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Autore: TheHellraiser    17/02/2014    2 recensioni
Fra tutti i sicari del mondo ce n'erano sette che risiedevano a New York e avevano formato una specie di gruppo. Facevano semplicemente il loro lavoro: tu chiamavi uno di loro, e loro uccidevano la tua vittima. Un lavoro pulito, spettacolare e completamente anonimo. E' impossibile risalire al mandante o anche avere una minima prova. L'unica differenza fra gli omicidi era che venivano compiuti con sette tipi diversi di arma, quindi la teoria dei sette killer iniziava a prendere forma. Ormai, la leggenda non era più tale. Se vai in un qualsiasi bar, tutti sapranno che puoi avere uno di loro per la modica cifra di tremila dollari a persona più varie ed eventuali. I sette killer si sono dati dei nomi d'arte, e hanno scelto quelli dei sette vizi capitali: Envy, Sloth, Lust, Greed, Pride, Gluttony ed infine il loro capo, Wrath.
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La storia è ambientata a New York e parla di una "leggenda metropolitana" su sette assassini con i nomi dei peccati capitali. Spero vi piaccia. :D
Genere: Horror, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The HitMen'
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Julia decise che per lei e Dylan era ormai troppo pericoloso tornare nel loro appartamento, quindi tutti decisero di comune accordo di starsene alla villa di Envy, avrebbe offerto maggior protezione in caso qualcuno volesse cercare di ucciderli.. Non appena arrivarono, Julia si precipitò a fare una doccia, Tony decise di distrarsi facendo un bagno in piscina, Matt se ne andò giù nel bunker a mettere in ordine le armi e ad affliggere le foto dei nuovi obiettivi sui muri.
-Tutti che lavorano? Mi sento quasi in colpa a starmene qui a cazzeggiare- disse Alex, più a sé stesso che altro, aspettando il suo turno per fare la doccia. Ci aveva provato ad andarci con Julia, ma era stato brutalmente scacciato e aveva capito che era meglio non insistere. L'umore della squadra sembrava improvvisamente crollato, e in fondo non c'era nulla di cui stupirsi. Prima che potesse lasciarsi cadere sul divano, il campanello suonò.
-E chi cazzo è ora!?- disse, seccato, lasciando perdere il divano. Aprì la porta principale con l’aria di uno che avrebbe di molto meglio da fare.
-Servizio consegne Volkov- disse una voce molto simile a quella di Alex, sconosciuta a Dylan. Il giovane rimase a guardare Alexei, incuriosito dal nuovo visitatore. Alexei scoppiò a ridere.
-Ivan, non sembrerai mai un fattorino del cazzo. È inutile- sogghignò. Che fosse quell'Ivan di cui parlava Gluttony?
-Mah, se mi davi ancora un paio di dollari magari passavo a ritirarti la roba in tintoria – sghignazzò Ivan, entrando.
-Allora, che ci fai qui? Sei venuto giù dalla Russia solo per fracassare i coglioni o hai qualcosa di serio da dirmi?- chiese Alex, con voce divertita. Dylan rimase immobile a fissare il ragazzo appena entrato. Doveva avere uno o due anni meno di Alexei, e si assomigliavano molto. La differenza più evidente era che Ivan era piuttosto gracile, a differenza di Alex che era così possente da fare invidia ad un gorilla.
-Non resterò molto, ho un sacco di consegne da fare. Ho portato quello che mi hai chiesto, più un piccolo omaggio personale, un fucile di precisione. È tutto in garage. Ti ho portato dieci casse di Vodka stavolta, ok? Vedete di non finirle in una settimana, fratellone- ghignò Ivan. Dylan rimase esterrefatto, senza intervenire nella discussione. Fratellone? Se doveva essere sincero, si aspettava che Alexei fosse uno di quei soliti killer dalla famiglia sterminata o qualcosa del genere. Che anche quel fantomatico "Jake" fosse parente di uno dei killers? Questo spiegherebbe la preoccupazione di Tony e Alexei.
-Cioè, ti ho chiamato meno di otto ore fa e tu sei già qui?- disse Alex, stupito.
