Note
introduttive; leggere
con diligenza.
Abbiamo
deciso in comune accordo – più o meno, in realtà, ma sono dettagli (non
ditelo a yingsu) – di inserire queste note introduttive
per spiegarvi che, essendo i pg ballerini e non potendo
descrivere appieno i balletti ecc., è possibile che troviate degli apici vicino
alle parole con dei link, i quali vi porteranno a link di youtube
o immagini/gif raffiguranti gli esercizi che stanno facendo in quel momento.
Forse
saranno antiestetici, ma è tutto per facilitarvi l’immaginazione, in qualche
modo. ;)
Perdonateci
papavero
radioattivo.
«Sono loro che portano le calzamaglie, non io.»
▪
CAPITOLO II ▪
Étienne Arthur Lambert
fissò l’entrata della Ecole Superieure de Danse de Cannes Rosella Hightower
fiancheggiata dagli alberi. Da fuori non sembrava affatto una scuola – più un
club privato o la casa di qualche miliardario.
Sospirò
tirandosi su la zip della felpa verde e infilando le mani in tasca, percorrendo
quella passerella bianca e regolare. Due ragazze vestite in tuta camminavano
nel senso opposto al suo – gli sguardi dei tre si incrociarono e le due
studentesse ridacchiarono, lui sbuffò e aumentò il passo.
Davanti
all’entrata di una delle aule – la numero sei, constatò dal cartello appeso
alla porta – Joëlle Boulogne
lo attendeva avvolta nel suo body blu scuro, il copri-spalle
nero e dei pantaloni morbidi. Il viso maturo e lievemente truccato era
attraversato da qualche ruga sulla fronte, lo chignon liberava i lineamenti dai
capelli.
«Sei
in ritardo» fu l’unica cosa che gli disse, aveva la braccia incrociate e per
terra, vicino ai suoi piedi, stavano la sua borsa e un lettore CD.
«Lo
so» rispose semplicemente, cercando di grattarsi la testa sotto il berretto
nero. Gli occhi cercarono di sbirciare nella porta socchiusa – ma non videro
nulla.
«Perché
tra tutti ho scelto te, dimmelo» era
evidentemente esasperata, Étienne non seppe dire se
fosse per quello che gli aveva raccontato al telefono o per lui. Probabilmente
per entrambe le cose.
«Perché
sono il migliore» c’era un tono di finta superbia nella sua voce, «e l’unico
che conoscevi a cui rivolgerti» ridacchiò appena – poi sorrise e, prima che lei
potesse ribattere proferì un «andiamo?». Le indicò con il mento la porta oltre
la sua spalla, e poi si abbassò a raccoglierle la borsa e il lettore musicale –
tanto glielo avrebbe fatto fare comunque.
Un
paio di secondi di silenzio, poi finalmente la signora Boulogne
sembrò ricomporsi, si voltò, strinse la mano intorno al pomello e spalancò la
porta.
La
calma scesa nella sala era agghiacciante: i ballerini guardavano Étienne, ed Étienne guardava la
schiena della donna che aveva richiesto la sua presenza in quella lezione –
così come nelle prossime. Riusciva ad avvertire gli occhi degli studenti su di
sé e la cosa lo irritava ed imbarazzava un po’, ma decise che alla fine non
c’era nulla di cui vergognarsi. Sono loro
che portano le calzamaglie, non io – si consolò, promettendosi di guardarli
tutti in volto: non avrebbe retto l’impatto delle loro gambe fasciate da quei così. Probabilmente si sarebbe messo a
ridere e basta.
Brice fece un pliés alla sbarra
mal riuscito con l’intento di chinarsi su Reinhart,
seduto per terra, «hai visto il biondino?» commentò con un piccolo sorriso
sulle labbra, quando Reinhart si girò verso di lui
l’altro indicò il nuovo arrivato con il mento, «la felpa verde, Rain».
«Sì,
ho capito, non indicare le persone senza motivo, Brice»
rispose l’altro, allungandosi in avanti con le gambe divaricate in un esercizio
di riscaldamento, «qual è il problema, pensi sia tinto e la cosa ti disturba?».
Il
tono vagamente acido dell’amico gli fece aggrottare le sopraciglia, ma non ci
badò più di tanto. Si alzò e gli tese una mano per aiutarlo a tirarsi su,
«trovo che sia davvero carino» mormorò vicino al suo orecchio, «tutto qui».
