Il Primo Sangue
[POV
Finnik]
Finnik
aprì gli occhi, stordito dalla luce. Si guardò
intorno e capì di trovarsi in una specie di capsula dalle
bianche pareti lisce,
come il guscio di un uovo… ed effettivamente anche la forma
era quella di un
uovo. La luce veniva da un punto imprecisato sopra la testa, ma i
riflessi
della superficie lo stordivano parecchio.
Provò
a spingere le pareti per liberarsi, ma non ci
riuscì. Sembrava che le pareti fossero state costruite
intorno a lui.
L’ex-tributo
si chiese come avesse fatto a finire lì: era
certo che gli ibridi l’avessero ucciso nell’ultima
incursione al Palazzo di
Panem. Lo avevano sbranato, dilaniandolo come una carcassa, impossibile
che lo
avessero curato. Ci sarebbe voluto un intervento chirurgico velocissimo
e anche
così sarebbe stato un miracolo tenerlo in vita.
‘Sono
morto?’ Si chiese,
dubbioso. Escluse l’ipotesi. Sentiva di essere ancora vivo:
il cuore batteva e
aveva sensazioni ansiose, come se stesse attendendo qualcosa.
Fu
all’improvviso che una voce rimbombò nella sua
mente.
Cercò di individuarne la provenienza, ma non
c’erano altoparlanti,
semplicemente era una voce nella sua testa.
“Benvenuto,
tributo del primo universo.” Annunciò una
gutturale voce solenne, come se stesse parlando qualcuno dai
più profondi
abissi infernali.
“Sei
nell’Arena della Morte. Il Caos desidera premiarti
per i tuoi servigi, concedendoti un’altra
possibilità. In vita o con la tua
morte tu hai provocato molto disordine, alimentando i suoi poteri. Ora
egli ti
premia. Combatterai in un’arena per la tua vita.”
Un
altro Hunger Games ai servizi di una folle divinità
che voleva dargli un presunto premio per divertirla come un giullare
alla corte
di un Re? Non era nei suoi piani.
“Per
vincere dovrai sopravvivere ad un lungo percorso.
Dovrai affrontare prove difficili e arrivare da solo alla fine.
Potresti non
essere l’unico a sopravvivere, ma ricorda: molti di quelli
chiamati sono pronti
a pugnalarti alle spalle. Sicuro di poter correre il rischio?”
“Fottiti!
Io non sarò il giullare di nessuno! Non
più!”
Sbottò Finnik furibondo. Ne aveva abbastanza di uccidere
mentre altri lo
vedevano da uno schermo. Lui non era un giocattolo.
La
voce, però, non si scompose e, anzi, assunse un tono
molto calmo, quasi mortale: “Nemmeno se il premio della
vittoria… fosse la
vita?”
“Cosa!?”
Il tributo sussultò, come se gli avessero dato
un pugno. “D-davvero?”
“Sì…
tuo figlio… tua moglie… torneresti da loro in un
epoca posteriore alla guerra. Il tuo mondo vivrebbe in pace e tu
potresti
vivere tutta la tua vita con la tua famiglia. Crescere tuo figlio,
vivere
accanto a tua moglie… ma solo se vincerai
quest’arena.”
Finnik
non era certo di poter reggere. L’ipotesi di poter
tornare alla sua vita, dalla sua amata moglie, era troppo allettante.
Annuì:
“Dimmi cosa devo fare.”
“Perfetto.”
Fu il compiaciuto commento della voce. “Come
ogni tributo, sei vicino alla Cornucopia. Più ti avvicini al
centro, più i
premi saranno allettanti. Ovviamente, però, il numero di
avversari aumenterà più
ti avvicini. A te la scelta della strategia da adottare. Una volta
finito,
prendi una direzione qualunque, mi assicurerò che tu prenda
la strada giusta
nel labirinto.”
L’ex-tributo
sbuffò, a metà tra l’annoiato e il
furioso.
