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Autore: AxXx    13/02/2014    6 recensioni
Salve, popolo di EFP e amanti della Percabeth in particolare. Questa storia parla di un mondo senza genitori divini, Dei o mostri vari a cui dare peso.
Annabeth è una ragazza ricca che desidera diventare architetto, ma un giorno la sua vita cambia radicalmente e lei si ritrova isolata dal mondo, senza memoria e senza nulla che glielo faccia ricordare. Solo una persona la aiuta: un ragazzo di nome Percy Jackson.
Il passato, però, torna sempre a tormentarci e lei lo scoprirà nel modo peggiore.
[Percabeth]
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Luke Castellan, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                 INCUBO

 

 

 

 

 

 Tutte le notti quel raccapricciante, macabro incubo turbava la quiete del mio sonno.

Sotto le mie palpebre chiuse iniziavano a delinearsi ombre, immagini, oggetti, urla, colori, figure che non riuscivo a decifrare.
Parole frammentarie, come codificate, erano un sussurro sconnesso che mi rimbombava nelle orecchie, urla e pianti. Un odore acre, forte e pungente solleticava le mie narici, soffocandomi, mentre nell’ombra si delineava una figura massiccia.

Riuscivo a sentire il peso sul mio corpo, la morsa che mi gettava nel panico e nel terrore, il suo tocco. Lo rividi, imponente e crudele, folle di rabbia e crudeltà. Le sue mani accarezzavano lascive la mia pelle, stringendomi avidamente, viscido, come una serpe. Le ferite tornavano ad aprirsi, a dolere e a distruggermi.

La sua voce era un sussurro che bisbigliava crudeli sussurri, minacciandomi. Mi voleva, mi desiderava, ma non c’era nessun sentimento, nel suo duro abbraccio di pietra. Solo la crudeltà nel dell’avermi per puro sfizio, distruggendo la mia volontà, sfruttandomi come un oggetto.

Le sue mani, indugiavano su di me, accarezzandomi lascive, fredde, come il metallo, ferendomi e violandomi. Cercavo di divincolarmi, fuggire da quel contatto disgustoso, ma i suoi occhi di ghiaccio erano fissi su di me, inchiodandomi a terra.

Iniziai ad urlare e pregare che qualcuno mi aiutasse.

“ANNABETH!!!”

Spalancai gli occhi. Percy era seduto sul bordo del divano letto, con lo sguardo colmo di preoccupazione. Una mano era appoggiata al bracciolo, ma l’altra mi accarezzava dolcemente la spalla. Indossava pantaloni e maglietta del pigiama.

“P-Percy…” sussurrai, respirando affannosamente per l’incubo appena avuto. So che potrebbe sembrare folle, ma avevo la sensazione che il mostro che avevo sognato fosse reale.

“Stavi urlando nel sonno… sembravi impazzita, che succede?” Domandò, fisso su di me.

La sua voce era calma e gentile. Era bello e il suo corpo era accogliente, troppo perché potessi resistere alla tentazione. Mi avvicinai a lui e mi avvinghia, abbracciandolo forte, ma senza fargli male. Lo sentii irrigidirsi per un attimo, ma poi mi strinse a se, cullandomi in una stretta dolce e rasserenante. Sentii il groppo che avevo alla gola sciogliersi e non riuscii a trattenere le lacrime.

“Ehi… va tutto bene… cos’hai sognato?” Chiese premuroso, asciugandomi le gocce salate che mi puntellavano il viso senza staccarsi.

Il mio cuore iniziò a rallentare e io presi qualche minuto per godere di quel contatto così intimo. Ero felice che mi fosse accanto, in quel momento, perché non ero sicura che sarei riuscita a resistere ad un altro incubo.

Lui non ebbe fretta e non si staccò da me, dandomi il tempo di riprendermi. Quando mi sentii pronta gli raccontai tutto. Non riuscivo a trattenere le parole e dissi tutto nei minimi dettagli: il terrore che mi attanagliava, la sensazione soffocante di essere in trappola e i miei timori che il ragazzo con la cicatrice (Così lo chiamai, perché non avevo nomi da associare a lui) fosse reale e che mi stesse cercando.

Lui rimase in silenzio, ascoltandomi. Non disse nulla, ma il suo sguardo indugiò su di me. Non mi stava guardando come una pazza, ma con una strana luce negli occhi, come se avesse percepito qualcosa che, però, faticava ad capirla.

