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Autore: Tomi Dark angel    06/01/2014    3 recensioni
Ambientata durante l'episodio "L'ultimo Signore Del Tempo", dove qualcuno di molto caro al nostro Dottore si ripresenta ai suoi occhi... ma qualcosa adesso è cambiato.
Dal testo: -Quando usai il TARDIS per raggiungere questa epoca mi accorsi che esso conservava ricordi di un contatto, di qualcosa che non sarebbe dovuto accadere. Era nata una strana creatura che la natura stessa non ha mai saputo concepire e io riuscii a trasportarla qui grazie al Vortice del Tempo. Invertii il flusso temporale, aprii una breccia in un’altra era, in un’altra dimensione. Rischiai un buco nero ma alla fine, lei era lì, ed era bellissima…-
-Maestro, che cosa hai fatto?-
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Doctor - 10, Rose Tyler, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ombre. Voci. Freddo. Da qualche parte qualcosa và in frantumi, poco lontano qualcuno genera crepitio di vetri calpestati. Lei ascolta, vive, galleggia inerme nel limbo di stallo che ha costruito la sua mente per proteggerla, per sottrarla al dolore. Perché il mondo fa male, perché il mondo è cattivo e non risparmia mai neanche chi ha appena la forza di pregare Iddio in un miracolo di carità.
Acque celestine la abbracciano, sfiorano di macabra carezza il suo corpo nudo, ma lei non riesce a beneficiarsi di quel contatto talmente gelido da sedare ogni sorta di dolore. La mente è ancora sveglia, la coscienza percepisce il pericolo, la paura, la solitudine. E lei stavolta è sola davvero, perché ogni frammento di speranza si perde col passare dei giorni delle ore. È sola perché stavolta lui non verrà. Il Dottore l’ha abbandonata.
 
Rose Tyler spalanca gli occhi, riflette nel cervello le immagini dell’incubo. Non urla, non ci riesce più da quando per pura ripicca scelse in laboratorio di non donare al Maestro anche l’ultimo piacere di udirla implorare. Si era morsa la lingua a sangue, quasi staccandola coi denti pur di resistere, di mantenere quel po’ di dignità che insieme ai vestiti non le avevano sfilato dal corpo. Cara, umana caparbietà. Rose ne ha pagato alto il prezzo, ma non riesce a pentirsene. Ha sofferto, è rimasta in piedi a costo di spezzarsi. Piegarsi, mai.
Una morsa soffocante le stringe la gola, serra le corde vocali con ferocia animale e lei annaspa, tossisce forte, agitandosi tra le lenzuola del letto che adesso occupa, ospite del TARDIS. Il Dottore è stato fermo nella sua decisione e quasi sibilando ha convinto tutti i presenti, autorità maggiori comprese, a lasciarla in pace, a relegarla nel silenzio della sua tranquillità tanto a lungo cercata. Il TARDIS sa di casa, di ritrovata libertà, e lei in quel letto si è sentita abbastanza rilassata da riuscire a chiudere gli occhi. Grande sbaglio.
Rose cerca di scendere dal letto, ma le gambe cedono e lei crolla di schianto al suolo, tremante come fragile foglia in balia del vento. Si aggrappa all’unica sensazione pacifica che quel ricordo le regala. Acqua. Ha bisogno di acqua, perché solo in quel cilindro, dove l’acqua gelida sedava perfino i pensieri, lei si era sentita erroneamente al sicuro.
Si trascina verso il bagno adiacente alla camera, raggiunge quasi strisciando la doccia e, aggrappandosi alle mattonelle della parete, stira i muscoli finché non raggiunge l’interruttore che aziona il getto. L’acqua tiepida e subito confortante scivola lungo il suo corpo, bagna il pigiama che Martha Jones le ha fornito, carezza come placida madre le piaghe cicatrizzate della figlia indifesa.
Rose chiude gli occhi, inspira l’acqua gentile che scorre purissima sulla pelle sudicia di peccati altrui, malati, violenti. I polmoni non bruciano più, si sono adattati ai lunghi mesi rinchiusi in una tomba acquatica ove respirare non rappresentava altro che puro miracolo. Adesso l’acqua è sua amica, adesso l’acqua purifica, salva, sana migliaia e migliaia di ferite. Ha saputo nascondere le lacrime, celare il dolore come unica privacy concessa e per questo lei si sente al sicuro, di nuovo rilassata sotto la carezza morbida di un elemento che paziente, ripulisce pezzo dopo pezzo la sua anima sanguinante.