-Sì, ero già da queste parti. Sergei si chiede quando tornerai in Russia- rise, parlando di qualcuno che Dylan non conosceva. Ivan si accorse solo in quel momento della presenza del ragazzo e si avvicinò, studiandolo con lo sguardo.
-Oh. Chi è questo молокосос? [NdA: molokosos Lett. pivello, in russo]- disse, incuriosito.
-E’ un ragazzino della DRO che era compagno di stanza di Julia. Lo usiamo come spia- rispose Alex, usando un tono di esplicito odio sulle parole "compagno di stanza di Julia".
-Ah ah. Piacere, io sono Ivan Volkov, fratello minore del qui presente Alexei- rise. Sembrava molto meno stronzo di Alexei.
-Io sono... sono Dylan Stokes. È... un piacere conoscerti- disse Dylan timidamente. Ivan rise nuovamente, dopodichè guardò l’orologio.
-Merda, sono in ritardo. Devo andare! Ciao, Alex! Quasi dimenticavo, occhio a quegli stronzi dell'ex KGB, mi hanno dato dei problemi - disse Ivan, prima di uscire precipitosamente. Alexei sorrise fra sé.
-Ex KGB?- chiese Dylan. Gli risultava che il KGB non esistesse più da un pezzo. C'erano cose che non sapeva? Certo che c'era davvero un sacco di gente che voleva uccidere Julia e compagnia.
-Sì, mio padre ne faceva parte e abbiamo avuto problemi con i suoi ex colleghi- brontolò Alex, infastidito. Grossi problemi, o almeno questo era quello che diceva la sua espressione. Proprio in quel momento Julia uscì dal bagno. Aveva dei nuovi vestiti, e i capelli bagnati erano legati sopra la testa. Nel vederla uscire, Tony si appoggiò al bordo della piscina e con un gesto atletico ne uscì. Prese l’asciugamano che aveva appoggiato in parte e se lo mise sulle spalle. Dylan deglutì, vedendo l’esorbitante quantità di cicatrici che solcavano il petto muscoloso di Tony.
Ma qui sono tutti dei palestrati? pensò. Fra Gandle, Alex e Tony, quasi non sapeva dire chi avesse la maggior quantità di muscoli.
-Ah beh. Appena uscito dalla piscina. Ragazzo figo bagnato è arrapante- commentò Julia con una risata.
-Awrrr- disse Tony, imitando con la mano il gesto di un gatto che graffia – Che, mi devo anche mettere le orecchie da coniglietto playboy, ora?
-Non sarebbe una pessima idea- rise Julia, lanciandogli uno sguardo complice.
-Ehi, stasera è mia, tieni giù le zampe- ringhiò Alex, geloso. Tony sogghignò, l'idea non sembrava dispiacergli, in fondo Alexei doveva pur avere un qualche diritto in più, essendo il fidanzato ufficiale di Julia. Vederli mentre si sbranavano a vicenda a parole era esilarante.
-Tranquillo, sono troppo stanco per fare qualsiasi cosa. Questi due giorni sono stati parecchio stressanti. Ho dovuto rincorrere quel tizio per sei isolati, prima di riuscire a prenderlo e a spaccargli la testa- disse, sbadigliando, come se fosse la cosa più normale del mondo.
-Comunque, poco fa è passato Ivan e...- cominciò Alex. Il campanello suonò di nuovo, interrompendolo. Alexei sbuffò notevolmente seccato.
-Ma chi cazzo è ancora? Ivan, io ti uccid...- disse. La voce gli morì in gola non appena andò ad aprire la porta.
-Ehm... Salve, Ray- disse, deglutendo.
-Scrostati- gli disse imperiosamente il qualcuno al di là della porta. Alex annuì e si spostò senza fare storie. Entrò un uomo alto con portamento imperioso, vestito con un giaccone di feltro nero che faceva molto 1860. Portava un cappello nero, aveva i capelli castani, gli occhi neri come la pece. Dylan aveva una strana sensazione, gli sembrava di averlo già visto da qualche parte. Prima che potesse chiedere chi fosse, Julia balzò verso di lui e lo abbracciò.
