Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: papavero radioattivo    18/01/2014    4 recensioni
[...] sembrava che lo guardasse, che lo guardasse davvero: che gli sbirciasse l’anima per dirgli “tu puoi farlo, puoi ballare”. ― DAL CAPITOLO II.
▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪
Esiste un abisso fra un ballerino classico e uno di street dance, un divario difficile da colmare, ma forse non impossibile. Due mondi diversi che collidono, due ragazzi con la passione per la danza. Questa è la loro storia d'amore un po' da film, un passo a due fatto di promesse e carezze. Perché un solo ballo basta a farti innamorare.
Reinhart ed Étienne sono immersi in due vite opposte di Cannes, in Costa Azzurra. Tra saggi di danza, discoteche, caviglie rotte e insalate per pranzo impareranno a conoscersi e a conoscere che una birra e un pezzo di cioccolato ogni tanto non possono rovinare la carriera di un ballerino - e una verità non può essere così dolorosa come ci si aspetta.
▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪ ▪
→ linguaggio scurrile e lievissimi riferimenti a tematiche sessuali, la storia non prenderà nessuna piega "delicata" e rimarrà piuttosto sul comico.
→ lieve presenza di elementi angst durante l'evoluzione della trama.
Genere: Angst, Comico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Note introduttive; leggere con diligenza.

Abbiamo deciso in comune accordo – più o meno, in realtà, ma sono dettagli (non ditelo a yingsu) – di inserire queste note introduttive per spiegarvi che, essendo i pg ballerini e non potendo descrivere appieno i balletti ecc., è possibile che troviate degli apici vicino alle parole con dei link, i quali vi porteranno a link di youtube o immagini/gif raffiguranti gli esercizi che stanno facendo in quel momento.

Forse saranno antiestetici, ma è tutto per facilitarvi l’immaginazione, in qualche modo. ;)

 

Perdonateci

papavero radioattivo.

 

 

 

 

«Sono loro che portano le calzamaglie, non io.»

CAPITOLO II

 

 

 

 

Étienne Arthur Lambert fissò l’entrata della Ecole Superieure de Danse de Cannes Rosella Hightower fiancheggiata dagli alberi. Da fuori non sembrava affatto una scuola – più un club privato o la casa di qualche miliardario.

Sospirò tirandosi su la zip della felpa verde e infilando le mani in tasca, percorrendo quella passerella bianca e regolare. Due ragazze vestite in tuta camminavano nel senso opposto al suo – gli sguardi dei tre si incrociarono e le due studentesse ridacchiarono, lui sbuffò e aumentò il passo.

Davanti all’entrata di una delle aule – la numero sei, constatò dal cartello appeso alla porta – Joëlle Boulogne lo attendeva avvolta nel suo body blu scuro, il copri-spalle nero e dei pantaloni morbidi. Il viso maturo e lievemente truccato era attraversato da qualche ruga sulla fronte, lo chignon liberava i lineamenti dai capelli.

«Sei in ritardo» fu l’unica cosa che gli disse, aveva la braccia incrociate e per terra, vicino ai suoi piedi, stavano la sua borsa e un lettore CD.

«Lo so» rispose semplicemente, cercando di grattarsi la testa sotto il berretto nero. Gli occhi cercarono di sbirciare nella porta socchiusa – ma non videro nulla.

«Perché tra tutti ho scelto te, dimmelo» era evidentemente esasperata, Étienne non seppe dire se fosse per quello che gli aveva raccontato al telefono o per lui. Probabilmente per entrambe le cose.

«Perché sono il migliore» c’era un tono di finta superbia nella sua voce, «e l’unico che conoscevi a cui rivolgerti» ridacchiò appena – poi sorrise e, prima che lei potesse ribattere proferì un «andiamo?». Le indicò con il mento la porta oltre la sua spalla, e poi si abbassò a raccoglierle la borsa e il lettore musicale – tanto glielo avrebbe fatto fare comunque.

Un paio di secondi di silenzio, poi finalmente la signora Boulogne sembrò ricomporsi, si voltò, strinse la mano intorno al pomello e spalancò la porta.

 

 

La calma scesa nella sala era agghiacciante: i ballerini guardavano Étienne, ed Étienne guardava la schiena della donna che aveva richiesto la sua presenza in quella lezione – così come nelle prossime. Riusciva ad avvertire gli occhi degli studenti su di sé e la cosa lo irritava ed imbarazzava un po’, ma decise che alla fine non c’era nulla di cui vergognarsi. Sono loro che portano le calzamaglie, non io – si consolò, promettendosi di guardarli tutti in volto: non avrebbe retto l’impatto delle loro gambe fasciate da quei così. Probabilmente si sarebbe messo a ridere e basta.

