificò lei intravedendo, oltre quel che rimaneva della portiera, le gambe di un pompiere.

“Ha fatto bene, signorina. Ora vedo se riesco ad aprire la portiera per tirarla fuori da lì. Sembra che abbia retto bene il colpo, e non sia rimasta molto danneggiata” le spiegò l'uomo, piegandosi su un ginocchio per fare forza sul metallo.

“Come sta la mia Viper?” domandò Rena, impedendosi di sentirsi sciocca.

Lei ci teneva, alla sua auto, e non gliene fregava niente se il pompiere l'avrebbe presa per pazza!

“Temo abbia esalato il suo ultimo sibilo. I semiassi sono andati, da quel che vedo, i cerchi in lega sono da buttare, almeno su questo lato, il telaio sembra piegato all'altezza del semiasse posteriore, e c'è un buco grande quanto una pallina da tennis nella coppa dell'olio. Per ora non vedo altro” le spiegò con dovizia di particolari il pompiere, grugnendo per la fatica mentre cercava di forzare il portello.

“Oh” sospirò Rena, prima di sobbalzare leggermente quando la portiera venne divelta di colpo.

“E brava Viper! Nonostante tutto, sei robusta” ridacchiò soddisfatto il pompiere, piegandosi ulteriormente per mettere dentro anche la testa.

Subito, Rena intravide una bruna chioma di capelli ondulati, carnagione bronzea e, infine, due ridenti occhi verdi come le giade più belle.

“Il telaio ha dimostrato di essere eccellente. La portiera si è aperta abbastanza facilmente, nonostante il ruzzolone” le spiegò lui, strisciando dentro l'auto per controllare come fosse messa Rena.

“Ringrazierò la Dogde” mormorò a quel punto lei, scrutandolo nel suo avvicinarsi lento e metodico.

L'uomo le sorrise cordiale e armeggiò per liberarla dalla cintura – rimasta incastrata durante il volo – finché, con un secco strattone, non fece saltare il gancio.

Rena si ritrovò a crollare di colpo verso il pompiere che, lesto, la bloccò prima che cadesse verso il cruscotto e si facesse male.

“Grazie” mormorò la donna, tenendosi ben salda a quegli avambracci forti e muscolari.

“Di nulla, signorina” replicò lui, aiutandola a uscire poco alla volta.

“La prossima volta comprerò un Escalade ... almeno sarà più facile uscirne, casomai dovesse ricapitarmi di incontrare dei cervi nel punto sbagliato della strada” brontolò Rena, facendo sorridere il pompiere che, con tutta calma, la portò fuori dall'auto senza ulteriori traumi.

Tenendola per i fianchi, l’uomo la rimise in piedi sull'erba secca e le foglie smosse e, solo in quel momento, Rena si accorse di aver perso le scarpe durante la carambola.

E il pompiere era tremendamente alto, dinanzi a lei.

Il suo metro e sessantacinque scarsi l'avevano immancabilmente fatta sentire piccola in un mondo di persone sempre più alte e, lavorando nella moda, questa sensazione era peggiorata nel corso degli anni.

Si era dedicata anima e corpo al lavoro anche per sopperire a questa sua perenne sensazione di disagio e, con il passare degli anni, molte delle sue paure erano scemate.

I colleghi la rispettavano per quel che era, non per il suo nome altisonante e, soprattutto, le battute sulla sua altezza non erano più una costante come nei primi anni di praticantato.

Ora, era solo Serena Ingleton. Non era più MicroRena.

Davanti a quel Marcantonio tutto d'un pezzo, ricoperto dalla tenuta da pompiere e con quel sorrisetto soddisfatto, però, Serena tornò a sentirsi piccola e smarrita.

Ma che le prendeva?

“Visto? Ce l'abbiamo fatta...” iniziò col dire il pompiere, sistemandole con gesti gentili la massa di capelli che le era finita sul viso.

“... Serena?”

La donna spalancò gli occhi di colpo, al pari del pompiere che ancora le stava tenendo le mani tra i capelli e che, rilasciando lentamente le braccia nello scostarsi da lei, la fissò senza parole per un attimo prima di esibirsi in un sorrisone.

“Non è possibile! Sei Renny Ingleton, vero?” ridacchiò l'uomo, poggiando le mani sui fianchi per guardarla con ironico apprezzamento.

C'era solo una persona che si era mai permessa di chiamarla così... e di certo non si sarebbe mai aspettata che, un giorno, lui potesse salvarla.

Ma perché, tra tanti, proprio lui?, si lagnò tra sé Rena, fissando accigliata il volto da schiaffi di Beaurigard Shaw, il suo incubo liceale per eccellenza.

 



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N.d.A: Come promesso, ho iniziato la storia di Serena e del suo bello.
Qui di seguito posterò le loro foto e, ben presto, capirete il perchè della presenza dei loro alter-ego a 16 anni. :)
Per ora, vi ringrazio se vorrete proseguire questa nuova avventura con me e, eventualmente, commentarla.


  
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