Alla fine sospirò e mi parò dolcemente: “Non so cosa sia successo, Annie… ma credimi, nessuno che conosco ha queste caratteristiche… forse è un ricordo di un tuo momento passato. Sai calma, qui nessuno ti farà del male.”

“Sì… d’accordo.” Sussurrai, riprendendo il controllo. Non mi preoccupava il fatto che lui mi potesse considerare una bambina, mi premeva solo che quell’incubo mi lasciasse in pace. “Solo che ho paura… ogni notte sempre la stessa storia. Ormai ho paura di chiudere gli occhi.”

Fu allora che lui fece qualcosa che mi colse assolutamente alla sprovvista: si sporse verso di me e mi dette un bacio sulla guancia. Non era nulla di particolare, ma il contatto delle sue labbra sulla mia pelle, fece saltare un battito al mio cuore e mi rilassai subito.

“Vuoi che rimanga con te?” 

Il mio cuore perse un battito. Incapace a parlare, potei soltanto annuire.
Percy si sistemò accanto a me, sdraiandosi in modo che non occupasse troppo spazio. Una fortuna che il divano fosse abbastanza largo. Io, però, non riuscivo a stargli lontana. Mi accoccolai a lui, stringendolo, ascoltando il dolce battito del suo cuore.

Lui mi cinse con le sue forti braccia, in un abbraccio protettivo, come se volesse difendermi dai brutti sogni che mi perseguitavano. Ero così vicina che quasi ogni parte dei nostri corpi era a contatto. Lui era caldo e solido: una roccia a cui aggrapparmi, per non essere trascinata via dalla tempesta nera che mi vorticava intorno.

Il battito del suo cuore, ebbe lo stesso effetto di un sonnifero, una ninnananna rilassante che mi fece abbassare le palpebre, ma io non volli arrendermi. Volevo godermi quel calore, la sensazione di vicinanza e affetto che quell’abbraccio mi trasmetteva.
Nonostante i miei sforzi, la resistenza venne meno e morfeo mi richiamò nel suo mondo, questa volta, calmo e senza incubi.

 

 

 

La mattina arrivò in un attimo, solleticandomi gli occhi con la sua luce dorata. Sentivo nitidamente le braccia di Percy che mi tenevano dolcemente legata a lui, e io mi lasciai cullare da quella sensazione, ammirando i perfetti lineamenti del suo viso e i riflessi scuri che gli illuminavano i capelli come una piccola aureola.

Non volevo staccarmi: era troppo bella quella situazione. Lui dormiva beato, accanto a me, il suo calore mi teneva calda e lui era comodo. Mi sentivo lo stomaco pieno di farfalle che solleticavano le pareti, come se fossero ad un concerto rock.

Quando si svegliò, i suoi luminosi occhi verdi indugiarono su di me e mi dette un dolce bacio sulla fronte.

“Buongiorno… altri incubi?” Chiese, sorridendo.

Scossi la testa, sentendomi dannatamente leggera e desiderosa che lui rimanesse vicino a me.

“Non questa notte… grazie a te.” Sussurrai, accoccolandomi a lui. Perché doveva comportarsi da idiota, certe volte? Quando era gentile era fantastico, un sogno. Avrei voluto che lo fosse sempre, come in quel momento.

Per alcuni minuti rimanemmo abbracciati, ma dopo un attimo lui si staccò.

“Per quanto mi piacerebbe rimanere… dovremmo alzarci, ti lascio il bagno libero per prima, così mi posso fare una doccia.” Propose, allontanandosi un attimo.

“Hai ragione… vado.” Nonostante il desiderio del mio corpo di rimanere accanto a lui, decisi di impormi un contegno e mi alzai. Una fortuna che indossassi un pigiama che Rachel mi aveva prestato.

 

 

 

Era passata una settimana da quando mi ero risvegliata lì, senza memoria, mezza nuda, in quella casa di uno sconosciuto che ormai lo consideravo ben più di un amico. Era gentile e disponibile. Inoltre sapeva come tirarmi su quando ero giù. Ogni tanto continuava a dimenticarsi della mia presenza, finendo per farmi fare figure imbarazzanti e diventava irritabile, ma mi stavo abituando a vivere insieme a lui.

In quel periodo mi ero vista spesso con Rachel, Nico e Talia. La rossa mi portava sempre a visitare qualche centro commerciale, o andammo insieme al cinema a vedere un film. Spesso ci vedevamo con Grover, coinvolgendomi nelle loro raccolte di firme il che mi teneva la mente impegnata. Era una ragazza molto simpatica ed energica. Mi aveva regalato persino dei suoi vestiti usati per potermi cambiare.