Brice fece un pliés alla sbarra mal riuscito con l’intento di chinarsi su Reinhart, seduto per terra, «hai visto il biondino?» commentò con un piccolo sorriso sulle labbra, quando Reinhart si girò verso di lui l’altro indicò il nuovo arrivato con il mento, «la felpa verde, Rain».

«Sì, ho capito, non indicare le persone senza motivo, Brice» rispose l’altro, allungandosi in avanti con le gambe divaricate in un esercizio di riscaldamento, «qual è il problema, pensi sia tinto e la cosa ti disturba?».

Il tono vagamente acido dell’amico gli fece aggrottare le sopraciglia, ma non ci badò più di tanto. Si alzò e gli tese una mano per aiutarlo a tirarsi su, «trovo che sia davvero carino» mormorò vicino al suo orecchio, «tutto qui».

Joëlle batté le mani due volte, interrompendo i vari vociferare degli alunni, con entrambe le mani fece segno ai ragazzi di avvicinarsi – Étienne ebbe l’impressione di soffocare. «Ragazzi, dopo l’ultima lezione ho dovuto prendere dei provvedimenti. Abbastanza drastici, devo dire» e lo sguardo si spostò verso il più giovane, intento a fissarsi le scarpe con indifferenza. Una risatina spezzò il silenzio che si era venuto a creare, poi l’insegnante continuò, «motivo per cui ho dovuto chiedere alla Signora Paola Cantalupo, che tutti voi conoscete, il permesso di soggiorno a Étienne Arthur Lambert».

Sentendo il proprio nome, il ragazzo si trovò costretto ad alzare lo sguardo. Sorrise come sorrideva agli amici e alzò una mano in segno di saluto, «Étienne andrà benissimo».

«Vi aiuterà con il vostro problema» concluse Joëlle, aspettò qualche secondo per poi chiedere un: «avete domande?».

Immancabilmente, Brice alzò la mano, «come ci aiuteresti, scusa? Non sembri uno che balla classica…».

Seems legit.

Étienne ridacchinò, estraendo dalla tasca un iPod per andare a collegarlo alle casse, «infatti non ballo, almeno non quello che ballate voi». Il silenzio calò in sala e Joëlle fece segno ai ragazzi di allontanarsi. Il nuovo arrivato trafficò qualche momento con l’aggeggio, poi una musica si diffuse in tutta la sala, facendo storcere il naso al pianista, che non si mosse. La canzone non partì dall’inizio – e Sexy Ladies riempì la stanza, Brice guardò sorridente ma sconcertato Rain ed entrambi si misero a guardare quello che ormai era definitivamente l’intruso.

Aveva iniziando muovendosi piano, sposando il peso da un piede all’altro. Sorrideva appena, ma non a loro: a sé stesso. Evidentemente era felice di quello che stava per fare.

I got sexy ladies…

Oh! E poi iniziò a ballare. *

…All over the floor.

Non era classica. Era street dance, eppure sembrava qualcosa di bellissimo: i movimenti di Étienne non facevano rumore, si spostava di poco – senza salti o acrobazie varie, lasciava che la musica gli scorresse dentro e guidasse i suoi movimenti. Il suo viso – talvolta concentrato, talvolta sorridente – non cercava approvazione dagli altri ragazzi, né dall’insegnante. Sembrava avesse scritto in faccia un «posso farlo bene, posso farlo anche meglio», e cercava di raggiungere quella perfezione mentre con le labbra sillabava le parole di Timberlake.

Sexy, sexy, sexy. Walk that body, talk that body…

Un fischio di approvazione arrivò dal fondo della sala ed Étienne ampliò per un attimo il proprio sorriso,

come se fosse felice del consenso altrui. Guardandosi intorno, Reinhart poteva vedere qualche viso sconcertato – quasi offeso. La musica prese una piega strumentale ed il ragazzo smise di ballare lentamente: dondolava a destra e a sinistra, le ginocchia piegate e il busto leggermente in avanti, muoveva le mani… e sembrava che lo guardasse, che lo guardasse davvero: gli sbirciasse l’anima per dirgli “tu puoi farlo, puoi ballare”.

Forse era solo una sua impressione, puro egocentrismo e nient’altro.

La canzone successiva iniziava con una tromba, gli ricordava una canzone sentita in radio – il proprietario dell’iPod corse a spegnerla.

«E questo a cosa dovrebbe servirci, Madame?» domandò uno di loro – uno di quelli che non avevano apprezzato il gesto, «noi non balliamo in quel modo», il tono era aspro, quasi tagliente.