Non sa per quanto tempo resta al sicuro sotto la campana d’acqua che la circonda, ma realizza di essersi addormentata quando all’improvviso riapre gli occhi e qualcuno è lì al suo fianco, seduto sotto la doccia proprio come lei. Rose guarda il Dottore appoggiare la schiena alla parete, gli abiti fradici e i capelli aderenti al cranio. Sembra a suo agio, pare tranquillo, ma non si avvicina. Le concede il suo spazio, attende paziente come gentile estraneo che veglia silenzioso sulla pace del randagio capitato dinanzi alla porta di casa sua. Non la abbandona, non parla, ma resta lì e Rose può sentire la sua presenza, il calore della sua vicinanza.
Guarda il Dottore e rivede la speranza che credeva d’aver perduto.
Guarda il Dottore e ricorda la libertà.
Guarda il Dottore e capisce di essersi mossa verso di lui soltanto quando si accuccia al suo fianco e posa il capo sul suo petto, abitato da due cuori pulsanti di calma serafica. È un suono così bello, credeva di non poterlo sentire più.
Sospira quando lui passa un braccio intorno alle sue spalle e la stringe protettivo, ma senza esagerare. Ha paura che vada in pezzi, Rose lo sente, ma lei non cederà finché lui è al suo fianco. Si sente completa e al sicuro, non più Lupo braccato ma creatura libera, pulsante di aspettative per il nuovo giorno.
-Non sei sola. Prometto che non lo sarai mai più.- E quelle semplici parole sanciscono un nuovo pulsare d’emozioni ritrovate, una nuova bolla di pace che poco a poco si ricompatta intorno al caos che regna in lei. Sta scivolando tutto al suo posto, lentamente, ma la strada da percorrere è ancora lunga.
-Ti ho mai raccontato di quando fui inseguito dall’intero esercito francese per aver… ehm… erroneamente fatto un commentino sulla scarsa altezza di Napoleone?- dice lui, e Rose sorride del sorriso che sente sbocciargli nelle parole. Scuote la testa senza parlare, perché adesso gli unici suoni che vuole udire sono la voce del suo angelo protettore misto al pallido mormorio dell’acqua sui loro corpi.
E così accade infine. Il Dottore parla, racconta, narra di fughe avventurose e vicende spericolate senza domandare, senza pressare Rose in alcun modo per l’accaduto del loro ultimo incontro. Non menziona il Maestro, non menziona l’ultima invasione aliena. La tratta normalmente, e per un momento Rose si sente umana, viva e felice di esserlo. Scivola nel sonno quasi senza accorgersene, pregna del profumo del suo Dottore e serena del mormorio arcano della sua voce che, nelle vicende raccontate, costruisce l’intreccio di una ninna nanna paradisiaca. Per la prima volta dopo tanto tempo, Rose non ha gli incubi.
 
C’è un fruscio morbido nell’aria, il Dottore lo avverte con chiarezza. Poco a poco, risveglia gli altri sensi, li lascia agire ancor prima di aprire gli occhi.
Olfatto. Profumo di donna, intriso di una calda mescolanza di vaniglia e girasoli.
Gusto. Sapore di pace, sapore di un’infinita dolcezza, talmente serena da lasciarlo stupefatto.
Tatto. Sentore di lenzuola morbide sotto le dita… vuoto di calore umano, freddo di assenza.
Il Dottore spalanca gli occhi, si guarda intorno agitato al ricordo della sera precedente, ma subito si rilassa e qualcos’altro sostituisce la sua paura: una forte emozione s’impadronisce di lui, gli occhi si beano di una visione che per lui non ha eguali sulla Terra, nell’universo, nelle ere vissute ed esplorate.
Di meraviglie il Dottore ne ha viste anche troppe, ma nessuna, nessuna di esse eguaglia la regale dolcezza che colora d’incanto l’immagine che ha davanti.
