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Autore: BlackKay97    26/01/2014    3 recensioni
C’è un solo semidio che ha deciso di rinascere tre volte: Luke Castellan.
A quattordici anni Luke Reasonson, sua seconda vita, scopre di essere un semidio e si imbarca, suo malgrado, in una missione che lo condurrà ad oscure verità su sé stesso e sul suo destino. Potrebbe essere la maledizione vivente che porterà alla fine del mondo.
Contemporaneamente il divino Hermes rischia l’esilio al Tartaro nel tentativo di salvarlo dall’ira dei fratelli e del padre che ritengono Luke debba morire: è troppo potente per essere un semidio. Eppure il dio dei ladri pare aver notato qualcosa che agli altri sarebbe sfuggito.
Scritta da: Kay
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ermes, Gli Dèi, Luke Castellan, Quasi tutti, Travis & Connor Stoll
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Ah! Cavolo! - imprecò:- La mia maglietta del concerto dei Green Day! - si guardò la macchia d’olio che rendeva illeggibile il nome della band. Sospirò rimettendosi a trafficare con il motore dell’auto a malincuore. Mentre volava alto e luminoso, la sua Maserati Spider aveva deciso di fare i capricci. Accadeva raramente, ma quando succedeva erano casini! Fortunatamente, Zeus aveva subito fatto venire un bel diluvio per coprire la sua assenza nel cielo. Si mise le mani nei capelli per poi rendersi contro di averle unte di grasso. Abbassò lo sguardo desolato richiudendo il cofano mentre desiderava ardentemente farsi una doccia. Odiava l’idea che i suoi stupendi capelli biondi fossero impiastricciati, inoltre voleva salvare la sua maglietta dei Green Day!
La pioggia scrosciava copiosa appiccicandogli le vesti addosso. A causa dell’abbattersi violento delle gocce non sentì arrivare la figura alle sue spalle. Apollo appoggiò le mani in una pozzanghera lavandosele e, quando si tirò in piedi, sobbalzò incrociando quegli occhi dai bagliori dorati. Quegli occhi che gli ricordavano troppo bene lo sfiorato esilio al Tartaro. Gli occhi della creatura che aveva liberato dalle carceri di Zeus.

Da qualche giorno non usciva dalla Casa Grande. Zeus sembrava cambiare umore troppo repentinamente. Prima non c’era stata l’ombra di una goccia, adesso le nubi temporalesche si addensavano sulla sua barriera di confine meteorologico mettendo a dura prova i suoi poteri. Dioniso faticava non poco a tenerle alla larga ed i ragazzi avevano già cominciato a porsi delle domande per cui doveva anche pensare a calmarli e fargli credere andasse tutto bene. Quello era l’Olimpo, alla fine: una storia costruita su false promesse. Il regime degli dèi non era, in fondo, tanto meglio di quello di Crono, ma non poteva dirlo apertamente, pena l’esilio al Tartaro. Era convinto di non essere l’unico a pensarlo, c’erano molte altre divinità abbastanza intelligenti da raggiungere le sue stesse conclusioni, ma Zeus era deciso a tenere il potere per sé. Purtroppo era confinato al Campo e non poteva andare a curiosare cosa diamine stesse succedendo tra i suoi parenti, una cosa era certa però: qualcosa non andava. Forse una nuova minaccia. In un istante gli tornò in mente una discussione avuta con Ade il giorno in cui aveva portato Nico al Campo: “Zeus ha trovato un titano a scorrazzare in libertà. Non si sa di più! Pare solo lo abbia trovato e poi... chi lo sa!”. Probabilmente la minaccia era quella e, ammettendo fosse così... cominciò a formulare una serie di situazioni... probabilmente non era stato mandato al Tartaro, ma solo imprigionato e adesso doveva essersi liberato. Scosse la testa: nessuno può fuggire dalle carceri segrete degli dèi. Qualcuno doveva averlo liberato, ma chi? Cominciò a fare un elenco di tutti i sospettati, ma tutti parevano avere un alibi: chi perché appena fatto a pezzi, chi per portare il cielo sulle spalle... e allora chi restava? Quasi con un infarto, rammentò un’antica profezia trattante la fine del regno di Zeus.

