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Autore: TheHellraiser    22/01/2014    1 recensioni
Fra tutti i sicari del mondo ce n'erano sette che risiedevano a New York e avevano formato una specie di gruppo. Facevano semplicemente il loro lavoro: tu chiamavi uno di loro, e loro uccidevano la tua vittima. Un lavoro pulito, spettacolare e completamente anonimo. E' impossibile risalire al mandante o anche avere una minima prova. L'unica differenza fra gli omicidi era che venivano compiuti con sette tipi diversi di arma, quindi la teoria dei sette killer iniziava a prendere forma. Ormai, la leggenda non era più tale. Se vai in un qualsiasi bar, tutti sapranno che puoi avere uno di loro per la modica cifra di tremila dollari a persona più varie ed eventuali. I sette killer si sono dati dei nomi d'arte, e hanno scelto quelli dei sette vizi capitali: Envy, Sloth, Lust, Greed, Pride, Gluttony ed infine il loro capo, Wrath.
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La storia è ambientata a New York e parla di una "leggenda metropolitana" su sette assassini con i nomi dei peccati capitali. Spero vi piaccia. :D
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The HitMen'
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Quel giorno Dylan si svegliò, si preparò in fretta e andò in centrale senza nemmeno svegliare Julia. Era troppo terrorizzato, e continuava a chiedersi cosa potesse significare la telefonata di ieri. Non riusciva ad abbandonare l'idea che lei gli aveva mentito. A che pro, tra l'altro? L'arrivo di Ramos lo distolse dai suoi oscuri pensieri funeraleschi.
-Ciao, pivello. Mattiniero oggi, eh?- rise, divertito.
-Già, sono arrivato qui presto. Volevo dare un'occhiata alle carte del nuovo caso, ma tu non c'eri- rispose Dylan con un mezzo sorriso, mascherando il suo vero intento. Ramos si accigliò, guardandolo in modo strano.
-Pensi ancora a quel caso? Se speri di prenderlo, sei fuori strada- disse, buttando il plico del caso sul tavolo.
-Perchè?- chiese, esterrefatto. Aveva fatto meno di un anno di servizio, e non aveva mai visto Ignacio parlare in modo così disfattista. Lui prese i risultati della balistica dal plico.
-La vittima si chiamava Sam Tucker, ed era uno di quei piccoli spacciatori che si vedono spesso agli angoli e a cui è meglio non fare domande. Lavorava per uno dei principali cartelli della città. E' stato freddato ieri sera con un colpo di pistola. Quelli della balistica hanno completato il raffronto. Avevo ragione, è un professionista. E che professionista. Il proiettile corrisponde a quelli di altri settanta casi, o giù di lì. Si può ragionevolmente concludere che il colpevole sia il grande e mitico Wrath, e quindi che non lo prenderemo mai- sbuffò, mostrando le carte.
-Wrath? E chi è?- chiese di nuovo. Ramos lo guardò con sguardo stupito, come se gli avesse appena chiesto se fosse la terra a girare intorno al sole e non viceversa. Dylan rimase stranito. C'era qualcosa che non sapeva, per caso?
-Non sai chi sia Wrath? Allora sei davvero un pivello, o semplicemente sei duro d'orecchi- rispose Ramos, con voce quasi più stupita di quella di Dylan. Dylan alzò le mani in segno di resa.
-E non potresti spiegarmi chi sia?- chiese, semplicemente. Ramos si massaggiò le tempie e sospirò.