Rose Tyler siede al suo fianco, tra le lenzuola, e gli dà le spalle. Nuda, gli abiti ancora umidi e appena sfilati giacenti ai piedi del letto, a far compagnia all’asciugamano in cui lui l’ha avvolta la sera prima per evitarsi di spogliarla. La schiena dritta, dipinta d’oro dalla luce dorata e così simile a quella del sole che piove dalle pareti. Lui  scorge appena il suo viso, voltato di tre quarti e appena inclinato verso il basso per poter fissare i morbidi filamenti d’oro purissimo che sgorgano come acqua dalle dita, s’avvolgono in spirali fantasiose intorno ai polsi sollevati, sfiorano di riverente gentilezza la pelle rosea della creatura caritatevole che gioca come giovane bambina coi suoi stessi poteri. Appare appena stupita, ma sorride con una dolcezza talmente infinita che il Dottore si sente indifeso, fragile come cristallo al cospetto di una Rose incredibilmente bella e pietosa, con quella cascata di capelli d’oro che scivola come acqua illibata sulla pelle, indomita nei suoi mille arabeschi di chioma selvaggia eppure magnifica.
Il Dottore si accorge a stento che la pelle di lei brilla di un tenue bagliore come di raggio solare, carezzevole sulla polvere di stelle che è quel corpo temprato dal dolore e dalle innumerevoli prove combattute e vinte infine. Rose non è mai stata così splendente, eppure così umana. Lo dimostra l’espressione di puerile dolcezza, mista alla magnificenza spiazzante, inconsapevole del suo aspetto.
Rose solleva un braccio, lascia che i filamenti luminosi scivolino da una mano all’altra, dipingendo di dorati arabeschi solari la pelle di luna. Scosta morbidamente prima un braccio, poi l’altro, come in una danza arcana, d’altri tempi, ma sorride e non pare concentrata nei gesti. Sono casuali, e nella loro casualità, meravigliosi.
-Sei bellissima.- si lascia sfuggire il Dottore, e in quel momento lei si volta, senza vergogna. È abituata ormai a essere fissata, studiata nella sua nudità, ma lo sguardo che adesso il Dottore le rivolge è di dolcissima contemplazione, senza malizia o interesse scientifico. La guarda come si guarderebbe una splendida opera d’arte o una rosa in morbido sboccio, e questo la fa arrossire perché quegli occhi sono ben diversi da quelli degli scienziati.
Fa per abbassare le braccia e nascondersi, ma in uno slancio di coraggio, il Dottore allunga le braccia, le circonda la vita bollente con timore quasi reverenziale. Aderisce il petto alla schiena di lei, la fa sbilanciare contro il suo corpo mentre ancora i filamenti di sole danzano lenti intorno ai suoi arti. Si espandono ai bicipiti, fino alle spalle, e carezzano di un calore gentile le mani del Dottore. Incredibile che tanta potenza si racchiuda in visioni così belle.
-Ho avuto paura.- ammette lui infine, le mani poggiate sul ventre di Rose, il suo calore che abbraccia di morbida coperta ogni suo organo alieno. –Ho temuto di perderti. Già è accaduto una volta, e adesso… è colpa mia, Rose. Soltanto mia.-
Una lacrima d’uomo pentito gli solca la guancia mentre lui appoggia la fronte contro la spalla di Rose. Nasconde il viso alla vista, stringe forte gli occhi per non guardare le lacrime adamantine che come cristallo fuso bagnano le lenzuola, le impregnano di pesante dolore oscuro.
Ma è all’improvviso che un suono armonioso si spande nell’aria, la alleggerisce d’incanto fatato e fa sussultare i cuori del Dottore. Lui solleva il capo, fissa il corpo scosso di Rose e capisce che quell’argentino scampanellio di risate è suo.
-Andiamo Dottore, non ti credevo così stupido!- ride lei, ma non vi è cattiveria nella sua voce, solo gentile divertimento. –Puoi addossarti davvero la colpa di tutto ciò che ti accade intorno? Fu mia la scelta di incarnare il Lupo Cattivo, mia la scelta di affrontare le avversità che ne sarebbero seguite.-
Rose fa perno sui gomiti e con un colpo di reni si volta, inginocchiata tra le gambe del Dottore che subito chiude gli occhi per non guardare il suo corpo nudo, per non scivolare lo sguardo sulla più bella opera di Dio, se Dio esiste. Si affida alla sensazione di mani calde e profumate sul viso, pollici luminosi che cancellano di pietà la scia cristallina delle lacrime.