Joëlle batté le mani
due volte, interrompendo i vari vociferare degli alunni, con entrambe le mani
fece segno ai ragazzi di avvicinarsi – Étienne ebbe
l’impressione di soffocare. «Ragazzi, dopo l’ultima lezione ho dovuto prendere
dei provvedimenti. Abbastanza drastici, devo dire» e lo sguardo si spostò verso
il più giovane, intento a fissarsi le scarpe con indifferenza. Una risatina
spezzò il silenzio che si era venuto a creare, poi l’insegnante continuò,
«motivo per cui ho dovuto chiedere alla Signora Paola Cantalupo, che tutti voi
conoscete, il permesso di soggiorno a Étienne Arthur
Lambert».
Sentendo
il proprio nome, il ragazzo si trovò costretto ad alzare lo sguardo. Sorrise
come sorrideva agli amici e alzò una mano in segno di saluto, «Étienne andrà benissimo».
«Vi
aiuterà con il vostro problema» concluse Joëlle,
aspettò qualche secondo per poi chiedere un: «avete domande?».
Immancabilmente,
Brice alzò la mano, «come ci aiuteresti, scusa? Non
sembri uno che balla classica…».
Seems legit.
Étienne ridacchinò, estraendo dalla tasca un iPod per andare a collegarlo alle
casse, «infatti non ballo, almeno non quello che ballate voi». Il silenzio calò in sala e Joëlle
fece segno ai ragazzi di allontanarsi. Il nuovo arrivato trafficò qualche
momento con l’aggeggio, poi una musica si diffuse in tutta la sala, facendo
storcere il naso al pianista, che non si mosse. La canzone non partì
dall’inizio – e Sexy Ladies
riempì la stanza, Brice guardò sorridente ma
sconcertato Rain ed entrambi si misero a guardare
quello che ormai era definitivamente l’intruso.
Aveva
iniziando muovendosi piano, sposando il peso da un piede all’altro. Sorrideva
appena, ma non a loro: a sé stesso. Evidentemente era felice di quello che
stava per fare.
I got sexy ladies…
Oh! E
poi iniziò a ballare. *
…All over the floor.
Non era classica.
Era
street dance, eppure sembrava qualcosa di
bellissimo: i movimenti di Étienne non facevano
rumore, si spostava di poco – senza salti o acrobazie varie, lasciava che la
musica gli scorresse dentro e guidasse i suoi movimenti. Il suo viso – talvolta
concentrato, talvolta sorridente – non cercava approvazione dagli altri
ragazzi, né dall’insegnante. Sembrava avesse scritto in faccia un «posso farlo
bene, posso farlo anche meglio», e cercava di raggiungere quella perfezione
mentre con le labbra sillabava le parole di Timberlake.
Sexy, sexy, sexy. Walk that body, talk that body…
Un
fischio di approvazione arrivò dal fondo della sala ed Étienne
ampliò per un attimo il proprio sorriso,
come
se fosse felice del consenso altrui. Guardandosi intorno, Reinhart
poteva vedere qualche viso sconcertato – quasi offeso. La musica prese una
piega strumentale ed il ragazzo smise di ballare lentamente: dondolava a destra
e a sinistra, le ginocchia piegate e il busto leggermente in avanti, muoveva le
mani… e sembrava che lo guardasse, che lo guardasse
davvero: gli sbirciasse l’anima per dirgli “tu puoi farlo, puoi ballare”.
Forse
era solo una sua impressione, puro egocentrismo e nient’altro.
La
canzone successiva iniziava con una tromba, gli ricordava una canzone sentita
in radio – il proprietario dell’iPod corse a spegnerla.
«E
questo a cosa dovrebbe servirci, Madame?»
domandò uno di loro – uno di quelli che non avevano apprezzato il gesto, «noi
non balliamo in quel modo», il tono
era aspro, quasi tagliente.
La
cosa sembrò colpire Étienne, «io ballo, voi vi
muovete con un’asta di legno… al posto della colonna
vertebrale». Probabilmente voleva dire qualcos’altro, ma era stato bloccato
dalla presenza della Madame,
sicuramente. Tuttavia non sembrava pensarlo sul serio, ma il suo commento fece
diventare rosso il volto dell’interlocutore, che non ribatté.
Joëlle rimase in
silenzio durante il breve scambio di battute, poi i rumori delle sue scarpe da
ballo riempirono la stanza e la sua figura si affiancò a quella di Étienne, le mani erano riunite in una leggera stretta.