Apollo si mostrò calmo ed impassibile. Gli pareva la strategia migliore. La creatura avanzò fino a trovarsi dinanzi a lui. Lo scrutò con gli occhi dorati e si voltò aprendo il cofano del carro del sole.
- Ehi! Quella è la mia macchina! - si lamentò il dio. L’altro non lo degnò d’uno sguardo e prese a smanettare con il motore. Febo lo osservò, curioso, lavorare finchè quello non richiuse il cofano e si portò accanto alla portiera con il finestrino abbassato e girò la chiave. L’auto ripartì con un potente rombo. Apollo rimase boccheggiante, perso nella perplessità, mentre la creatura gli si avvicinava grave.
- Che stai facendo? -
- Mi devi aiutare. -
- E c’era bisogno di ripararmi il carro? Cioè, grazie bello, ma a che scopo? Ora potrei anche cercare d’ucciderti. No? -
- No. Non lo farai. - disse secco ed impassibile e Febo lo squadrò spiazzato incitandolo a continuare. - Ti ho rimesso in funzione il carro del sole per renderti più accondiscendente. Tu mi aiuterai. -
- A fare che? -
- A sconfiggere Zeus. -. Apollo rimase fermo a soppesare quelle parole con aria assorta. Zeus era suo padre e, sebbene avessero litigato in un paio d’occasioni, detronizzarlo gli pareva una soluzione quanto mai drastica. Gli stava chiedendo di mettersi contro l’Olimpo intero. I pensieri gli corsero veloci nella mente, poi alzò lo sguardo sul suo interlocutore e...:- Perché hai scelto me? -

Dioniso riprese in mano la pergamena su cui aveva annotato la profezia: aveva rovistato tra vecchi scritti per una mezz’oretta buona, ma finalmente l’aveva trovata. Purtroppo aveva ragione a temere: se davvero il problema fosse stato un titano liberato, allora probabilmente il traditore era più vicino di quanto avesse mai osato immaginare. Lasciò le dita scivolare sulla pergamena ripetendo mentalmente la frase riassuntiva del concetto: la detronizzazione di Zeus avverrà da parte del suo figlio luminoso. Con un filo tremante di voce, Dioniso concluse:- Apollo... -

- Ti ho scelto perché credo di potermi fidare solo di te. Anche perché sei mio fratello. -
- No, io non sono più tuo fratello dal momento in cui ti sei schierato per la causa dei Titani. - Febo pronunciò quelle parole con il petto in fiamme per la rabbia e la tristezza di doverle articolare. L’altro battè lentamente le palpebre ed il dio del sole continuò:- Mi stai chiedendo di detronizzare Zeus, come pretendi che...?! -
- Non te l’ho chiesto. - sospirò:- Voglio solo salvare mio figlio e tu sai cosa hai visto. -
- Io... - Apollo tentennò. Si, lo sapeva. Aveva avuto una visione. Poteva comprendere da cosa fosse scaturito il desiderio dell’altro:- Vuoi così ardentemente salvarlo da metterti contro di noi... tuttavia, non posso dire di non capire. - si fermò a riflettere:- Cosa vuoi che faccia? -
- Spiali. Zeus mi da’ la caccia. Credo cercherà di fare del male a mio figlio per fermarmi. Dissuadilo da questi propositi. Mi basta questo. -
- Capisco. Cercherò di darti tempo, ma non fare assurdità Hermes. Non mi va l’idea ti capiti qualcosa di male. -
- Questa è una promessa che non posso farti, fratello. Sono andato troppo oltre, non posso tornare indietro. - gli occhi brillarono d’oro:- Permetti a Luke di provare a salvare sua sorella e gli altri mezzosangue. C’è anche un tuo figlio tra di loro, no? -
- Si... - strinse i pugni ricordando quello che c’era in palio. - Apollo. -
- Si? -
- Zeus s’avvicina. Devo andare. Ricorda quello che ti chiedo: salva Luke. - gli si spiegarono le ali alle scarpe e, in un istante, era sparito. Febo rimase sotto la pioggia, con le gocce a corrergli lungo il corpo. Probabilmente aveva commesso un errore accettando, ma non aveva saputo resistere al pensiero di vedere suo figlio morto.