Nico lo vedevo relativamente poco, ma un paio di volte mi invitò a cena a casa sua, consigliandomi qualche film (Anche se dubitavo dei suoi gusti cinematografici).

Talia mi invitò spesso a casa sua che era praticamente una di quelle perfette case da casa americana con salotto, cucina, cantina camere per tutti e bagno spazioso. Praticamente il contrario della casa di Percy. Lei mi invitò in camera sua e con il suo portatile contattava i suoi amici di facebook e controllava altri siti di persone scomparse per scoprire qualcosa su di me. Nonostante non avesse trovato nulla, continuava ad avere fiducia e a rassicurarmi. Conobbi anche la band in cui suonava, formata dai fratelli Stoll (facevano il basso e la batteria) e Nico che suonava la pianola. Ebbi anche una veloce visita di suo fratello Jason e non avrei mai pensato che fossero imparentati.

Lui sembrava il tipico principe azzurro: alto, con il viso leggermente squadrato,  dai capelli biondi e gli occhi azzurri elettrici del padre. Aveva il fisico allenato e un aria da giovane militare. Talia mi disse che, al contrario di lei, lui era il cocco del papà, dato che aveva iniziato a frequentare la scuola di polizia. Aveva anche una ragazza: Piper Mclean, figlia di un attore parecchio famoso. In pratica era la tipica coppia felice delle favole: lui il principe e lei la nobile principessa.

“Sono diabeticamente mielosi, quei due… mentre invece Jason è un rompiscatole, quando lei non c’è.” Borbottò una volta, mentre li vedevamo uscire, mano nella mano.

Non avevo risposto, troppo impegnata ad immaginare me stessa e Percy nella medesima situazione. Ormai ero certa di essermi presa una cotta colossale per lui, ma non capivo se lui ricambiava. Inoltre avevo il terribile timore di avere già un ragazzo e, però, me l’ero dimenticato come tutto il mio passato. Motivo per cui non volevo dire nulla.

 

Quel giorno era domenica ed era il giorno libero di Percy. Conoscendo le sue abitudini, mi sciacquai in fretta la faccia e mi lavai mani e denti (Tutte cose che Talia e Rachel mi avevano passato, nonostante protestassi, certe volte). Dopodiché lasciai il bagno libero per il ragazzo.
Sentii l’acqua scorrere, mentre lui si lavava. Io mi vestii e mi misi a rifare il divano letto, ripiegandolo e sedendo mici sopra, facendo il punto della situazione. Ricordare quello che avevo fatto il giorno prima mi aiutava ad assicurarmi di non aver dimenticato nulla.
All’improvviso, qualcuno suonò al campanello facendomi sobbalzare.

Scesi di sotto, all’ingresso ed aprii la porta.

Mi ritrovai davanti il tipo più strano che avessi mai visto: era magrissimo e alto poco più di me. I capelli ricci neri come il carbone gli ricadevano in ciocche disordinate sul viso e gli occhi scuri brillavano stupiti. Aveva l’aria da ‘elfo di babbo natale’. Appena mi vide spalancò la bocca, ma subito, la sua espressione, si tramutò in un sorriso malizioso.

“Ehi… pensavo di aver bussato alla porta di Percy Jackson, ma tu sei uno spettacolo molto migliore.”

Eccone un altro, di pervertiti, e questo si credeva pure spiritoso.

“Questa è casa di Percy… io sono un amica, mi chiamo Annabeth, tu chi sei? Come mai lo cerchi?” Chiesi, cercando di ignorare il suo tono allusivo che mi stava mettendo in imbarazzo.

“Oh… un amica? Certo… va bene, fammi entrare, tanto gli devo parlare… e poi non gli è mai dispiaciuto avermi intorno.” Assicurò lui, sempre più allusivo.

Non avevate idea del rossore che mi colorava. Quel tipo sembrava fatto a posta per fare il buffone, mi stuzzicava con il solo sguardo. Lo lasciai entrare a malavoglia e lui si accomodò sul futon, seguendomi con lo sguardo.

“Sono solo un’amica… amica e basta.” Sbottai, sistemandomi, a mia volta, sul divano appena rifatto.

“Oh… quindi sei libera? Che ne dici di vederci sta’ sera nel ristorante sull’ottava? Fanno una pizza deliziosa.” Ridacchiò lui, con gli occhi brillanti, alzando un paio di volte le sopracciglia (Uno strano modo di abbordarmi).