Era proprio come partecipare agli Hunger Games, stesse regole, a parte
il
percorso da seguire. Conosceva le proprie capacità e i
propri limiti. Non si
sarebbe spinto oltre il limite.
Avrebbe
vinto, per poter tornare dai suoi cari.
[POV
Bianca]
Bianca
vide le pareti della capsula aprirsi per rivelare
una pianura circondata da alberi. Guardandosi intorno vide che
c’erano molti
altri partecipanti a quella specie di macabro gioco al massacro. Non le
piaceva
uccidere le persone, sperò davvero che le bastasse correre
lontano dalla
mischia sfruttando la sua naturale velocità, ma non si
faceva illusioni.
Vide
in quella massa di persone un gran numero di persone
diverse. Alcune erano poco più che ragazzi, proprio come
lei, altri erano
vecchi, veterani, con cicatrici erughe, ma ancora forti.
C’erano persino una
ragazzina poco più piccola di lei e uno strano essere che
ricordava un rettile
bipede con due occhi neri grossi la metà della faccia con
una strana tuta
addosso. Ricordava vagamente uno di quegli alieni dei raduni
fantascientifici:
i grigi.
‘Spero
davvero di vincere… Nico…’
Una fitta di tristezza le trafisse il
cuore. Si era unita alle cacciatrici di Artemide per prendere la sua
strada,
sperando che anche suo fratello lo facesse. Ma era terribilmente
pentita.
Avrebbe voluto così tanto rivederlo. Lui e i suoi amici al
campo: Annabeth,
Percy, Zoe, Grover e Talia.
Puntò
i suoi occhi su un arco e uno zaino poco lontano,
nemmeno così vicino al centro. Se fosse riuscito ad
afferrarlo al volo si
sarebbe dileguata nella foresta prima che la prendessero in
considerazione.
Forse, il fatto di essere una delle più giovani
l’avrebbe risparmiata dalle
attenzioni dei veterani, che si sarebbero combattuti a vicenda.
Sperò
davvero che fosse così, mentre il countdown nella
sua mente arrivava a cinque…
Quattro…
Tre…
Due…
Uno…
E
partì, insieme a tutti gli altri.
[POV
Brom]
Brom
corse con tutta la forza che aveva in corpo mentre
si concentrava, espandendo la mente per poter leggere le intenzioni
degli
altri. Anche il più giovane di quelli era un guerriero
abilissimo e ognuno
aveva conoscenze, armi e abilità diverse.
Percepì
anche la familiare mente della regina degli elfi
Islanzadi, ma non ebbe tempo di capire cosa ci facesse lì,
il suo unico
obbiettivo era suo figlio Eragon.
Decise
di tentare un approccio non troppo deciso, si
spinse all’interno del cerchio di provviste più
importanti e dribblò un uomo
imponente che stava combattendo con una donna dai capelli neri.
Indossava un
abito viola che arrivava alle ginocchia e una sciarpa rossa e, anche
senza armi
riusciva a resistere all’enorme guerriero con la treccia, che
si era fatto
strada fino al centro e impugnava un enorme spadone.
Il
vecchio cavaliere evitò anche un raggio verdognolo che
rischiò di colpirlo di poco, mentre una ragazzina di dodici
anni strisciava via
tra le gambe degli avversari, con uno zaino in spalla. Davanti a lui si
parò,
però, una donna dai capelli biondi e gli occhi di ghiaccio
con una spada in
mano che mulinò contro di lui.
Brom
fu rapido e scartò di lato, nonostante fosse
disarmato e rotolò via. La sua avversaria
incalzò, ma lui continuò ad evitarla,
mentre lei urlava: “Sciocco! Io tornerò in vita,
sono la Regina di Narnia e
riuscirò a tornare in vita per vendicarmi di quegli sciocchi
ragazzini!”
‘Ci
mancava solo la pazza…’
Pensò il cavaliere, abbassandosi sotto
l’ennesimo fendente. Alla fine riuscì ad espandere
la mente verso la donna e ne
abbatté le difese mentali. Lei non si era aspettata quella
mossa e lui ebbe la
possibilità di paralizzarla per poi pronunciare una delle
dodici parole di
morte, uccidendola sul colpo.
