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Autore: Blackvirgo    01/06/2008    4 recensioni
C'è una vecchia attorno al fuoco che racconta la storia del mondo quando ancora c'erano gli spiriti. C'è una bambina sicura che un giorno incontrerà uno spirito. C'è un bardo che, ascoltando la storia della vecchia e osservando la bambina, si chiede se in quella storia anche lui - per uno strano scherzo del destino - abbia un ruolo. E, prima della fine, ognuno - in un modo o nell'altro - troverà ciò che cerca.
Genere: Fantasy, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Naraku, Nuovo personaggio, Sesshoumaru, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il bardo si lasciò percorrere da un brivido di soddisfazione quando sentì i lupi ululare

Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi a vita ci spense! ...

(Divina commedia, V canto dell’Inferno)

Il bardo si lasciò percorrere da un brivido di soddisfazione quando sentì i lupi ululare. “A dispetto delle fasi della luna”, aveva detto l’uomo che lo aveva accompagnato fino a lì. A dispetto della civiltà e delle sue regole, pensò fra sé, mentre la vecchia cominciava il suo racconto.

“Gli anziani rammentavano di una festa alla quale si presentò uno straniero bello, elegante e dai modi raffinati. Nessuno l’aveva mai visto prima, ma nessuno pensò di lasciarlo fuori in una notte d’inverno come quella, gelida e chiara, con la luna in cielo e il ghiaccio in terra. Stavano festeggiando un fidanzamento e c’era allegria e da mangiare e da bere per tutti. Nessuno si stupì quando lo straniero invitò a ballare la promessa sposa, raggiante quella sera di felicità e giovinezza. E nessuno si avvide dei loro sguardi, ché non erano gli sguardi di un primo e fortuito incontro, ma quelli di un lungo e temuto addio.”

“Allora si conoscevano già ed erano innamorati!” Esclamò la bambina, contenta che il suo desiderio di una bella storia di amore fosse stato esaudito.

“Sì, Corinna. I due si erano conosciuti tempo addietro, prima che la ragazza venisse promessa a un altro uomo.” Mormorò la vecchia con la sua voce cantilenante. “Nessuno seppe mai come e dove si incontrarono la prima volta. Si sa solo come si lasciarono, al ritmo di musica e senza proferire parola, sotto gli occhi di tutti i presenti.”

“Un amore infelice o un amore proibito?” Chiese il bardo, quando le parole della narratrice avevano smesso già da un po’ di vibrare nell’aria.

“Era uno spettro!” Commentò un ragazzino, trafelato. Le cose si mettevano in maniera interessante anche per lui che aveva chiesto una storia di scommesse e cimiteri.

“Esatto Mario, lo straniero era proprio uno spettro.” Rispose la vecchia, sorridendo di fronte a tale perspicacia… o fantasia, che poi tanto diverse non erano.

“E come fecero a capirlo?” Chiese curioso, come pronto a cercare sui presenti eventuali indizi per scovare possibili spiriti nei panni delle persone che aveva sempre conosciuto.

“Esistono molti segni per capire se chi hai davanti è uno spettro oppure no.”

Piedi di capra, iniziò a enumerare il bardo nella propria mente, odore di zolfo, occhi di brace…

“Non tutti sono segni che uno spettro, anche se potente, possa mascherare: egli infatti potrà imparare a confondersi fra gli umani, ma non sarà mai uno di loro. E quella volta se ne accorsero perché lo spettro fece l’errore di avvicinarsi alla finestra e di bagnarsi nella luce della pallida luna, alla quale – si sa – non è possibile nascondere nulla. Fu così che, probabilmente, un osservatore distratto, sorseggiando placidamente un bicchiere di vino, si avvide dell’improvviso brillio emesso dal corpo dello straniero che sembrava riflettere la stessa luce della luna, della trasparenza della sua figura, dei contorni sfumati, del bagliore sinistro dei suoi occhi. Qualcuno urlò e molti gli si scagliarono contro, così che lo spettro si vide costretto a lasciare quella casa, saltando proprio dalla finestra a cui era appoggiato.”

Era stato scoperto, si chiese il bardo, o si era fatto scoprire? Luna fatale… non sapevo che tu per gli spettri fossi come il sole per gli uomini…

“E per gli anni a venire nessuno riuscì più a chiudere quella finestra e si diceva che neppure murarla fosse servito a qualcosa.”

La notte era ormai calata completamente e l’uomo che aveva accompagnato il bardo si era alzato per accendere una lampada a olio che, con la sua fioca luce, illuminava a malapena i visi dei presenti, calandoli ancora di più in un’atmosfera in cui sembrava possibile credere che quel racconto fosse storia e non mito.