«Come avete potuto vedere, Lambert balla street dance, qualcosa di molto diverso dalla danza che siete soliti
praticare, ma hanno una cosa in comune: la passione. Spero che abbiate
osservato i suoi piedi, le braccia… i suoi movimenti.
Il modo in cui erano tutti perfettamente in armonia tra di loro. La canzone ed
i passi sono di certo discutibili, ma questa breve dimostrazione ha molto più
sentimento di quando ballate voi».
La
predica sembrava essersi fermata, Brice si avvicinò
all’orecchio di Rain, mormorando una citazione del
giorno precedente: «Siete miei alunni, diamine,
non ragazzetti trovati per strada che muovono i fianchi e dicono di saper
ballare».
«Qualche
problema, Brice?» domandò Joëlle.
Un sorrisetto furbo colorò il viso di Étienne e Rain trattenne una risata, abbassando il volto e fissandosi
le scarpette per non farsi vedere divertito dalla situazione.
L’interessato
al rimprovero boccheggiò qualche secondo, poi si affrettò a rispondere con un
«assolutamente no, Madame!».
«Meglio
così» ribatté l’altra, poi riprese il discorso, «rimarrà con noi finché non
sarete in grado di fare le cose decentemente, e spero che riusciate a
migliorare per il saggio. Per oggi, tuttavia, si limiterà ad assistere alla
lezione, così potrà constatare lui stesso la situazione tragica in cui vi siete
cacciati». Batté le mani tre volte, stavolta, e quello fu il segno che la
lezione dovette riprendere. A gruppi spostarono le sbarre ed Étienne si accomodò per terra, seduto in un angolo, ad
alternare l’attenzione tra i ballerini e il suo cellulare.
Le
note de “Il valzer dei fiocchi di neve”
risuonavano oramai nell’aula da qualche ora – aveva deciso di prenotarla quella
mattina, dopo gli ennesimi rimproveri della Madame.
«Reinhart, dove diamine hai la testa?» gli aveva
detto, per poi proseguire con i suoi soliti insulti decisamente velati, ma che
lasciavano comunque intendere il significato reale di quelle parole. Era
diventato bravo a leggere fra le righe, e con lei non era poi tanto complicato
comprendere dove volesse andare a parare. Avrebbe voluto capire quale fosse il
suo problema – e se effettivamente ce ne fosse uno –, ma per quanto si
guardasse allo specchio non riusciva a trovare nulla che non andasse.
Ripensò
all’esibizione del ragazzo, di quell’Étienne che –
sebbene avesse cercato di ignorare – forse lo aveva colpito più di quanto
avesse voluto realmente. Si mosse piano, a tempo con la musica, lasciando che
fosse quella a guidarlo e non la solita voce arrogante dell’insegnante. Ballò e
basta, cercando di concentrarsi sui suoi piedi e sulle braccia, di mantenere il
controllo del suo corpo come gli era stato insegnato, quando una voce lo
interruppe, costringendolo a rivolgere lo sguardo e l’attenzione verso la
porta.
«Secondo
me dovresti tendere di più la gamba, quando fai quel…
coso» commentò, e Rain
rimase stupito nel vedere la figura di Étienne
poggiata allo stipite della porta, come se nulla fosse – che diavolo ci fa qua?
«Non
sapevo che t’intendessi di classica» gli rispose secco, andando ad abbassare il
volume dello stereo – quando parli del lupo…
«Infatti
non me ne intendo» ridacchiò l’altro, avvicinandosi al lettore musicale «e
comunque non devi tenderla di più, poi sembri un palo» aggiunse con un sorriso
che lasciò Rain piuttosto sconcertato.
«Non
so ballare come te, mi dispiace» ribatté forse un po’ acido, dopotutto non gli
piaceva sentirsi dare del palo, anche se doveva ammettere che Brice non aveva tutti i torti: era carino, il biondo.
«Anche
a me dispiace» borbottò, e Rain non seppe dire con
certezza se fosse sincero – probabilmente
mi sta prendendo per il culo, il simpaticone. In ogni caso decise di non
farci caso: spense del tutto la musica, rinunciando a concludere quell’atto
masochistico che era solito ripetere spesso – forse troppo –, causa dei suoi
piedi sempre più doloranti, ma che almeno gli suggerivano che stava lavorando.