“No grazie.” Borbottai, cercando di ignorarlo.

In quel momento la porta del bagno si andò e il mio cervello andò in tilt. Percy era completamente nudo, fatta eccezione che per un asciugamani che lo copriva fin poco sopra le ginocchia. Lo teneva fissato in vita. La vista della sua pelle lucida, bagnata e brillante per la luce che si rifletteva sulle gocce d’acqua fece esplodere il mio cervello.

“Leo! Che ci fai qui!?” Chiese, ignorandomi. Il che mi permise di ricompormi prima che mi vedesse sbavare.

“Amico! So che te la passi bene!” Esclamò l’altro, ridendo. Sembrava che non gli importasse nulla dello sguardo furibondo che Percy gli stava lanciando.

“Abbastanza… tutto a posto.” Fu la laconica risposta.

“Rachel mi ha anche detto che hai salvato una turista demente.” Aggiunse, sempre con quel suo tono allusivo.

Percy arrossì di vergogna, io per la rabbia. Come si permetteva quella specie di folletto a chiamarmi demente!?

“La turista demente sarei io.” Ringhiai, sporgendomi verso di lui, mostrando quella che sperai essere un espressione minacciosa.

Eppure o lui era un bravissimo attore, o non mi era riuscita tanto bene perché lui ammiccò verso di me e tornò a concentrarsi su Percy: “Però, amico… che culo.”

Sospirammo entrambi, sconsolati. Decidemmo di far buon viso a cattivo gioco: io distolsi lo sguardo e Percy tornò in bagno per potersi vestire.

“Cosa vuoi?”

“TI ricordi che giorno è oggi, vero?”

“Domenica.”

Leo sbuffò per lo scambio di battute monosillabi che l’altro gli aveva rivolto: “Non dire stupidaggini! Oggi è iniziano le iscrizioni e le qualificazioni per il torneo del Pugno Dorato*! Potremmo partecipare! Tu con il tuo karate ed io con il mio Krav Maga**. Potremmo vincere!”

“Lo sai che ho chiuso con quella roba… smettila di assillarmi!” Sbottò Percy scuotendo il capo. A quanto pare era qualcosa che lo metteva in imbarazzo.

“Scusate… che cos’è questo torneo? E cosa dovrebbe essere il Krav Maga?” Chiesi, curiosa. Non avevo mai sentito quelle parole.

“Oh… il Pugno Dorato è una sorta di… Torneo di lotta on-line, parzialmente legale, a cui io partecipo spesso. Il Krav Maga è uno dei tre stili di combattimento che Percy conosce, ance se è specializzato nel Karate. Il Krav Maga è una disciplina particolare che pratico anche io… e si basa sulla difesa personale contro possibili aggressori.” Spiegò Leo, con un sorrisetto astuto.

“Sì, ma io non intendo partecipare… ho sempre da fare con la palestra… e forse potrei trovare un altro lavoro, tra un paio di settimane.” Continuò l’altro, tornando completamente vestito dal bagno.

Invece io ero dannatamente curiosa: “Davvero? Non ne ho mai sentito parlare.. sembra interessante.”

Leo sembrò divertito e mi si avvicinò accostandosi a me come se mi volesse confidare un segreto (Ero convinto di aver visto lanciargli un occhiata di fuoco, mentre lo faceva): “Se non hai paura di essere arrestata, te lo posso mostrare.”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

*Campionato fittizio, da me creato per questa storia,in quanto non seguirebbe le regole di un vero torneo. Rimarrà sullo sfondo, anche se mi serve per mettere un paio di situazioni.

*Arte marziale praticata, inizialmente, in Israele, poi diffusasi come arte marziale di autodifesa che si basa su un uso offensivo di varie mosse di altre arti marziali. È considerato uno sport ufficiale, ma è poco praticato.   

 

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[Angolo dell’autore]

Salve gente, ma quanto sono veloce, incredibilmente, ad aggiornare? Tantissimo! Questo è niente, in confronto alle mie altre storie che dovrei aggiornare, ma non aggiorno mai :P

Invece su questa, ci sto prendendo gusto :3

E questo capitolo inizia a farsi interessante, perché quei due sono dolciosissimi. (Spero, almeno, di esserci riuscito a farli così :P )

Quindi recensite presto questo nuovo capitolo, anche altri che non l’hanno fatto!

AxXx

  
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