-Papà!- disse. L’uomo la abbracciò, sorridendo. Era... il padre di Julia?
-Ehi, bambina mia! Come stai? Passavo di qua e ho pensato di fare una capatina a trovarti. Non eri a casa, quindi sono venuto a cercarti qui- rise. Dylan non potè fare a meno di pensare che era stato un gran bene che non fosse passato a casa loro.
-Ciao, Copper!- disse Tony. Matt apparve dalla botola sul pavimento.
-Copper? Quanto tempo!- rise. Sentendo il soprannome dell’uomo, improvvisamente ricordò. Ecco perché gli sembrava di averlo già visto. Era esattamente identico al protagonista di una serie televisiva che aveva visto tempo fa che si chiamava, appunto, Copper.
-Pà, ti presento la new entry del gruppo. Si chiama Dylan Stokes, è la nostra nuova spia- disse Julia, indicando Dylan. Copper lo squadrò con sguardo gelido. Tese la mano.
-Raymond Blake. Puoi chiamarmi Ray o Copper- gli disse. Dylan gli strinse la mano. Almeno uno che non aveva conosciuto che volesse ucciderlo o che stesse per essere ucciso.
-Ehm... Piacere. La chiamano Copper perché assomiglia moltissimo a Kevin Corcoran, vero?- chiese timidamente. Non sapeva come si chiamasse l’attore che lo interpretava, e sperava di non aver preso un enorme granchio.
-Già. Ehi, è intelligente questo ragazzino. È uno dei tuoi innumerevoli scopamici?- chiese ridendo, rivolto a Julia. Julia si finse indignata.
-Ma no, non è nemmeno il mio tipo. Pà, se dici così mi fai sembrare una troia- disse Julia, trattenendo una risata.
-Lo sei- disse semplicemente Ray. I due scoppiarono a ridere. Dopo qualche attimo, Copper riprese guardando Dylan.
-Volete che ve lo addestri?- chiese, squadrandolo. Sembrava che stesse pensando alle misure della sua bara, dallo sguardo che aveva.
-Nah. È solo una spia. Non so nemmeno se vorrebbe essere dei nostri- disse Matt, guardando Dylan con sguardo di sufficienza.
-Ehm... Io, veramente...- tentò di dire Dylan. Nella loro squadra? Ah beh.
-Oh, su, convertitelo alla vostra, no? Secondo me sarebbe un bravo sicario, se lo lasciaste per un po’ nelle mani mie, di Tony e di Alexei- disse, convinto. Dylan tacque, era la cosa più simile ad un complimento che avesse sentito da quando era nelle mani di quei killer.
-Perché mi sembra tanto una minaccia?- disse Dylan. Voleva farlo addestrare da Tony e Alexei? Allora servivano sul serio le misure  per la sua bara. Copper scoppiò a ridere sguaiatamente.
-Non lo è, ragazzino. Dico sul serio, dovresti farti addestrare da Tony e Alex. Sono due bravi.
Il cellulare di Copper suonò, interrompendo la discussione. Ray rispose al telefono.
-Hm? Chi è?- disse. Rimase ad ascoltare, dicendo qualche “hm” ogni tanto.
-Ok, ok- disse infine. Non doveva essere un granchè per fare conversazione, pensò Dylan.
-Ragazzi, il lavoro mi chiama, devo andare a riscuotere da un tizio che non paga una gang da parecchi mesi. Ci si vede. Stammi bene, bambina mia!- disse, abbracciando Julia.
-Tu pesteresti anche il presidente, se ti pagassero abbastanza- commentò Matt. Copper alzò le spalle e se ne andò, con un sorrisetto divertito sul volto. Non appena il padre di Julia uscì dalla casa, tutti gli sguardi si puntarono su Dylan. Era il momento di rispondere all’implicita domanda che aveva lasciato Copper. La parola di Raymond sembrava pesare molto fra di loro, visto che nemmeno ventiquattr'ore prima lo minacciavano di morte mentre adesso stavano prendendo in considerazione l'idea di farlo diventare dei loro. Ma la vera domanda era un'altra. Voleva davvero diventare un membro effettivo della loro squadra?
  
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