La cosa sembrò colpire Étienne, «io ballo, voi vi muovete con un’asta di legno… al posto della colonna vertebrale». Probabilmente voleva dire qualcos’altro, ma era stato bloccato dalla presenza della Madame, sicuramente. Tuttavia non sembrava pensarlo sul serio, ma il suo commento fece diventare rosso il volto dell’interlocutore, che non ribatté.

Joëlle rimase in silenzio durante il breve scambio di battute, poi i rumori delle sue scarpe da ballo riempirono la stanza e la sua figura si affiancò a quella di Étienne, le mani erano riunite in una leggera stretta. «Come avete potuto vedere, Lambert balla street dance, qualcosa di molto diverso dalla danza che siete soliti praticare, ma hanno una cosa in comune: la passione. Spero che abbiate osservato i suoi piedi, le braccia… i suoi movimenti. Il modo in cui erano tutti perfettamente in armonia tra di loro. La canzone ed i passi sono di certo discutibili, ma questa breve dimostrazione ha molto più sentimento di quando ballate voi».

La predica sembrava essersi fermata, Brice si avvicinò all’orecchio di Rain, mormorando una citazione del giorno precedente: «Siete miei alunni, diamine, non ragazzetti trovati per strada che muovono i fianchi e dicono di saper ballare».

«Qualche problema, Brice?» domandò Joëlle. Un sorrisetto furbo colorò il viso di Étienne e Rain trattenne una risata, abbassando il volto e fissandosi le scarpette per non farsi vedere divertito dalla situazione.

L’interessato al rimprovero boccheggiò qualche secondo, poi si affrettò a rispondere con un «assolutamente no, Madame!».

«Meglio così» ribatté l’altra, poi riprese il discorso, «rimarrà con noi finché non sarete in grado di fare le cose decentemente, e spero che riusciate a migliorare per il saggio. Per oggi, tuttavia, si limiterà ad assistere alla lezione, così potrà constatare lui stesso la situazione tragica in cui vi siete cacciati». Batté le mani tre volte, stavolta, e quello fu il segno che la lezione dovette riprendere. A gruppi spostarono le sbarre ed Étienne si accomodò per terra, seduto in un angolo, ad alternare l’attenzione tra i ballerini e il suo cellulare.

 

 

Le note de “Il valzer dei fiocchi di neve” risuonavano oramai nell’aula da qualche ora – aveva deciso di prenotarla quella mattina, dopo gli ennesimi rimproveri della Madame. «Reinhart, dove diamine hai la testa?» gli aveva detto, per poi proseguire con i suoi soliti insulti decisamente velati, ma che lasciavano comunque intendere il significato reale di quelle parole. Era diventato bravo a leggere fra le righe, e con lei non era poi tanto complicato comprendere dove volesse andare a parare. Avrebbe voluto capire quale fosse il suo problema – e se effettivamente ce ne fosse uno –, ma per quanto si guardasse allo specchio non riusciva a trovare nulla che non andasse.

Ripensò all’esibizione del ragazzo, di quell’Étienne che – sebbene avesse cercato di ignorare – forse lo aveva colpito più di quanto avesse voluto realmente. Si mosse piano, a tempo con la musica, lasciando che fosse quella a guidarlo e non la solita voce arrogante dell’insegnante. Ballò e basta, cercando di concentrarsi sui suoi piedi e sulle braccia, di mantenere il controllo del suo corpo come gli era stato insegnato, quando una voce lo interruppe, costringendolo a rivolgere lo sguardo e l’attenzione verso la porta.

«Secondo me dovresti tendere di più la gamba, quando fai quel… coso» commentò, e Rain rimase stupito nel vedere la figura di Étienne poggiata allo stipite della porta, come se nulla fosse – che diavolo ci fa qua?

«Non sapevo che t’intendessi di classica» gli rispose secco, andando ad abbassare il volume dello stereo – quando parli del lupo…

«Infatti non me ne intendo» ridacchiò l’altro, avvicinandosi al lettore musicale «e comunque non devi tenderla di più, poi sembri un palo» aggiunse con un sorriso che lasciò Rain piuttosto sconcertato.

«Non so ballare come te, mi dispiace» ribatté forse un po’ acido, dopotutto non gli piaceva sentirsi dare del palo, anche se doveva ammettere che Brice non aveva tutti i torti: era carino, il biondo.

«Anche a me dispiace» borbottò, e Rain non seppe dire con certezza se fosse sincero – probabilmente mi sta prendendo per il culo, il simpaticone. In ogni caso decise di non farci caso: spense del tutto la musica, rinunciando a concludere quell’atto masochistico che era solito ripetere spesso – forse troppo –, causa dei suoi piedi sempre più doloranti, ma che almeno gli suggerivano che stava lavorando.