Volava rapido sferzando i potenti venti che Eolo gli scagliava contro.
Come aveva fatto a diventare un titano? Questa domanda trovava risposta in un'altra: Cos’è un titano? Insomma, Quali sono le differenze tra dèi e titani?
A parte la genealogia, tralasciando il discorso dell’età dell’oro nei quali non avrebbe sicuramente trovato risposte compatibili con la sua situazione, si chiese cosa fosse cambiato in lui tanto da farlo avvicinare a quel modo di essere fino a diventare uno di loro.
Una violenta folata si scagliò su di lui che si limitò a respingerla ruggendo con forza. Un tuonò rombò il lontananza: Zeus lo aveva trovato. Imprecò mentalmente accelerando per allontanarsi dall’area e cercare un nascondiglio più distante. Cominciava a risentire dello sforzo: non fisico, ma psicologico. Era solo contro tutti con l’attuale signore dell’Olimpo alle calcagna in veste d’aguzzino. Scattò per varie centinaia di kilometri e si gettò in una conca naturale nella roccia di un monte. Doveva essere giunto fin in Italia, probabilmente il Sicilia perché riconosceva dove Polifemo aveva staccato i massi da gettare contro a “Nessuno”. Squadrò i paraggi e si rannicchiò nel fondo della conca.
Luce ed Oscurità. Due facce della stessa medaglia in perenne guerriglia l’una con l’altra. Non distanti, solo troppo vicine. Il limite tra l’una e l’altra è sottile e mal delineato. Un’azione reputata ingiusta potrà forse essere giustificata da una situazione particolare? A suo parere si. Luke non aveva forse rubato svariate volte, nella sua precedente vita, prima di giungere al Campo? Non è forse sbagliato? Eppure lo aveva fatto solo per sopravvivere e far sopravvivere le sue due compagne di disavventura. Allora, si chiedeva, non può forse essere giustificato il rubare? Ma come un serpente che si morde la coda anche il bene può diventare male. Come chi fa buone azioni solo per il consenso altrui finalizzato al potere. Certo, costui farà del bene, ma solo per sé stesso. Quindi, questo è veramente il bene?
Ecco perché ora era un Titano. Aveva varcato quella linea sottile cedendo il passo all’oscurità. Si era messo contro Zeus. Ma non era forse per i suoi figli in difficoltà che lo aveva fatto? Restava di fatto che si era ribellato a suo padre. Per un essere nel cui “DNA divino” c’era così tanto dei Titani, passare dall’una all’altra parte non sembrava così difficile, ed in effetti non lo era. La parte complessa era il non cambiare. Questo Zeus non lo capiva, però. Aveva perso sua figlia da tempo e non accettava l’idea di dare una chance agli altri dèi.
Non cercava lo scontro. Non una battaglia. Voleva solo proteggere Luke e Shilla, ma questo suo desiderio lo aveva cambiato.
Questi pensieri lo presero tanto che solo quando venne sbalzato via con una fitta alla tempia s’accorse che alle sue spalle stava qualcuno. Represse un ringhio di dolore e si mise sulle ginocchia squadrando chi lo aveva colto alle spalle: la giacca di pelle scintillava di rosso, un rosso acceso, e la spada baluginava di potere. Il viso piegato in un ghigno strafottente e gli occhi come braci ardenti, Ares lo sovrastava. Hermes fece per tirarsi in piedi ma ricevette un calcio in petto e si lasciò ricadere a terra senza opporre resistenza. Fece per alzarsi di nuovo, ma il fratello lo costrinse a terra poggiandogli un piede sulla schiena. Ares incrociò le braccia:- E così il moccioso fa i capricci, eh? - soffiò sbruffone:- Papà ti punirà severamente per questo, cane! - lo pestò con violenza strappandogli un gemito leggero. - E tu, Ares? Che ci guadagni a fare questo? -
- Taci stolto! - ringhiò:- Onore. Lealtà. Tutti valori sconosciuti ad un ladro. - ghignò:- Parlare con te della moralità è solo una perdita di tempo. Pensi sempre a che puoi ottenere tu, vero? - sputò a terra:- Vengo criticato perché non ho aiutato Jackson quando sapevamo sarebbe stato lui il prescelto. Ma tu? Tu lo avresti mai aiutato se non avessi saputo che la Principessa Andromeda passava da quelle parti? - gli tirò un calcio costringendolo all’ennesimo gemito:- Avresti mai risparmiato Annabeth, figlia d’Atena, se non avessi saputo che avrebbe risvegliato tuo figlio in Crono? - lo colpì nuovamente mentre quello si lasciava menare senza opporre resistenza. Ares scosse la testa:- No. Non lo avresti mai fatto. Già, cosa ci avresti guadagnato? Nulla, quindi non ti saresti neanche sprecato. - lo accusò:- Ma d’altra parte a te sta bene così. Contento tu, contenti tutti. Ma quando anche i mortali capiranno come sei, allora che farai? -
- Parli come se per me ci fosse ancora speranza. - replicò in tono di sfida ed il dio della guerra si mise a ridere:- Hai ragione! Sei sempre un passo avanti, eh?! - smise di ridere:- Facciamola finita, tanto sei condannato. - e stava sguainando nuovamente la spada quando Hermes si volto urlandogli addosso, gli occhi brillanti d’oro ed Ares venne sbalzato indietro e costretto a tapparsi le orecchie. La bandana si tolse scoprendo i capelli neri del dio guerriero mentre il biondo gli si gettava contro, ma Ares, prontamente, sguainò la spada e nel movimento colpì Hermes alla tempia facendolo crollare di striscio a terra. Immediatamente si gettò sul biondo urlando per imporsi la forza necessaria. Gli piantò un ginocchio tra le scapole e gli afferrò gli avambracci tenendolo fermo. L’altro non s’arrese e, con un violento colpo d’ali riuscì a ribaltarsi sgroppando il dio, che prontamente si rialzò padrone di sé e parò un calcio con la spada. Hermes fece per volare via, ma Ares lanciò la propria arma attaccandolo alla roccia per una spalla. In un istante il biondo sentì la stretta della mano del fratello sul proprio collo. - Mi spiace Hermes arrivare a questo punto, ma non ci hai lasciato scelta. -. Il titano emise un rantolo: la sua attuale forma lo costringeva a respirare e stava soffocando. No, non si era mai illuso di uscire vincitore da quello scontro. Aveva capito di essere perduto nel momento in cui lo stivale di Ares aveva premuto sulla sua spina dorsale. Le tempie sembravano sul punto d’esplodergli ed i polmoni reclamavano ossigeno mentre ogni cellula del suo corpo ardeva di dolore. Avrebbe voluto urlargli contro che si sbagliava, che aveva detto solo menzogne, ma sapeva come stavano le cose: se non avesse avuto un interesse personale non avrebbe mai aiutato Jackson nelle sue avventure. Ares aveva ragione: il dio dei ladri non conosceva il significato dell’aggettivo “morale”, perché per lui, il bene, era solo quello fatto a proprio interesse.
Con questi pensieri per la testa e gli occhi fiammeggianti del fratellastro puntati contro, il titano perse i sensi e si preparò a finire nel Tartaro.