Il Dottore riapre gli occhi, li fissa in quelli adesso dorati come oro fuso di Rose. Lei sorride, lo stringe al petto e lui crollando, si aggrappa alla sua schiena, affida le ultime lacrime di terrore ormai passato a quel corpo aggraziato, a quell’anima pulita che ha saputo ripulirlo. Appoggia senza malizia la guancia sui suoi seni, ascolta il battito del cuore di lei e si accorge che è lento, troppo per un umano, ma abbastanza normale per una creatura ultraterrena senza eguali.
Perché adesso Rose respira di ere passate, vive di tempi futuri. Adesso Rose è una figlia del tempo, diretta discendente di un Dio superiore che manipola gli universi e il loro trascorrere.
-Ho scelto il sacrificio perché era ciò che meritavi, Dottore, e lo rifarei mille e mille volte.- Gli solleva il viso con dolcezza, sorride. –Tu sei la mia casa. Quasi non credevo alla concretezza del sole finché non me l’hai mostrato, fissavo le stelle senza poterle raggiungere, ma alla fine me le hai fatte addirittura toccare. La mia vita, quella vera, io l’ho vissuta con te.-
Altre lacrime scivolano lungo le guance del Dottore, ma adesso non pesano più. Si fanno leggere delle parole di Rose, si ripuliscono del suo tocco, del luminoso della sua anima che quasi sfiora quella del Dottore.
-Grazie.- riesce a dire soltanto, ma lei capisce. Sa che c’è dell’altro, racchiuso in quella piccola parola.
-Che scena toccante.- dice una voce, e subito i due levano lo sguardo sul Maestro. Ha la schiena poggiata contro lo stipite della porta, le mani accostate da un paio di manette che il Dottore detesta a morte. Non può vederlo come un criminale, come un nemico. In qualche modo, è suo fratello.
Rose si rannicchia subito, trema di paura ai ricordi che quel viso le risveglia. Il Dottore se la stringe al petto e fissa accigliato il Maestro.
-Fuori di qui.- ordina seccato, ma lui non si muove.
-Be’? Non ho niente da fare qui, mi è stato vietato di uscire e non ho neanche il mio cacciavite sonico con cui giocare. Qualcosa devo pur fare.-
Ma Rose sente la rabbia assalirla, il Lupo in lei che s’agita innervosito al centro del petto. All’istante, i filamenti dorati intorno al corpo diventano incandescenti, tanto che il Dottore si vede costretto a ritrarsi scottato, ma lei non se ne cura. Vede soltanto il viso della sua prigionia, la paura che ha saputo causarle, e come un lupo in gabbia reagisce aggredendo per autodifesa, così lei protende entrambe le braccia a indirizzo del Signore del Tempo.
I filamenti dorati si espandono come possenti raggi di sole, frustano l’aria di violenza. Si compattano e si schiantano con violenza contro il petto del Maestro, sbalzandolo all’indietro, oltre l’uscio.
Il Dottore ha gli occhi spalancati, cerca di parlare, ma quando guarda in faccia Rose quasi trema al cospetto della gelida furia che pervade ogni muscolo del suo viso. Si sente quasi fragile dinanzi allo splendore accecante degli occhi, ai capelli oscillanti e percorsi da scariche di potere. È il potere del tempo, l’oscillare di un pendolo sempiterno che si specchia in lei.
Non la trattiene quando si alza in piedi, fluida nei suoi movimenti e raggiunge il bagno. Ci si chiude dentro e pochi minuti dopo ne esce con addosso jeans e maglietta. Glieli ha prestati Martha, ignorando le richieste di Jack che la supplicava di donarle abiti alquanto succinti appartenuti alla sorella di quest’ultima.
-Vuoi uscire?- chiede il Dottore lentamente, ma lei scuote il capo. La paura del mondo esterno supera di gran lunga il pensiero di avere il Maestro nella stanza accanto.
-Raggiungo la console. Ti aspetterò lì.-
E Rose mantiene la parola, si appoggia ai comandi del TARDIS nello stesso istante in cui una fitta tremenda alla testa la costringe a sorreggersi per non cadere. Immagini di ere passate, presenti e future le percuotono il cervello, sfilano impazzite davanti agli occhi e lei si sente morire di mille vite morenti, vivere di mille respiri avvenuti. Tossisce, sputa un grumo di sangue e a stento si accorge del sangue che cola macabro dalle orecchie e dal naso. Si ripulisce in fretta, continuando a tossire, e lotta con tutte le sue forze per vincere il dolore.
-Fa male, eh?- dice il Maestro, e Rose lo vede seduto poco lontano da lei, ancora intontito per la botta subita poco prima.