«Comunque parlavo sul serio, sembri un palo se ti muovi così» riprese l’altro, chinandosi a recuperare l’iPod che aveva dimenticato lì quella mattina, «non capisco perché non ti sciogli un po’…».

Rain ridacchiò, allontanandosi e raccogliendo l’asciugamano che aveva poggiato ad una delle sbarre. «Faccio solo quello che mi hanno insegnato, non so cosa sia passato in mente a quella donna ultimamente, ma sono quasi sicuro che sta entrando in menopausa» tagliò corto, cercando di dissimulare il problema.

«Sarà…» si limitò a dire Étienne, stringendosi un poco nelle spalle prima di avviarsi verso la porta, «comunque tu e gli altri dovreste uscire più spesso, avete iniziato da due giorni e avete già l'aria di quelli che non ne possono più».

Rain scosse il capo con fare esasperato, e poi trovò il coraggio di fermarlo prima che uscisse, prima che la domanda prodotta dalla sua testa restasse  solo una frase sospesa nel limbo del nulla. «Étienne…» lo chiamò con quel suo accento che – nonostante gli anni passati a Cannes – lasciava comunque trasparire le sue origini straniere. «Come faccio?» – a sciogliermi, a ballare davvero. Ma il suo orgoglio gli impedì di aggiungere quei complementi: lui sapeva ballare, non poteva sopportare l’idea di non saperlo fare, non riusciva nemmeno a concepirla.

Lo guardò bloccarsi davanti all’uscita, la mano sullo stipite mentre si girava a guardarlo, ancora con quel sorriso che lo aveva lasciato disarmato anche a lezione. «Dimentica tutto il resto, dimenticalo davvero» gli disse, esitando ancora sulla porta.

«Questo è il momento del film in cui l’allievo incapace chiede allo sconosciuto di insegnargli come fare…» scherzò Rain, ma forse una parte di lui gridava davvero aiuto, conscia che effettivamente un problema c’era, e che non stava nei passi eseguiti alla perfezione, ma in qualcosa che lui – osservando il riflesso della specchiera – non poteva e non riusciva a vedere.

«Ed è il momento in cui l'allievo incapace gli da ascolto» gli diede corda Étienne infilando la mano in tasca, estraendone l’iPod, «puoi cambiare musica? se devo insegnarti vorrei farlo a modo mio…» disse, e Rain si maledisse all’istante, sicuro che tutto quello non lo avrebbe portato da nessuna parte.

 

 

 

 

 

«Quando aiutate qualcuno non accontentatevi di risolvere i suoi problemi immediati.

Dategli anche i mezzi per risolvere i suoi problemi da solo.»

Tenzin Gyatso (Dalai Lama), I consigli del cuore

 

 

 

 

 

 

WE LIVE AND BREATHE WORDS – note d’autrici.

 

 

Siamo tornate, qual gaudio! – non mentite, lo sappiamo che non c’è gaudio.

Finalmente siamo riuscite a presentare anche Étienne, l’altro protagonista di questa storia a quattro mani che – lo confessiamo – sta avendo molto più seguito di quanto noi ci aspettassimo. E vi ringraziamo per questo, davvero. Ci state dando un sacco di feedback positivi, e noi possiamo esserne solo felici! In più ci sono arrivati anche degli mp che domandavano per l’aggiornamento, quindi vi diciamo da subito che potete trovare le date nel nostro account, ma che – nel bene o nel male – più o meno dovremmo aggiornare una volta ogni due settimane, più che altro per via degli impegni universitari e scolastici. Perdonateci, ma il dovere chiama anche noi.

E ora passiamo alle cose che (forse) interessano davvero: vi lasciamo innanzitutto il volto di Étienne, ma potete trovarlo anche lui nel banner là in alto!  Étienne Arthur Lambert.

E vi lasciamo anche “Il valzer dei fiocchi di neve”, nel caso qualcuno fosse curioso di ascoltarlo. Ignorate il balletto ♥

In più vi diciamo che il “quando parli del lupo… di Rain è un modo di dire tipicamente francese, sarebbe quand on parle du loup…, nonché corrispondente italiano de “parli del diavolo e spuntano le corna” – per intenderci, insomma. Paola Cantalupo è la direttrice artistica della scuola, ci siamo permesse di citarla(?).

Eeh, niente. Dovremmo aver concluso qui. ~

Vi ringraziamo davvero di cuore per tutto, sperando di non deludervi.

 

papavero radioattivo.

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: papavero radioattivo