06/02/2014
1 recensioni❷
10.30
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La lancetta dei secondi si spostò di due tacche.
Una goccia di sudore mi scese lungo la fronte.
La lancetta balzò avanti di altre tre tacche.
La goccia di sudore mi bagnò la punta del naso.
La lancetta si spostò ancora.
La goccia si staccò dalla mia narice.
Driiiiinn!!
Mi alzai di scatto, mentre la goccia precipitava sul quaderno adagiato sul banco. Percorsi rapidamente l'aula affollata, e spinsi la porta che dava nel corridoio.
La lancetta continuava a spostarsi.
A passo svelto, oltrepassai la grande sala d'ingresso, l'aula magna e l'aula professori, ed entrai lì dove volevo. Avevano appena sfornato i cornetti alla crema, e una deliziosa fragranza si diffondeva per il locale stretto e allungato, facendo sospirare qualsiasi cliente in attesa.
Oltrepassai un paio di tipi alti quanto due grattacieli, aggirai due ragazze che mi arrivavano alla spalla ed evitai un tizio con in bocca un panino gigante imbottito di salse e robe varie.
Resistendo tenacemente all'impulso di non espellere la mia colazione mattutina, giunsi in fondo al bar, e il mio campo visivo fu occupato da una parete ricoperta di intrecci floreali verde scuro. Puntai gli occhi sull'orologio appeso a due metri dal mio naso: mancavano dieci secondi.
Nove. Otto. Sette. Sei.
Mi voltai, mentre la lancetta si spostava sul cinque. Ancora niente. Ritornai a fissare il quadrante.
Quattro. Tre. Due. Uno ...
Le dieci e mezza.
- Hey - disse una voce.
Mi girai con un sorrisetto gioioso stampato sul volto: ancora una volta, la voce era stata puntuale.
- Ciao.
La fissai negli occhi, e il mio sguardo si perse, come al solito.
- Prendi ... prendi qualcosa? - balbettai.
- N-no ... - rispose lei, abbassando lo sguardo.
Scrutai l'orologio con la coda dell'occhio. La lancetta correva.
- Quindi ...
- Sì?
- Interrogata?- farfugliai.
- No, no - rispose lei, sorridendo.
Arrossii.
- E' dura - aggiunse, compiendo uno sforzo notevole.
- Già ... - sospirai, distogliendo lo sguardo dal suo viso per un decimo di secondo.
Scrutai la lancetta. Mancava poco.
- Io ... - dissi, senza riuscire a concludere la frase, come al solito.
Lei mi rivolse un'espressione interrogativa.
- Io ...
- Sì?
- ... volevo ... dirti ...
La mia spina dorsale fu scossa da un violento tremito. Sentivo i palmi delle mani sudati, e la lingua diventava più pesante ogni secondo che passava.
- ... che ... be' ...
Le guance di lei avvamparono.
- Sì ... - sussurrò.
Driiiiinn!!
La campanella mi riportò sulla Terra.
- Ci ... vediamo - mi disse lei, timidamente.
- V-va bene ...
- Stessa ora?
- Stessa ora.
La guardai mentre si allontanava, spinta dalla moltitudine di alunni che ritornavano nelle classi.
Ancora una volta, non ero riuscito a concludere alcunché: la timidezza aveva preso il sopravvento, come il giorno precedente, e quello prima ancora.
Ma fa' niente, voleva dire che ci avrei riprovato il giorno dopo, sempre al solito orario, sempre al solito posto. Come dalla prima volta che l'avevo incontrata, alle dieci e mezza sarei stato lì, in fondo al bar, ad aspettarla.
Sapevo che si sarebbe ripresentata.
E sapevo che, tanto, non sarei mai riuscito a dirle che l'amavo.
Come al solito.