Lei si infuria. –Ma non hai niente da fare?-
-Come ho già detto, no. Dovevi lasciarmi morire.-
-Non ti avrei risparmiato l’umiliazione di dover passare i prossimi secoli in compagnia di una balia.-
Lui arriccia il naso, ma poi sorride di un sorriso sadico, malato. –Oh, e la tua, di umiliazione? Fai tanto l’invincibile, ma presto cederai anche tu. Sarai la prima a morire, e questo non risparmierà alcun dolore al mio caro… collega.-
Stavolta Rose non s’infuria. Sorride stancamente, gli occhi intrisi di un dolore antico misto a umana debolezza. –Ti ho salvato per un motivo, Maestro. Io sono il Tempo, so qual è il mio destino. Non lascerò il Dottore da solo e, per quanto sia fastidiosa la tua compagnia, sarai l’impegno che terrà occupato il suo dolore. Non crederti onnipotente solo perché ti è stato concesso per breve tempo di sovrastarmi. Al tempo soccombono tutti, e infine anche tu sentirai il peso del mio potere, ma non è ancora la tua ora. Per adesso vivi, e cerca di ricucire le ferite col tempo che ti viene concesso.-
Il Maestro non replica, fissa stavolta serio i suoi occhi lucidi di dolore e quasi la invidia quando la vede raddrizzarsi, pulirsi il sangue dal viso e ripulirlo da terra. Quando il Dottore entra, non vi è traccia del fragile rosso malato che sporcava il pavimento e la morbida pelle di Rose Tyler. Neanche il Maestro lo menziona.
-Allora Rose, cosa ti andrebbe di fare oggi?- chiede allegramente, ritrovando la sua energia di bambino.
-Ehi, io sono qui, eh.- si lamenta il Maestro, ma Rose e il Dottore lo ignorano. L’alieno comincia ad armeggiare intorno alla console, pensa che portare la sua Rose lontana dall’umanità possa aiutarla, ma non ha fatto i conti con i suoi amici.
Qualcuno bussa alla porta, la spalanca di scatto e Martha Jones, seguita da Jack e sua sorella entrano nel TARDIS.
-Accidenti, chi ha lasciato la porta aperta?!- si lamenta il Dottore, nascondendo dietro un falso broncio il sorriso che sente nascere sulle labbra alla vista dei suoi amici.
-Rose, come ti senti?- esclama Jack, stringendola in un abbraccio che la fa irrigidire per qualche istante. Quando la lascia andare, Rose respira di nuovo e si rilassa un po’.
-Oh, ciao, esserino immortale.- saluta il Maestro con un sorriso maligno. –Passato il dolore per le piccole torture che mi sono divertito a impartirti?-
-Posso spararlo?- chiede Tish, ma Martha sorride.
-No, ha già quello che si merita.- si rivolge a Rose. –Allora, hai intenzione di restare confinata qui in eterno?-
-Uhm… sì?-
-E invece no. Sei tutta stropicciata, hai bisogno di un’aggiustata. Ci penseremo noi.-
Ma Rose indietreggia e subito il Dottore compare al suo fianco. –Non mi sembra il caso.- dice, fissando impassibile le due sorelle e Jack. Lui alza le mani.
-Oh, non guardare me. Io non c’entro niente in questa storia, hanno fatto tutto loro.- si difende.
-Molto bene. Allora vuol dire che lo faremo qui…-
-No.- le ferma Rose. –Non ho bisogno di nulla, vi ringrazio. Devo solo restare da sola. Voglio… niente, scusate.-
Si volta e torna a rintanarsi nella sua stanza, odiandosi per le sue debolezze. Fa appena in tempo a chiudersi la porta alle spalle che le gambe cedono, un nuovo flusso di dolore la piega in due. Si morde a sangue la lingua per non urlare, ma è aprendo gli occhi che posa lo sguardo allucinato sulle mani coperte di crepe luminose, come pronte a spaccarsi per svelare un dorato contenuto di potenza.
Sussulta, chiude gli occhi e si concentra sul battito del suo cuore per calmarsi, per non crollare. È allora che lo sente. Un altro battito, un altro giovane respiro. Non sono suoi, non le appartengono, eppure sono lì, al suo interno… e li sente proprio lì, all’interno del suo ventre.