“Molti quella sera gridarono dal terrore, perché rari in quel tempo erano i contatti tra uomini e spettri. Alcuni credevano di aver visto il Diavolo in persona, altri che fosse stato l’anima buona del padre della fanciulla, scesa dai cieli per benedire il suo fidanzamento. Solo alcuni mesi più tardi tutti compresero la verità, quando nacque un bambino con sembianze mai viste: i ciuffi di capelli sulla sua testa non erano biondi, ma bianchi come il latte di cui si nutriva avidamente, gli occhi erano di un colore sconcertante, gialli come quelli di un gatto, e le orecchie… mio Dio! Orecchie pelose che spuntavano sulla testa, come un animale. Di che stirpe fosse, si seppe solo molto tempo dopo.

Ci misero poco a fare due conti e a mettere insieme la fugace apparizione e la madre del piccino e solo una parola anzi, una condanna, si levò unanime dalle labbra di tutti: sacrilegio.

E volevano giustiziare la donna – Izayoi era il suo nome – e il frutto della sua passione proibita per placare l’ira di Dio che quel gesto peccaminoso avrebbe sicuramente portato su di loro. Li catturarono e iniziarono ad affastellare fascine attorno a loro, per bruciarli – vivi! – , mentre la donna stringeva al petto il proprio bambino.

Ma il sacrificio non giunse mai a compimento.

Lo straniero o, meglio, lo spettro che molti chiamavano Generale, padre di un mezzosangue e amante di una mortale, riapparve in tutta la sua potenza.

Quella notte si combatté una terribile battaglia che non fece altro che aumentare l’odio e l’incomprensione fra spiriti e uomini. Molti caddero sotto i colpi del padre del fanciullo e molte frecce raggiunsero il suo corpo che, coperto di sangue, non appariva più etereo e luminoso, ma opaco e spento. Qualcuno dice che addirittura morì combattendo per difendere coloro che amava più della sua stessa vita…”

“Ma se era già uno spirito come poteva morire?” La interruppe, curioso, il ragazzino amante del brivido.

La morte… quale grande interrogativo per ogni essere senziente che calca questo mondo, pensò il bardo, sorridendo. Un interrogativo ancora più grande della vita… perché più lunga o perché nessuno ce la può raccontare?

“Ogni essere è composto di corpo e anima e spirito. E tutte le creature di Dio sono fatte della stessi ingredienti anche se mischiati in dosi e modi diversi.”

“Così gli spiriti, seppur ritenuti eterni, possono morire. E gli uomini, da sempre noti per la loro mortalità, potrebbero diventare eterni?” Chiese il bardo, con una punta di ironia nella sua voce melodiosa.

Nessuno dei presenti rispose a quella domanda, vuoi perché ritenuta troppo difficile, vuoi perché ritenuta blasfema. O perché troppo ovvia: tutti sapevano che dopo questa vita un’altra li avrebbe attesi, piena di tormenti o di felicità. Solo la Terra e il Purgatorio sembravano avere i minuti contati.

La vecchia lo guardò per un lungo istante, con quegli occhi scuri che sembravano vedere anche al buio e il bardo – non per la prima volta quella sera – si chiese perché ogni tanto non stesse semplicemente zitto.

“La storia dei due amanti infelici finisce qui: nessuno ne ebbe più notizia. Il fuoco e l’acqua cancellarono gli avvenimenti di quella notte fatale, i sopravvissuti fecero del loro meglio per cancellarne il ricordo. Perché – si sa – quando nessuno ricorda è come se niente fosse accaduto. Poco importa che poi, altri, ne pagheranno le conseguenze.”

“Infelici davvero,” commentò il bardo al quale, evidentemente, tacere i propri pensieri comportava notevole difficoltà. “Perché alcuni possono anche dubitare che spiriti e uomini abbiano un tempo vissuto assieme su questa terra, ma nessuno ignora che siano destinati a paradisi diversi. Una separazione più lunga dell’eternità stessa…”

Un sorriso passò fugace sul viso della vecchia e uno strano lampo attraversò i suoi occhi. Ma nessuna risposta uscì dalle sue labbra.

“Finisce così la storia?” Chiese Corinna, commossa e visibilmente delusa.

“No piccolina,” rispose la vecchia. “Breve fu il tempo concesso a Izayoi e al Generale e nulla si sa del loro destino, ma essi lasciarono su questa terra l’eredità del loro amore.”

“Un bambino,” mormorò dolcemente la donna che era seduta vicino all’uomo che aveva accompagnato il bardo, la testa mollemente appoggiata alla spalla del marito. “Un bambino indifeso…”

“A Inuyasha non sarebbe piaciuto essere definito indifeso neppure quando, nelle notti di luna nuova, diventava umano come tutti noi. Dal padre ereditò una spada, dalla madre l’anima; la sua vita e la sua morte cambiarono il volto a questa terra.

Per ora abbiamo parlato di come tutto ebbe inizio, ma la storia – quella vera – deve ancora cominciare.”

Grazie di cuore a tutti quelli che hanno recensito sia questa fanfic che le precedenti!

   
 
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