Non
perse altro tempo: afferrò la spada, uno zaino, una
corda e corse via buttando un’occhiata a chi era morto: un
uomo a torso nudo
dal corpo muscoloso pieno di cicatrici giaceva a terra, ucciso dal
gigante che
poco prima combatteva contro la donna, anche lei morta poco distante.
Poco
più in là un ragazzo in un armatura con
decorazioni
verdi con una lancia in mano era a terra, trafitto alle spalle, forse
mentre
cercava di scappare. Superò il cadavere di una giovane donna
dai capelli neri
disarmata, ma con un tonico corpo da lottatrice. Appena
arrivò nei pressi della
foresta un altro corpo era a terra.
Brom
notò che, a parte il gigantesco guerriero che stava
perdendo tempo a prendere un arma ancor più grossa, essendo
l’unico
sopravvissuto, tutti gli altri se l’erano data a gambe,
così decise di
esaminarlo. Era certo che qualcuno fosse nascosto nella foresta, in
attesa che
l’enorme combattente se ne andasse, ma comunque, era rimasto
poco. Più che
combattere, la maggior parte di loro si era concentrata nel prendere e
scappare. Alcuni avevano tentato, ma nessuno aveva preso più
del dovuto.
Era
il corpo di una donna piuttosto avanti con gli anni,
i capelli rossi e il corpo magro. Indossava un elegante abito da
nobildonna, ma
non eccessivamente ricco. Sul suo corpo non c’erano tracce di
ferite.
La
curiosità lo spinse a sapere chi fosse ed espanse la
mente verso ciò che rimaneva della coscienza della povera
donna.
Catlyn
non voleva combattere, ne aveva abbastanza di sangue. Aveva visto
morire tutti
i suoi figli. Non le importava chi le dicesse cosa, nemmeno il
desiderio di
vendetta l’avrebbe guarita da quel dolore. Così si
era seduta al limitare della
mischia, in attesa che qualcuno ponesse fine alla sua vita.
Poi
la vide: una ragazzina di dodici anni, veloce e scattante che correva
tra i
combattenti. Le ricordava in modo incredibile la sua più
giovane figlia: Arya.
Poco
lontano una donna dai capelli neri mossi e lo sguardo folle
puntò la piccola e
Catlyn capì che l’avrebbe uccisa.
Si
alzò e corse da quella parte: non avrebbe permesso la morte
di una bambina.
Anche se quel mostruoso gioco lo richiedeva.
La
maledizione partì e la donna cadde a terra, uccisa sul
colpo.
Brom
tornò nel suo corpo, osservando impietosito quella
donna così umana da non aver abbandonato nemmeno
lì, la propria umanità. Aveva
perso tutto, ma il suo istinto di madre le aveva dato l’unica
morte onorevole
che una persona potesse desiderare.
“Stydia
unin mor’ranr, Catlyn Elda.*” Sussurrò
il vecchio
cavaliere chiudendole gli occhi, in un ultimo segno di rispetto. Prima
di sparire
tra le fronde degli alberi.
Giorno
1
Caduti:
Lavitz (The legend of Dragoon), Catlyn (Il Trono
di Spade), Carla (Resident Evil), Jun, Kazuya (Tekken) Strega bianca
(Cronache
di Narnia).
*
“Riposa in pace, Catlyn, donna di grande rispetto.”
In elfico
(Eragon)
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[Note
dell’Autore]
So
che siete pochi a seguire, ma spero che il
primo sangue non sia stato troppo ovvio. Ho cercato di evitare troppi
morti in
questa prima fase per non diminuire la longevità della
storia, tuttavia sei di
loro sono già morti. Ora sappiamo chi vuole cosa, ma forse
ci saranno maggiori
possibilità per tutti.
Non
dimenticate di lasciarmi detto cosa ne
pensate.
AxXx