Non è possibile, non è concepibile. Non avrebbe mai avuto possibilità di… o sì? No, è assurdo, è sbagliato. Eppure, allo stesso tempo, ha paura di chiedere spiegazioni all’unico uomo che può fornirgliele.
Tic tac. Il pendolo oscilla, scocca i rintocchi di una fiammella prossima a estinguersi.
Tic tac. Un cuore che rallenta la sua corsa, l’ansito di un respiro che potrebbe essere l’ultimo.
Tic tac. Avanza, la signora Morte, leva la sua falce.
Tic tac. Ultimo rintocco, ultimi battiti di vita.
Tic tac.
 
Continua……………………..
 
Angolo dell’autrice:
Io mi detesto. Ma mi detesto davvero. Dovevano essere due capitoli, accidenti!
Dottore: che c’è? Non te la prendere con me, non ho fatto niente!
Mi hai distratta! Che cavolo, ho allungato il capitolo e ho dovuto tagliarlo in due!
Dottore: be’? Non ho fatto niente per distrarti! Certo, a parte lanciarti tutte quelle banane… e organizzare un rodeo di Sleethyn nel tuo corridoio… e giocare a poker con tutti quegli Ood… wow, non hai idea di quanti soldi ho vinto!
Ma brutto… ok, dovrò raddoppiare le sedute dalla psichiatra… e dallo psicologo… e di quel corso di yoga. Va bene, torniamo a noi. Premettendo che trovo piuttosto difficile giostrarmi col carattere del Maestro, spero di non aver scritto l’ennesimo danno all’ecosistema. Ma passiamo ai ringraziamenti, così forse vi convinco a posare quelle spranghe!
Tony Stark: eh, Rose deve ancora sopportarne, di maltrattamenti. Non so se ti farò felice oppure ti farò imprecare. Scegli la via di mezzo, è sempre la più giusta. E sì, ho salvato il Master, ma sto scoprendo che è un personaggio totalmente difficile da gestire. Essendo tanto geniale quanto svitato, è imprevedibile e difficile da riprodurre come nella serie televisiva. Spero di non aver fatto guai… sappi comunque che quando hai scritto di non aver notato errori nella storia, il mio unico commento è stato un grandissimo: “CHE C**O!!!”. Ammetto di non revisionare mai le storie quando le scrivo, perciò evviva le botte di fortuna! Detto questo, ti ringrazio per il commento e spero di leggerne un altro da parte tua. A prestissimo!
 
Kimi o Aishiteiru: finiscila con tutti questi complimenti, o mi monterò la testa e… ouch! Dottore, PIANTALA DI LANCIARMI BANANE!!! Credevo di averle sequestrate tutte! Ma non hai minacce aliene da sventare? (No, sono in vacanza. Nd Dottore) Tutti qui me li ritrovo… comunque, credo di aver raggiunto il limite massimo dell’incompetenza con questo capitolo. E giuro che l’ultima parte dello scritto non era in programma! Credo di essere uscita pazza all’improvviso! Sì be’… il Master è un po’ un problema, Rose e il Dottore vanno a farfalle mentre scrivo e tutti gli altri personaggi sono una faticaccia da gestire. Mai sudato tanto su una storia, ma l’ultimo capitolo sarà l’ultimo, spero… credo… oddio, impediscimi di scrivere altro! IMPEDISCIMELO!!! *la scuote* A prestissimo, e grazie come sempre! saluti a tutte voi, e anche alle tue amiche! Loro cosa ne pensano della storia?
 
BBpeki: eccoti il nuovo capitolo! Sono felicissima che ti siano piaciute le storie precedenti, ma spero di non averti delusa con questa… ho un po’ paura di ciò che ho scritto. Eheh, Rose ne ha ancora di poteri da sviluppare, ma pian piano il Bad Wolf sta venendo fuori. Hai capito fin troppo bene il mio stile di trama, sai? Specialmente la parte delle catastrofi, qui tutti mi dicono che sono di un sadico enorme! E hanno ragione, muahahahahah!!! Comunque, il mio non è talento, è semplice perdita di tempo. Non smetterò mai di convincermi che scrivo sempre un mucchio di stupidaggini ma sì, il mio sogno è diventare una scrittrice, e leggere le tue parole… mi ha quasi fatto piangere. Grazie. Grazie di cuore, e spero di non averti deluso con questo capitolo. Ci vediamo nel prossimo! Allons-y!!!

Tomi Dark Angel
  
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