Angolo di Kay & Connor

Kay: Miei dèi?! Da quanto non postavo?! SCUSATE!!! Tutta colpa di Connor che mi ha uccisa!
Connor: Il fantasmino colpisce ancora, buyaaaaah!!!
Kay: Ceeeeerto. Immagino ora questa fic sia un deserto, ma... spero comunque qualche lettore la ritrovi! Uhm... che dire? Un bel casino! Ma credo la trama, ora, vi sia più chiara. O più confusa? ^^
Connor: Mah! A chi vuoi che interessi?
Kay: Cucciaaaa! ù_u
Connor: Ma povero il papy!!! ç_ç
Kay: *patpatta* Coraggio piccolo fantasmino orfano, coraggio.
Connor: Ma non puoi aver ucciso anche lui!!
Kay: Non ho detto sia morto, tecnicamente...
Connor: Tanto sei cattiva... *sigh*
Kay: Awwww... piccolo fantasmino! *abbraccia Connor*
Connor: Mi dai la Nutella?
Kay: Ah, ecco dove volevi arrivare!
Connor: Certo! :)
Kay: *sospira* Credo ce l'abbia Travis...
Connor: *corre a cercare la Nutella*
Kay: Uhm... sono sola... beh... ci vediamo al prossimo aggiornamento!!!
Ciao!!!

Kay & Connor Stoll Conny (ndConnor: Ti ooooodio Kay!)
   
 
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