-E va bene, ma ti avviso che è una storia piuttosto lunga e penso che non ci crederai. Allora, posso dirti quello che so. A partire da quattro anni fa, in questa città si è verificato un vertiginoso aumento dei casi irrisolti. C'erano montagne di cadaveri con modalità di morte simili a delle esecuzioni. Iniziò a circolare una voce nei bassifondi. Fra tutti i sicari del mondo ce n'erano sette che risiedevano a New York e avevano formato una specie di gruppo. Facevano semplicemente il loro lavoro: tu chiamavi uno di loro, e loro uccidevano la tua vittima. Un lavoro pulito, spettacolare e completamente anonimo. E' impossibile risalire al mandante o anche avere una minima prova. L'unica differenza fra gli omicidi era che venivano compiuti con sette tipi diversi di arma, quindi la teoria dei sette killer iniziava a prendere forma. Ormai, la leggenda non era più tale. Se vai in un qualsiasi bar, tutti sapranno che puoi avere uno di loro per la modica cifra di tremila dollari a persona più varie ed eventuali. I sette killer si sono dati dei nomi d'arte, e hanno scelto quelli dei sette vizi capitali: Envy, Sloth, Lust, Greed, Pride, Gluttony ed infine il loro capo, Wrath. Le voci che circolavano erano sempre più dettagliate, e mano a mano che indagavamo riuscivamo ad appioppare i casi ai giusti killer, ovviamente senza mai avvicinarci abbastanza a loro. E la leggenda anche qui aveva ragione, ogni killer aveva un'arma diversa. Envy usa una Koch, Sloth una Glock, Lust una SIG Sauer, Greed una Colt, Wrath una Beretta e Gluttony una Smith&Wesson. Pride era l'unico diverso dagli altri, usava una pistola mitragliatrice Uzi. In questi anni nessuno si è mai nemmeno lontanamente avvicinato a loro. Si dice in giro che abbiano persino grattato via la pelle dalle dita per cancellarsi le impronte digitali. Sono una vera e propria leggenda, specialmente Wrath e Sloth. Wrath è crudelissimo e trae piacere nel torturare e uccidere le sue vittime. Sì, su commissione le tortura pure. Sloth invece si chiama così non perchè fa un cazzo, ma perchè la sua apatia è incredibile. Non gli importa nulla di uccidere le persone. Il più temuto di tutti resta comunque Wrath.
-Ira- disse Dylan. Non ci poteva credere, sicari con nomi dei vizi capitali. Envy, Invidia. Sloth, Accidia. Lust, Lussuria. Greed, Avarizia. Pride, Superbia. Gluttony, Gola. E infine Wrath, il capo di tutti, l'Ira.
-Già. A quanto pare il cartello avversario ha chiamato Wrath per far fuori il nostro spacciatore. Quei sette sono imprendibili, è inutile anche provare a indagarci. Ovviamente tutti hanno i loro sospetti, ma nessuno di essi è fondato, probabilmente. Trasferiamo il caso ai federali e lasciamoli fare di testa loro. Per me, quei sette psicopatici possono anche fottersi- brontolò Ramos. Dylan stava per rispondere a Ramos con una bella ramanzina, quando sentì una presenza inquietante alle sue spalle.
-Che fate qui? Non siate accidiosi, ragazzi. Al lavoro!
La possente voce di Gandle risuonò nella stanza. Matt Gandle era il capo della polizia di New York, e usava sempre quella frase. Non siate accidiosi, ragazzi. Al lavoro. Era un uomo imponente e grande come un armadio, ed era abbronzatissimo in qualsiasi stagione. Ogni tanto, d'estate, quando andava in giro in canottiera, si intravedeva sulla sua schiena il pezzo di un tatuaggio, composto da due grosse lettere "RE". Il resto non si vedeva, era sempre coperto. Dopo la sua solita retata motivatrice giornaliera, Gandle tornò in ufficio lasciandoli lavorare.
-Ramos, che cos'ha tatuato Gandle sulla schiena?- chiese, curioso.
-E che ne so. Non si vede altro che quel "RE"- rispose lui, alzando le spalle.
-Mah. A me il capo sembra un tipo che lavora sempre, ed è parecchio strano. Cioè, non intendo dire che sia male, ovvio, ma chi altri ci mette tanta dedizione e ostinazione in un lavoro? E usa anche quella strana frase "non siate accidiosi"- disse Dylan, guardando la figura del capo attraverso la porta a vetri del suo ufficio.
-Se lo dici tu... Io so solo che Matt ha una colt davvero stupenda. Vorrei averne anche io una- sospirò Ramos, lasciando sulla scrivania il plico sul caso Tucker.
-Basta scartoffie, mi sono rotto i coglioni. Che ne dici, andiamo a fare un giro?- disse poi. Dylan deglutì. Fuori? Ma fuori significava pericolo. Era da tutta la mattina che vedeva killer ovunque pronti a saltargli addosso da un momento all'altro. Decise di accettare comunque, non voleva far insospettire Ramos.
-Uh, ok- disse, sperando di potersi distrarre almeno un po'. I due uscirono dalla centrale, cercando un bar lì vicino.