«Comunque
parlavo sul serio, sembri un palo se ti muovi così» riprese l’altro, chinandosi
a recuperare l’iPod
che aveva dimenticato lì quella mattina, «non capisco perché non ti sciogli un
po’…».
Rain ridacchiò,
allontanandosi e raccogliendo l’asciugamano che aveva poggiato ad una delle sbarre.
«Faccio solo quello che mi hanno insegnato, non so cosa sia passato in mente a
quella donna ultimamente, ma sono quasi sicuro che sta entrando in menopausa»
tagliò corto, cercando di dissimulare il problema.
«Sarà…» si limitò a dire Étienne, stringendosi un poco nelle spalle prima di avviarsi verso la porta, «comunque tu e gli altri dovreste uscire più spesso, avete iniziato da due giorni e avete già l'aria di quelli che non ne possono più».
Rain scosse il capo
con fare esasperato, e poi trovò il coraggio di fermarlo prima che uscisse,
prima che la domanda prodotta dalla sua testa restasse solo una frase sospesa nel limbo del nulla. «Étienne…» lo chiamò con quel suo accento che – nonostante
gli anni passati a Cannes – lasciava comunque trasparire le sue origini
straniere. «Come faccio?» – a
sciogliermi, a ballare davvero. Ma il suo orgoglio gli impedì di aggiungere
quei complementi: lui sapeva ballare, non poteva sopportare l’idea di non
saperlo fare, non riusciva nemmeno a concepirla.
Lo guardò bloccarsi davanti all’uscita, la mano sullo stipite mentre si girava a guardarlo, ancora con quel sorriso che lo aveva lasciato disarmato anche a lezione. «Dimentica tutto il resto, dimenticalo davvero» gli disse, esitando ancora sulla porta.
«Questo
è il momento del film in cui l’allievo incapace chiede allo sconosciuto di
insegnargli come fare…» scherzò Rain,
ma forse una parte di lui gridava davvero aiuto, conscia che effettivamente un
problema c’era, e che non stava nei passi eseguiti alla perfezione, ma in
qualcosa che lui – osservando il riflesso della specchiera – non poteva e non
riusciva a vedere.
«Ed è il momento in cui l'allievo incapace gli da ascolto» gli
diede corda Étienne infilando la mano in tasca,
estraendone l’iPod,
«puoi cambiare musica? se devo insegnarti vorrei farlo a modo mio…» disse, e Rain si
maledisse all’istante, sicuro che tutto quello non lo avrebbe portato da
nessuna parte.
«Quando
aiutate qualcuno non accontentatevi di risolvere i suoi problemi immediati.
Dategli
anche i mezzi per risolvere i suoi problemi da solo.»
– Tenzin Gyatso (Dalai
Lama), I consigli del cuore –
WE LIVE
AND BREATHE WORDS – note d’autrici.
Siamo tornate, qual gaudio! – non mentite,
lo sappiamo che non c’è gaudio.
Finalmente siamo riuscite a presentare
anche Étienne, l’altro protagonista
di questa storia a quattro mani che – lo confessiamo – sta avendo molto più
seguito di quanto noi ci aspettassimo. E vi ringraziamo per questo, davvero. Ci
state dando un sacco di feedback positivi, e noi possiamo esserne solo felici!
In più ci sono arrivati anche degli mp che
domandavano per l’aggiornamento, quindi vi diciamo da subito che potete trovare
le date nel nostro account, ma che – nel bene o nel male – più o meno dovremmo
aggiornare una volta ogni due settimane, più che altro per via degli impegni
universitari e scolastici. Perdonateci, ma il dovere chiama anche noi.
E
ora passiamo alle cose che (forse) interessano davvero: vi lasciamo
innanzitutto il volto di Étienne, ma potete trovarlo
anche lui nel banner là in alto! Étienne Arthur Lambert.
E
vi lasciamo anche “Il valzer dei fiocchi di neve”,
nel caso qualcuno fosse curioso di ascoltarlo. Ignorate il balletto ♥
In
più vi diciamo che il “quando parli del lupo…” di Rain è un modo di
dire tipicamente francese, sarebbe “quand on parle du loup…”,
nonché corrispondente italiano de “parli
del diavolo e spuntano le corna” – per intenderci, insomma. Paola Cantalupo è la direttrice
artistica della scuola, ci siamo permesse di citarla(?).
Eeh, niente. Dovremmo aver concluso
qui. ~
Vi
ringraziamo davvero di cuore per tutto, sperando di non deludervi.
papavero radioattivo.