***
Dopo aver passato tutto il resto della giornata fuori, Dylan si decise ad avviarsi verso casa. Era ormai buio, circa le undici e mezza-mezzanotte. Il giovane poliziotto si sentiva semplicemente terrorizzato dall'idea di tornare a casa. Là c'era... Julia. Con la sua 9mm. In quel momento si sentiva in pericolo, soprattutto per quel "domani sera" che lei aveva aggiunto nella chiamata. Chissà, magari non riguardava lui, disse più per rassicurarsi che per altro. Deglutì, salendo le scale. Sentì uno scalpiccio simile a dei passi su un parquet di legno. C'era qualcuno nell'appartamento. Julia? No, era più di qualcuno. Erano almeno in tre. Chi erano? Cosa volevano? Forse volevano lui. Dylan estrasse la Glock, tremante. Avvicinò l'orecchio alla porta dell'appartamento, cercando di respirare il meno possibile. Riuscì a carpire i frammenti di una conversazione. Una voce era quella di Julia.
"Ma che cazzo? Avevo detto quattromilacinquecentosettanta dollari. Se quello non paga, sparo un colpo in testa anche a lui" disse, irata. A Dylan mancò il respiro. Allora era vero, non era un'agente della CIA. E probabilmente era stata proprio lei ad uccidere quel tipo. Dylan cercò di mantenere la calma. Forse stavano parlando di altro.
"Julia, dagli un po' di tempo. Non possiamo mica uccidere tutti i nostri mandanti" disse una voce maschile a lui familiare.
"Già, altrimenti poi dove li prendiamo i soldi?" chiese una seconda voce maschile con forte accento russo. Julia bestemmiò.
"Ah, a proposito, il ragazzino che fine ha fatto?" chiese nuovamente il russo.
"E che cazzo ne so io." replicò Julia.
"Beh, faremmo meglio a prenderlo, prima che racconti tutto alla polizia" disse nuovamente il russo.
"Alexei, coglione, lui è la polizia" disse la voce familiare. Bene, quindi il tipo era davvero russo. Alexei. Che fosse lui l'Alex di cui Julia parlava l'altra sera? Dylan strinse la mano sul calcio della pistola, terrorizzato. Era sempre più in pericolo, ma per qualche strana ragione non scappò via da lì come avrebbe chiaramente dovuto fare.
"Beh, prima o poi tornerà, no? e Tony lo beccherà" disse Julia, seccamente.
"Bel piano di merda. Comunque Julia, ho un nuovo lavoro per te, hanno chiesto di Ludwig. Che gli diciamo?" disse la voce familiare.
"Uh... Ditegli che se ne occuperà Tony. Non possiamo certo spiattellare ai quattro venti la notizia che è morto. Usa la sua pistola" ordinò Julia, che evidentemente era il capo della situazione. Nella mente di Dylan ruotavano vorticosamente le idee. Ludwig... Dove l'aveva già sentito? Evidentemente era morto... Morto!? Già, ecco dove l'aveva già sentito! Ludwig Schliemann, anni 32, ucciso da Envy due settimane prima. La professione era sconosciuta, ma da quello che stava ascoltando un'idea se l'era già fatta. Evidentemente i tre nell'appartamento avevano qualche problema con le sette leggende. Se Envy aveva ucciso uno dei loro... Ma chissà perchè. Magari erano spacciatori anche loro. Magari erano in combutta con una gang o qualcosa del genere. Forse, Envy aveva ricevuto l'ordine di ucciderli. Ma una frase gli faceva arrovellare il cervello. "Non possiamo mica uccidere tutti i nostri mandanti". Mandanti. Che fossero... Sicari!? Non ebbe nemmeno il tempo di finire di pensarlo. Una voce gelida e apatica come mai aveva sentito prima lo interruppe.
-Oh... E così qui abbiamo un intruso... La pecorella è tornata all'ovile- disse la voce. Dylan si girò di scatto, ma l'aggressore lo colpì alla testa con il calcio di una pistola. Cadde a terra, ma non riuscì a vedere in faccia quello che l'aveva aggredito. L'ultima cosa che vide prima del buio totale fu la mano che reggeva la pistola con cui era stato colpito. Aveva la parola "SLOTH" tatuata sulle nocche.
  
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